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                                                                                 (di Marisa Uberti)

 

Il complesso monumentale di Sant'Orso ad Aosta attualmente comprende: il campanile medievale, il chiostro (XII sec.), la chiesa Collegiata (che conserva il SATOR e sulla cui facciata esterna spicca la caratteristica 'ghimberga' centrale (quel 'decoro'a forma piramidale), gli edifici del Priorato (XV secolo), il museo del Tesoro, gli affreschi ottoniani (insieme a quelli della cattedrale rendono Aosta uno dei principali centri di arte ottoniana), il vecchio cimitero di Sant'Orso (1). Nel chiostro è presente un dipinto di Madonna Nera con Bambino (oppure si è molto annerita nei secoli?). L'attuale chiesa fu realizzata dal vescovo Anselmo nell' XI secolo; si sa che nel 1032 si insediò nella Collegiata la prima comunità monastica e che vi erano la chiesa con la cripta, ambiente che è il più vetusto di tutti. L'area fu da sempre luogo ritenuto sacro; si sa con certezza che qui - tra il V° e l' VIII° sec.- era situata la necropoli orientale di epoca romana, sulla quale venne costruito un importante edificio di culto formato dalla chiesetta di San Pietro, titolare della quale era proprio un sacerdote aostano di nome Orso, che aveva rifiutato l'eresia del vescovo Ploceano e che, con alcuni suoi compagni, aveva preferito rifugiarsi fuori città. Più tardi venne venerato come santo. Va sottolineato che di fronte alla Collegiata, sotto l'attuale chiesa sconsacrata di San Lorenzo, giace un'altra grande necropoli del V sec., sotto la basilica paleocristiana, dove vennero sepolti i primi vescovi della città.

DSCN8813.jpg (59645 byte) aosta-26.jpg (116237 byte) ASTA-13.jpg (123896 byte) aosta-29.jpg (78435 byte) 

 

aosta-28.jpg (104729 byte)Nella piccola piazza in cui si erge la Collegiata, val la pena ricordare lui, un maestoso quanto spoglio albero che sta lì a far da guardiano da oltre quattrocento anni (fu piantato tra il 1530 e il 1550), in sostituzione di un vecchio olmo, abbattuto da un forte vento.La leggenda vuole che sia stato piantato da Sant'Orso in persona nel VII secolo... Si tratta di un TIGLIO e la sua presenza è attestata in un dipinto su legno del 1514, che è conservato nella sacrestia. Il tiglio ha un tronco che misura 1,30 m di diametro e necessita di un sostegno metallico per non crollare. Il Tiglio è annoverato dai tempi antichi e dai Celti quale albero 'femminile', simbolo dell'amore coniugale: i suoi fiori dal gradevole profumo erano simbolo di amicizia e socievolezza. Nel 1951 un temporale lo sventrò e i segni si vedono ancora oggi; malgrado tutto ciò, l'albero ogni anno fiorisce. Dal 1924 è stato dichiarato 'monumento nazionale'!

La Collegiata di Sant'Orso ha origini molto antiche; si hanno notizie dal V sec. d. C. Ha subìto un intervento di rifacimento intorno al Mille e poi intorno al 1132, quando vennero apportati dei rifacimenti in stile romanico, come l'adattamento a campanile della Torre di difesa e la realizzazione del meraviglioso chiostro simbolico. Splendidi affreschi, detti 'ottoniani' sono visitabili (con guida) attraverso l'ingresso posto all'incirca a metà della navata settentrionale. La parte più antica è la cripta, dove troviamo qualcosa di assai interessante. Infatti, qui si trova un curioso 'passaggio', tra l'altare e il pavimento, è scavato nella viva roccia che fungeva -e funge?- per una pratica devozionale antichissima, chiamata del "Musset" in cui- tra fumi d'incenso e di candele- una processione femminile si infila strisciando nel cunicolo per sbucare dalla parte opposta. In tal modo si dovrebbe ottenere un effetto propizio sulla fertilità e un effetto lenitivo contro il mal di schiena. Questa usanza potrebbe far supporre che già anticamente, in epoca precristiana, si credeva che questo luogo avesse proprietà energetiche particolarmente rivitalizzanti, e le pietre ritenute sacre. Un'ulteriore considerazione sulle usanze antiche è relativa alla festa patronale di Aosta, che si celebra il 30-31  gennaio in onore di S. Orso. Da mille anni, in quell'occasione ogni artigiano espone nelle viuzze i propri manufatti, assai pregevoli e originali(a detta delle guide locali). Durante i festeggiamenti, si beve vino dalla tipica coppa di legno chiamata 'grolla'che-secondo la tradizione-deriva dal GRAAL, il Sacro Calice altamente Simbolico (U. Cordier). 

La Diocesi di Aosta ha  avuto per secoli un rito religioso particolare, detto rito valdostano, nell'ambito del cristianesimo, ma fu abolito nel XIX secolo.

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Ma, come già sapevamo dal nostro sopralluogo del 2002, proprio al di sopra della cripta, nel punto messo in evidenza nelle foto sotto, c'è un altro sorprendente manufatto, un mosaico pavimentale (rimasto ignoto per secoli) che contiene- in forma circolare e speculare- il celeberrimo palindromo Rotas/Sator:

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Esso è disposto secondo i punti cardinali e misura 3,02 m x 3,02 m. E' formato da tessere a mosaico bianche e nere, con qualche traccia di inserto di colore marrone chiaro. Il mosaico pavimentale è stato ritrovato casualmente, in seguito ad  alcuni lavori che dovevano essere fatti al pavimento dove si trova l'altare della chiesa. 

Quando i tecnici scavarono si trovarono di fronte un pezzo di questo mosaico; venne chiamata la Sovrintendenza e si scoprì un mosaico meravigliosamente conservato, proprio come si può vedere, intatto nella sua bellezza e nei suoi colori! 

Nelle losanghe ci sono: un leoncino, un uomo-pesce che sorregge un serpente, un drago e infine un'aquila con due corpi congiunti in una sola testa (elementi zoomorfi appartenenti ai bestiari e anche al mondo alchemico). Rappresentazione dei 4 Elementi. 

Viene poi una serie di 6 cerchi concentrici inscritti in un quadrato che funge da cornice. La cornice più esterna contiene un'iscrizione composta da due versi + INTERIUS DOMINI DOMUS HEC ORNATA DECENTER · + ·QUERIT EOS QUI SEMPER EI PSALLANT REVERENTER" . Le parole sono intercalate da due croci (prima di INTERIUS e dopo DECENTER, dove troviamo due puntini ai lati della croce stessa, mentre nell'altra croce non si vedono); dopo la parola DOMINI c'è una sorta di ghirigoro o spirale. Questa prima frase è scritta in senso orario, ben leggibile; per leggere la seconda, bisogna ritornare a INTERIUS e iniziarne la lettura dopo la croce, in senso antiorario. Ma ci si accorge che è stata realizzata in senso inverso al normale, come la dovessimo leggere allo specchio. Un po' alla stessa maniera del Rotas.

LA SECONDA CORNICE PRESENTA UN'AMPIA FASCIA DECORATA A NODI ALTERNATI. 

Al centro vi è SANSONE che uccide un leone, così almeno è stato interpretato.

Il mosaico è protetto da una lastra di vetro ed è all'incirca 45-50 cm al di sotto del pavimento.Sono state messe delle luci per poterlo vedere al meglio. Veramente si vede bene la porzione centrale con il palindromo mentre non sono apprezzabili tutte le altre parti più esterne, le losanghe con fatica (abbassandosi a livello del pavimento). Del resto, per poterlo apprezzare tutto, ci sarebbe voluto un ritaglio del pavimento assai maggiore, con una copertura in plexiglass relativa, cosa che in un'area presbiteriale forse non è il massimo della fattibilità. E' possibile che facesse parte di un mosaico ben più vasto, andato perduto? Abbiamo poi documentato nella Cattedrale splendidi mosaici pavimentali, che impegnano tutta l'area del Coro (e sono iconograficamente interessantissimi per il loro simbolismo), e che vengono datati al XII-XIII secolo. 

Da un punto di vista stratigrafico il mosaico risulta sigillato da un pavimento in coccio pesto risalente alla fine del XV ° secolo fatto fare da Giorgio di Challant. Questo personaggio era il priore commendatario che  resse il PRIORATO negli anni tra il 1494 e il 1504 e fece restaurare l'intero. Lo abbiamo conosciuto parlando del Castello di Issogne (AO).

Certo è che questo mosaico- se in origine fosse stato in vista- non veniva calpestato, pur essendo sul pavimento (se si trovava qui da sempre, almeno), in quanto non presenta segni di usura da camminamento. Come mai si trovasse in un contesto così particolare, non si sa; come mai Giorgio di Challant lo fece coprire, essendo egli uomo di profonda cultura e forse esoterista, è un altro problema. Inoltre, ultimo ma non ultimo, il fatto che cominci per Rotas e non per Sator potrebbe (secondo la nostra opinione), farlo retrodatare. Abbiamo infatti desunto, dalle ricerche di questi anni, che i primi esemplari del genere recano il termine Rotas per primo e solo in seguito (probabilmente dal III_IV sec. d.C.), avvenne la sostituzione della prima parola con Sator. Invertendo i termini, forse il risultato letterale non cambia, ma se impiegato in certe pratiche diciamo 'magico-rituali'?

Il mosaico del SATOR non è tuttora stato datato con certezza (si dice nel XII sec.) nè se ne conosce la funzione. A detta del sacerdote, non sono stati effettuati altri 'saggi' nel pavimento del Coro e non sono in programma. Dalle informazioni ricavate dalla Soprintendenza si viene a sapere che "Per le  caratteristiche paleografiche, la metrica usata per i due versi del mosaico (esametri) e il loro confronto con quella del capitello n. 25 del chiostro, MARMORIBUS VARIIS HEC EST DISTINCTA DECENTER · FABRICA NEC MINUS EST DISPOSITA CONVENIENTER,  i due manufatti sono stati realizzati nella stessa epoca.
Un altro dei capitelli, il n. 36, pone l'inizio della vita regolare a S. Orso nell'anno 1133 (1132 secondo il calendario attuale). In effetti, su richiesta del vescovo di Aosta Eriberto, già canonico regolare di S. Agostino del Capitolo di Abondance nello Chablais (Haute-Savoie), la congregazione di S. Orso ottenne dal papa Innocenzo II la possibilità di fondare una comunità di canonici agostiniani. I più recenti studi concordano nel datare il chiostro ad un momento di poco posteriore a quello dell'introduzione della regola".

  • Notare come la  lettera "A" sia enfatizzata, con vistose apicature, e come NON tutte le lettere siano equidistanti tra loro: la  "S" di ROTAS e la successiva "O"di OPERA sono scritte vicinissime come se le parole fossero da leggere così  ROT AS OPE RA eccetera. Inoltre se potessimo- come se il mosaico fosse un tappeto-  prendere la parola ROTAS  (che per noi risulta scritta al 'contrario') e sovrapporla alla parola ROTAS scritta dopo la croce che dovrebbe, a mio parere, dare 'inizio'alla frase, notiamo che sono speculari. Così dicasi per OPERA. TENET è stata scritta assai stranamente: è leggibile solo in un senso e in ogni caso ha la N inversa e anche le E. Il termine AREPO che, seguendo l'andamento coerente iniziato con Rotas dopo la croce, è la quarta parola, ha la R, la E e la P inverse (girate), questo conferma che leggere le parole in sequenza così come sono produce qualcosa di aberrante, mentre se si tiene conto della specularità, tutto è armonico. In tal caso le parole del palindromo si riducono a tre: Rotas, Opera e Tenet. Ricorderemo come esista un esemplare, trovato a Pompei (inciso su una colonna della Grande Palestra e meno noto di quello trovato in via dell'Abbondanza, sulla Casa di Paquio Proculo), che effettivamente presenta solo queste tre parole (forse le altre sono scomparse?), come mostra un disegno (trovare documentazione in merito è arduo; una richiesta di poter avere un'immagine, inoltrata  da un nostro corrispondente alle autorità preposte locali, ha dato risposta negativa). Ci suona un po' come 'Tiene l'Opera ruotata', ma siccome Rotas è plurale, in latino, si potrebbe ricavare che (chi di dovere) 'tiene le ruote dell'Opera', in ogni caso la guida, la manovra, la conduce a compimento, a destinazione, che può riferirsi a Colui che tiene l'Opera (la Vita, l'Universo?) ruotata, cioè in una ciclicità eterna (indicata anche dalla circolarità e dalla specularità in cui si presenta questo esemplare unico al mondo). Viene in mente la ricerca dell'immortalità degli Alchimisti, che emulano il lavoro della Natura, tramite il donum dei, accelerando il processo di perfezione che essa compirebbe in milioni di anni. La 'ruota' alchemica è geroglifico di quel fuoco di rota che indica il Tempo. Dato che -dall'analisi dei contesti in cui è stato ritrovato - si può supporre che questo sigillo magico fosse usato sia come propiziatore di influenze positive che come allontanatore di influenze negative, e le due cose sicuramente stanno in antitesi, come una spirale destrorsa o sinistrorsa, come il senso orario e l'antiorario, come il giorno e la notte. Magia bianca e magia nera. Da qui la necessità di apporlo per e contro qualcosa. Ma chi lo faceva sapeva il come, il perchè, il dove e il quando. Si dava troppa importanza a certe cose.

          A-----.jpg (39318 byte) Riproduzione del Rotas trovato a Pompei sulla Grande Palestra:le parole sono tre, Rotas, Opera, Tenet.

Nel 2008 è stata proposta una teoria 'cosmologica' per l'esemplare circolare della Collegiata di Sant'Orso, da Guido e Alessandro Cossard, di cui stralciamo un breve passo pubblicato su News della Valle d'Aosta 28/8/2008:

"Alla luce della scritta di Aosta, disposta in forma circolare[...]vidente come la parola 'rotas' vada tradotta come 'orbite' e non come 'ruote'. Considerato che anche per le altre parole esistono traduzioni più appropriate ed esaminato il modello di universo del periodo di diffusione del 'Quadrato del Sator', la nuova e più convincente traduzione è 'il Creatore, con il carro, tiene in moto le orbite'. Il tutto è perfettamente coerente con il modello di universo del periodo, con il fatto che si pensasse che le divinità si muovessero con i carri e, soprattutto, con la necessità di individuare una causa nel movimento degli astri: nello specifico vi era dunque la necessità di individuare il motore dell’universo. La forma circolare della scritta presente nel mosaico di Sant'Orso è stata indispensabile per giungere all’intuizione che 'rotas' indicasse le orbite».

Ricordiamo che di casi circolari ne conosciamo due, per ora, questo- bellissimo e raffinatissimo, e quello di Sermoneta (abbazia di Valvisciolo), in cui è tracciato rozzamente su un muro. Uno particolare è a Campiglia Marittima (LI), ben scolpito su tre righe sull'architrave della chiesa cimiteriale di San Giovanni. A Pieve Terzagni (CR), poche lettere superstiti ci fanno capire che doveva trovarsi anche lì un esemplare inserito in un mosaico pavimentale, e anche lì nell'area prebiteriale, ma è ormai quasi interamente distrutto (mentre il resto del bellissimo mosaico è, per fortuna, ancora in gran parte leggibile). (2)

  • 46 sono i triangoli con la punta rivolta verso il basso situati tra la scritta palindroma e il cerchio che inscrive il personaggio a cavalcioni di un felino (interpretato come il biblico Sansone con il Leone); 63 sono i triangoli con la punta rivolta verso l'alto che guardano la fascia a nodi e intrecci. I triangoli sono neri su fondo bianco; gli intrecci bianchi su fondo nero. Nello sfondo sono intercalate figure geometriche (sfere, quadrati, rombi...). Le catene intrecciate sembrano toccare, in un alternato zig-zag, sia le lettere del palindromo che quelle della frase più esterna. Ad esmepio, prendiamo la lettera R di Rotas (alla destra della croce) e seguiamo il segmento intrecciato verso destra, ci porta alla R di INTERIVS, che si 'congiunge' alla A di ROTAS, dalla quale il segmento porta alla M di DOMINI e così via. In questa lettera di nostra invenzione, dunque fantasiosa finchè si vuole, gli incroci diventerebbero parecchi e chissà che, alla fine dei ricongiungimenti, si potrebbe persino formare una frase di qualche senso compiuto o, come usa chiaramente in campo misterico, qualche messaggio criptato! 
  • Comunque sono tanti gli elementi che riconducono alla lettura dietro le righe di questo manufatto; una lettura che potrebbe iniziare dall'allegoria dei 4 Elementi nelle losanghe (a dirla tutta, potrebbe cominciare ancora prima, dal quadrato che racchiude il tutto e che può essere visto come rappresentazione della Materia/Terra) e proseguire attraverso un percorso di tipo iniziatico (i cerchi fanno ricordare i 'gironi danteschi', i livelli di evoluzione), che porta al centro del mosaico. Chi non si perde nel labirintico intreccio, può arrivare alla meta, ma deve anche avere acquisito la Conoscenza per poter uscire, proprio come da un labirinto, che in fondo è la grande prova della Vita, quindi la Grande Opera.

Questo può forse apportare nuovi stimoli alla sua decodificazione. 

Lasciamo ancora una volta questi interrogativi, con alcune immagini simboliche dell'interno della Chiesa Collegiata (il magnifico coro ligneo è un capolavoro artigianale del XV e un campionario di simbologie; sopra un dipinto, si noti l'occhio al centro del triangolo raggiato- uno simile è presente anche nella cattedrale; un battistero spettacolare è collocato nella prima nicchia a sinistra) e del chiostro (che è un libro esoterico), dove c'è da rimanere una giornata intera a osservare, incantati, i capolavori scultorei che Maestri della pietra ci hanno tramandato. C'è qualcosa di commuovente, di struggente, di assolutamente sacro. Qualcosa che -quando si esce- continua a lavorarti dentro, a rimanere sospeso negli occhi, a frugare nell'Anima. 

 

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Note:

1)- Dagli scavi sono emerse numerose sepolture: "Quelle più antiche erano concentrate nelle navate centrale e settentrionale della chiesa attuale, a testimonianza di come l'asse della chiesa primitiva si trovasse più a nord, quasi in corrispondenza con quello dell'attigua S. Lorenzo. Tra queste è possibile distinguere due gruppi: il primo databile tra V e VI sec., costituito da grandi casse rettangolari in muratura con il paramento interno ricoperto d'intonaco rosso; il secondo, tra VI e VII sec., che presenta tipi più stretti e con i lati brevi arrotondati. Un'analisi al carbonio14 sui resti ossei di una decina di sepolture, ha confermato questa datazione. Sono state rinvenute anche numerose sepolture databili tra l'inizio dell'XI e la fine del XIII sec.: semplici fosse e fosse con bordi cordolati da pietre, casse in muratura e in lastre lapidee, casse miste e tombe ad arcosolio. Le coperture erano realizzate con lastre di pietra o in muratura poggiante su casseratura lignea. In alcuni casi la posizione del capo era sottolineata da un cuscino in muratura o da lastre sistemate alla cappuccina.Diverse tombe di erano di tipo antropomorfo, cioè presentavano un apposito alloggiamento per il capo (alveolo cefalico). Alcune sepolture hanno restituito degli oggetti, tra i quali una patena in peltro, un'olla ceramica e numerose fibbie di cinture. Un individuo (tomba T.131) era stato sepolto con la spada e gli speroni, mentre un corredo femminile (tomba T.74) era costituito da una coppia di orecchini d'argento, un bracciale e una collana in perline vitree" (rif.Assessorato Istruzione e Cultura Regione Autonoma Valle d'Aosta, 2004, http://www.regione.vda.it/cultura/beni_culturali/patrimonio/edifici_religiosi/st_orso_aosta/sepolture_i.asp

2)-Per conoscere tutti gli altri luoghi dove si trova il 'Sator/Rotas fino ad oggi pervenuti alla nostra conoscenza vedasi la nostra pagina correlata: http://www.duepassinelmistero.com/Il%20Magico%20quadrato,%20SATOR....htm

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                                                                                         Aggiornata in novembre 2011 (prima versione agosto 2002)