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 Necropoli di Anghelu Ruju (Comune di Alghero, SS)        di Marisa Uberti

                                            (Pannello in loco)

Andiamo allora alla 'scoperta' di questo complesso funerario di oltre 5.000 anni fa.

La foto è ovviamente simbolica(ma siamo entrati davvero naturalmente) perchè la tomba in esame non è la prima che si incontra sull'itinerario consigliato dalla guida o dall'audioguida come abbiamo utilizzato noi, bensì una delle ultime (se non l'ultima).Ma l'abbiamo scelta per immettere virtualmente in questo 'mondo ultraterreno', scoperto per caso nel 1903 in occasione di lavori di preparazione dell'area per la costruzione di una casa colonica (il terreno era proprietà privata!). Le ruspe causarono l'asportazione di alcune lastre di copertura, ignare di cosa potesse trovarsi al di sotto (le tombe essendo 'sotto terra' non erano visibili in superficie).Inoltre le tombe erano state in diversi casi già saccheggiate in antico; ma ne restavano alcune intatte.E' certo il loro riutilizzo da parte di differenti Culture che si susseguirono; questa necropoli venne usata per un arco di tempo di 1500 anni circa, secondo gli studiosi, e vi ha accolto individui che vissero tra il 3500 a.C. e il 2000 a.C.,cioè prima della 'comparsa' ufficiale della civiltà nuragica.Tombe che hanno dunque almeno 5500 anni! Dalla produzione fittile, ritrovata nelle tombe (che solo in rari casi erano vuote) si è ricavato un quadro delle varie fasi di utilizzazione che hanno interessato la necropoli algherese dal Neolitico Recente al Primo Bronzo, fasi che corrispondono alla presenza in loco di cinque culture: Ozieri, Abealzu-Filigosa, Monte Claro, del Vaso Campaniforme e Bonnanaro.

Più volte abbiamo menzionato la Tavola cronologica, che aiuta senz'altro a capire a cosa e a chi ci si riferisca quando si parla di cultura di Ozieri,o di Monte Claro per esempio, a quale periodo risalga,e da quali 'reperti' è caratterizzata, secondo l'archeologia ufficiale.

Questa diversità di culture deve far pensare ai continui flussi migratori che si avvicendarono nell'isola.Ciò che appare molto interessante è che proprio gli studiosi ritengono alcuni elementi riconducibili ad influssi orientali, pertanto tipici di popolazioni che provenivano da paesi lontani ma delle quali ancora oggi non si sa nulla di preciso. Dall'analisi antropologica è emerso che nella necropoli vi era sepolto in preponderanza un tipo umano “mediterraneo” dolicocefalo (84, 13%), mentre un tipo brachicefalo è stato osservato nel 15, 87% dei casi. La statura media riscontrata è di m. 1,62 con una curva di oscillazione fra l’ l,42 e 1,72.

Ci viene in mente che Leonardo Melis da tempo si incontra e scontra con l'accademismo imperante per far 'accettare' l'ipotesi che il popolo indigeno Sardo, che chiama Shardana o popoli del mare, provengano dall'antica tribù biblica di Dan, ma meglio visitare il suo sito che cimentarci noi ad esplicitarne i fondamenti! 

Fatta questa breve parentesi, cominciamo il percorso, che non segue un vero e proprio ordine numerico. Le tombe scavate sono in numero di 38 e un utile pannello permette di orientarsi agevolmente nel
“labirinto” delle tombe. Naturalmente non è nostra intenzione di illustrarle tutte, anche perchè rimandiamo ad un ottimo e fondamentale lavoro, che è stato anche la nostra guida, e che è scaricabile in formato pdf, in cui si troverà TUTTO ciò che interessa e che si sa in merito a questo sito archeologico. 

In un primo momento eravamo sconcertati perchè altra gente aveva acquistato il biglietto insieme a noi;ci siamo fermati un attimo a leggere i pannelli informativi e poi dando uno sguardo d'insieme all'area non abbiamo visto più nessuno.Era impossibile! Dov'erano finiti tutti quanti? A poco a poco si sono cominciate a vedere teste che riemergevano dalle profondità della terra o che vi stavano scendendo! Una nuova scoperta ci attendeva.

Le tombe sono domus de janas (case delle fate), e presentano due tipi diversi di ingresso: a pozzetto
verticale o obliquo, in genere angusto, e a dromos discendente, talvolta di dimensioni monumentali, quasi sempre munito di gradini all’imboccatura. E' sensazionale entrare e accorgersi che non è finita lì,ma che la camera in cui si accede si apre su altre 'camere' o celle, talvolta con diramazioni eccezionali che assumono in pianta la forma di una corona di petali di un fiore. Gli artefici ebbero cura di non sconfinare mai nella tomba attigua, mentre procedevano, e si nota come alcuni particolari facciano pensare che si considerava il villaggio dei morti come quello dei vivi, anche se non è stato ritrovato lo stanziamento di queste popolazioni (che dovevano abitare nei pressi, ma non v'è traccia, forse a causa di lavori di bonifica del territorio limitrofo, che avrebbero distrutto ogni traccia).

A sinistra del pannello dove c'è la pianta del complesso funerario è situato  l’ingresso della tomba XVII , un lungo dromos (corridoio) con gradini, sulla destra del quale si può vedere una celletta, forse posteriore al primo impianto della “domus”. Raggiunto un piccolo padiglione, si accede all’anticella pressoché quadrangolare e, attraverso un bel portello ornato di cornici incavate, alla cella principale, a pianta rettangolare, disposta a T. Su questo ampio vano si aprono quattro celle sopraelevate, disposte in corrispondenza dei lati brevi, due per parte.

       

           Una delle tombe a pozzetto:preziosa l'audioguida che ci segue di due passi in due passi...

        

Tomba 'A'. Protomi taurine riportate su un unico piano.Sono quattro sopra l'architrave e due più spostate,e più grandi, a destra.Vi sono simboli simili anche all'interno(a sinistra).

Le tombe furono scavate in tempi successivi e nell'arco di svariati decenni.Alcune portano numerazioni altre sono distinte da lettere alfabetiche per contrassegnarle.

 

In alcuni casi,è possibile vedere ancora il 'chiusino' che chiudeva l'accesso. I solchi incavati attorno ai portelli mostrano che le “domus” venivano sigillate all’esterno con lastre litiche, talvolta rinvenute in posto mentre le celle interne, dove non ne sono mai state ritrovate, dovevano avere porticine lignee.

ar-33.jpg (30721 byte) Alcune tombe ipogee hanno queste straordinarie 'colonne' interne di sostegno:ne sono state ritrovate dipinte e/o scolpite con corna taurine.

Tomba XXVIII. Portello d’accesso al vano d con lati ornati da corna, sotto le quali sono appena percepibili dei cerchi concentrici (triplici cinte circolari!) a destra e a sinistra. 

Diverse tombe presentano questo simbolo(corna) e ricordiamo che lo abbiamo trovato anche della domus dell'Elefante (oltre che su materiale lapideo al Museo Sanna di Sassari, proveniente da diverse domus de janas della zona). "Le protomi e le corna taurine, eseguite secondo diversi moduli stilistici e spesso sottolineate di rosso, (cioè del colore del sangue e della rigenerazione), sono i segni di consacrazione degli ipogei e la rappresentazione schematica del toro che doveva proteggere il sonno dei morti nonché i vivi che frequentavano le tombe per effettuarvi i riti funebri" (G.M.Demartis). Ci ricorderemo che anche nella necropoli di Li Muri (Arzachena) è stata ritrovata dell'ocra rossa sia nelle ciste litiche di inumazione che nelle presunte cassette per le offerte.

Tomba XXX. Corno taurino del tipo “a barca” scolpito sulla parete sinistra dell’anticella. È quanto resta di una “domus” a corridoio, che all’epoca dello
scavo conservava nella cella maggiore una colonna risparmiata nella roccia e sulla quale il prof.Taramelli, che seguì il primo scavo, disse di aver individuato una misteriosa CROCE incisa, che però in valutazioni successive non si evidenziò. Cos'aveva visto allora il Taramelli? 

Accanto a questi simboli taurini, ritenuti maschili e di forza e potenza, sono state ritrovate in diverse tombe delle statuette femminili, che -come scrive il Demartis - forse sono appartenenti quasi tutti alla cultura Ozieri,e si presentano  in steatite, calcite e arenaria, restituite dalle Tombe III, XII e XX bis. Si tratta di suggestive raffigurazioni della “dea madre”, elemento femminile della coppia divina che stava
alla base della religione prenuragica, nelle quali ancora una volta sono evidenti i richiami al mondo orientale mediterraneo.

T Molto interessanti sono altri segni scolpiti o incisi nelle Tombe A, XIX, XXI, XX bis, XXVIII e XXX, nei quali sembra di avvertire una forte influenza orientale: le false porte raffigurano la porta dell’aldilà, secondo un’iconografia che non è esclusiva né della
Sardegna né della preistoria
(G.M.Demartis). La falsa porta la ricordiamo tipica nelle mastabe dell'Antico Egitto, visitate nel 2000, seppure in un contesto diverso, la ragione concettuale non appare estranea.False porte sono anche scolpite, se l'interpretazione che se dà ufficialmente è corretta, sul monolite centrale delle Tombe dei giganti (epoca nuragica).

ar-31.jpg (81003 byte)  

 

  

Dobbiamo salutare anche Anghelu Ruju, con la sua memoria grandiosa di un passato che è denso di interrogativi ma che ha restituito un sito archeologico che era caduto nell'oblio. Avvertiamo sempre quella componente di irriverenza, visitando un complesso funerario, anche se vuoto e spogliato di qualsiasi suppellettile,che nel migliore dei casi è in qualche museo a far mostra di sè. Il nostro cuore vorrebbe che così come anticamente furono inumati, con i loro corredi, benedetti da quei rituali magici atti a garantirne l'attraversamento nell'aldilà, si potessero lasciare, inviolati per sempre.Ma non accade neanche oggi, volendo vedere.Esistono regole che non permettono al corpo  di 'riposare eternamente' nello stesso luogo. E già in antico si ebbe 'cura' di spostare i resti dei precedenti inumati, di ridurre in cocci piccolissimi i corredi per farne giacigli per i nuovi deposti. Una strana società, che non era di un altro pianeta,erano uomini e donne come noi, che cercavano di dare ai morti una dignità perchè continuassero forse a vegliare anche sui vivi.Si ritiene che queste tombe venissero visitate regolarmente e vi si svolgessero 'pasti rituali': lo documenterebbero numerose valve di conchiglia ritrovate miste a cenere e a carbone anche sopra le sepolture, come nelle Tombe III e XXIII. In questa necropoli compare la tecnica ad inumazione (deposizione dei corpi in posizione supina prevalentemente).Le varie “domus” comunque ospitavano da due (come ritrovato nella Tomba XII) ad oltre trenta individui (Tomba XVIII).E' incredibile! Inoltre è da segnalare il ritrovamento di quattro casi di semicremazione(tombe XV, XX, XX bis, XXVI),cosa rara in area sarda preistorica,con i resti introdotti in apposite nicchie.Di queste sepolture non si può dire la datazione essendo prive di corredo funerario.Tutta questa 'varietà' di usi, credenze, rituali e tradizioni in un'unica area, accentuano il carattere cosmopolita del territorio, che deve ancora raccontare parecchie cose che non sappiamo.

 

Per una trattazione esaustiva si veda: Giovanni Maria Demartis "La Necropoli di  Anghelu Ruju" collana 'Sardegna Archeologica- Guide e Itinerari', n.2 -Carlo Delfino Editore (pdf).

 

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                                                                 settembre 2007