www.duepassinelmistero.com

 

TEMATICHE:

Aggiornamenti

Alchimia

Antiche Civiltà

Archeoastronomia

Architetture

Colonne e Nodi

Due passi nell'Italia nascosta

Due passi nei misteri esteri

Fenomeni Insoliti

Interviste

L'Uomo e Dio

Maestri Comacini

Medioevo e...

Mistero o Mito?

Personaggi

Simbolismo

Simbologia e Cultura Orientale

Storia e dintorni...

Templari "magazine

Ultimi Reports

UTILITY:

Archivio reports

Bacheca

Collaboratori

Extra sito

Libri del mese

Links amici

Ricerca veloce titoli per argomento

SERVIZI:

FORUM

Newsletter

Avvertenze/ disclaimer

 

 

 

     

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I misteri dei Sacri Boschi di Bomarzo (III parte)

(di Marisa Uberti)

Due passi nei luoghi di Pier Paolo Pasolini: il Fosso Castello e la Torre di Chia

                    

                            

 

Come in un film. Il ritorno a Bomarzo, proprio all'inizio del 2011, è la continuazione di una meravigliosa avventura iniziata nell'agosto 2010 quando, per la prima volta, mi sono addentrata in questi 'sacri boschi'. Dalla presistoria ad almeno tutto il medioevo e anche oltre, questi luoghi sono stati teatro di molti avvenimenti storici, di vite quotidiane che ancora ignoriamo nel loro complesso. Venire qui è veramente compiere due passi nel mistero di un passato da riscoprire perche è stato dimenticato. I percorsi, le pietre, le rovine di questo ennesimo itinerario li ho calcati con la mia affidabile guida locale, Salvatore Fosci, e ripartiamo esattamente dove ci eravamo fermati lo scorso anno, dalla tomba antropomorfa, di cui conserviamo il nitido ricordo estivo, quand'era attorniata dall'erba ingiallita dal sole e oggi la ritroviamo ammantata di umido muschio. Salvatore mi aveva detto che i boschi sacri, in inverno, sanno regalare atmosfere uniche, stupende, magiche, specialmente quando dalla nebbia sembrano emergere -dal nulla- avanzi di torri sulle rupi di peperino, materiale che caratterizza questo territorio della Tuscia viterbese. Gli alberi più spogli, poi, consentono di indivduare paesaggi lontani, oltre che i massi nascosti tra la selva, che risulta ancora praticamente intatta. Oggi 'sconfineremo' oltre Bomarzo, nel territorio di Soriano.

Come in un film, dicevamo. E sulle tracce di un reale regista siamo oggi incappati, in una meravigliosa giornata di sole.  Il compianto Pier Paolo Pasolini, morto prematuramente assassinato nel 1975, si era innamorato di questi luoghi quando, girando le prime sequenze del Battesimo di Gesù nel film "Il Vangelo secondo Matteo" (1964), li aveva scoperti. E visitandoli non si fa fatica a capire il motivo. Al di là di ogni immaginazione, bisogna venirci e basta, per saperlo! Lo spirito con cui facciamo queste ricerche è ben lungi dal 'curiosare' nè tanto meno la smania di sbandierare ciò che svolgiamo. Sono due passi nella Memoria storica e culturale di coloro che sono venuti prima di noi, e che cerchiamo di capire attraverso ciò che ci hanno lasciato. A nostra volta, documentando il possibile, offriamo ad altri un motivo di confronto, di stimolo, perchè fra un certo numero di anni, i contesti potrebbero non essere più quelli di oggi.

Salvatore consiglia di iniziare il percorso dalla già citata 'Tomba antropomorfa', poco distante dalla ormai nota Via Cupa, che condurrebbe alla già visitata necropoli di Santa Cecilia (v. nostro report dell'agosto 2010); ci sarebbe una strada più corta, è vero, ma si perderebbe tutta la magia e il mistero della scoperta.

Prima ancora di addentrarci nel fitto del bosco, notiamo - in lontananza- la sagoma dei ruderi del Castello di Colle Casale, meglio noto come di Chia (XIII sec.), la cui unica torre rimasta- pentagonale- svetta sulla rupe. Il paese di Chia - frazione di Soriano nel Cimino- è accoccolato invece sul versante opposto alla fortezza, che era- un tempo- una delle più importanti possedute dai papi nel territorio ad oriente di Viterbo. Quella, tra alcuni chilometri, sarà la meta cui approderemo.

Mentre camminiamo di buon mattino sul sentiero boschivo, godiamo di impareggiabili mutamenti paesaggistici; dagli affacci, che si faranno sempre più radi, rimiriamo la rupe di peperino che strapiomba nella forra, il cielo limpidissimo di gennaio, e Giove, un borgo sul versante opposto, adagiato al sole. La mulattiera si restringe e ci spinge a penetrare il folto del bosco; qui, tra massi caduti (forse alcuni dei quali scolpiti e utilizzati come ricettacoli sacri), a sinistra, e pareti vertiginose, a destra, non si sente alcuna inquietudine; il sole filtrante tra i rami degli alberi fa luccicare d'oro ogni passo, perchè è meglio del prezioso metallo, quello che stiamo vivendo e accarezzando con i sensi. E' possibile che sotto il muschio che ricopre molti massi di peperino, o sotto le sterpaglie che li avvolgono, si possano celare altari, iscrizioni, perfino tombe, o abitazioni rupestri. Chi può dirlo? C'è ancora molto da scoprire. Su un grosso macigno, troviamo una croce cristiana, segno di riconsacrazione di un luogo già 'paganizzato'.

 

 

Ad un certo punto, l'udito si concentra su un rumore familiare, acqua che scorre. Infatti ci stiamo abbassando al livello del greto del Fosso Castello, e insieme a noi sta calando un'altra atmosfera, assolutamente surreale. Nell'acqua sono piombati, in epoche remote, grossi macigni di peperino, che creano vortici d'cqua spumeggiante; alcuni sembrano stati modellati dall'uomo e forse lo sono, come quello mostrato nella seguente immagine, che presenta una larga apertura -come una grossa cavità- sulla superficie superiore:

                                                                            

E' verosimile che gli antichi abitatori di questo territorio, Etruschi o chi per essi, abbiano affidato a particolari pietre i loro credo: forse nella cavità albergava un loro nume tutelare del luogo, o lo spirito dell'Antenato, o vi racchiudevano le forze impetuose della Natura selvaggia, o -forse- qualche altra Cosa che non sappiamo. E' curioso anche soffermarsi ad osservare le varie forme che l'acqua ha dato alle pietre, levigandole, insieme al tempo e al modo in cui caddero dalla rupe sovrastante. Quella che vediamo sotto, ad esempio, non ricorda un brontosauro che si abbevera? Ti aspetti da un momento all'altro che alzi il lungo collo tutto inzuppato e ti guardi stupito, forse quanto noi...

                                        

Mentre cammino, non mi avvedo di stare attraversando un ponte sul torrente Castello, che tra l'altro è un tributario del fiume Tevere, ma non è un ponte qualsiasi: probabilmente risale all'epoca romana, poi riutilizzato nel Medioevo. Per vederlo appieno è necessario scendere sul greto, sì da ammirarne la bellezza ma anche avendo la possibilità di contemplare tutto lo scenario da favola che gli sta dietro. La sua architettura è a tutto sesto ed è costituito da piccoli blocchi tufacei mentre la parte inferiore poggia sulla roccia. A vederlo ora, in questo contesto abbandonato, ricoperto di vegetazione e invaso dall'oblìo, ci si chiede a cosa servisse in questo punto un ponte, eppure qui la vita era un tempo pulsante. Poco distante, come vedremo, sorgevano i mulini del grano e dell'olio e per trasportare queste merci era necessario guadare il torrente. Sicuramente sarà anche servito per spostamento di animali e truppe.

 

                          

                                              

 

In questo punto il Fosso si allarga, spumeggia l'acqua nel suo alveo, tintinnando tra i macigni ma a pochi passi ci attende -sulla destra - una piccola scoperta: un modesto complesso scavato nella roccia, costituito da una tomba a colombaio, di epoca imprecisata, il cui interno è molto interessante: vi trovano posto una dozzina di 'nicchie' ricavate dalla viva roccia, disposte sul lato destro dell'ambiente. Le prime quattro sono divise in un modo che risulti una evidente croce con un foro centrale. Pareti e soffitto mostrano segni di scalpellatura; nell'angolo destro dell'ingresso si trova una sorta di piccolo pilastro, mentre all'ingresso dei fori denotano che l'ambiente venne riutilizzato come ricovero di animali o di pastori (e quindi chiuso con una sorta di porta o cancelletto); l'immediata vicinanza, all'esterno, di due mangiatoie (una terza è completamente ricoperta da rovi). avvalla l'ipotesi. Sopra una delle mangiatoie c'è una nicchia sormontata da una vistosa croce potenziata. Un foro situato a sinistra dell'ingresso, nella parete, è invece piuttosto curioso:a cosa serviva?

 

 

                   

                   

                                         

 

Ed eccole, le rovine abbandonate e desolate dei Mulini. In una scenografia tra il poetico e il patetico, ecco palesarsi le sagome sempre più nitide di blocchi, di mura, di edifici fatiscenti che paiono fantasmi di pietra ricoperti di foglie, di muschio, e forse di vergogna. Sappiamo che è in progetto un recupero dell'area, per valorizzarla al meglio(1); fino a non molto tempo fa, questi Mulini erano operativi, almeno fino al 1950, poi è venuto il buio.

I Mulini sono di origine medievale. Servivano per la produzione di cereali e di olio. Aggirarsi tra i ruderi suscita sensazioni profonde, perchè inducono a riflettere come la mano dell'uomo possa creare ma anche distruggere senza pietà ogni cosa. E anche l'indifferenza uccide. Macine in frantumi giacciono sul fondo dei mulini stessi, che venivano alimentati con la forza dell'acqua del torrente.

 

 

 

Sulle esigue pareti interne rimaste in piedi e visitabili, si notano dei graffiti, alcuni eseguiti a compasso, di probabile matrice moderna.

           

In un punto particolarmente suggestivo, sotto l'alta rupe dove sorgono le rovine del Castello medievale di Chia, il Fosso Castello compie un piccolo salto, presso il rudere di una diga medievale, che doveva servire a deviare una certa quantità di acqua necessaria per azionare i mulini.

Nelle sue vicinanze, infatti, prende inizio un poderoso e lungo muraglione, al di sopra del quale sono ancora visibili tracce di un canale utilizzato come condotta dell'acqua; tale muraglione termina inserendosi nel rudere di un mulino il quale, appoggiandosi ad una protuberanza della vicina parete rocciosa naturale, forma con essa una vera e propria galleria, al cui interno corre il sentiero, con gradoni scolpiti nel suolo pietroso, che conduce alla porta di accesso al mulino(2).

  

                                     

Un arco aperto nel muraglione, verso il greto del torrente, consente di accedere ad un banco di roccia levigato dalle piene del torrente medesimo, e cosparso di profonde buche, chiamate 'marmitte dei Giganti', generate dai vortici d'acqua.

 

Qui, in questo posto sospeso tra terra e cielo, illuminati anche dal sole di questo mattino di gennaio, riviviamo le stesse impressioni che devono aver suggestionato chiunque lo abbia trovato o vi abbia vissuto in epoche remote.

 

 

Ed è proprio in questo punto che vennero girate le prime sequenze del film di Pasolini "Il Vangelo secondo Matteo", nel 1964. Qui si svolse la scena del Battesimo di Cristo, come si può vedere nel pannello affisso in loco, ma anche dai fotogrammi reperibili in internet al link:http://www.youtube.com/watch?v=uJQx2Fr20dg&feature=related

Il celebre regista amava definire questo luogo come 'Il paesaggio più bello del mondo', quando nei mesi invernali i colori pastello e le giornate brumose regalano sensazioni più intense. Scoprì casualmente questi luoghi, mentre era alla ricerca di scenari ideali per quel suo film. Ma non fu il solo:altri registi scelsero il castello di Chia e l'affascinante zona circostante come sfondo per le loro opere cinematografiche, ad esempio Monicelli per l'indimenticabile 'Armata Brancaleone' e Stanley Kubric per alcune scene drammatiche del film "Spartacus".

                                                     

   E dall'azzurro si passa al rosso, individuando come per incanto una sorgente di acqua ferruginosa (dall'alto contenuto in ferro, che le cofnerisce la classica colorazione 'ruggine'),situata proprio accanto alla cascata e accuratamente inserita nel muraglione. Come doveva essere stata importante anticamente...

Ma inerpichiamoci lungo la galleria ricavata dagli antichi, con addosso una rara suggestione, mentre il fragore dei flutti si allontana gradualmente, per lasciare il posto al silenzio in cui è avvolta la mole della Torre di Chia o Torre Pasolini. Egli la acquistò, insieme ai ruderi della fortezza, per poterci venire quando poteva (abitazione da diporto). Purtroppo il resto del castello non si vede, ma egli doveva abitare nella torre più piccola, non in quella che tutti possiamo ammirare. Questa è infatti alta ben 42 metri ed aveva una merlatura ghibellina; come ogni maniero, era preceduta da un fossato artificiale (una parte è protetta naturalmente dalla sua strategica posizione), e nei pressi vi sorgeva un piccolo castello. Il fortilizio risale a tempi imprecisati ma si sa esattamente che apparteneva -nel XIII secolo- al signore di Chia, nobile Capello, che nel 1260 venne spodestato. I figli di questi, Bernardo e Ranuccio, vendettero il maniero al Comune di Viterbo. Nel 1280 vi risiedette Orso Orsini, nipote di papa Niccolò III ( Orsini pure lui). Il pontefice Martino IV riscattò la fortezza, affidandola a diversi castellani. La sua posizione strategica, che vigilava il ricco e fertile territorio della Teverina, era su una delle vie di comunicazione più frequentate, logico che facesse gola. Ma tra il 1300 -1400 versava già in notevole degrado finchè venne distrutta dalle truppe assoldate dal cardinale di Ginevra, Roberto, con l'intento di schiacciare quelle terre che non si assoggettavano al papato(3).

Nella sua vetusta e arcana bellezza, per certi versi sinistra, isolata, dall'insolita forma pentagonale (ne abbiamo incontrata una simile in Dalmazia,a Zara), solletica ad avvicinarsi, a sondare i misteri celati dietro le sue mura. Attualmente non visitabile (è di proprietà privata), ci offre comunque uno scenario incantevole, sullo sfondo di un mirabolante cielo azzurro.

 

 

Un piccolo, ma rispettosissimo, 'scoop' per il nostro sito ce lo ha riservato Salvatore, che nelle sue lunghe ed intense passeggiate tra i boschi, ha notato un passaggio segreto, ben prima della Torre ma non chiedetemi dove (non saprei dire...!). Una piccola porticina lassù sembra sia stata quella usata dal regista Pasolini per usicre dalla sua proprietà e recarsi al Fosso Castello.

Prendendo la strada che si dirama sulla destra, si può arrivare- dopo circa un chilometro- sulla Strada Provinciale 151 Ortana. Noi però ripercorriamo a ritroso il cammino, con qualche deviazione; incontriamo dei pianori, una discarica di materiale edilizio e godiamo nuovamente di vedute bellissime. Mantenedo un po' di forze, poichè ci attendono altre scoperte avventurose domani!

  

Back-stage di Salvatore Fosci:

 

                    

                    

                     

             

Note:

1)-L'Associazione Gruppo Archeologico Roccaltia si sta prendendo cura della zona, organizzando visite guidate per far conoscere questo prezioso ambiente naturale e culturale (www,grupporoccaltia.it)

2)- Notizie da pannello locale e dall'inesauribile S. Fosci

3)- V.Giovanni Menichino "Escursionismo d'Autore nella terra degli Etruschi", Laurum Editrice, 2008, p.121-129

Un particolare ringraziamento alla mia guida, Salvatore Fosci (per contattarlo 3400556480)

Sezioni correlate in questo sito:

I misteri dei sacri boschi di Bomarzo I parte (le 'tagliate', le iscrizioni, la Necropoli di S.Cecilia...)ago '10
Bomarzo II parte:la 'piramide etrusca' ago '10
I misteri dei sacri boschi IV parte: il bosco del Serraglio gen.2011
Il Moai di Vitorchiano (VT)genn.2011
Il mistero della tomba violata genn.2011
Il Sacro Bosco(Parco dei Mostri) di Bomarzo ago '102010
Intervista a Salvatore Fosci ago'10
Italia da conoscere

 

www.duepassinelmistero.com                                                                                           Avvertenze/Disclaimer

                                                                                        gennaio 2011