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                                          Magico Salento

                                                Un breve tour nella Puglia meridionale (report di Marisa Uberti)

I nostri 'due passi' nella misteriosa e magica penisola salentina, situata nell'estrema porzione della Puglia, ci hanno portato a scoprire un territorio variegato e molto interessante, che ci ha regalato materiale inedito per le nostre Ricerche ed Inventari in corso, come quello della Triplice CintaNonchè ci ha permesso di venire a contatto con una regione che non avevamo mai visitato, con le sue tradizioni millenarie...

 

  • Ruffano (LE) Per vedere la nostra galleria fotografica clicca qui

Cominciamo con la visita di un paese carico di sorprese culturali, situato nell'entroterra e accoccolato sulle propaggini delle Murge Salentine, Ruffano (LE). Tale toponimo è incerto da dove derivi, se da un centurione romano di nome Rufus (la desinenza -ano significa 'di', in senso di 'appartenere'), che pare si fosse innamorato della sua fertilità e salubrità, o se dal termine gentilizio Rufius, oppure ancora dalla voce Italica Rufus, Rubus o Rubis (allusione a spineto,roveto o frutteto). Ci spingiamo a dire che, vedendo la sua terra rossa, probabilmente molto carica di ferro, forse si potrebbe trovare in questo la sua etimologia, in quanto Rubeos significa rosso. Si badi che nello stemma comunale compaiono tre collinette di cui la centrale reca sulla cima una fiamma, la cui presenza non è del tutto spiegata, ma sul sito ufficiale si dice che è immagine dello spirito e della trascendenza. Ruffo è infine il nome di una famiglia nobile che per un periodo ebbe il possesso del territorio.

Ruffano fu dominio romano e in seguito, tra il V e l'XI sec., subì le sorti del Salento, tra guerre di conquista e distruzioni. Ma in questo periodo fiorirono anche mirabili opere come le grotte basiliane. Una di queste l'abbiamo visitata proprio combinando la visita in un giorno speciale per il paese (quello della Madonna del Carmine, 16 luglio) in cui è stato possibile l'accesso.

ru-10.jpg (156813 byte) La suddetta grotta si trova sotto l'attuale chiesa della Madonna del Carmine ed è nota come chiesa rupestre fondata nel XII secolo(v. foto). E' presumibile che qui vi dovesse quindi essere una fitta vegetazione; i monaci basiliani, provenienti dall'Oriente, avevano scelto questi anfratti per pregare ed attuare il loro stile di vita austero. La grotta è scavata interamente nella roccia ed ha una forma semicircolare; sulle pareti vi sono ancora tracce di affreschi policromi e a terra si vedono delle tombe a fossa. Era dunque anche un luogo di sepoltura:un paio di teschi e alcune ossa sono visibili in una teca posta nella parte destra dell'ambiente. A questa grotta si accede da un cancello situato lungo la navata della chiesa superiore (ma normalmente è chiusa, aprendo solo il giorno della festa di San Marco).  Quando si scendono i gradini, l'atmosfera si carica di umidità e l'odore tipico degli ambienti ipogei sale alle narici, facendo immergere il visitatore in arcani passati e in quella spiritualità essenziale che le chiese moderne non esprimono più. La grotta è viva roccia, venerata come Madre universale, pronta ad accogliere le icone di Dio e dei Santi, più numi tutelari che altro. I monaci eseguivano i loro rituali religiosi nel ventre della terra, e ad essa volevano essere affidati in morte. E' un ambiente che ci ha lasciato stupore e ammirazione. I monaci basiliani (che si ispiravano alla Regola di san Basilio Magno, 330-379 ca) provenivano dall'Oriente; la loro presenza in Italia è attestata già dal VI sec. d.C. ma si fece più intensa quando nella loro patria d'origine ci fu la cosiddetta 'lotta iconoclasta' da parte dei Bizantini. La penisola salentina fu una meta prediletta da questi monaci, poichè sede di impero bizantino e approdo delle navi provenienti dall'Oriente. Essi trovarono rifugio nei luoghi solitari, come grotte, boschi, pendici delle colline ma quando non trovavano grotte naturali, scavavano nella roccia più fragile per creare delle celle simili a dei pozzi, dai quali entravano dall'alto. Questi rifugi divenivano il loro luogo di meditazione e preghiera (che chiamavano 'laure') e generalmente vi dipingevano una Madonna all'ingresso, perchè proteggesse il luogo..

Nel XVI secolo, a questo importante luogo di culto bizantino si sovrappose un edificio sub divo dedicato a san Marco, che per due secoli costituì la chiesa più importante del paese ma nel XVII secolo- con il trasferimento della Confraternita del Carmine - venne abbattuta per far posto alla chiesa attuale (1713), la quale ha a sua volta subito diversi restauri. Sorge in una posizione quasi ritirata rispetto alla scenografica piazza IV novembre, dove campeggia il monumento ai Caduti e uno dei palazzi più prestigiosi di Ruffano, oggi Casa Licci

Dall'altra parte della strada, leggermente arretrata ma ben individuabile (piazzetta Meraglia), sorge l'ottocentesca chiesa dell'Addolorata, o Cappella della Vergine dei Dolori, che abbiamo trovato chiusa; apre infatti durante la Settimana Santa. "Il culto alla Vergine dei Dolori è molto sentito in Ruffano e Torrepaduli. Nelle oltre 150 edicole votive- censite in uno studio del dr. Ermanno Inguscio- un buon terzo raffigurano l'Addolorata". Sulla facciata di questa chiesa troviamo la scultura di una 'Pietà'.

Camminando per le  vie del centro storico, si possono ammirare le tipiche architetture barocche realizzate in pietra locale; portali bellissimi adornano i palazzi nobiliari, così come diversi stemmi appartenuti alle famiglie che hanno retto il governo di Ruffano nel corso del tempo, e che ci informano dell'antico prestigio del luogo. Case nobiliari degne di nota sono Casa Viva, Riccio, Bortone, Giangreco, Licci, Torsello... Stretti vicoli assolati e silenziosi, in cui il tempo sembra essersi fermato, fanno contrasto con le animate piazzette, che sono ancora il ritrovo della gente.

Lungo via S. Francesco si aprono i portici, che introducono in uno dei punti nevralgici della vita religiosa e civile locale.

RU-35.jpg (49070 byte)In piazza del Popolo troviamo la Chiesa Matrice della Beata Maria Vergine, oggi la più importante di Ruffano e dove è venerato il suo santo patrono, Antonio da Padova. Oltre ad opere preziose che si trovano nella chiesa barocca superiore, da non mancare una visita nello straordinario complesso ipogeo che gli scavi hanno riportato alla luce. Si tratta dei resti di edifici di varia epoca che hanno insistito sulla medesima area, stratificandosi. Vi sono avanzi di abitazioni altomedievali ma anche una necropoli, con tombe a fossa. Alcuni reperti ossei sono ancora visibili in loco. i lavori di scavo sono cominciati nel 2002, e hanno rimesso in luce le tombe gentilizie, le fondamenta e la cripta dell'antica chiesa, la sottostante area del cimitero di superficie con 28 fosse scavate nella roccia e le camere mortuarie nelle quali hanno avuto luogo le sepolture sino al 1831. Appena scese le scale, si entra in un mondo parallelo a quello di superficie ma nettamente distaccato per fascino e mistero. La prima cosa che si incontra è l'area centrale, in cui è stata ricavata una suggestiva cappella ipogea (v. foto) con volta "a spigolo"(opera del maestro Armando Margarito); qui vi si svolgono alcune funzioni liturgiche riservate e varie funzioni religiose. Da qui poi dipartono gli altri ambienti ipogei, ritrovati dalle indagini archeologiche. Per approfondimenti sulla chiesa matrice cliccare sul link collegato.

La chiesa matrice è raccordata tramite una elegante Loggia al Castello, che sorse su un'antica fortezza alto-medievale; in realtà non si presenta come un edificio difensivo ma come un Palazzo Baronale. La storia di Ruffano, abbiamo detto, passò attraverso vari governi, conoscendo periodi di distruzioni, anche quando fu sottoposta al principato di Taranto. Dal 1463 si avvicendarono diversi signori: i Ruffa, i Colonna, gli Antoglietta, i Falconi, i Filomarino, i Brancaccio e i Ferrante, che diedero notevole lustro e prestigio a questa città.

Una curiosità: nell'attuale edificio dei Vigili Urbani, aveva sede l'antica chiesa di S. Maria di Costantinopoli.

Un'altra grotta basiliana è quella del Crocifisso(XII sec.),  situata ulla strada che da Ruffano conduce a Casarano, in località Manfio; il complesso rupestre è costituito da due cripte ipogee, quella della Trinità o dell'Eternità e quella del Crocifisso o di Santa Costantina, antica grancia basiliana della chiesa parrocchiale di rito greco dedicata a San Foca (quest'ultima era un'antica chiesa medievale oggi scomparsa, nel centro storico di Ruffano, dove oggi sorge la cheisa del Buon Consiglio).
che aveva un monastero annesso, di cui non resta quasi nulla, eccetto la chiesa- riutilizzata poi in epoche successive. La località è immersa in un consistente isolamento ancora oggi. Sulla collina della Serra, sorge la chiesa della
Madonna della Serra, nella parte nord occidentale del paese, dalla quale si gode di un suggestivo panorama. L'edificio è dotato di un campanilino a vela ed è in pietra locale a corsi regolari. L'interno è stato recentemente ristrutturato ma le sue origini sono 'antichissime'. Lungo le pendici della collina si apprezzano uliveti e frutteti rigogliosi che hanno radici nella terra rossa e si stagliano nel cielo blu cobalto. La Natura, a Ruffano, sembra non aver fatto mancare nulla. Per una adeguata trattazione della chiesa, vedasi il link correlato.

E se i tempi mutano, le tradizioni hanno trovato il modo di non essere dimenticate. Ad opera di alcuni promotori, è nato il Museo della Civiltà Contadina di Ruffano-Torrepaduli, con sede in quest'ultimo. Fondato nel 2002, il suo allestimento è stato realizzato in dieci sale al piano terra del Palazzo Pasanisi (XVIII sec.), ben noto in paese e facilmente raggiungibile dai turisti. I reperti esposti coprono un arco di tempo di oltre un secolo, datando dalla fine del 1800 per venire ad attrezzi ancora in uso fino ad una decina di anni fa. Attraverso la visita a questo concentrato di strumenti e attrezzi, si risale ad un mondo che sembra ormai distante dalla modernità con le sue 'comodità' tecnologiche, ma appunto per questo affascina e stupisce; rappresenta la testimonianza della capacità umana di adattarsi con 'quello che c'era', di usare intelletto e braccia per trovare soluzioni, indubbiamente faticando molto ma forse con maggiore soddisfazione. 

RU-42.jpg (39980 byte) Nella collezione possiamo trovare non solo utensili appartenuti al mondo agricolo, ma anche domestici (eccezionale la 'lavatrice' ante-litteram!), di svago (come macchine fotografiche, giocattoli, etc.), strumenti sanitari e perfino militari. 

Il Museo effettua attività di laboratorio mirate che permettano di tramandare, soprattutto alle nuove generazioni, l'importanza di mantenere viva la memoria del ricco patrimonio culturale ed etno -antropologico; grazie a collaborazioni con altre realtà culturali locali, svolge opera di sensibilizzazione verso un uso sostenibile delle risorse umane (oggi sempre meno valorizzate e progressivamente sostituite da risorse tecnologiche!). Promuove inoltre una divulgazione scientifica ed è sede di manifestazioni culturali e folcloristiche.

  • Si desidera ringraziare la sig.ra Viva per la cortese disponibilità a farci da guida alla visita dell'interessante Museo.
  • Si ringrazia infinitamente la famiglia Viva Rocco per...tutto!

Siti consigliati:

 

  • Otranto (LE) Per vedere la nostra galleria fotografica clicca qui

cattedraleotranto.jpg (67345 byte)Siamo nel punto più orientale dell'Italia, nella splendida cittadina costiera di Otranto, che dà nome anche al Canale omonimo. Di questa cittadina famosa in tutto il mondo, ci limiteremo a far parlare le immagini della nostra galleria fotografica. In particolare, vogliamo spendere due parole in merito al Mosaico presente nella cattedrale, eseguito sotto Guglielmo il Malo. Su di esso - per gli amanti del mistero - è stato detto veramente di tutto, forse a sproposito o forse ancora manca una chiave di lettura esatta. Anzitutto, va ricordato che la cattedrale di Otranto, svettante in piazza Basilica, è uno dei più grandi monumenti del romanico pugliese, non solo del Salento. E' intitolata a Santa Maria Annunziata e le sue origini si datano al 1088, durante la dominazione normanna, quando sarebbe stata costruita la cripta e realizzato il primo impianto basilicale, mentre il resto della costruzione è da ascriversi al XII sec. Il rosone in stile gotico- arabo in facciata, è un'aggiunta posteriore (XV sec.) e il portale maggiore è del XVII secolo (1674). Nell'area vi erano edifici precedenti: una chiesa paleocristiana, sorta su una domus romana che, stando a scavi recenti, aveva preso il posto di un villaggio messapico. Non c'è da stupirsi, visto che è questo il punto più elevato della città, ritenuto probabilmente di cruciale importanza, sia dal punto di vista della sicurezza che della sacralità. Non va inoltre dimenticato che Otranto fu una città importantissima in antico, che dava nome a tutta la Puglia meridionale, crocevia di culture e di commerci, transito di pellegrini per la Terrasanta, e con mercati molto frequentati. Qui aveva sede il potere bizantino e vescovile di rito greco, di straordinaria importanza e, come storia insegna, costituiva l'ultimo baluardo contro la conquista dei Normanni, che riuscirono nell'impresa nel 1070. Ecco perchè ad Otranto troviamo una cattedrale così imponente e così diversa dalle altre. Sappiamo, inoltre, che con le indagini archeologiche degli anni Ottanta e Novanta del XX secolo, è stato recuperato parte del pavimento musivo di epoca paleocristiana. 

L'interno, a tre navate, è scandito da 12 archi sorretti da 14 colonne di granito sormontate da capitelli romanici; alle pareti si possono osservare affreschi di gusto bizantino che, all'epoca in cui fu costruita la chiesa, era ancora importante, in zona. Una cappella importante è dedicata agli 800 Martiri di Otranto, assassinati dai Turchi per aver rinnegato la fede islamica. Sull'altare della cappella è conservato- secondo la tradizione- il masso su cui vennero decapitati e le loro ossa sono custodite in 7 grandi teche incastonate nella parete absidata. 

La cattedrale è dotata di tre absidi e la sua 'perla' artistica è nel pavimento, dove si estende un tappeto musivo che è l'unico superstite del genere nell'Italia del sud. Esso ha diverse particolarità: a dispetto della sua indiscussa simbologia, lo stile non è impeccabile ma ha un esecutore certo, poichè si è firmato (la lunga iscrizione è circa a metà della chiesa):si tratta di un presbitero che si definisce ' umile servo del Signore' di nome Pantaleone che- certamente aiutato da un 'team' di artigiani mosaicisti- in tre anni lo portò a compimento (1163-1165). Questo è abbastanza insolito, poichè gli artisti medievali raramente hanno lasciato la loro firma. Ricorderemo però che un'altra splendida opera musiva, che ricopre interamente il pavimento della Basilica Patriarcale di Aquileia (UD), reca la firma del suo esecutore, Teodoro.

Un uomo di chiesa sicuramente 'atipico', doveva essere il nostro Pantaleone, che ha operato una sintesi di temi culturali greci, bizantini, normanni, cristiani, bretoni. Egli si era formato alla scuola dell'Abbazia di San Nicola di Casole, di tradizione culturale greca. Altra cosa abbastanza strana è che i temi del Nuovo Testamento sembrano assenti nel mosaico (bisogna interpretarli); si ha invece la figura di Alessandro Magno che l'Autore ha messo bene in evidenza, indicandolo con il suo nome. Una vistosa scacchiera di 64 caselle rosse e bianche campeggia all'inizio della navata. Per di più, proprio nell'area presbiteriale campeggia la figura di Re Artù (identificabile per il nome che l'artista gli ha messo accanto, REX ARTUS), ma se si pensa che il Ciclo di Bretagna(con la sua saga arturiana) era nato poco prima nell'Europa del Nord (o non era ancora nato?) come poteva essersi diffuso nel resto del continente meridionale, tanto da effigiarlo in opere così importanti come questa poichè- essendo tema profano- non dimentichiamo che ci troviamo in una cattedrale (anche se sappiamo che i Cavalieri della Tavola Rotonda sono scolpiti sulla lunetta di un'altra cattedrale medievale, quella di Modena). 

L'enorme mosaico prende avvio appena superata la soglia d'ingresso e prosegue per tutta la lunghezza della cattedrale, si insinua sotto i banchi dei fedeli, si ramifica nelle navate e raggiunge la zona sacra dell'altare. I soggetti raffigurati sembrano prendere animo da tre Alberi allegorici, di cui il più maestoso è quello centrale,che l'esegesi cristiana chiama Albero della Vita. Questi temi  trasmettono a chi li osserva una sensazione mista di smarrimento e di fanciullesco interesse. Per presto rendersi conto che la decodificazione iconografica richiede una profonda conoscenza della Tradizione medievale. Anzitutto... quale figura si deve leggere per prima? Vi è un ordine preciso? Pantaleone ha fornito una 'chiave' di lettura? Ci vorrebbe diverso tempo per poterlo studiare bene.  Certamente si possono riconoscere animali del bestiario medievale, i Dodici Mesi dell'Anno, ma anche temi delle Sacre Scritture, oltre a rappresentazioni popolari e fantastiche, con riferimenti mitologici classici (come Atlante che sostiene il globo terrestre). Da qui intuiamo che oltre alla lettura 'enciclopedica', cioè di un libro per immagini  steso sul pavimento (come usava fare in quel periodo), ve ne sia almeno un'altra- più nascosta- dedicata a chi poteva decifrarla ed individuare nelle iconografie delle metafore metafisiche, o forse anche Alchemiche. Del resto, erano proprio i monaci a possedere le conoscenze per una visione dotta del mondo e degli Elementi che lo compongono. Sappiamo che l'Alchimia adoperava un linguaggio del tutto fuori portata ai più, in quanto celava, sotto le sembianze di figure semplici e comuni come gli animali o i mostri (che la gente riteneva incarnazione del bene e del male sempre in lotta), le allegorie dei principi della materia che, secondo procedimenti specifici, portava alla sua divinizzazione. Un lavoro congiunto e instancabile dal macro al microcosmo e viceversa, da attuare sia su se stessi che fuori. 

I molti lavori che sono fioriti in merito alla natura 'sapienziale' del mosaico, mettono in evidenza alcuni simboli presenti, presi a sè stanti, tuttavia una omogenea analisi appare difficile. Si deve partire dalla base dell'Albero centrale o no? Se si volesse eseguire una lettura 'cronologica', partendo dalla narrazione biblica, ci si avvede che il più antico riferimento è quello narrato nella Genesi, riferito ad Adamo ed Eva nell'Eden. Allora ci si dovrebbe spostare sotto la cupola della chiesa, perchè in quel punto -sulla punta dell'albero- c'è il serpente arrotolato, interposto tra i due abitanti del Paradiso. Nel presbisterio è raffigurata la Cacciata di Adamo ed Eva, ma anche i loro figli Caino e Abele, nonchè l'uccisione di quest'ultimo da parte del fratello. Ma dalla parte opposta vediamo Re Artù sulla groppa di un cavallo baio (che pare un caprone) mentre impugna uno scettro che è alquanto curvo (fuori epoca). E l'altro braccio, teso verso l'alto, è lunghissimo.

Ufficialmente il mosaico è stato spiegato nelle parti che lo compongono, tuttavia letture alternative continuano ad essere proposte. Chi ha ragione? 

Secondo lo studioso Sabato Scala, la chiave di decifrazione del misterioso mosaico non è nè cronologica nè veterotestamentaria, ma cabalistica. In tal modo egli è riuscito a collocare i temi sacri e profani, le allegorie e il bestiario in una visione gnostica che avrebbe riferimenti con i Vangeli apocrifi ma sarebbe passata anche dai Templari. La sua analisi è interessante e rimandiamo il lettore al link dove consultarla.

Dai quattro leoni che si riunificano in una testa sola, possiamo ipotizzare che Pantaleone abbia voluto comunicarci che i temi siano di ispirazione ermetica, poichè il 4 è un numero che si adatta a diversi fattori ma principalmente ai 4 costituenti della Materia- Natura (Acqua, Aria, Terra e Fuoco, che originano il quinto Elemento o Quintessenza). 

Una particolare attenzione va posta nella presenza del ciclo dei Mesi (che abbiamo spiegato parlando del mosaico della chiesa di San Savino a Piacenza, lì purtroppo mutili in alcune parti e in bianco e nero, ma bellissimi ugualmente). Segnaliamo anche un lavoro di Stefania Mola che, tra una descrizione simbolica e l'altra, ci informa che nel mosaico di Otranto i Mesi vanno letti da Settembre ad Agosto. 

Un ulteriore studio interamente dedicato all'opera di Pantaleone si può consultare sul blog di Gabriella Fabiani.

Tramite una scalinata posta a destra della navata, si accede alla meravigliosa cripta, situata sotto l'abside. Presenta affreschi di epoca bizantina ed è suddivisa in 48 campate, è straordinaria! Costituita da oltre 70 colonne (42 colonne e restanti semi-colonne), dai capitelli assai variegati tra loro. Nella foto sotto, vediamo un bel Nodo di Salomone su uno dei capitelli, di foggia arcaica.

Certe colonne, per l'umidità, sono a tratti coperte di colore verde; così come i capitelli. Una è risultata proprio bagnata, chissà se sorge su un punto 'particolare'; è come trasudasse un liquido acquoso. Un paio recano una croce scolpita, a mezza altezza circa. fattore particolare, cioè l'impiego di elementi di sostegno provenienti da più antichi edifici, tanto da trovare temi classici, bizantini, cristiani, medievali, orientali, per far sì che questo luogo diventasse la sintesi, il crocevia della cultura universale. Scrive G, Carpeoro che "la chiave esoterica della Cattedrale è nella Cripta, un autentico capolavoro che regge il transetto. Infatti a reggere la cripta con un effetto visivo di imponenza davvero straordinaria quarantadue colonne monolitiche che sono il codice della costruzione. Quarantadue, sette volte sei o sei volte sette: la materia per lo spirito o viceversa, perché l’essenza ultima non può perpetuare l’illusione della separazione tra di essi. Poi i capitelli delle colonne sono di stili che assommano la scienza dei costruttori del passato: l’egizio, il persiano, i vari stili greci, ionico, corinzio, l’asiatico, il bizantino fino all’islamico. Perché questa somma di stili diversi? Ma per trasmutare la materia, elemento terra e ricostruire il Tempio di Salomone, espressione del divino, elemento fuoco, la shekinah, la unione delle dodici tribù ebraiche in una civiltà di armonia ed amore simboleggiata da una costruzione che supera la divisione di un altro simbolo costruttorio, la Torre di Babele, elemento aria, e realizza la potenzialità della costruzione navale, l’Arca di Noè, elemento acqua, nel compimento dell’opera tramite la figura di Gesù Cristo, il Salvatore e dei suoi dodici apostoli. Il simbolismo del dodici espresso tre volte nella Trinità e dimezzato nella materia, parte mezzana della realtà cosmica: tre volte dodici più sei = quarantadue". 

Visitatela, e fateci sapere cosa ne pensate. Il mistero della cattedrale di Otranto attende ancora una soluzione. 

 

 

  • Lecce (per vedere la nostra galleria fotografica clicca qui)

DSCN6867.jpg (87188 byte)La città, di origine messapica e chiamata Lupiae in epoca romana, è situata al centro della Penisola salentina ed offre sorprendenti angoli di bellezza arcana, pur mostrando un'architettura prevalentemente barocca (noi, come sapete, amiamo il romanico e il gotico di più). Simboli su simboli straripano dai suoi edifici, a volte lasciando a bocca aperta (come la Chiesa di Santa Croce, la cui splendida facciata risente delle diverse fasi costruttive). Non possiamo certo qui soffermarci a stilare una guida cittadina, non è nostra intenzione e facilmente si troveranno notizie su questo elegante capoluogo di provincia pugliese. Lasceremo la parola alle immagini della nostra galleria fotografica, tuttavia le normali guide non diranno probabilmente mai che ci sono diversi simboli graffiti sugli stipiti dell'ingresso della cattedrale (1659-1670), in particolare un Fiore della Vita (l'altro- che doveva forse essere inciso nel cerchio sottostante, manca) e una sospetta Triplice Cinta. Nella cripta - un vero capolavoro cinquecentesco - è inciso un alquerque (molto consunto) sulla panca addossata alla parete che guarda proprio l'altare. Quanto meno, una posizione un po' curiosa per...giocare, dato che di posto a disposizione ve n'era moltissimo, sui sedili meno in vista...Accanto all'Alquerque, forse c'era una TC, chissà...si vede troppo male. Sicuramente molto ben visibile è la bella TC incisa profondamente su uno dei davanzali del Castello cinquecentesco (il maschio è del periodo angioino).

Una prolungata visita la richiede la cripta del duomo. Qui vi si trovano colonne che presentano capitelli di stile diverso e raffiguranti soggetti più disparati: dalla sirena alla sfinge alata, da una sorta di 'Baphometto' (v. foto sotto) ad un uomo con copricapo piumato (forse un indigeno sudamericano? Influenza post-colonizzazione? Sembra anche di riconoscere, in uno dei volti scolpiti su un capitello, il ritratto di Cristoforo Colombo...Solo una nostra impressione?). 

Poco lontano dalla cattedrale, su un edificio nobiliare un'epigrafe riporta diverse N inverse...

Moltissimi graffiti sono poi tracciati sul parapetto che delimita l'area dell'Anfiteatro romano, risalente al II sec. d.C., usato ancora oggi per spettacoli vari. Si tratta perlopiù di incisioni recenti, molti cuori, iniziali, date, nomi, ma anche qualche simbolo religioso, come croci e calvari, e qualche rara figura geometrica.

Imperdibile il maestoso Sedile o palazzo del Seggio, costituito da un'ampia loggia e appoggiato all'antica chiesa di San Marco. Questa piazza, dedicata a sant'Oronzo, ospita la colonna omonima (1666): è un reperto storico importante poichè venne realizzata con una delle due colonne che, a Brindisi, segnavano il termine della Via Appia. Un'indicazione nel duomo, riporta che il corpo di Sant'Oronzo, secondo una tradizione, si troverebbe sotto la colonna a destra di fronte all'altare maggiore, dove è accesa una lampada ad olio in onore del Santo. Attraversata la piazza, si raggiunge Via Templari. Ai leccesi raccontarci tutto sulla presenza dei Poveri Cavalieri di Cristo nel medioevo, proprio qui...

          

 

 

  • San Cesario di Lecce 
                                                      

SANCESARIO-01.jpg (140792 byte)...E di Templari pare dobbiamo continuare a parlare, visto che a 6 Km da Lecce si trova un borgo che può vantare la presenza di una bellissima chiesa medievale, quella di San Giovanni Evangelista. Siamo a San Cesario, che ospita anche un palazzo ducale seicentesco dalla maestosa facciata. Ma è nella chiesa medievale già citata che dobbiamo vedere qualcosa di incredibile:un sarcofago di foggia medievale, grezzo, anepigrafe e privo di coperchio, secondo alcuni appartenuto ad un Cavaliere Templare, che reca incisi- sulla faccia anteriore- un alquerque e due Triplici Cinte. La fattura dei tre esemplari è diversa da tipo a tipo:l'alquerque - interposto alle TC - appare più marcatamente inciso, con fori ad ogni incrocio; le TC sono vergate probabilmente senza uso di strumenti di precisione, i tratti sono sottili ma gli schemi rispettano una certa proporzionalità. L'apparato pittorico medievale rende questo edificio un piccolo gioiello poco conosciuto ai più. Figure di santi allineati emergono dall'usura del tempo e dall'incuria umana, riportati comunque all'antica bellezza da un restauro recente. Da notare, in una nicchietta, semicoperto da un vaso, il volto allungato di un Cristo barbuto e con i capelli lunghi, dai lineamenti molto particolari, vivificati, che ci ha ricordato il volto dell' Uomo della Sindone. Chi l'ha dipinto e quando? Comunque...Non perdetevelo!

                                        

 

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  • Il Parco megalitico di Giurdignano (LE)

Per completare questo minitour nel Salento, dopo aver visitato edifici di epoca barocca, rinascimentale, medievale, romana, è d'obbligo esplorare un po' i monumenti più arcaici, lasciati da una civiltà che parlava attraverso le pietre, grandi pietre, secondo un fenomeno che prende il nome di 'megalitisimo'. In Puglia esistono oltre 100 esemplari suddivisi in menhir e dolmen. Abbiamo già parlato di questi manufatti in altre sezioni di questo sito ma è buona cosa rinfrescarci un po' la memoria, anche per sapere come sono vissute queste 'pietre fitte' nel Salento. Spesso riutilizzate in epoche successive, a volte finite in case private, altre volte spezzate o finite chissà dove, ne possiamo comunque contemplare ancora molte nel territorio. Un menhir ad esempio è ben visibile nei pressi del Santuario di Monte Vergine ad Uggiano (LE); in un articolo recente, il nostro corrispondente Carlo Capone ci ha illustrato il menhir di Lequile, sempre  in provincia di Lecce, ed ora ci troviamo nel maggior concentrato di queste opere nella penisola salentina, il Parco megalitico di Giurdignano (LE), che è stato inaugurato nel settembre 2008, dopo la riscoperta dell'antichissima civiltà dei megaliti. Vi si trovano 18  menhir e 7 dolmen; la località è nota anche come il Giardino megalitico d'Italia in quanto, passeggiando per i sentieri, tra la vegetazione spuntano fuori spesso le lunghe pietre verticali infisse nel terreno (menhir) o le tombe a dolmen, con le loro 'camere' interne.

DOLMEN.jpg (167004 byte)Prima di arrivare, si può fare una puntatina al cosiddetto 'dolmen stabile', in località Giuggianello, rinvenuto nel 1893, un manufatto interessante sia per il contesto che per l'ingente quantità di pietre che vi stanno attorno (qualcuno ritiene si potesse trovare un altro dolmen, successivamente smontato, sarà così?). "Il monumento si presenta con un'imponente pietra orizzontale sostenuta da altre tre e da numerose piccole pietre, il lastrone mostra, sulla superficie, un bordo inciso e due segni che convergono a formare una V, nelle vicinanze si possono vedere delle pozzelle con canaletti di scolo. Secondo molti studiosi, il dolmen Stabile era una sorta di altare, circondato da un'enorme costruzione megalitica. Per la sua eventuale ricostruzione si spera nel ritrovamento di alcuni bozzetti del De Giorgi ancora non censiti. I due segni incisi sulla lastra orizzontale puntano verso il punto in cui sorge il sole da Capo d'Otranto nel giorno del solstizio d'estate ed in quello del tramonto. Tutta l'area è disseminata di enormi lastroni in pietra che presentano incisioni di vario genere. Per alcuni si tratta dei resti di una sorta di Stonehenge italiana perduta per sempre nella prima metà del Novecento", dice il Comune.

 

                        

 

I Menhir sono opere misteriose, tanto semplici quanto complesse per la loro significatività. Segno probabilmente di civiltà preistoriche, rivelano conoscenza non solo di ingegneria ma anche uno spiccato senso artistico. Origini e funzioni di questi manufatti, che in Puglia sono particolarmente numerosi e nel Salento ne abbiamo una prova, rimangono avvolte nel mistero. Ipotesi: 

-pietre della fertilità (alluderebbero al fallo)

-segnacoli mortuari o legati a riti cultuali

-luoghi di riunione, indicando un'organizzazione sociale e cerimonie collettive

-segnali posti all'incrocio di direttrici viarie dell'epoca; in questo caso la loro inclinazione indicherebbe la direzione da seguire per raggiungere l'insediamento. O, forse, bisognerebbe ricercare in eventuali correlazioni astronomiche, la loro posizione ed inclinazione. Purtroppo a volte vengono raddrizzati (come quello di Lequile), perdendo il loro valore primitivo (qualunque esso fosse).

-secondo alcuni, sarebbero opere medievali. Di certo furono riutilizzati nel Medioevo e spesso recano delle croci come segno di una loro sacralizzazione in senso cristiano.

menhir-02.jpg (184041 byte) menhir-01.jpg (248904 byte)Il Menhir nella foto, detto 'Vicinanze 1' (perchè si trova vicino ad una casa rurale), ha un'altezza di circa 3 m e una base di 0,42 m x 0,30. L'orientamento delle facce più larghe è sull'asse Est-Ovest. Fu certamente riutilizzato nel Medioevo come 'Osanna', cosa deducibile- secondo il pannello in loco -da un incasso alla sommità per l'alloggiamento della pietra rettangolare di taglio. Cosa che attesterebbe la cristianizzazione del menhir, attorno al quale avvenivano funzioni religiose. La Domenica delle Palme avevano luogo delle processioni che testimoniavano davanti ai menhir. Sulla faccia anteriore sono ben visibili due croci; nei pressi del manufatto sono presenti 5 silos (buche scavate nel banco roccioso a forma di bottiglia o campana, che servivano per lo stoccaggio delle granaglie.

                                             

 

 

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                                                                                                          Settembre 2011