Sedotti dalla memoria
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                     (Testi e fotografie: Andrea Feliziani*)

Non rimane altro, a parte i pensieri senza limiti che scorrono come fiumi lunghi ed insondabili. Pensieri andati e ritornati, quasi a rimarcare nessun’altra soluzione immaginabile. È impossibile desistere, a volte, dalla semplice decisione del nonsenso.
Terry è in piedi vicino al bancone del Barge Inn, la sua mano destra sorregge svogliatamente un boccale di birra. Ci sono poche persone oggi all’interno del locale. Sono però sufficienti per avere una visione annebbiata dei contorni degli oggetti, dei loro colori e di quei pezzi di storia che trasudano dalle pareti della locanda: l’idea di un’area riservata ai fumatori non ha mai sfiorato i sogni del proprietario dello stabile e nemmeno le aspettative dei frequentatori del Barge.
Sono scene di vita che provengono dal Barge Inn, un delizioso locale a ridosso del fiume Avon nel Wiltshire in Inghilterra Meridionale. I croppies, così vengono chiamati gli appassionati che ogni anno da Maggio a Settembre visitano le forme geometriche di coltura appiattita ritrovate nei poderi agricoli inglesi, sono i suoi abitanti.
Questa popolazione (quella dei croppies) in apparenza perennemente in viaggio ci conduce con le sue domande, le sue ritualità e i suoi oggetti in un cammino tra le dolci vallate del Wiltshire: “la terra dei cerchi” dove ogni anno durante i mesi estivi vengono ritrovate improvvisamente, da un giorno all’altro, delle stupefacenti impronte geometriche tra le messi ormai mature. È qui, tra questi sinuosi paesaggi, che si mescolano inconsapevolmente le nozioni di archeologia, ricerca scientifica, ideologia, magia, religione e superstizione. Ed è così che il Wiltshire diventa un luogo ideale per uno studioso della contemporaneità


In seguito agli improvvisi ritrovamenti di impronte geometriche negli appezzamenti agricoli inglesi, all’interno delle quali le coltivazioni sono singolarmente schiacciate a terra, le campagne si trasformano in un “groviglio” di idee, i luoghi ora investiti di senso diventano un luogo da condividere con persone tra loro differenti. Un luogo dove è possibile porsi delle domande, porgerle agli altri ed ascoltarne in ultimo le risposte. Un luogo che vive dei colori dei boschi, delle acque e dei popoli che lo abitano o che, in un modo o nell’altro, lo fanno proprio modellandolo a misura dei propri sogni. Gli arabeschi dipinti su una tela fatta di cereali maturi ne modificano l’aspetto e ne aumentano la complessità mentre i mass media, affascinati da quelli che vengono percepiti come simboli, esportano tramite i loro canali le fattezze delle nuove geometrie in ogni angolo del globo.
Sulle colline di Alton Barnes circolano così, tempestivamente informati dalla rete internet, dalla emittenti televisive e dai giornali locali, italiani confusi, svizzeri inquieti, tedeschi e americani.
Novanta (metri di larghezza) in questo luogo non è solo un numero, ma un motivo per conoscersi ed instaurare un dibattito.
“Il cerchio misura centoquattro metri” aggiunge improvvisamente Terry con un’espressione calma e sicura, poi sorride scuotendo il capo e aggiunge: “Questi simboli costringeranno il nostro mondo ad affrontare profondi mutamenti”.
L’universo dei croppies non si esaurisce semplicemente tra le messi mature dell’Inghilterra Meridionale: “essere croppies” è sinonimo di una particolare ricerca spirituale.
Sono vie che conducono ad un’“uscita dal mondo”, almeno così come viene percepito dalla maggior parte della popolazione occidentale. I croppies sono costantemente in bilico tra i primordi cifrati dei megaliti inglesi e la realtà virtuale rappresentata dai cerchi nel grano; tra il simbolismo nascosto delle rune e le disquisizioni di carattere biologico relative ai cereali interessati dallo sviluppo delle formazioni.
Un viaggio tra i croppies si trasforma così in un percorso di ricerca attraverso le loro credenze e i loro modi di porsi delle domande innanzi ad una sorte apparentemente comune.
In un mondo dove le distruzioni operate dalle catastrofi ambientali appartengono all’attualità, lo spazio, delimitato dalle silhouettes disegnate per mezzo del grano schiacciato a terra, diventa per i croppies uno spazio che aggredisce le briciole della quotidianità sormontandone i punti di riferimento.
Le incompatibilità tra le speranze per un futuro migliore del pianeta e la memoria di un passato ormai remoto, nel Wiltshire, si trasformano inevitabilmente in finzione. Ma le finzioni degli altri si modificano, nella forma e nel significato, nel momento in cui prendiamo coscienza che tutti noi, al giorno d’oggi, viviamo nell’eterno alternarsi tra finzione e realtà. È così che a volte il Wiltshire sembra un intreccio di idee e di pensieri, di conferme e di contraddizioni nell’incessante alternarsi tra memoria e oblio.
Dopo anni di informazioni limitate e tra loro incoerenti, diffuse dalla letteratura specializzata che faceva costantemente riferimento al fenomeno UFO in genere, oggi quel che conta per il viaggiatore dei cerchi non è più la “pura” risposta ai propri quesiti ma il percorso, più o meno accidentato, che egli compie in direzione di questa risposta.

                          
Davanti a qualche pianta di grano semplicemente schiacciata a terra accade veramente di tutto e protagonisti o semplici comparse ce la mettono davvero tutta nel sostenere le proprie ipotesi come se ne andasse della loro vita(1) . Forse il surreale supera il reale più volte di quante riusciamo ad immaginare e, forse, le geometrie impresse nei raccolti, in un modo o nell’altro, rappresentano davvero un mezzo per elevare la coscienza dei loro visitatori.
La storia va ben oltre ed è il potere degli autori dei cerchi che dona “forza” e visibilità ai cerchi stessi. È il potere dei nuovi “druidi” che oggi si radunano occultamente in logge che, nel corso degli anni, si sono trasformate da chiuse in segrete.
La sigla LSD (Lisergide Acetil-Dietilamide) indica null’altro che dietilamide dell’acido lisergico. Un semplice alcaloide. Una sostanza chimica come tante altre. Ad alcuni “amici” che ne facevano uso per poi andare nei campi di notte e per poi assaporarne appieno gli effetti, risposi: “vengo volentieri”. Andai, in quella e in altre occasioni, ma fortunatamente riuscii a rifiutare ogni volta le offerte di droghe senza che nessuno si offendesse: il “mestiere” dell’antropologo spesso necessita di prescindere dall’illusione sociale del lecito e dell’illecito.
È Luglio e in Inghilterra di notte indossiamo giacconi di jeans foderati di finto montone, cappelli di lana e spesse sciarpe lavorate a maglia. È Luglio e ho le mani piene di vesciche e anche quando questa nottata sarà finita dovrò camminare per circa dieci chilometri per ritornare a casa perché, alla fine del lavoro, ognuno ritorna alla propria individualità. È Luglio e il Wiltshire all’imbrunire è un luogo colmo di contraddizioni. 
Sulle orme della geometria “degli Dei”, molti ritrovano quella strada che temevano essere perduta per sempre.
Di notte le cittadine a ridosso dell’Avon non dormono. Di notte a volte tirano fuori l’altra loro faccia, gli altri abitanti. Escono dalle loro tane quando gli altri vi si sono già rifugiati. Quando il cielo è una macchia di inchiostro. Quando il grano diventa del colore dell’argento. 
Non sanno guardarsi allo specchio, perché vedrebbero solo un’immagine priva di senso e di equilibrio, ma le loro voci sanno inebriare e parlano di potere, di dominio, parlano di conoscenza. Il potere di chi fa della propria suggestione la propria forza. Ma nessuno se ne renderà mai conto: in questo luogo persino i sentimenti sono ovattati, quasi filtrati, privi di reale intensità. Tra persone simili ci si riconosce al volo. Ci si riconosce da un segno, da una svista, dai sillogismi del cuore. Ma è un gioco per pochi e forse una tacita complicità destinata all’oblio.
In maniera semplice e riduttiva vengono chiamati circlemakers: coloro che realizzano i cerchi.
Segnano in maniera temporanea il paesaggio inglese e in maniera spesso definitiva l’immaginario di una moltitudine di persone che osservano, si fermano a parlare, fantasticano, sbriciolano per poi ricostruire.
Vivono dove luci strane ed ambrate indugiano su arredi sontuosi o spartani; dove ogni camper, ogni tenda è un viaggio a ritroso nella memoria. Un piccolo laboratorio da pavimento cosparso di trucioli e uno sterminato labirinto di oggetti dimenticati, un quaderno colmo di fogli, di disegni: sono frammenti di vita di una popolazione, quella che “produce” i cerchi, una popolazione ai margini del nostro mondo.
Una popolazione che necessita di essere in qualche modo conosciuta a fondo prima di cedere frettolosamente alla volontà di semplificarne l’operato e di passare oltre. Una popolazione a volte crudele, altre volte inaspettatamente umana.
La realtà che ne scaturisce è una finestra su un mondo certamente di frontiera dove U.F.O. e forme di energia non conosciuta difficilmente faranno la propria comparsa, ma dove il “mistero”, per chi ne è ancora alla ricerca, risiede tra gli oggetti, le abitazioni, i luoghi e soprattutto tra le parole dei loro abitanti. È una realtà estranea e insolita solo perché spesso non siamo abituati a coglierla ed apprezzarla. È una realtà diversa solo perché si svincola dal labirinto della tele-anticamera, solo perché si libera dalla confusione di chi, in mezzo ai campi in Inghilterra, non riesce a penetrare l’enigma del “mistero”. È una realtà spesso differente da quella di chi in genere fa divulgazione.
È così che della storia racchiusa in Persi Nella Memoria(2)  siamo e non siamo gli autori, perché a volte abbiamo la sensazione di essere catturati dal testo, di seguirne attivamente il narrato mentre, in altre occasioni, di affrontare il suo svolgimento senza potervi intervenire. È una storia, quella di una realtà “altra”, quella del “popolo dei cerchi”, una realtà che a volte proviene da contesti asociali ed apocalittici, una realtà che pone le basi per nuovi modelli di riflessione sulla nostra quotidianità.

            


Persi Nella Memoria

Cosa si nasconde dietro al decennale mistero dei Crop Circles e perché esercita tanto fascino a livello globale.
È l’oggetto della ricerca sul campo che due studiosi, Andrea Feliziani e Gabriella Giunta, hanno realizzato nel Wiltshire, nel cuore della campagna inglese, per osservare il mondo che si trova dietro al fenomeno “Crop Circles”. Un fenomeno che ha ispirato tanti libri e film e che è stato capace di attrarre tante persone da tutto il mondo.
Dalle tiepide e dorate distese di cereali del Wiltshire, nell’Inghilterra Meridionale, alle gelide nottate percorrendo sentieri che si protendono verso un passato ormai remoto.
Persi Nella Memoria attraversa nel suo cammino i luoghi che da sempre hanno fatto la storia del fenomeno Crop Circles, transita là dove improvvisamente vengono ritrovate, tra le messi ormai giunte a piena maturazione, quelle impronte geometriche dalle fattezze sorprendenti, passa però anche all’interno dei locali di socializzazione creati dagli appassionati del fenomeno, nei luoghi dove non è consentito l’accesso ai turisti e nei grandi spazi destinati ad eventi ed incontri “scattando una fotografia” della nostra contemporaneità: quella sottile “striscia” di eventi, pensieri ed intuizioni a cavallo tra passato e futuro.

Nota:

1)-Cfr: Persi Nella Memoria, Cap. 3: 'La ricerca della verità'

2)-Persi nella Memoria, di Andrea Feliziani e Gabriella Giunta, Mondadori Illustrati, 168 pp., www.cropcircles.it .La prima edizione del libro è ormai terminata; esso  verrà ristampato nei primi mesi del 2007 da Macro Edizioni (libro recensito nella sezione Libri del Mese di Gennaio '07, n.d.w.)


*Andrea Feliziani si interessa al fenomeno Crop Circles dal 1989. Il desiderio di conoscenza e la preparazione matematica e fisica conseguita con gli studi in ingegneria civile hanno influenzato notevolmente l’impostazione della sua ricerca che, dal 1997, svolge sul campo attraverso l’applicazione degli strumenti dell’ indagine scientifica ed antropologica. Fotografo e scrittore, da anni studia l’antropologia delle società complesse.

Sezioni correlate in questo sito:

                                             gennaio 2007

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