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  La chiesa fortificata di Hrastovlje

The Romanesque Routes of European Heritage

                                                                                     (di Marisa Uberti)

Un luogo magico, misterioso e sacro. Questo è Hrastovlje, un villaggio dell'entroterra sloveno, nel comune di Capodistria (Koper). Il monumento di maggior rilievo è certamente la chiesa fortificata della SS. Trinità, sulla collina che sovrasta l'abitato. Una chiesa nascosta da poderosa mura difensive entro le quali si rifugiava la popolazione durante le incursioni dei Turchi. Su questo colle sorgeva un castelliere preistorico le cui pietre sono state riutilizzate per costruire le mura di cinta e le due torri. L'edificio che visitiamo è pertanto depositario di un passato antichissimo. Hrastovlje è parte di "Transromanica" (the Romanesque Routes of European Heritage) ovvero è una tappa romanica del Patrimonio Europeo. 

  • La Šavrinka

Il modo migliore di godere appieno del fascino di questa struttura è salire sulla collina situata di fronte alla fortificazione, sulla strada che porta a Dol (cartelli indicatori presenti). Qui, su una vasta piana, si trova la statua della Šavrinka (in italiano Savrina), rappresentante simbolica della donna slovena. E' un'opera assai scenografica, collocata in una posizione dalla quale si può ammirare la chiesa fortificata in tutto il suo splendore. Attorno, un teatro naturale fatto di rocce carsiche di tanto in tanto forate dalle loro caratteristiche grotte, recessi segreti che stuzzicano la curiosità, vestigia di edifici arroccati sulle alture dispiegate a ventaglio, di cui non conosciamo nulla, ma che ci rapiscono. La Savrina vigila dal 1990 su tutto il paesaggio e sulle attività umane; venne infatti donata al paese dal suo autore (lo scultore Jože Pohlen)  in quell'anno, in occasione dei 500 anni di vita degli affreschi che ricoprono integralmente pareti e volte della chiesa della SS. Trinità.  Fu proprio lui a "riscoprirli", come vedremo. La statua non ha forme ben definite, è la forma che emerge dall'informe e si propone come una figura femminile, il cui volto guarda la chiesa fortificata (dall'altra parte della collina). Porta sul capo un cesto che è l'attrezzo con cui le donne di questi luoghi portavano a vendere i prodotti della terra sulla costa e a Trieste. L'etimo Šavrinka proviene da quello della regione a cui appartenevano queste donne molto laboriose, la regione dei Colli Savrini o, in lingua locale,  Šavrinsko gričevje. Le attività cui si dedicavano le Savrine erano molteplici: alcune vendevano uova (jajčarice), alcune (le  krušarice) cuocevano il pane in casa e lo andavano a vendere insieme alla frutta e alla verdura, altre ancora portavano il latte (le mlekarce); c'erano poi quelle che raccoglievano la biancheria in città che poi lavavano a casa (le lavandaie, chiamate perice), mentre le Kolakariče vendevano dolciumi alle sagre. 

                 

                                                  In primo piano la Šavrinka e, sullo sfondo, la chiesa fortificata di Hrastovlje

 

  • La chiesa fortificata

Ritornando indietro, si imbocca la discesa per il villaggio e lasciando l'auto al parcheggio ci si inerpica sulla modesta altura. Ma è superbo ciò che ci attende! Mano a mano che ci si avvicina, si distinguono sempre meglio i profili delle mura e delle torri, in parte cadute. Soffermarsi sulla piana, prima di varcare il bellissimo arco a tutto sesto che si apre nelle mura, viene spontaneo. Il luogo appare come una perla sormontante un prezioso monile.  La fortificazione fu voluta dalla famiglia Neuahus e misura 32 m di lunghezza, 16 di larghezza e 8 di altezza (si noti come il trentadue sia il doppio di sedici e questo lo sia dell'otto). La parte superiore è però chiaramente stata erosa dai secoli. Particolare la disposizione delle due torri, situate ai vertici della diagonale del rettangolo; la prima vigilava sull'unico ingresso dal lato del paese. Il fortilizio risale al 1500, mentre l' epoca in cui venne eretta l'antica chiesa risale al XIII secolo: la chiesa nacque quindi priva di mura attorno? L'edificio si presenta in bei blocchi di pietra perfettamente integra. Le forme  attuali  risalgono alla metà del 1400 (tuttavia sono romaniche...) e si sa che venne consacrata nel 1475. E' probabile che quando si decise di ricostruire la chiesa, si realizzarono le mura e le torri, per sopraggiunte esigenze difensive.  Ma se vennero usate le pietre del castelliere preistorico, che cosa restava di quest'ultimo, a quel tempo? 

Il campanile svetta nel cielo azzurrissimo per 18,78 m e si ritiene che fosse già contemplato nel progetto iniziale dell'edificio (il muro settentrionale continua con il campanile stesso). Se la parte inferiore del manufatto si può dire coeva alla chiesa, quella superiore è diversa stilisticamente, il che fa supporre una sua ricostruzione durante il periodo barocco.

                      

                                                              La fortificazione che cela la chiesa della SS. Trinità

All'interno della chiesa c'è vita: la cortese signora che ci accoglie alla biglietteria si adopera con ogni visitatore per impostare la sua lingua nella spiegazione sonora, che inizia a partire appena sbrigate le formalità. Non si tratta di un'audioguida ma di una narrazione che tutti sentono, come fosse presente chi parla. Lo stupore si è già impossessato di ciascuno dei presenti: i colori caldi degli affreschi che tappezzano interamente l'edificio catturano sguardo e sensi. Questi dipinti furono iniziati alla fine del 1300 e un'iscrizione in scrittura glagolitica (un antico alfabeto usato dagli evangelizzatori cristiani per trascrivere lo slavo ecclesiastico e convertire i locali alla nuova religione) dice che terminarono il giorno di Santa Margherita del 1490. Non sappiamo se vi sia una ragione perchè siano finiti in quel giorno preciso. L'iscrizione informa che i dipinti vennero commissionati dal parroco di Kubed Tomič Vrhovič ed eseguiti da Giovanni da Castua. I temi sono complessi e vanno inquadrati nella filosofia concettuale di cui il  Medioevo era infarcito; opera dal sapore esoterico che forse non doveva pervenire fino a noi poichè nel XVIII secolo venne incredibilmente coperta da più mani di calce. Lo si apprende dalla "Corografia ecclesiastica" del vescovo di Capodistria Paolo Naldini. La pianta dell'edificio è a tre navate, separate da archi semicircolari posti su colonne circolari in muratura. Al tempo del vescovo Naldini (XVIII sec.) vi si trovavano cinque altari in legno, intagliati e intarsiati. Le volte sono a botte per tutta la lunghezza delle navate, che terminano con absidi semicircolari nascoste nello spessore della muratura. Il pavimento fu realizzato nel 1518 dal maestro Anton Damidun, ma nel periodo barocco venne sostituito da lastre di pietra.

  

                    La chiesa della SS. Trinità e il campanile, a sinistra; a destra l'iscrizione in alfabeto glagolitico (parete sud, interno)

I temi sono tratti dal Vecchio e dal Nuovo Testamento: la Genesi, vita di Maria e di Gesù, i Santi. Ma tra scene religiose spuntano scene di vita quotidiana, come la raffigurazione dei Mesi, e due "inspiegabili" nature morte alla base dei pilastri che contornano l'abside centrale. Solo in alcuni tratti gli affreschi sono frammentari e in pochi altri sono completamente scomparsi o illeggibili ma tutto il resto è miracolosamente intatto.

Un valore del tutto speciale lo ha la Danza Macabra, affrescata mirabilmente sulla parete meridionale. In realtà qui non troviamo una vera e propria "danza" ma la sfilata di uomini e scheletri che, trionfanti, conducono i primi verso l'inesorabile destino, dal bambino (il primo a sinistra dell'affresco) fino ad arrivare al Papa (eh, sì, anch'egli ritratto come gli altri comuni mortali). Questo tema fu usato a partire dal tardo medioevo e indica la caducità della vita, a dispetto di lussi e sfarzi o della categoria sociale cui si appartiene. Ha funzione di "memento mori" (letteralmente "ricordati che devi morire"). Pare che la diffusione del tema sia stata concomitante alla terribile pestilenza del 1348 che afflisse l'Europa intera e che non risparmiò nessun ceto, dal popolare all'aristocratico o al prelato. E' interessante notare come questo tema, per quanto discretamente diffuso in diverse località europee (soprattutto in Germania e Francia), non trova molti riscontri in Italia (ma ne abbiamo trovate diverse e sicuramente sarebbe interessante fare un censimento per averne una stima aggiornata). Trovarlo in questa "sperduta" chiesa slovena è stata una sorpresa; tuttavia ora sappiamo che invece la chiesa di Hrastovlje è celebre in tutto il mondo proprio per il ciclo della "Danza Macabra" (tema, appunto, raro a trovarsi). La datazione di questo motivo parrebbe essere il 1490: che cosa spinse a realizzarlo?

    

                          A sinistra, particolare di uno degli affreschi della volta della navata centrale; a destra, scena della Danza Macabra

La chiesetta era una succursale della parrocchia di Kubed ma come mai la si era splendidamente arricchita di affreschi di tale importanza e significato simbolico? In un villaggio che non si poteva certo chiamare affollato. Era situato però su una linea strategica di passaggio, in quanto collegata con altri insediamenti difensivi. Hrastovlje sorge infatti nella valle omonima, continuazione ormai secca di quella del fiume Rižana (Risano). Già sede di castelliere preistorico, fu ambita meta della colonizzazione romana prima e slava poi. Primitivamente vi sarebbe stato un villaggio con la chiesetta di San Marco, che venne abbandonato; troviamo Hrastovlje (Cristoia, Cristoglie) nel 1028 passare da Corrado II il Salico (imperatore germanico) ai patriarchi di Aquileia, allora molto potenti. Nel corso del 1200 passò agli altrettanto potenti vescovi di Trieste e in seguito a quelli di Capodistria, che lo diedero in feudo a diverse famiglie. Divenuta enclave del Sacro Romano Impero, Hrastovlje fu di proprietà dei nobili Nauhaus (o anche Neuhauser) fino al 1581 quando cedettero ogni diritto al medico e filosofo capodistriano Leandro Zarotti (evento attestato da un'iscrizione latina all'ingresso della fortificazione). La situazione non appare ben chiara poichè nel 1421 (cioè quando ancora erano proprietari i Nauhaus) le decime ecclesiastiche venivano riscosse dalla nobile  famiglia capodistriana dei Vergeri, che pare abbiano mantenuto una comproprietà fino al 1600. Il medico e filosofo Zarotti desta curiosità: doveva essere molto abbiente per potersi permettere l'acquisto di ogni bene, chissà se con la sua erudizione amasse sostare nella chiesa della SS. Trinità e contemplarne i simbolici affreschi...

Per la sua posizione sulla valle del Risano e la presenza della fortificazione (che però era una chiesa...), Hrastovlje godette di un ruolo preminente nel periodo della Guerra degli Uscocchi (1615-1617). Importante ruolo lo rivestiva almeno fino al XIX secolo in ambito agricolo, tessile, nell'allevamento nonchè per la presenza dei mulini del Risano.

Nel 1948 lo scultore Jože Pohlen (autore della statua della Savrina) si avvide, asportando una porzione di calce dai muri, che si celavano al di sotto dei colori ancora vivi. Ci vollero dieci anni di lavoro per recuperare l'intero ciclo pittorico che ricopre muri, pilastri e volte; nel corso del 1970 l'Istituto Intercomunale per la Tutela del Patrimonio naturale e culturale di Pirano avviò una ristrutturazione della chiesa e della fortificazione esterna, nonchè  il restauro degli affreschi. Delicate attività che si protrassero fino al 1985.

Dalla loro scoperta, gli affreschi di Hrastovlje è diventata celebre in tutto il mondo e in Slovenia essi costituiscono, insieme alla chiesa, uno dei  patrimoni culturali di maggior pregio.

Lasciare questo posto è davvero difficile.

  • Invito a visionare il video realizzato sul posto nell'agosto 2012:

 

 

 

 

 

Continuiamo i nostri due passi nella Slovenia misteriosa:

(continua-)

 

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                                                                                                    Settembre  2012