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I misteri dei sacri boschi di Bomarzo

  (e dintorni...) 2^ parte

- La 'piramide' -

[Vai alla 1^ parte]

                                             (di Marisa Uberti, con la collaborazione di Salvatore Fosci)
 

10 agosto, San Lorenzo

Ieri sera abbiamo guardato il cielo da Bomarzo, in attesa di vedere qualche 'stella cadente'. La calma magica dei Monti Cimini ci ha regalato altre emozioni, facendo brillare nel blu della calda notte estiva lo scintillìo di sciami meteorici che si incendiano a contatto con l'atmosfera, chiamati volgarmente 'stelle cadenti'.

Di buon mattino ci attende Salvatore, pronto a guidarci in un altro percorso all'interno dei boschi sacri bomarzesi; in realtà i confini tra i comuni limitrofi sono labili: potrebbe accadere di partire da una zona compresa in Bomarzo e sconfinare in un altro comune; rimandiamo il lettore alla bibliografia di riferimento per l'esatta individuazione dei luoghi citati (1).

Prendendo la ormai nota Via Cupa, a poca distanza dal terreno di Salvatore, ci addentriamo nella strada comunale delle Rocchette, la quale ricalca in alcuni tratti un'antica strada romana, attraversando un rado bosco di querce fino a quando la stradina precipita nettamente in discesa. Per noi che non siamo abituati, capire quali incroci abbiamo imboccato all'interno del bosco, è difficile; siamo nella mani dell'amico Fosci, che ci informa che siamo nei pressi di tre 'tagliate', ovvero di strade rupestri che si sviluppano in trincea, profondamente incassate, con pareti vertiginose ai lati di chi cammina.

                         

 

Da un ripiano roccioso che precipita su una di queste profonde tagliate, Salvatore ci mostra dall'alto il punto in cui è situata la 'piramide'. Restiamo incantati nel vedere una costruzione simile nel fitto dei boschi, e speriamo di arrivarvi presto; tuttavia la strada è ancora lunga...        

Costeggiamo il bordo del ripiano roccioso verso destra e imbocchiamo la discesa della 'Tagliata delle Rocchette' (lunga 72 m e larga circa 2 m). Ci sentiamo piccolissimi: l'altezza della parete tufacea si aggira sui 20 m! Questa doveva essere una strada pedonale di notevole importanza, quale raccordo con la località sottostante, detta valle del Tacchiolo. A conferma del fatto che questo luogo era usato in epoca romana, rimane un'epigrafe latina sul bordo superiore della parete sinistra, che recita TER (terminus, cioè termine di confine) e- più a destra di questa e un poco più in alto - ITER PRIVATVM DVORVM DOMITIORVM (Strada Privata dei due Domizi). Chi ha studiato dette iscrizioni le ha classificate come romane, appartenenti al periodo alto imperiale (ca. 59 -94 d. C.); esse dimostrano che questo passaggio era privato, di proprietà 'dei due Domizi' (2).

 

 

Un'altra iscrizione TER si localizza una cinquantina di metri più avanti, sulla medesima parete di tufo. Mentre un'altra ancora, per ora la terza che si conosca,  è stata individuata da Salvatore - e si può considerare un'esclusiva per il nostro sito che la pubblica per primo. "Si tratta- dice il Fosci - di una mia recente scoperta, che non ha visto ancora nessuno ed è posizionata su una rupe a strapiombo che guarda in direzione della 'piramide'. Arrivare a vedere quell' iscrizione non è cosa facile, in quanto fu posizionata in modo che nessuno la potesse vedere, quasi a nascondere quel termine e fino ad oggi nessuno l'aveva mai vista". Altro mistero che il prosieguo della Ricerca tenterà si svelare.

                                                                              

Dopo aver camminato a mezza costa nel fitto della vegetazione per una decina di minuti, la nostra solerte guida ci conduce ad una struttura che egli stesso ha ripulito e che oggi possiamo vedere libera da i rovi. Ma di cosa si trattava, in origine? Un antico altare? Un rifugio? Salvatore la definisce scherzosamente 'piramidina' e ci dice che 'è in assetto' con la piramide grande, ma bisognerebbe saperne di più...Nelle foto sotto, da sinistra, prima della ripulitura, ad opera del Fosci, e dopo, come si presenta attualmente (nell'ultima la scrivente medita sulla funzione del manufatto...).

                                                                     

                                  

Un'altra interessante ripresa fotografica di Salvatore, effettuata in uno dei suoi sopralluoghi, ci mostra l'assetto di cui accennavamo prima, tra la base della grande piramide e questa (piramidina o altare come si voglia definirlo. In mancanza di studi scientifici che possano definire la tipologia della struttura, infatti, cerchiamo di capirci ugualmente).

    

Scendiamo ancora e raggiungiamo un viottolo da cui dovremo inerpicarci per raggiungere la 'grande piramide'. La vegetazione si fa più fitta, sembra che il bosco si restringa e opprima fisicamente il respiro. Qui la scrivente avverte una sensazione di mancamento. Non è nulla di particolarmente evidente, soltanto una sorta di 'mal d'isolamento'? O la invisibile presenza degli antichi abitatori dei boschi?

Salvatore ci tiene a mostrarci un'altra epigrafe su roccia tufacea (località Macinara), piuttosto misteriosa, situata poco più avanti. Intanto si riprende fiato e si riordinano i Pensieri, messi a dura prova da tutte queste meraviglie nascoste.

L'epigrafe la mostriamo in fotografia (di L. de Curtis, che ringraziamo); in realtà si tratta di due scritte, una più lunga dell'altra e apparentemente composta da caratteri alfabetici distinti e forse cronologicamente differenti. Come mostrano le frecce nell'immagine, la scritta superiore è più spostata a destra di quella inferiore. La scritta è stata analizzata dal prof. Alvaro Caponi, il quale sostiene che "[... ] i caratteri arcaici in cui è vergata sono di difficile attribuzione, potendo appartenere ad una di quelle lingue scritte non più comprensibili; una proto-lingua formata da caratteri greci, fenici ed etruschi, poi evoluta in una lingua distinta[...](3) Noi riusciamo ad individuare una D, una T, una C, una Q, sembrano lettere sia maiuscole che minuscole, ma senza un senso logico, per noi profani. Sopra, lettere più piccole e forse anche dei numeri romani (I, II, L ?). Che cosa significano e chi ha inciso questa epigrafe? A che epoca risale? Ha qualcosa a che fare con i costruttori della piramide?

La piramide di Bomarzo

Salvatore offre un bastone cui aggrapparsi alla scrivente, che è incerta di poter proseguire il cammino. 'Certo che puoi!', incita la nostra guida. 'La meta è vicina: non si può essere arrivati fin qui e non raggiungere la 'piramide'!'. Infatti -come spronata da una forza invisibile- l'energia torna in corpo! Ci inerpichiamo ancora per un buon tratto di bosco e finalmente eccola, la piramide! Una costruzione che sembra uscire dal regno del fantastico, che nessuna descrizione può rendere come l'impatto personale di ciascuno. Il primo momento è privo di parole: non se ne riesce ad emettere alcuna. Stupore, meraviglia, curiosità: tutto balena nella mente.

 

Domande classiche: chi l'ha realizzata, quando, perchè, sono soltanto alcune che -ripresi dallo sconcerto - salgono dall'anima. Ma la struttura travalica qualsiasi altro manufatto che fino ad oggi abbiamo visto e documentato. E' unica nel suo genere. Nel territorio della Tuscia esistono diversi 'massi del predicatore', ma nessuno -a quanto pare- è paragonabile a quella che è davanti ai nostri occhi, la quale - per la sua forma particolare e complessa- è stata appellata 'piramide' da coloro che l'hanno già visitata.

Il masso di peperino in cui è stata intagliata doveva essere enorme, caduto dalla rupe sovrastante che costeggia la vallata tra il paese di Bomarzo e quello di Chia (fraz. di Soriano nel Cimino). Va a Salvatore il merito di averla ripulita dalla folta vegetazione che l'avvolgeva (vedasi cosa ci ha raccontato nell' intervista), e di continuare a mantenerla libera. Essa fu però rinvenuta nel 2002 da alcuni membri della Società Archeologica Viterbese Pro-Ferento. "Dopo pochi giorni che l'avevo ripulita - racconta l'amico Fosci - la feci vedere al mio amico Giovanni Lamoratta, che non vedevo da tempo e che era già a conoscenza della piramide; egli da anni studia il territorio di Bomarzo, in più fa parte del GAP, Gruppo Archeologico Polimartium, e di Archeotuscia. Giovanni rimase sbalordito da ciò che avevo fatto e fece subito un articolo per un giornale locale di Viterbo; lo disse anche ai soci di Archeotuscia, che mi conferirono il titolo di  'socio onorario'. In quei giorni chiesi  agli amici di Archeotuscia se potevano far intervenire il  Sovrintendente di zona ai Beni Culturali, che venne e -una volta arrivato in loco - gli feci conoscere personalmente la piramide e l'opera di ripulitura che avevo effettuato. Rimase molto contento e capì le mie vere intenzioni, cioè quelle di salvare e di proteggere ciò che ancora rimane del passato di queste zone". A Salvatore non interessa la 'gloria' ma l'attività di ripulitura dei boschi lo riempie di orgoglio: "Questa mia a volte faticosa passione nel ripulire siti e sentieri , mi porta a dare più valore alle cose vere della vita. per me non serve il denaro per esprimere il bene che ho per il mio paese ...e poi mia sorella dice che i soldi sono del diavolo!".
 

                                            

             


E' ipotizzabile una funzione sacra di questa struttura arcaica, forse antecedente anche agli Etruschi. Ma che bisogno c'era di realizzarla così complessa, se doveva servire semplicemente per predicare? Qualcosa ci suggerisce, fin dal primo istante che l'abbiamo vista, che vi si dovessero tenere cerimonie sacrificali, forse di alcuni animali ritenuti sacri (non oseremmo pensare a sacrifici umani), oppure bagni lustrali di iniziazione. E' anche teorizzabile che qui si potessero riunire, in date o eventi speciali, officianti deputati ad altri santuari minori sparsi nel territorio, o vi si compissero divinazioni di importanza particolare. Si dice che gli Etruschi detenessero una dottrina indicata con l'espressione "etrusca disciplina", i cui depositari erano i sacerdoti, che avrebbero custodito una tradizione segreta, costituita da una scienza misteriosa in grado di decifrare i messaggi della natura, di predire il futuro e compiere la volontà degli dei. Molto preparati in campo medico e farmaceutico, gli Etruschi detenevano un Sapere che li avrebbe collocati al di sopra di tutti gli altri popoli del tempo. Ma da dove lo avevano attinto?

La struttura è monumentale: la parte sinistra è costituita da una serie di scalini intagliati nella roccia (26 gradini per l'esattezza), che sono larghi da 1 a 4 metri. Questo è già un mistero, in quanto alcuni sono stati 'allargati' verso destra, ma perchè? Nella parte destra del manufatto, come le foto lasciano vedere, non vi sono gradini che giungono a terra, poichè si è seguita la naturale conformazione del masso roccioso. Sull'alta parete destra, dall'esterno, sono chiaramente individuabili delle nicchie, sulla cui funzione non si ha alcuna certezza assoluta: potrebbero aver funto da alloggiamenti per lumi, cibo rituale, offerte, perfino ceneri di qualche personaggio defunto, oppure -ipotesi affascinante- come ricettacolo degli dei, permettendo allo 'spirito' di entrare e dimorare nella pietra, forse in eterno. I 26 gradini si interrompono in prossimità di una prima piattaforma, dov'è situato un sedile ricavato nella roccia, alla destra del quale si raccordano altri 9 gradini, che conducono direttamente ad una piattaforma maggiore, forse l'altare. Salvatore ci fa notare qualcosa di molto interessante: il primo gradino sembra mancante, e ciò suggerirebbe il fatto che ne venisse collocato uno mobile quando serviva, in determinate circostanze; egli infatti lo ha ritrovato durante le operazioni di ripulitura! Tale scala era quindi normalmente 'interdetta', diciamo così, e resa fruibile tramite l'apposizione del gradino temporaneo, che si levava e si metteva. I 9 gradini sono alti 24 cm e larghi 1 m, ampliato poi a 1,60 m.

E' rilevante il fatto che dalla sommità della struttura si guardi il Nord (NO), punto cardinale associato alle tenebre e al regno dei morti. Poteva dunque essere un santuario rupestre per offrire sacrifici agli dei degli inferi? Dalla sommità della piramide, guardando alla propria destra, si osserva un vasto panorama e probabilmente anche il levar del sole da un punto preciso delle montagne, a seconda dei diversi momenti dell'anno. Sarebbe necessaria un'analisi archeo-astronomica che, per ora, non risulta essere mai stata condotta. Una sorta di 'incavo' trapezoidale è inciso sul pavimento della piattaforma sommitale: esso ha la punta rivolta ad est, è profondo circa 25 cm, lungo mediamente oltre 3 m e largo oltre 1 m e mezzo.

Sulla sinistra dei 26 scalini, si osservano dei fori per verosimile alloggiamento di pali di strutture lignee superiori, ma potrebbero aver avuto altre funzioni. Fori sono presenti anche altrove, in questa enigmatica piramide.

Prima di salire in cima, si notano, sulla parte destra della struttura, dei verosimili sistemi di canalizzazione (per raccogliere il sangue sacrificale?). Una prima idea che ci è sorta spontanea è che il sangue avrebbe potuto essere fatto scorrere perfino sulle gradinate, ricordando molto l'uso delle piramidi Maya, ma è soltanto un'idea. Lungo l'ascesa alla vetta, notiamo pure altre nicchie, vaschette intagliate nella pietra, e una gradonata orizzontale che attraversa quasi interamente il manufatto. Sull'estrema destra è situata un'altra rampa di 9 scalini, larghi una sessantina di cm che, come abbiamo detto, non arriva a terra ma conduce alla cima della 'piramide'. E' come se i frequentatori di questo 'tempio rupestre' salissero da un lato, percorressero poi la struttura secondo dei rituali ben precisi, raggiungessero la sommità e poi ridiscendessero da un altro lato, ma tra la scala destra e la sinistra si trovano due voluminose 'vasche' quadrilatere, intagliate e scavate nel peperino, cioè appositamente volute così. Perchè? Che cosa veniva messo nelle enormi nicchie? Acqua? Offerte? O cos'altro? "L'ambiente di sinistra misura 2,60 m x 1,80 m, con un' h del lato più alto di 2, 30 m. Sulla parete di fondo è stata ricavata una banchina alta 60 cm e profonda 45 cm. L'ambiente di destra misura 3,30 m x 3 m ed ha un' h di 2, 40 m" (4). Interessante è l'ipotesi che i 9 scalini che stanno alla destra della vasca siano stati tagliati nella loro intera lunghezza proprio per far posto alla vasca, che quindi in origine non era forse prevista. Qualche riutilizzo posteriore da parte di una successiva cultura subentrata all'indigena?

Dietro la piattaforma sommitale, si trova un banco tufaceo largo mezzo metro e alto una settantina di cm. Soffermandosi sulla cima della 'piramide' non si può fare a meno di interrogarsi: si ripescano le stesse domande che sono sorte appena l'abbiamo scorta, ma se ne sono aggiunte ben altre! Nessuna iscrizione, nessun reperto, sebbene Salvatore ci informi che in passato sono stati fatti dei ritrovamenti - nei dintorni - come frammenti di dolium, anfore e tegolame vario, databili all'epoca repubblicana. I Romani potrebbero aver sfruttato l'area posteriormente all'esecuzione della 'piramide', naturalmente. A pochi passi, Salvatore ci guida alla scoperta di una grotta naturale, che poteva servire come riparo o abitazione. Forse di chi doveva anticamente 'vigliare' sulla piramide stessa?

Interessante far notare che nella parte esterna del blocco in cui fu intagliata la struttura, si trova incisa una croce cristiana, di tipo greco. Non è certo la prima che si incontra, lo abbiamo già detto, ma quando fu apposta? Da chi e perchè? Per riconsacrare in senso cristiano un luogo 'pagano' potrebbe essere la spiegazione più semplice, ma forse non l'unica. "La sommità del santuario- scrive Mario Tizi (5)- richiama la sagoma di un'imbarcazione con la punta rivolta verso oriente. Inoltre il campo energetico del manufatto è stato misurato da un serio radioestesista con una solida esperienza nel settore dell'archeologia. Il risultato della misurazione è stato un incremento esponenziale del livello dell'energia man mano che si sale verso la sommità. Un modo per entrare in trance ed iniziare la 'navigazione' verso le dimensioni extracorporee? Tutto sembra indicare questa direzione interpretativa, E del resto, Caronte non era in traghettatore delle anime dei defunti che dovevano raggiungere l'aldilà?"

 

                 

                 

           

          

Mentre ridiscendiamo, a malincuore, dalla stupefacente struttura di pietra, Salvatore ci svela un dettaglio che forse potrebbe aiutare a dipanare il mistero: gli scalini che giungono a terra, continuano ancora! La sua pala ha sentito 'qualcosa' e forse si tratta di una continuazione della gradinata. Ma dove andrà a finire? E cosa svelerà? Soltanto nuove ricerche potranno consentire di rispondere...

Salvatore è molto orgoglioso della propria opera di ripulitura della 'piramide': senza di lui, oggi non l'apprezzeremmo in tutta la sua misteriosa bellezza; auspica anche una collaborazione proficua con le Istituzioni. "Ad oggi - ci dice - ho la fortuna di conoscere Tiziano Gasperoni, un archeologo che da anni studia la zona con la nuova Sovrintendente ai Beni Culturali e con loro presto cercheremo di concretizzare alcuni progetti di mantenimento e protezione di questi luoghi. Comunque vi posso assicurare che dopo la ripulitura alla piramide, è cresciuto notevolmente  il suo interesse".

Non ne dubitiamo certo! Ma proseguendo il sentiero, in località Tacchiolo, ecco che la nostra inesauribile guida ha un'altra sorpresa nel cilindro:seminascosta, ci  indica la 'finestraccia', abitazione rupestre riutilizzata in epoche diverse fino al secolo scorso! L'atipico edificio fu ricavato direttamente dalla roccia in epoca imprecisata, e all'interno si presenta con due piani distinti, un tempo separati da un solaio di legno. Doveva esservi anche qualche palo ligneo che ne chiudeva l'ingresso, stanti dei fori quadrati presenti lungo gli stipiti interni laterali. Esternamente colpisce anche per la sua forma 'a tazza', in quanto sul lato superiore sinistro presenta un'apertura somigliante ad un manico e, vista da lontano, sembra uscire da una fiaba. Ma avvicinandoci scopriamo che le sue dimensioni sono notevoli e che è tutt'altro che materiale da fumetto: all'interno troviamo un lungo sedile di pietra, addossato direttamente alla parete di fronte mentre, sulla destra, presenta una profonda fossa, dalla forma di un sarcofago, di cui non si sa nulla esattamente. A cosa era adibito il vano inferiore? E' stato supposto che si potesse trattare di una tomba, un magazzino oppure di una ...stalla. Nel piano superiore invece vi poteva essere l'abitazione. Rimaniamo un po' all'interno, indugiando in riflessioni personali: Salvatore ne ha accumulate un'infinità, visto il tempo che trascorre in questi boschi a contatto con queste testimonianze del passato, e noi siamo pervasi da un vortice di meravigliosa curiosità ma anche di profondo rispetto. Sentiamo solo il fruscio del vento tra gli alberi, c'è una pace assoluta.

                                    

                             

Risaliamo il sentiero, osservando come il camminamento sia spesso intagliato nella roccia. Arrivati al pianoro che si dirama con la strada comunale delle Rocchette, troviamo una lapide moderna, infissa nel terreno: qualcuno (un certo Gigio) l'ha lasciata in ricordo della sepoltura del proprio cavallo, chiamato Musetto, morto il 25 aprile 2001. Salvatore ci informa che l'animale perse la vita durante il Palio di Sant'Anselmo, patrono di Bomarzo. La lapide è nota come Tomba del cavallo e costituisce anche un punto di riferimento per il GPS.

                                                                                   

Torniamo quindi al terreno di Salvatore.

Nel pomeriggio, dopo una doverosa quanto entusiasmante visita al Parco dei Mostri, la nostra guida d'eccezione ci conduce per altri sentieri, stavolta portandoci in zona con l'automobile. Salvatore ci preannuncia che non abbiamo molto tempo a disposizione e si dovrà ritornare con maggiore calma,  poichè le strutture da vedere sono tante e tutte di grande interesse. Promettiamo che, in inverno, faremo il possibile per essere di nuovo qui. Comunque, prima che tramonti il sole, approfittiamo per renderci conto di dove si troviamo. Abbiamo costeggiato - in automobile- il perimetro recintato del Parco dei Mostri e abbiamo proseguito per una strada sterrata, fino ad incontrare una croce di ferro, che segna un bivio a T. Salvatore ci ha indicato dove andare; lungo il tragitto abbiamo osservato che dall'altra parte della collina si trovano numerose grotte, oltre ad evidenti nicchie a colombaio, che la nostra guida ci dice essere delle tombe sovrapposte, sembra incredibile che giacciano lì, in mezzo ai boschi...Incredibile...Superiamo il ponte sul torrente Vezza e ci inerpichiamo in salita, parcheggiando quindi la macchina nello spiazzo antistante la chiesa di Santa Maria (chiusa), piccolo edificio medievale restaurato, che doveva far parte di un complesso forse più ampio.

                                    

        

Tutta l'area compresa tra il Parco dei Mostri e la chiesa è nota come Bosco del Serraglio (toponimo forse derivante da 'luogo difensivo riparato'?), geograficamente situata nel settore ovest del Comune di Bomarzo. La zona, popolata da querceti, è ricca di massi erratici di origine vulcanica, alcun idei quali utilizzati dagli antichi abitatori dei boschi per fini quotidiani di vita, religiosi e cultuali.

A breve distanza dal bosco, si trova la Riserva Naturale di Monte Casoli, localizzata in un'area di contatto tra i terreni appartenenti a tre distretti vulcanici laziali. La collina fu oggetto prediletto di quelle antiche genti, che tra la sua roccia realizzarono abitazioni e soprattutto tombe rupestri, perforandola insistentemente. Questi avanzi del passato vengono ancora oggi sfruttati, probabilmente, come ripari per animali da pastorizia.

Scrive G. Menichino (op. cit., p.150) "Vi è chiara testimonianza dell'esistenza di un antico insediamento, con manufatti assai simili a quelli esistenti nelle contigue zone sorianesi "valle San Nicolao" e "Selva di Malano". Questa località, come le due cui sopra si è accennato, è oggetto di recenti studi, soprattutto del prof. Lidio Gasperini, per la presenza di importanti resti epigrafici latini rupestri, fino a qualche anno fa completamente sconosciuti al mondo scientifico".

Quanti segreti e misteri celano ancora questi sacri boschi! E' stato veramente determinante arrivarvi e farne una prima conoscenza, grazie a Salvatore, che ci ha spronato a farlo. "Fino a quando ce la farò - ci dice salutandoci -anche da solo, cercherò di mantenere sempre pulite queste testimonianze del passato. aprire un sentiero dai rovi per me è come aprire le vie del passato; seguo spesso l'istinto e anche i buoni consigli di mio padre. a volte seguo anche il passo che lascia il cinghiale e si arriva dove meno te lo aspetti..."(6)

Crediamo di aver fornito alcuni spunti che facciano da stimolo, a coloro che sono interessati a fare 'due passi' nel mistero, ad andare a vedere le strutture celate nelle selve boschive della Tuscia viterbese, sempre subordinando l'avventura ad una preparazione fisica adeguata, alla stagione migliore e alla consulenza di una guida esperta.

E anche per noi, pur giunto che sia il momento di congedarci, sappiamo nel nostro cuore che è soltanto un Arrivederci...

AGGIORNAMENTO DI AGOSTO 2017: segnaliamo la nascita del sito http://www.piramide-etrusca.it/ tramite il quale potrete parlare direttamente con Salvatore Fosci e conoscere dal vivo questo straordinario manufatto!

                                                                                                   

                               

 

 

Note:

1)- Giovanni Menichino "Escursionismo d'Autore nella terra degli Etruschi. Viaggio nella Tuscia. I monti Cimini e le valli delle antiche civiltà rupestri", Laurum Editrice, 2008. Il libro è una guida ai 'sacri boschi' del territorio della Tuscia Viterbese e Maremmana, suddiviso per schede contenenti tutte le informazioni utili (distanze, tempi di percorrenza, dislivelli, difficoltà, punto di partenza, e coordinate GPS), notizie storiche e geografiche, corredato di numerose fotografie e disegni.

2)- L'autore sopra citato menziona il lavoro di G. Marocco, "Storia di Bomarzo", secondo il quale i due fratelli Domizi sarebbero stati i proprietari di una fornace; nelle vicinanze sono stati ritrovati numerosi frammenti di laterizio, alcuni dei quali 'bollati. "I due Domizi sono i fratelli Cn. Domitius Lucanus e Cn. Domitius Tullus, che timbrano le tegole dei tipi C. I. L. XV 989.1,1001 e 1010, di cui parlano Plinio il Giovane e Marziale" (G. Menichino, op. cit., p.137).

3)- G. Menichino, op.cit., p.147

4)- Luciano Proietti "La 'Piramide di Bomarzo':cifre, dati quantitativi ed ipotesi interpretative", in Archeotuscia, periodico di informazione archeologica e culturale, n. 2, maggio 2010, p. 36

5)- Mario Tizi "Un'escursione con Archeotuscia attraverso i misteri della piramide di Bomarzo", Archeotuscia, periodico di informazione archeologica e culturale, n. 2, maggio 2010, p. 35

6)- L'intervista completa a Salvatore Fosci, l'uomo che conosce i segreti dei boschi bomarzesi, è presente in questo sito alla pagina: www.duepassinelmistero.com/Intervistasalvatore.htm

L'Autrice desidera ringraziare la famiglia Fosci al completo e in particolare Salvatore, al quale -chi lo desidera- può rivolgersi per ulteriori informazioni in merito ai luoghi da lui ripuliti.

Sezioni correlate in questo sito:

I parte: I misteri dei sacri boschi di Bomarzo
I misteri dei sacri boschi III parte (sulle tracce di Pasolini, il Fosso castello e la torre di Chia) gennaio 2011
I misteri dei sacri boschi IV parte: il bosco del Serraglio gennaio 2011
Il Parco dei Mostri di Bomarzo
Il Moai di Vitorchiano (VT) gennaio 2011
Intervista a Salvatore Fosci, l'uomo dei boschi di Bomarzo
Italia da conoscere (misteri italiani)
Antiche Civiltà

 

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                                                                              Settembre 2010