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       "La Benedizione
      divina", come sarebbe (più o meno) tradotto
      in italiano, è il nome sia di un villaggio che della sua abbazia. Il
      villaggio conta pochissime anime, circa quattrocento, e come mai vi sorga
      un'abbazia tanto imponente e importante potrebbe essere già un mistero.
      Ma se pensiamo che i  Monaci Cistercensi
       sceglievano sempre per le loro
      abbazie luoghi isolati, spesso da bonificare, la cosa non dovrebbe destare
      troppo stupore. Ci troviamo nella regione francese Rodano-Alpi,
      dipartimento Loira, ad una quindicina di chilometri a nord di Roanne,
      città storica ma anche nota per le sue industrie e la sua gastronomia.  La
      Bénisson Dieu sorge ai confini della Bourgogne e del Bourbonnais. Un
      comune essenzialmente rurale, coperto di prati e foreste, attraversato da
      Ovest ad Est dall'affascinante fiume Teyssonne. Per dirla in
      parole povere, un posto bellissimo.  Secondo il
       "sistema Cistercense", questa abbazia
      è figlia di quella di Clairvaux (1115), a sua volta figlia della
      Casa-Madre Citeaux. E' dunque "sorella" di altre abbazie che
      abbiamo già documentato, come  Hautecombe
       (1135),  Santa Maria di Rovagnano
      a Chiaravalle Milanese (1135) e
       Chiaravalle della Colomba (1137) ad Alseno
      (PC).  In
      virtù della sua qualità architettonica è stata classificata tra i
      Monumenti Storici di valore nazionale in Francia; è meta di visita di
      turisti di tutte le nazionalità e che si trovino a passare per questa
      vallata. Secondo una leggenda, che sembra essersi diffusa durante
      il 1600, San Bernardo, mentre rientrava in Francia dall'Italia con alcuni suoi
      confratelli, avrebbe attraversato questo luogo, venendone estasiato dal
      suo isolamento e dalla natura in cui era immerso, esclamando " Hic Benedicamus Domino" (in questo caso, fratelli miei, Dio vi
      benedica). Venne deciso che qui sarebbe sorta un'abbazia dell'Ordine
      Cistercense.                            
       Placca commemorativa sulla facciata sud, che ricorda
      l'anno di fondazione: 1138 Non
      sono mai stati trovati documenti che avvallino questa storia ma sul
      portale del monastero è da sempre presente una targa che riporta una
      data: 29 settembre (alle calende del 3 ottobre) 1138, che si considera la data della fondazione di questa
      istituzione, giorno della festa di San Michele, tra l'altro. Sulla placca
      è riportato anche il nome originario dell'abbazia: Bénisson Dieu (senza
      l'articolo La). Fu così che in loco venne spedita una colonia di dodici
      monaci capeggiati da Alberico, figlio di un amico di San Bernardo. Il
      terreno venne concesso da due signori,
      Girin de Bonnefont e Ponce
      de Pierrefitte.
      
       Nel tempo, attorno all'abbazia si è andato costituendo il piccolo,
      accogliente villaggio. Dell'antico
      nucleo sussiste solo l'antica chiesa abbaziale (amputata del transetto e
      dell'abside quadrata) con la sua particolarissima copertura di tegole
      policrome verniciate e il campanile, aggiunto nel XV sec. (ha un'altezza
      di 51 m).  Anche il chiostro è scomparso. La chiesa attuale si pone
      stilisticamente tra il Romanico e il Gotico, sobria e sicuramente
      ingrandita posteriormente alla sua primitiva forma. Sappiamo che un suo
      monaco, Henry, successivamente abate di Clairvaux e di  Hautecombe,
      intercesse presso il papa Alessandro III per migliorare l'edificio,
      che a quel tempo (1179) era ancora di legno e definito "miserabile
      costruzione". In seguito il complesso si dotò di grangia e ricevette
      sovvenzioni anche da privati, cosicchè conobbe un periodo di grande
      floridezza. Dal
      catalogo dell'araldo del re Carlo VII, G. Revel, si sa che alla metà del
      XV secolo l'abbazia aveva l'aspetto di una fortezza. Vi erano stati
      aggiunti probabilmente degli elementi difensivi: 
      le pareti dell'involucro erano sormontate da torri di guardia; a quanto
      sembra ciò si era reso necessario per parare gli attacchi delle
      incursioni inglesi.    Pianta del complesso
      monastico: esso era dotato di tutti i locali necessari alla vita
      comunitaria, nonchè per la crescita spirituale e culturale dei monaci.
      C'erano anche la grangia, il granaio e le cantine.
 Abbiamo un
      resoconto che descrive però la situazione allarmante in cui versava
      l'abbazia nei primi anni del XVI secolo: "Claudio di Bronseval, segretario dell’abate Edmondo di Saulieu di Clairvaux, ha lasciato ai posteri alcune descrizioni che rivelano le condizioni di alcune abbazie francesi della fine del 1531, che sono molto preziose. Furono stese in un giro di visite regolari in Spagna e in Portogallo: l’abate e il suo segretario erano partiti insieme, ma prima che raggiungessero i Pirenei potettero godere della ospitalità in alcuni monasteri cistercensi di Francia.
      A Bénisson-Dieu, i visitatori diedero testimonianza della “grandissima miseria” di quella comunità “dove i fratelli erano totalmente ignoranti: non sapevano
      il latino, non conoscevano come svolgere l’Ufficio Divino o il Rituale dell’Ordine, non sapevano niente delle regole del galateo o della educazione civile”. In altrettante cattive condizioni erano gli ambienti materiali della
      casa" (1). Com'era
      accettabile una simile situazione? Cos'era accaduto in questo luogo? In
      seguito alle Guerre di Religione, nel 1611 il monastero ebbe necessità di
      aiuti esterni. Non si conosce veramente cosa successe; non si hanno
      notizie certe di distruzioni sistematiche, ma secondo alcuni critici la
      vera devastazione arrivò quando la gestione dell'abbazia passò ad una
      badessa, Madame de Nérestang. I monaci dovettero lasciare nel 1612: il
      monastero si era impoverito, era fatiscente ed essi si raggrupparono sotto l'amministrazione di una badessa giovane di ventun anni,
      donna di nascita nobile, distintasi per la sua virtù ed intelligenza.
      Nata nella parrocchia di Firminy Forez, fu novizia a Bonlieu , poi badessa di Mègemont in
      Auvergne (Alvernia).  Madame Frances de Nérestang si mise subito al lavoro
      per ripristinare l'abbazia di Bénisson-Dieu, con il sostegno potente di Jean-Claude, suo
      fratello. Gli edifici conventuali furono rapidamente riparati o
      ricostruiti. Per quanto riguarda il lavoro svolto nella chiesa, sono stati completati nel 1640, come evidenziato da due iscrizioni, una nella Cappella della Madonna, l'altro nella navata centrale, sopra il portale
      d' ingresso.  La
      primitiva semplicità si era definitivamente allontanata. La badessa amava
      il lusso nella chiesa; fece costruire la cappella della Vergine in stile
      barocco con ricchi marmi, modificare gli alzati, con conseguente aggravio
      del peso sull'abside, che poi cedette. Non si conoscono del tutto i tipi
      di rapporti che intercorsero tra i monaci e la badessa: era
      lei la Commendataria?
 Con
      la Rivoluzione Francese l'abbazia ricevette il colpo di grazia: fu
      requisita e i suoi beni in gran parte dispersi. Il 27 luglio 1790, pochi mesi dopo il decreto della Costituente che aveva pronunciato la confisca dei beni della Chiesa,
      venne fatto un inventario da quattro delegati del distretto di Roanne e
      del comune di Briennon. Dovevano censire i beni mobili del Monastero e
      sappiamo che era presente la badessa di allora, M.me Emilie-Thérèse de
      Saqui de Tourès. Dalle dichiarazioni raccolte a verbale si apprende che la maggior parte
      dell'argento della chiesa era stato inviato alla Zecca. Una particolarità
      curiosa è che le più preziose reliquie detenute dall'abbazia, invece che
      essere date a qualche ecclesiastico, se non a gerarchie superiori, erano
      state precedentemente affidate alle cura di una famiglia del villaggio.
      Non è strano? Comunque, forse erano più al sicuro lì che altrove, a
      quanto pare; inoltre si dice che in seguito siano tornate nella
      parrocchia. Scomparvero invece tutti i vasi sacri, i crocifissi, le croci
      processionali, i paliotti d'altare e altri oggetti religiosi, che per secoli
      si erano accumulati nella sacrestia della chiesa. Essi avevano un incomparabile valore artistico e
      materiale, sostengono le fonti. Oggi il tesoro, a prescindere da un ostensorio
      sbalzato che è un buon lavoro, comprende quattro pezzi di vecchi gioielli, tre dei quali sono ben
      descritti nel verbale della 29a sessione del Congresso Scientifico tenutasi a Saint-Etienne nel
      1862 (2).  Venne in seguito
      notata dagli addetti ai lavori,
      soprattutto per la sua straordinaria copertura policroma, e inclusa nei
      Monumenti Storici Nazionali francesi da salvaguardare. E' da qualche anno tornata ad essere
      aperta alle visite (da Pasqua al mese di novembre). Ci pregiamo di avere
      avuto l'opportunità di incontrare questo luogo, la sua travagliata storia
      e i suoi misteri. Andiamo quindi a fare i nostri due passi...                                
        
                         
                 Aggiriamo
      l'edificio sul lato meridionale. dove si può apprezzare il campanile in
      tutto il suo splendore. La pianta della chiesa è quella di una croce
      latina, orientata sull'asse Ovest/Est; misura 54 m di lunghezza, 16,35 m
      di larghezza. Altezza della navata centrale: 15 m, di quelle laterali: 
      7,
      80. Larghezza della navata centrale entro le colonne: 7,03 m; di quelle
      laterali: 2, 95 m: il transetto è largo 7, 35 m. Ma l'attrazione
      maggiore è rappresentata dall'eccezionale copertura di tetti smaltati
      della chiesa e del campanile:  
       
                     
                                
         In questo dettaglio è
        chiaramente apprezzabile la geometria che caratterizza i motivi della
        copertura esterna: quadrati, losanghe, scacchiere. Ogni riquadro
        contiene una croce greca, a sua volta contornata da linee di colore
        diverso. Sono presenti il verde scuro, il verde smeraldo, un giallo
        brillante, il marrone (c'è anche il nero e, quello che sembra un
        rosa-violetto). Gli studiosi si interrogano tutt'oggi se esistesse o
        meno un'officina sul posto o se queste tessere di terracotta smaltata
        siano state importate. Deve ancora essere condotta un'adeguata ricerca
        d'archivio. Il fatto è che questo lavoro di artigianato non è
        semplicemente fatto di smalti ma essi sono stati trattati (con stagno?)
        per renderli immutabili. Potrebbe essere un'ipotesi che qui, come in
        altre abbazie cistercensi del resto, si trovasse un laboratorio autonomo
        per la produzione delle ceramiche, eventualmente poi estesosi a
        località della regione, ove piastrelle smaltate sono ancora presenti,
        come ad Ambierle, a Montaiguet, Saint-André, Charlieu
        (3). Personalmente,
        ricordiamo di aver visto tetti di questo genere a Saragozza
        (Basilica del Pilar e cattedrale).  Uno sguardo all'intorno:
        l'area è molto vasta e con dislivelli sul terreno.
 Procedendo con il giro
        perimetrale della splendida costruzione, che doveva essere veramente
        maestosa ai tempi della sua floridezza, incontriamo i crolli e le
        amputazioni che ha subito. Gli archi sono a sesto acuto, quindi di epoca
        gotica e non romanica.               
             
         L'abside
        è stata completamente amputata: è come tagliare la testa ad una
        persona! Il simbolismo di una chiesa cristiana rispecchia nella pianta
        il Cristo crocifisso, come abbiamo già discusso in precedenti
        sezioni. Il transetto costituisce le braccia allargate sulla croce,
        la navata le gambe e i piedi, e il capo è rintracciabile nell'abside.
        Nelle abbazie cistercensi, tuttavia, la forma dell'abside non è
        semicircolare ma quadrato o rettangolare, come già visto nell'apposita
        sezione, ma
        questo non cambia il simbolismo perchè la croce su cui Cristo fu
        crocifisso era molto verosimilmente un "patibulum". Pare che
        comunque l'abside sia crollata in seguito ad errori edilizi che ne
        avrebbero appesantito la struttura.    Residui di motivi
        simbolico-figurativi sullo stipite di questa finestra (zona absidale)
     Il pozzo Ci
        portiamo infine sul lato settentrionale per completare il giro  Portiamoci
        ora all'interno della chiesa, dopo esserci preparati fino a questo
        momento, almeno un pochino, sulla sua storia. Cosa ci attende? Un tempio
        sconvolto nel suo simbolismo o qualcosa è ancora possibile
        rintracciare? A
        partire dal portone d'ingresso, che abbiamo già esaminato, ci infiliamo
        nella navata centrale. la chiesa ha tre navate e un transetto. Vi sono
        sette campate larghe 5 m eccetto una che ne misura 4, 60. Esse sono
        separate da cellule rettangolari, a 4 metri di altezza, che hanno un
        sottile abaco. Le prime cinque campate erano riservate ai fratelli e
        agli stranieri. Nelle ultime due- compreso il coro, abside e
        transetto-potevano naturalmente stare i religiosi professi. La zona
        presbiteriale fu alzata di tre gradini sopra il pavimento e separata dal
        resto della chiesa da due solide mura; aveva un recinto al quale i
        monaci avevano accesso da una scala ancora visibile.   
 Vista
        dall'ingresso ad ovest verso
        Est                                                                       
        Vista da Est verso l'uscita ad Ovest   Una
        piccola galleria fotografica dei particolari che abbiamo cercato di
        cogliere e trasmettere a chi fosse interessato o abbia in programma un
        viaggio a Bènisson Dieu...      
                     
                     Sembra
        accertato che maestranze italiane abbiano prestato la loro opera in
        questa abbazia. In particolare, nei dipinti.  Due parole vanno spese
        sulla Crocifissione presente attualmente sulla parete di fondo
        del Coro della chiesa, attribuito al XVII secolo ma, secondo alcuni,
        più tardo ( XIX sec.) o sovrapposto ad un uno più antico. Perchè? La
        posa delle mani, non del tutto aperte, e delle braccia, indicherebbe un
        simbolismo di ispirazione giansenista. Rispetto all'ortodossia
        cristiana, che mostra Cristo con braccia e mani aperte sulla Croce, a
        dimostrazione del Suo sacrificio per l'umanità intera, il Cristo
        giansenista è riservato ad un ristretto numero di eletti. Tuttavia,
        ricorda Daniel M. Lacour (1998) viene di solito rappresentato con le
        braccia alzate quasi verticalmente, cosa che non si ravvisa nel dipinto
        in questione
  
        Statua lignea della
      Vergine, in legno, risalente a fine XIV sec.-inizio XV sec. Ha un'altezza
      di 1 m e 40 cm. E' assimilabile ad una Madonna Nera, a nostro avviso, con
      Bambino. La Vergine indossa un abito con cintura e sopravveste ingioiellata.
      Questo vestito è molto lungo e coprire la calzatura. Il mantello che la
      ricopre rivela pieghe molto energiche e pare che la posizione si ritrovi
      su manufatti del XIII secolo, e anche l'espressione ieratica, nobile,
      aristocratica, meditativa, rimanda a manufatti di quel periodo, dunque
      potrebbe anche essere opera più antica? Sul capo ha una corona ovale
      dalla quale fuoriescono i capelli, intrecciati,che ricadono sulle spalle.
      Il velo è assente. La Vergine guarda avanti, mentre il Bambino- a piedi
      nudi ed in una posizione singolarissima (non eretta ma nemmeno seduta)- gioca con un
      uccellino. La Madonna lo regge con il braccio sinistro ma questa scultura
      ha qualcosa di indefinibile...
  Chi rappresenta questo personaggio,
      con la tiara, cui mancano le mani?
   L'abbazia 
      era dotata di un cimitero per i monaci. Generalmente la Regola vietava
      altre sepolture, al di fuori di nobili. Al centro della Sala Capitolare era stato sepolto, nel 1210, il corpo del conte Guy
      II di cui  La Mure, nel XVII secolo,  potè vedere il cadavere, in una visita
      a Bénisson-Dieu, descrivendolo intatto (4).
      Scavi di fine XIX sec. avevano portato all'individuazione di altre
      sepolture nobili. Nel 1990 sono state scoperte tombe appartenenti al terzo
      e al settimo abate; in quell'occasione vennero scoperte anche le tombe
      dell'ottavo e del quattordicesimo abate ma anche una sepoltura misteriosa
      di un abate sconosciuto! Il suo nome non compare infatti nella lista degli
      abati di Bènisson-Dieu...(5).                      
                                                                  
      Elementi funerari e lastre tombali collocate in fondo alla chiesa
      abbaziale   Note: 1) 
      http://www.cistercensi.info/storia/storia09.htm 2)
      http://abbaye.benisson.dieu.free.fr/archeologie.htm#_Toc154075614
       3)
      http://abbaye.benisson.dieu.free.fr/archeologie.htm#_Toc154075614 4)
      Scrisse anche un epitaffio, contenuto ne
      Hist.
      des ducs de Bourbon, libro II, cap. XI 5)
      Daniel M. Lacour in http://belling.dominique.free.fr/index.htm
      
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