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                    (di Marisa Uberti)

                                                                                                            manta-01.jpg (664672 byte)

                         

Dopo averne sentito parlare moltissimo, nel novembre del 2011 abbiamo avuto l'occasione di recarci in visita al fascinoso Castello della Manta, in provincia di Cuneo. Eravamo in particolare interessati al cosiddetto 'globo terracqueo' dipinto sul soffitto della Sala delle Grottesche, al piano terra del maniero. Dipinto che avrebbe la particolarità di presentare, al polo sud, il continente Antartico di colore verde, con i profili costieri ben delineati e forse anche montagne e fiumi. Cosa impossibile, perchè l'Antartide è coperto dai ghiacci almeno da 10.000-12.000 anni e nessuno può averlo visto e soprattutto cartografato, men che meno all'epoca in cui l'affresco -di anonimo Autore- venne realizzato (tra XV e XVI secolo). Inoltre, quel continente venne scoperto soltanto nel corso del XVIII secolo. Colui che ha dipinto il globo di Manta non poteva in ogni caso conoscerne l'esistenza. Allora, perchè c'è? Il nostro corrispondente Fabrizio Manticelli, di Manta, ha scritto per noi -questo mese- un approfondito articolo in cui ci racconta l'inquadramento storico del maniero, gli aspetti esoterici del ciclo di affreschi presenti, e prende in considerazione i dilemmi esistenti in merito al pittoresco mappamondo, che venne sì 'rimodellato' nel XIX secolo per volere dei nuovi proprietari, ma pare soltanto nella parte relativa al Sudamerica. Tutto il resto, compresa la verdeggiante Antartide, sarebbe rimasto originale come eseguito almeno trecento anni prima. Manticelli ci chiarisce pure che nel Cinquecento (XVI secolo) cominciarono a circolare mappe geografiche che già contemplavano la presenza di un continente 'australis', mappe che sono tra l'altro veramente troppo precise nell'indicare profili costieri di terre appena scoperte. L'Antartide non era nota, ma per una questione di 'equilibrio' tra masse oceaniche e terre emerse, gli specialisti del tempo avevano compreso che ci dovesse essere un continente, che chiamarono appunto 'Terra Australis' (cioè Terra Australe).

Di tutta un'altra serie di domande aggiuntive, non ci occuperemo in questo articolo che vuole invece porre l'attenzione sul mappamondo del soffitto della Sala delle Grottesche, dandone un'interpretazione che con la cartografia potrebbe non avere niente a che fare.

Guardando meglio il manufatto, ci si può domandare: perchè l'Italia -che era ben conosciuta all'epoca- è ritratta solo a metà (manca tutta la parte meridionale)? Ed è bianca, per la maggior parte, come bianche il pittore ha colorato anche altre nazioni, mettendo invece parecchio verde in Africa, che notoriamente è desertica. Inoltre, che nazioni sono quelle disegnate accanto all'Italia stessa, a sinistra? Sembra un mix di Spagna e Francia, ma nessuna ne ha i profili reali; poi -volendo vedere -mancano ulteriori aspetti geomorfologici del pianeta, che pure a quel tempo si conoscevano.

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     Fig. 1: dettaglio del solo mappamondo: si noti l'Italia 'monca'. Al polo sud, la supposta Antartide verde

Escluderemmo, per tutte queste ragioni, la volontà dell'artista o del committente di rappresentare la 'geografia' della Terra. Forse da considerare è l'Elemento Terra, che deve congiungersi con gli altri tre Elementi di cui è costituita la Materia per fare la Quintessenza.

Tra l'elite di ermetisti, i linguaggi criptati ed espressi sottoforma di allegorie erano ( e sono) la prassi. Molto arduo decodificarle; E. Canseliet nella prefazione alla II Edizione de 'Il Mistero delle cattedrali' (Mediterranee, 2001), accenna un passaggio interessante, da leggersi 'filosoficamente' e non letteralmente: "E' indispensabile meditare a fondo che il cielo e la terra, sebbene nel caos cosmico originale siano stati mescolati, non sono differenti nè in sostanza nè in essenza, ma lo diventano in qualità, quantità ed in virtù. La terra alchemica, caotica, inerte e sterile, non contiene forse, nonostante ciò, il cielo filosofico? Sarebbe dunque impossibile per l'artista, imitatore della Natura e della Grande Opera divina, separare nel suo piccolo mondo, con l'aiuto del fuoco segreto e dello spirito universale, le parti cristalline, velenose e pure, dalle parti dense, oscure e grossolane? Ma questa separazione deve essere compiuta, essa consiste nell'estrarre la luce dalle tenebre e nel realizzare il lavoro del primo dei Grandi Giorni di Salomone. Mediante questa separazione, possiamo sapere che cos'è la terra filosofale e che cosa gli Adepti hanno chiamato cielo dei Saggi":

Partiamo dall'osservazione degli altri affreschi visti in questo maniero, di impronta ermetica importante. Chi li ha commissionati, dunque, non doveva essere digiuno di quell'Arte Regia che nel Rinascimento e nel periodo seguente, era molto ricercata dai nobili e dai signori: l'Alchimia. La Fontana della Giovinezza, situata al primo piano -nella Sala Baronale- parla da sola (chiaro richiamo alla ricerca dell'Immortalità e della trasformazione, come gli antichi 'calderoni celtici', o come il crogiolo degli alchimisti, in cui la materia si trasmuta e si divinizza). Anche dietro l'allegorica 'fonte' si cela un principio ermetico fondamentale: il mercurio filosofico (Sale dei Saggi, Sigillo di Hermes, segno e impronta dell'Onnipotente, ed anche Sua firma, e ancora Stella dei Magi, Stella Polare. Questa 'stella', disposizione geometrica, sussiste ed appare con maggiore definizione quando si è messo a sciogliere l'oro nel mercurio, per portarlo al suo stadio primitivo, quello di 'oro giovane o ringiovanito', in una parola oro bambino.[...]. Per questa ragione il mercurio- fedele servitore o Scel (=sigillo) della terra -è chiamato Fontana di Giovinezza. Quindi i Filosofi si esprimono chiaramente quando insegnano che il mercurio, una volta effettuata la soluzione, porta il bambino, il Figlio del Sole, il Piccolo Re (Reuccio), come una vera e propria madre perchè, in effetti, nel suo seno l'oro rinasce. Il vento- cioè il mercurio alato e volatile- lo ha portato nel proprio ventre (come afferma la Tavola di Smeraldo).

Il mappamondo, inserito in un contesto tutt'altro che profano, rivela una pregnanza simbolica che va approfondita. Dobbiamo però evidenziare come una adeguata 'lettura' del nostro soggetto andrebbe condotta considerando tutto il ciclo pittorico del soffitto in questione, probabilmente; se di materia ermetica si trattasse, come riteniamo, nulla è stato lasciato al caso, ogni elemento si correla ad un altro, quindi anche il mappamondo, ma ci dobbiamo accontentare di esaminarlo a sè stante. 

L'oggetto dà una sensazione di tranquillità o stabilità,  perchè è collocato su un supporto (fig.2) colorato di marrone (ricorda il legno), incastonato in esso (al pari di quei mappamondi che si trovavano spesso nelle biblioteche signorili). Non è in bilico, non è astratto, ha una sua precisa collocazione. 

                    Manta-05.jpg (282324 byte) Fig. 2 

Tuttavia la base del supporto appoggia su delle nubi, bianche e non minacciose, che sono presenti anche nella parte superiore del dipinto. L'ambiente che l'artista ha dunque voluto rappresentare non è una stanza chiusa ma un cielo, tesi che è rinforzata dalla presenza dello sfondo azzurro-blu, di alcune stelle (individuabili nella parte inferiore, ingrandendo le immagini, v. fig. 4), classicamente disegnate a sei punte  e dalla presenza della luna gialla (fig.3), dipinta alla destra del globo stesso (per chi lo guarda). 

 

Fig.3: l’astro è stato parzialmente coperto dalla tonalità azzurra per mettere forse in evidenza la forma a mezzaluna riconducibile al nostro satellite, nel caso potesse confondersi con il Sole. Una Luna comunque strana (sembra quasi vi sia un' eclisse).  

Si potrebbe pensare che il pittore abbia voluto raffigurare la Terra inserita nello spazio celeste; una Terra che pertanto non è necessario disegnare nei suoi continenti specifici ma semplicemente 'darne l'idea', far capire che sia 'lei' in quanto 'Elemento'. Ecco -secondo chi scrive- il motivo per cui non sono curati i profili dei continenti e il fatto che il supposto Antartide sia stata colorato in verde, pur rimanendo al momento un mistero, non implica assolutamente che il pittore intendesse 'senza ghiacci', perchè allora tutte le parti che egli ha dipinto in bianco dovremmo automaticamente considerarle ghiacciate! Non è invece così che stanno le cose.  

                                    

                                                                   Fig. 4: la raffigurazione delle stelle nella parte inferiore del dipinto

Le stelle a sei punte sono 'segni' distintivi, in Alchimia (ne abbiamo accennato sopra); potrebbero anche essere semplici decorazioni, come fanno i bambini quando -per rappresentare la notte- fanno stelle e mezzaluna, ma per l'analisi che stiamo qui cercando di condurre, potrebbero avere un senso recondito.

A darci un'indicazione in questo senso è il raffinato cartiglio che si dispiega nella parte superiore, rilasciando dei nastri bianchi lungo i lati dell'oggetto. L'unica scritta presente sul lunghissimo nastro, che si intreccia ed evoluisce fino quasi al supporto su cui è idealmente posto il mappamondo stesso, reca tre parole: SPIRITVS INTVS ALIT (fig.5). Questa frase è tratta dal sommo poeta Virgilio che in un passo delle Eneide (Libro VI) recita: " Principio caelum ac terram... spiritus intus alit... totamque infusa per artus mens agitat molem. Inde hominum pecudumque genus vitaeque volantum ... Igeus est ollis vigor et caelestis origo seminibus » («Dapprima uno spirito vivifica dall'interno cielo e terra ... un intelletto diffuso per le membra [del mondo] ne muove l'intera mole. Nascono da esso la specie umana e quelle degli animali ... In tali semi di vita c'è un'energia ignea, una celeste origine»).  

                 

                                                        Fig. 5: dettaglio del cartiglio con il motto "Spiritvs Intus Alit", posto a corredo del mappamondo

La portata di questi concetti è elevata. In Alchimia, l’energia ignea equivale a quel ‘fuoco segreto’ di matrice divina che nessuno sa bene cosa sia (tranne gli Adepti), ma che è in grado di estrarre da tutte le Cose la loro essenza o Spirito, che ha la stessa sostanza di cui esso è fatto. 

Al centro del mappamondo notiamo un impercettibile (ma con attenzione lo si vede) punto centrale, dal quale irradiano dei raggi, come una luce interna che si diffonde (si può vedere bene nella fig. 6). Potrebbero essere intesi come le linee immaginarie del pianeta (meridiani, paralleli, per le coordinate geografiche o essere linee-guida per il pittore...!). Ad un primo esame sembrano essere presenti solo nella parte inferiore ma con immagini ad alta risoluzione, si nota che i raggi dovevano essere presenti anche nell'emisfero settentrionale, però non sono più così ben distinguibili come in quello meridionale, cosa stranissima poichè- da quanto è dato sapere- è stata l'America Meridionale ad essere stata ridipinta nel XIX secolo. Questi segmenti sono invece sovrapposti anche ad essa e ciò fa ritenere che siano posteriori alla sua ridipintura, quindi...ottocenteschi? 

Manta-14.jpg (279119 byte) Fig.6: dettaglio della raggiera che diparte dal centro della Terra (fotografia di Fabrizio Manticelli per DPNM)

Notiamo che attorno al mappamondo e posteriormente al nastro, appare una sorta di fascia scura, piuttosto piatta, che pare assumere delle movenze (è più sottile in alcuni tratti, come si girasse su se stessa,e più larga in altri), oppure è 'mossa dal vento'. Accennavamo pco’anzi che nel dipinto è presente la Luna ma il Sole no. A meno che sia la nostra Stella quella a sinistra, che fa capolino sotto le nubi. Guardando meglio, il particolare è effettivamente dipinto in giallo e non in bianco come le nuvole (fig. 7)..

                                        Fig.7: dettaglio della Luna (a destra), della corona (al centro) e ...del Sole (a sinistra)? (Foto di Fabrizio Manticelli per DPNM)

Forse il criptico affresco ci vuole indirizzare al fatto che le operazioni alchemiche si effettuano di notte? Oppure il Sole c’è, sottoforma di Oro, quell’oro di cui è costituita la corona che sormonta il mappamondo (fig.6). Alla sommità della fascia che avvolge il mappamondo, è presente infatti una corona d'oro, con gemme, che sembrerebbe regale (cioè di re), mentre i proprietari del Castello erano marchesi. Alla nostra tesi 'ermetica', starebbe benissimo che questa corona fosse regale, poichè assumerebbe il valore di geroglifico del coronamento della Grande Opera. Oro=sole=fuoco. Abbiamo interpellato un nostro collaboratore e amico, l'architetto dr. Riccardo Scotti, che ha convenuto trattarsi in realtà di una corona “anomala”, rispetto a quelle ufficialmente riconosciute in Araldica, soprattutto per la parte superiore che termina con la punta. "Va considerato, a tale proposito, che le leggi araldiche si sono costituite un poco alla volta e, in ogni modo, differiscono secondo l’epoca che si prende in considerazione e lo Stato in cui si emanarono. Detto ciò, restano fermi alcuni canoni che, salvo varianti locali, in linea di massima permettono di riconoscere gli elementi che compongono un blasone e uno stemma. Nel nostro caso, la corona si può descrivere come un cerchio d’oro incastonato di gemme e perle, sormontato da 4 gigli (3 in vista) alternati a 4 rosoni (2 in vista) incastonati di gemme. La corona, inoltre, sembrerebbe essere rialzata da 6 verghe a “S” rivolte verso l’alto, convergenti verso il centro e contenenti un berretto di velluto, che terminano in quello che sembrerebbe un tocco a pennacchio. I gigli rappresentati sono quelli “di Francia”, che in Araldica, dal Medioevo, sono l’emblema della regalità. Vista la collocazione geografica, e l’epoca approssimativa dell’esecuzione dell’affresco, questo è un elemento importante, poiché indica un grado di nobiltà molto elevato (Marchese, Duca, Principe e Re). Alcuni araldisti indicano che il berretto di velluto che sormonta la corona d’oro è prerogativa della famiglia reale, compresi i Principi e i Duchi, ma secondo altri, anche i Marchesi se ne fregiano. Secondo alcuni araldisti, la corona di Marchese si differenzia da quella di Duca proprio per l’alternanza tra i gigli e i rosoni, nei primi, e la presenza dei soli gigli, nei secondi, ma altri non concordano.
La corona reale, più propriamente, di solito è sormontata da un globo crociato, elemento che spesso fregia anche la corona principesca e in alcuni casi pure quella ducale. Detto questo, quindi, siamo al punto di partenza, poiché la corona in questione potrebbe essere quella di un Marchese, ma anche di un Duca o di un Principe
". Noi deduciamo da tutta queste serie di informazioni, e valutando il contesto che a nostro avviso è in odore di ermetismo, che la presenza della corona regale sia fortemente simbolica e si ponga a coronamento di un'impresa (Opera).

Ecco che sono comparsi tutti i nostri protagonisti: l'aria, l'acqua, la terra e il fuoco. Ma c'è un altro 'fuoco', quello segreto dell'Adeptato, su cui vent'anni rimase fermo l'alchimista Nicolas Flamel, Fulcanelli, Canseliet (e chissà chi l'ha veramente trovato...?). Quel fuoco che non è il comune fuoco che arde e brucia ma che arriva da Dio o dall'Universo, come un dono di Natura. E' quella componente indispensabile a catalizzare le reazioni di trasmutazione alchemica e a cambiare i vili metalli in oro, cioè l'uomo materiale in essere immortale, incorruttibile.

Manta-07.jpg (476825 byte) Fig.6: la fascia scura attorno al mappamondo e la corona, sormontante 

Questo Spirito è il soffio della divina Sapienza, colei che dà vita all'inerte materia primordiale, l'alito che agita la gran mole dell'Universo (Uomo compreso). Marsilio Ficino, erudito rinascimentale alla corte fiorentina, sapeva bene cosa fosse questo spirito del mondo: "Strumento di questa universale animazione e comunicazione pneumatica: come una radiazione luminosa, seguendo vie occulte, lo spirito del mondo trasferisce i poteri delle intelligenze astrali ai corpi e alle nature mondane" (1). Questo principio generatore bene è sintetizzato nel cartiglio 'SPIRITVS INTVS ALIT", poichè esso si riteneva capace di 'soffiare interiormente o internamente' (altre traduzioni pertinenti sono: nutrire, alimentare, inseminare), meglio di "ingravidare la materia generando le forme varie e molteplici del paesaggio terrestre". Fu Ficino a menzionare in questi concetti Virgilio, il cui passo abbiamo citato in precedenza, riportando esattamente le stesse tre parole presenti nel mappamondo di Manta. Secondo Ficino l'Universo è un immenso essere vivente, pneumatico, in contrazione ed espansione, in cui vita si mescola a vita. 

Se questo mappamondo ha dei riferimenti astronomici legati alle concezioni dell'epoca in cui venne realizzato, è interessante capirlo. Un tempo l'Astronomia era intimamente relazionata a discipline come l'Astrologia, la Geografia, l'Alchimia, la Geometria, la Musica, la Geometria, cioè alle dottrine della Tradizione ermetica, bene rappresentate nelle Sette Arti, nelle Sette Virtù, ecc. La Terra è posta al centro del dipinto, allusione alla teoria geocentrica di aristotelica-tolemaica memoria? Ma c'è una luce nel suo centro, come allusiva alla centralità del Sole, cuore del mondo.  

L'anonimo artista che dipinse il mappamondo di Manta (ascritto alla seconda metà del XVI sec.), poteva conoscere bene le teorie ermetiche rinascimentali, tenendo presente che egli era al servizio di un'altra nobile corte, certamente non meno ansiosa di conoscenza.

In un'iconografia che abbiamo trovato nel catalogo della Libreria Antiquaria Pregliasco di Torino (cat. n. 89, Marzo 2004) abbiamo individuato un 'mappamondo' che nella parte superiore reca un cartiglio con due delle parole presenti nel dipinto di Manta: INTVS ALIT (fig. 7).

 

                                                              

                                                                  Fig. 7: la copertina del trattato di Giovanni Nardi (1641)

 

E' un testo di parecchio posteriore alla supposta data di esecuzione dell'affresco del maniero dei Saluzzo, scritto da Giovanni Nardi (grande medico ed eclettico letterato toscano) e intitolato "De igne subterraneo physica prolusio"(Introduzione Il fuoco fisico sotterraneo) (In fine), Florentiae, A. Massa & L. de Landis, 1641. L'immagine di copertina mostra un globo terrestre che sprigiona fiamme, e sopra -nel nastro- il motto già citato. Il contenuto del trattato verte ufficialmente sul 'fuoco sotterraneo", in cui si parla di fenomeni vulcanici, caverne, acque termali, maremoti, ecc. Un trattato di fisica del sottosuolo, dei moti interni alla Terra, del suo 'fuoco', ma che forse nasconde tra le righe dei rimandi alla scienza ermetica che solo chi è in grado di comprenderli può scorgere.

Il motivo per cui due contesti apparentemente diversi presentino però il medesimo e dotto motto non è certo casuale, a nostro avviso.

Dobbiamo anche ricordare come la Scienza Ermetica sia celata sotto mentite spoglie nei contesti non solo profani (dipinti, favole, composizioni musicali, eccetera) ma anche sacri come quelli religiosi. Addirittura, potremmo trovare raffronti tra la Terra rappresentata nell'affresco di Manta e la Vergine Nera. Come già a suo tempo scritto in un'altra pagina del nostro sito (v. Il linguaggio dell'Alchimia, n.2), la Vergine Nera è paragonabile alla Materia prima, nella cui profondità è nascosta la 'luce minerale', come nel profondo di noi stessi si cela la nostra LUCE interiore, il nostro 'fuoco' che dobbiamo liberare e far uscire in superficie, facendo emergere quella luce dalla materialità in cui è imprigionata."Nel simbolismo dei metalli planetari questa sapienza universale è rappresentata dalla Luna, che riceve i raggi del sole e li conserva segretamente nel suo seno. E' la dispensatrice della sostanza passiva, animata dallo spirito solare. Quindi Maria, Vergine e Madre (esattamente come la Terra, n.d.w.), rappresenta la forma, mentre Elia è l'emblema dello spirito vitale, cioè il Sole, Dio, Padre; dalla unione di questi due principi scaturisce la materia vivente, sottomessa alle vicissitudini e alle leggi di mutazione e progressione (cioè Gesù, spirito incarnato, fuoco incorporificato nelle cose), spiega Fulcanelli (op. cit. p.73).


Questo parallelo trae origine già nella prima alchimia latina e ci porta all'interpretazione in chiave alchemica di tutto il mistero cristiano. Anche nel Testo Veterotestamentario troviamo criptate allegorie Ermetiche: la creazione di Adamo è assimilata all'opera alchemica, poiché come Dio trasse Adamo dal fango, così l'alchimista trae la Pietra Filosofale da una materia iniziale vile. La vicenda biblica del profeta Elia, rapito in cielo su un carro di fuoco, è usata nei libri di alchimia come raffigurazione dell'alchimista che ha realizzato il lavoro, ottenendo la trasmutazione di se stesso. Sarà un caso che- proprio accanto all'affresco del mappamondo- sul soffitto della Sala delle Grottesche del castello della Manta sia stato dipinto esattamente questo tema (fig.8)? Elia sul carro di fuoco! E c'è pure un cartiglio, a corredo, che analizzeremo in altra sede, potendo un giorno approfondire la questione. Altri soggetti interessanti sono i tre putti alati (fig.9), affrescati nel medaglione accanto al profeta Elia; la loro disposizione è interessante: due pargoli stanno sopra e uno sotto (triangolazione). Sono bellissimi, graziosi, giocosi (ricorda il 'gioco di bimbi' di alchemica memoria...), ma sono la rappresentazione di qualcosa di importantissimo, incarnando probabilmente  i tre poteri: quello spirituale (il primo putto regge nella mano destra una tiara papale e, nella sinistra, la mitria o scettro papale), quello temporale e quello filosofico (sapienza, il cui emblema è il libro tenuto dal putto che sta sotto, che è l'unico accompagnato da un nastro con cartiglio, sul quale -purtroppo- non sappiamo cosa vi sia scritto). Anche in questo caso, l'argomento è da approfondire. 


Manta-10.jpg (638207 byte) Fig.8: dettaglio del motivo dipinto accanto al mappamondo, Elia sul carro di fuoco, rapito in cielo

Manta-23.jpg (360814 byte) Fig.9: i putti con i simboli del potere

 

Se di per sè questa teoria è irrazionale, ambigua e incongruente, si può cercare di trovarvi una logica: il passaggio dalla terra (stato solido), all'acqua (stato liquido), all'aria (stato aereo, vaporoso), al fuoco (luce), segna le successive trasformazioni e 'sublimazioni' della materia che progressivamente si smaterializza fino a raggiungere l'eterea e luminosa consistenza della pietra filosofale. 

'Uscendo' dall'ovale, il pittore ha dipinto un'elegante cornice -pure ovaloide e di colore chiaro- sovrapposta ad una ulteriore cornice scura.

Notiamo, tra gli elementi ben chiaramente distinguibili, in alto una testa taurina(fig.10) mentre agli tre lati (rigorosamente tutti disposti ai quattro punti cardinali) volti antropomorfi (fig.11-12-13) con espressioni differenti (quella in basso è disgustato da qualcosa o da 'qualcuno', v. foto n. 12). Anche su questi apparenti 'innocui' soggetti potrebbe aprirsi un'analisi di tipo ermetico (ad esempio il toro potrebbe evocare la mitica Età dell'oro, poi andata progressivamente decadendo), ma non ci spingiamo in speculazioni filosofiche che richiederebbero studi più severi. All'estremità del lato destro e sinistro (sul fondo scuro), osserviamo due figure alate (genii?), sirenidi, forse relazionabili al complesso figurativo delle 'grottesche' dipinte su tutto il soffitto

Manta-19.jpg (122360 byte) Fig. 10:Testa taurina; sopra (vista al contrario) vi è una testa che ricorda un Satiro 

Manta-18.jpg (25487 byte) Fig.11: dettaglio dei soggetti dipinti sul lato 'est' della cornice. Si noti il 'genio alato' con attributi femminili (seno)

Fig.12 : dettaglio del volto -che fa una linguaccia disgustata, nella parte inferiore della cornice. Si noti, al di sotto, un busto femminile con il seno scoperto, e le lunghe trecce curate. E' rivolto a questa figura, il disgusto del personaggio?

Manta-20.jpg (58795 byte) Fig. 13: dettaglio della parte sinistra della cornice

Il tutto è come 'racchiuso' in una struttura geometrica quadrata (v. fig.in apertura).

Riuscire a dare una interpretazione e una spiegazione (in chiave moderna, poi) per ciascun elemento presente del mappamondo di Manta è un'impresa che esula dalle nostre capacità ma anche dai nostri intenti. E' probabile che il lettore sagace, spinto (ci auguriamo) all'osservazione attenta dell'affresco del mappamondo di Manta, vi possa trovare ulteriori dettagli, possa aggiungere particolari utili a migliorarne l'interpretazione. Sappiamo bene che nella Scienza Ermetica è sbagliato voler decodificare tutto ciò che si vede: molto potrebbe essere stato messo per sviare i cosiddetti 'ciarlatani', quei soffiatori che si accostavano all'Alchimia per bramosia di potere e ricchezza più che per operazioni filosofiche. Abbiamo semplicemente voluto soffermarci a considerare il fatto che la presenza dell'ipotetico continente Antartico dipinto in verde non fosse la cosa peculiare che l'artista dell'opera o i suoi committenti intendessero tramandare ai posteri. Anzi, forse manco ci pensavano. E' la nostra mente di uomini e donne moderni che ci svia da una lettura più profonda di ciò che appare; siamo equipaggiati di una buona dose di scoperte geografiche nel frattempo intercorse e che ci condizionano moltissimo, abbiamo voglia di mistero, così carichi di eterni interrogativi che -nonostante siano trascorsi millenni da Virgilio, Aristotele e altri grandi Pensatori, non riusciamo ancora a risolvere. O, forse, non lo vogliamo veramente.

Si ringrazia vivamente il prof. Fabrizio Manticelli per alcune delle foto (con indicazione in didascalia); il testo e le restanti sono di Marisa Uberti, realizzate e pubblicate dietro autorizzazione dell'Ente gestore del Castello (F.A.I., Fondo Ambientale Italiano), che ringraziamo. Vietata qualsiasi altra riproduzione.
 

Note:

1)- http://www.muspe.unibo.it/wwcat/corso/corsi/filomus/02-03/lezioni.htm

2)- http://www.duepassinelmistero.com/Il%20linguaggio%20dell'Alchimia.htm

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