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                                                       report a cura di Marisa Uberti

Era il 1609 quando Galileo Galilei compì le sue prime scoperte astronomiche grazie all'uso del suo telescopio ed esattamente quattrocento anni dopo, nel corrente 2009, il mondo intero ricorda l'avvenimento con una serie di iniziative culturali. La città di Firenze ha allestito per l'occasione una spettacolare mostra iconografica nelle sale dell'elegantissimo Palazzo Strozzi, situato nel centro storico. Siamo andati a visitarla rimanendone incantati e questo è il nostro breve resoconto.

Cosa ha suscitato maggiore stupore nell' Umanità fin dalla sua comparsa su questa terra? Certamente lo svolgersi della vita stessa, scandita dallo scorrere del tempo, istanza che non è facilmente definibile nemmeno oggi, dal mutare della posizione degli astri nel cielo, dal sorgere e dal tramontare del Sole e della Luna, dell'alternarsi della luce e delle tenebre, delle settimane, delle stagioni, degli anni, a cui si è sempre accompagnato il mutare dell'aspetto umano, dalla nascita fino alla sua dissoluzione. Lo scorrere di quel misterioso 'agente' che è il Tempo, e che necessariamente chiama in causa lo Spazio, trasforma - senza che lo vogliamo - ogni cosa; ciò ha suscitato enormi interrogativi e da essi il bisogno di comprenderlo, di misurarlo, di poterlo illusoriamente gestire. Attraverso le otto sezioni di questa mostra, ripercorriamo le immagini dell'Universo attraverso le tappe salienti dall'antichità alla scoperta del telescopio. Troviamo reperti provenienti da diverse parti del mondo e normalmente conservati in prestigiosi musei o in collezioni private (e addirittura sono esposti pezzi inediti):dalle tavolette sumere ai papiri egizi, dal Globo di Matelica(1) al meccanismo di Antikytera, dai manoscritti arabi ai loro sofisticatissimi strumenti di misurazione (quando l'Europa ancora era molto indietro), dagli astrolabi medievali ai dipinti rinascimentali che risentivano della riscoperta del legame tra uomo e cosmo, fino ad arrivare alle teorie di Copernico e Galileo.Ma questa mostra si distingue perchè sa coniugare abilmente i diversi aspetti che costellano la Conoscenza della razza umana; infatti essa si inoltra nei meandri scomodi dell'Astrologia (una scienza autentica per gli antichi), madre dell'Astronomia,e sulle influenze degli astri sul microcosmo-uomo ma anche indaga nelle fantasie umane, nella ricerca del potere sul tempo, nelle scienze correlate come la medicina, l'alchimia, la musica, la pittura, l'architettura e soprattutto evidenzia il Genio umano, che ha permesso di giungere alle scoperte che hanno gettato le basi per l'attuale Sapere.

                                                            

Una copia della celebre scultura di Atlante che regge il mondo accoglie sulla soglia il visitatore, che ne resta immediatamente rapito e coinvolto.

Nella prima sezione troviamo l'alba dell'Astronomia, in cui non possono mancare i popoli mesopotamici, e gli Egiziani. I sapienti 'maghi' o magi Caldei avevano fama di conoscere i segreti del cosmo, di predirne gli eventi astronomici in un frangente storico in cui lo studio degli Astri era delegato all'Astrologia prima ancora che all'Astronomia. Pannelli didascalici seguono il visitatore in ogni reperto, scandendo la sua origine, il significato e il contesto di appartenenza. Singolare il modello di fegato di pecora in argilla (metà del I millennio a.C., British Museum, Londra), le meravigliose tavolette sumere cuneiformi, come quella illustrata e celeberrima del Dio Sole (I millennio a.C., British Museum) e in particolare, per la sua funzione pratica di misuratore del tempo, la clessidra ad acqua egizia, del tempo di Tolomeo II Philadelpho (II sec.a.C., Museo Barracco, Roma).

                                                              

La sezione seguente ha il motto "il cosmo diventa sfera" e allude al fatto che con il passare del tempo l'umanità ha cercato di interpretare l'universo in base alle proprie conoscenze e la volta celeste venne paragonata ad una sfera, figura geometricamente perfetta, come quella raffigurata dal Globo celeste in argento del II sec.a.C. (Galerie J. Kugel, Parigi) o il misterioso Globo di Matelica, orologio solare in marmo greco luminescente (vedi nota 1). I Greci furono i primi a dare il nome alle costellazioni -cui si associarono figure zoomorfe o antropomorfe simboliche- che usiamo ancora oggi.
Nella terza sezione vengono illustrati i metodi con cui gli antichi hanno 'geometrizzato il cosmo' per poterlo studiare, e per poter ricavare da questo studio delle rispondenze pratiche ma anche esteticamente gradevoli, come la meridiana in marmo da Pompei (sec.d.C.Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei).
La quarta sezione è dedicata alle strabilianti conoscenze detenute dagli Arabi ancor prima dell'anno Mille. La loro visione e concezione del cielo, la realizzazione di sofisticati e raffinati apparecchi di misurazione del tempo e del moto degli astri lasciano senza parole. Bellissimo l'astrolabio in ottone dorato (1102-1103 d.C., Istituto e Museo di Storia della Scienza, Firenze). Parte della terminologia araba astronomica è usata ancora oggi (esempio Zenit, Nadir, Azimut...).
L'evangelizzazione del Cosmo (V sala). Con il consolidarsi della religione cristiana, è chiaro che il cosmo assunse, nella concezione del tempo e quindi nelle rappresentazioni iconografiche, precisi aspetti, in cui ogni corpo celeste e terrestre, in quanto creatura di Dio, è sottoposta alle sue leggi. La terra è al centro dell'Universo, secondo l'erronea ma accettata tesi Tolemaica che continuava a perdurare. Nei manufatti sono sempre presenti le figure divine, Gesù e la Madonna in particolare. E' una delle sale più stupefacenti. Ingombrante ma spettacolare un Astrario in acciaio e ottone (ancora funzionante) di Giovanni Dondi. In mostra vi è una ricostruzione di A. Segondo, O.Paulle, J. P.Verdet (conservato nell'Observatoire de Paris, inv. 404, anc.20-36).Sul fondo della sala emerge poi il scenografico arazzo anonimo con i 'Moti dell'Universo', proveniente dal Museo de St.Cruz di Toledo. Magnifico esempio di arte quattro-cinquecentesca.

                                

La sesta sezione è dedicata alla rinascita dell'Astronomia. In quanto scienza. Poichè nei secoli precedenti l'Islam era progredito scientificamente mentre l'Europa subiva la censura della mano secolare ecclesiastica. Con la traduzione di testi classici antichi, in particolare nelle corti italiane come quella di Firenze, si assiste ad una riscoperta dell'Uomo in interdipendenza con il Creato. Anzi, 'creare' diventa emulazione del dio che ha dato origine all'universo stesso. Alle fasi evolutive umane e cosmiche, sono state associate le fasi dell'opus alchemico, che molti artisti rinascimentali inserirono nelle loro arti. Non a caso in mostra c'è il famoso dipinto di Albrecht Durer "Melancolia", inciso a bulino nel 1514 (conservato nel Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, Firenze). Le quattro fasi esprimono un 'sistema'simbolico e ciclico, di cui l'alchimia diventa il cardine, compendiando in sè, e a sè subordinando, ogni altra quadripartizione antropologica e cosmica. La ciclicità è garanzia rasserenante perchè dall'inverno si risale alla primavera, dalla notte all'alba, dalla morte ad una nuova rinascita (Martin Lutero vedeva nell'opus alchemico il simbolo stesso della resurrezione). Discipline apparentemente diverse trovano nella mistica medievale e rinascimentale un punto di incontro. Molto interessante, tra i numerosi pezzi di questa sala, un orologio solare a libro, in ottone argentato e dorato, di fabbricazione tedesca del XIV sec.(Istituto e Museo di Storia della Scienza, Firenze). Ma i signori delle corti si vollero circondare di architetti, astronomi, letterati, matematici, filosofi, e artisti che crearono composizioni e strumenti straordinari. Il dipinto che abbiamo messo in apertura, che è un po' anche il 'logo' ufficiale della mostra, è intitolato Emisfero boreale e si trova sul soffitto  della Sacrestia vecchia della chiesa di s. Lorenzo a Firenze e immortala, per volere di Cosimo I de Medici, il cielo di Firenze come si trovava nel momento esatto in cui fu dipinto, il 4 luglio 1442, volendo con ogni probabilità suggellare un evento politico o religioso. Fu dipinto da Giuliano d’Arrigo, detto il Pesello, su indicazioni forse di Paolo dal Pozzo Toscanelli.
E giungiamo, dopo una lunga e succulenta carrellata, alla settima sezione dedicata a Galileo:il cosmo del cannocchiale. Non più ad occhio nudo, in quel periodo, si guarda il cielo ma con l'ausilio di un estensore del senso della vista, che possa ingrandire molte volte i corpi celesti distanti migliaia e migliaia di chilometri. Un sogno che al tempo di Galileo si consolidò e si sviluppò, ma con un grave stop dovuto alla Chiesa, che deprecò ed osteggiò le sue teorie, che  confermavano quelle copernicane eliocentriche. Costretto all'abiura per poter proseguire i suoi studi, dovette subire un umiliante processo. In sala si possono ammirare, tra gli altri rilevanti oggetti, il suo telescopio in legno, pelle, vetro, del 1610, lungo 92 cm, del diametro di soli 6 cm (Istituto e Museo di Storia della Scienza, Firenze); il suo dito medio della mano destra, posto in una teca di vetro e ottenuto dalla ricognizione del corpo dello scienziato avvenuta nel 1737, quando venne traslato dal suo vecchio sepolcro a quello nuovo in S.Croce a Firenze; disegni ad acquerello autografi della Luna, del novembre-dicembre 1609 (Biblioteca Nazionale Centrale, Firenze).
L'ottava e ultima sala, Da Galileo a Newton, propone reperti sempre più sofisticati e documenti in cartaceo come le sei carte celesti in proiezione gnomonica, del 1742, incisioni colorate conservate in una Collezione Privata di Vienna.
 
Utili filmati multilingue proiettati in apposite sale favoriscono l'apprendimento di discipline affini agli argomenti della mostra e incantevoli visioni sui soffitti di ciascuna sala, evanescenti come è concesso per ogni scenografia che si rispetti, completano questa cornice da sogno.
 

Nota:

1)- Importantissimo reperto, unico al mondo, scoperto dall'amico Danilo Baldini nel 1985 e conservato nel Museo di Matelica. Alle conoscenze scientifiche attuali, esso è considerato un orologio solare del II sec.a.C. ma per via di alcuni simboli ancora indecifrati presenti sulla sua superficie, il Baldini stesso ritiene possa avere avuto anche una diversa funzione, forse legata ad una Scuola Pitagorica locale dell'epoca o di epoche successive. Un'esauriente intervista di Danilo è presente in questo sito alla pagina Globo di Matelica (click).

Per tutte le informazioni sugli orari, i biglietti, e quant'altro, visitare il sito ufficiale della mostra http://www.galileofirenze.it/

 

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                                                                        Aprile '09