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                             Vercelli insolita

Una visita della città alla maniera che ci è consona, può riservare gradevoli sorprese. Due passi nei suoi misteri, seppure non ci eravamo preparati a farli, li abbiamo compiuti con entusiasmo e interesse, trovando alcuni particolari simbolici che spesso si nascondono alle visite turistiche.

Vercelli è una città che ha rivestito, nel medioevo, un'importanza strategica notevolissima, per la sua posizione di collegamento con i valichi alpini e con la Francia. Ma nel suo toponimo è forse celato il suo più arcaico ruolo. Lo studioso Durandi, nel suo "Historia patriae monumenta scriptorum", afferma che in tedesco wehre significa stazione, guardia, difesa, e Cel significa Celti (Galli). Unendole insieme, si ottiene Wercel, divenuto poi Vercelli che, sintetizzando, significherebbe stazione di difesa dei Celti, che probabilmente la fondarono. L'area fu abitata già in età preistorica e conobbe il dominio romano dal II sec. a. C. Compare per la prima volta in un documento scritto il 21 maggio del 43 a.C. con il nome di Vercellae. Dal 300 d.C., diventa sede vescovile e a capo chi troviamo? Quell' Eusebio che abbiamo già conosciuto occupandoci del santuario di Oropa. La città conobbe le dominazioni longobarde e carolingie, e fu una tappa importante sulla via Francigena, nel medioevo(1). Tra l'altro, in quell'epoca vi aveva sede una Precettoria templare, quella di San Giacomo in Albereto, rifugio per pellegrini in transito per i luoghi santi, per mercanti e Crociati. Tale proprietà dei Templari è citata in un documento datato 18 giugno 1179. Sorgeva in piazza Camana al fondo di via S. Cristoforo. Nel XIX iniziò ad essere demolita, per poi esserlo definitivamente all'inizio del XX. .Un'altra mansione, quella di San Giacomo di Torrazza, sorgeva presso le rive della Dora Baltea sulla via Liburnasca, che collegava Vercelli con Torino (e quindi la Val di Susa e i passi del Moncenisio). La città diede i natali ad almeno un paio di Cavalieri Templari illustri: Uguccione, Gran Precettore d'Italia e Antonio Sicco, Segretario dei Templari in Palestina. In provincia di Vercelli, abbiamo documentato una sicura chiesa templare ancora esistente: S. Maria di Isana.

La città passò sotto i Visconti nel XIV secolo, e nel secolo seguente venne ceduta ai Savoia, che la tennero fino all'epoca Napoleonica. Tornata sotto il governo sabaudo, seguirà le sorti che tutti conosciamo. 

Una curiosità: quando i Savoia fecero arrivare la S. Sindone da Chambery per custodirla a Torino, come tutti sanno, correva l'anno 1578, ma sembra che già nel 1553 si trovasse a Vercelli, che in quel momento era sotto i saccheggi francesi. Il canonico della cattedrale avrebbe nascosto la Sindone, che si salvò. Chissà dove la nascose?

I nostri due passi hanno ripercorso solo un frammento della lunga e ricca storia culturale della città: consideriamolo un piccolo assaggio per prossimi sopralluoghi.

Chiesa di S. Andrea (XIII sec.)

Poco distante dalla stazione ferroviaria, si stagliano le forme gotiche di una magnifica chiesa, S. Andrea, eretta tra il 1219 e il 1227. E' considerata uno degli esempi più precoci del gotico in Italia, che risente dell'influenza cistercense- borgognona, ed il monumento più importante di Vercelli. Dietro la sua costruzione, c'è un retroscena che parte dall'Inghilterra e coinvolge monaci francesi, chiamati apposta per edificare questo gioiello. Tuttavia è innegabile una persistenza di gusto romanico, che - nelle lunette in special modo- potrebbe avere avuto una manodopera comacina (di scuola antelamica, niente meno). I nomi dei costruttori sono sconosciuti; forse il segreto della loro identità è rintracciabile nelle mensoline figurate su cui poggiano gli archi delle gallerie esterne?

Le risorse finanziarie per erigere un'opera così maestosa giunsero da lontano. Il cardinale Guala Bicchieri, nato da una potente famiglia locale, aveva svolto missioni di pace in tutta Italia e alle corti francese e inglese. Egli fece incoronare re Enrico III d'Inghilterra e riconfermò la Magna Carta. Su incarico di papa Innocenzo III, ebbe la responsabilità di dirimere una difficile questione tra Giovanni Senza Terra e il re di Francia (c'era in gioco l'indipendenza stessa dell'Inghilterra). Guala, oltre ad essere un erudito  e un giurista,  aveva doti diplomatiche eccellenti ed in effetti la sua mediazione raggiunse l'obiettivo, cosicchè il re inglese Enrico III gli fece dono- in perpetuo- delle rendite dell'abbazia di Saint Andrew a Chesterton (Cambridge). Guala decise così di fondare un'abbazia omonima nella sua città natale, Vercelli e chiamò alla sua edificazione alcuni canonici parigini di Saint Victor (da cui l'ordine dei vittorini). In verità, su questo terreno esisteva già l'antica chiesetta di Sant' Andrea, ma Guala lo potè acquistare, nel 1215, per edificare il suo progetto grandioso e tripartito: chiesa, chiostro e ospedale. Affidò ai vittorini la titolarità dell'edificanda abbazia, che venne dotata dell' ospedale per i pellegrini, iniziato nel 1224. Pare che sia stato l'abate Tommaso Gallo, docente universitario di  teologia a Parigi, a portare a Vercelli la grande novità del gotico francese. Gallo fu il primo abate di  questo monastero vercellese ed è sepolto nella seconda cappella a destra dell'altare maggiore (morì nel 1246), in una tomba monumentale che è considerata una mirabile sintesi di pittura, scultura e architettura. Fino al XV secolo l'abbazia venne gestita dai vittorini, ai quali seguirono i lateranensi. Costoro furono allontanati nel XVIII sec. e vi subentrarono i cistercensi fino al 1802.   Sono scomparsi, purtroppo, i vetri policromi che adornavano i tre rosoni e le finestre, che dovevano conferire un'atmosfera magica a questa magnifica chiesa. A questo punto, andiamo a visitarla e... occhio ai dettagli!

   

   

Poco distante da S. Andrea, troviamo lungo la strada,  lo xenodochio medievale

Giungiamo alla cattedrale intitolata a Sant' Eusebio (che qui riposa),  che è anche patrono cittadino. La si nota da lontano per via della cupola (XIX sec.). Avvicinandoci sempre più, ci sembra di cogliere una somiglianza netta con l'antica struttura della chiesa di san Pietro in Vaticano, e infatti è così... L'attuale edificio sorge su chiese pre-esistenti, di cui si ha memoria in epoca paleocristiana. Nel medioevo, attorno al Mille, venne ricostruita nei canoni tipici del tempo e i documenti ci dicono avesse cinque navate (fatto insolito, anche se non unico, e che appunto doveva ricalcare quella vaticana), divise da quattro file di colonne. Il portico si apriva su sette archi, l'ultimo dei quali conduceva direttamente in un altro edificio. Sulla facciata erano presenti tre finestre: quella centrale, di forma rotonda e le due laterali arcuate. Dell'epoca medievale è rimasto solamente il campanile (XII sec.), che infatti è estraneo all'architettura attuale del duomo, settecentesca. Nel Cinquecento lavorò al duomo un Comacino, Pellegrino Tibaldi, che seguì numerosi rifacimenti. E' del 1646 (opera di Francesco Rusca Castello) l'altare per la cosiddetta Madonna dello schiaffo,  scultura marmorea del XIII secolo. E' impressionante questo gruppo scultoreo: la Vergine presenta un vistoso segno scuro sulla guancia sinistra, che si spinge fin quasi al mento, e il Bambino ha un segno più piccolo sulla fronte. Una leggenda, descritta davanti alla cappella omonima, racconta che quei 'lividi' furono lasciati da un popolano incavolato che diede un violento schiaffo alla statua nel corso del XVI secolo. Ma quale sarà la spiegazione 'scientifica' per quel livido scuro sul marmo bianco? Una curiosità. Lo storico vercellese Dionisotti  afferma che la duchessa Bianca del Monferrato sarebbe stata sepolta in questa cappella:« Visse in un romitorio dietro una cappella ora detta della Madonna dello schiaffo, da lei fatta costruire nella cattedrale di S. Eusebio, ove fu seppellita nel 1504 » ( Dionisotti - Memorie storiche della città di Vercelli ). E' comunemente accettato dagli studiosi che la duchessa sia sepolta, invece, a Carignano (per ulteriori informazioni, vedasi qui). Dal 1630 la scultura della Madonna dello schiaffo fu esposta alla pubblica venerazione per scongiurare l'incombente pericolo della peste. Nello stesso anno, a spese di Giovanni Berzetto da Buronzo, cavaliere di Malta, si costruiva una nuova nuova cappella terminale nella navata sinistra dedicata a S. Ambrogio. Pregevole è pure la cappella del Beato Amedeo IX di Savoia, opera di Michelangelo Garove da Bissone (comacino).  Ma si narra che questa sepoltura fosse più una soluzione di comodo che l'effettivo affetto del popolo verso il duca, che era considerato un inetto (per ulteriore approfondimento vedasi qui). A questo punto, andiamo proprio a vedere questo duomo...

Perlustrando un po' la città e i suoi monumenti, incontriamo anche una vicolo della Croce di Malta, la piazza con dei bei palazzi, come le Case Arborio, e l'incantevole chiesa di San Bernardo (XII sec.), che sorge su un precedente edificio medievale, di cui restano la facciata e le prime campate interne, oltre a due formelle simboliche custodite nella controfacciata (all'esterno, sono copie). All'interno, è molto venerata un'icona mariana detta della Madonna della Salute.

 

 

Concludiamo i nostri 'due passi' nella chiesa di S. Cristoforo (XVI sec., su edificio precedente del XII sec.), eretta dagli Umiliati. Poco distante da qui, sappiamo vi fosse la Precettoria Templare di san Giacomo. Del resto, il toponimo Cristoforo, santo protettore dei pellegrini e dei viandanti, potrebbe essere indicativo. La chiesa è famosa per il ciclo di affreschi di Gaudenzio Ferrari, eseguiti tra il 1529 e il 1534. Di particolare interesse è la Cappella della Maddalena, altra santa cara ai templari, ritratta in alcune scene della sua vita, così come riportate nella 'Legenda Aurea' di Jacopo da Varagine. Troviamo la Maddalena tra gli auditori della Predicazione di Cristo, la ritroviamo prostrata ai piedi di Gesù nella Cena in casa di Simone, intenta ad asciugare i piedi del Messia con i propri capelli; la vediamo in una singolare scena nel Battesimo dei principi di Marsiglia, secondo la tradizione provenzale che la vorrebbe evangelizzatrice in quei luoghi; infine un episodio abbastanza sconcertante: L'Ascensione della Maddalena, in cui la santa sale al cielo vestita solo dei suoi biondi e lunghissimi capelli. Tutte le scene sono piuttosto menomate: ciò pare essere dovuto a colpi di cannone sparati durante i conflitti bellici e subiti dalla chiesa. Ritroviamo Maddalena anche nella scena della cappella successiva, la Crocifissione, dove ella grida il suo dolore inginocchiata ai piedi della croce. Interessante, a destra della navata laterale, la cappella della Madonna Nera di Loreto, perfettamente ricostruita nei minimi dettagli e preceduta, sull'architrave della porta, da una frase latina: "Iste locus sanctus est in quo verbum caro factum est" (questo è un luogo santo in cui il  Verbo si è fatto carne).

 

 

Note:

1)- L’accesso in Italia avveniva dai passi alpini maggiormente usati per tutto l’alto medioevo: il Gran San Bernardo e il Moncenisio. I rami della via che facevano capo ai due valichi, transitante il primo per Aosta-Ivrea, il secondo per Susa-Torino, si riunivano a Vercelli, proseguendo poi in direzione di Pavia.

 

Sezioni correlate in questo sito:

S. Maria di Isana(chiesa templare a Livorno Ferraris)
Italia da conoscere

 

 

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                                                                      Marzo 2010