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6) – Note Alchemiche sui Lustri d’Iride di M° Giorgio Andreoli (di Fabrizio Tonna)

"Che l’Andreoli perfezionasse i lustri ad iride, e trovasse la maniera di degradarli e renderli trasparenti circa il 1518 può ammettersi, imperocché osservasi, per verità circa quell’epoca, un notabile miglioramento di quelle tinte; ma conviene restituirgli la gloria di averli pel primo introdotti, e poi perfezionati a quel grado cui altri non giunse mai. Tutti i suoi colori danno in oro lucidissimo: meravigliosi i cangiamenti che appariscono nel girarli al lume, nel mutar loro il riflesso. Il coloro cantaride è di sì magico effetto che non può descriversi, né comprendersi se non s’abbia sott’occhio". (1)

Questo afferma il Marchese Ranghiasci Brancaleoni in una sua lettera "al chiarissimo signore Marchese Giovanni Eoli" nell’ormai lontano 1857, ove si ricorda altresì un vivo contatto con Mastro Cencio, figlio dell’Andreoli, e il sapiente Cipriano Piccolpassi vasaio-alchimista di cui ci parla sapientemente il Fulcanelli in una delle sue due opere (2) e al seguito del quale E. Canseliet non manca nell’elogio.

Il lettore che avrà attentamente seguito il cammino del nostro studio sulle eventuali conoscenze alchemiche dell’Andreoli e che avrà ormai pregustato quanto il simbolo e l’allegoria racchiudano significati di una scienza plurimillenaria e tutt’altro che occulta, potrà ora penetrare il mistero più profondo dell’origine propria dei lustri ad iride di questo straordinario artista che si rivelò altresì un vero filosofo per mezzo del fuoco – PHILOSOPHUS PER IGNEM.

Senza togliere alcun merito agli studi dei più onesti scienziati e ricercatori che per più di un secolo si sono occupati della questione (ultimi fra tutti gli eccellenti professori R. Casadio, B. Fabbri, R. Maldera, M.C. Nannetti, D. Saragoni (3)), ci sentiamo ugualmente in dovere di andare un po’ più in là di un semplice discorso su ossidi metallici per entrare nel dominio di quella scienza anch’essa suscettibile di progresso ed esatta tanto quanto la chimica e la fisica – secondo quanto afferma lo stesso Fulcanelli – che è l’Alchimia.

Il nostro approccio seguirà una metodologia mista che partendo dall’analisi cabalistico-fonetica del termine LUSTRO sfocia nella più significativa realizzazione al forno.

Il lettore, ormai abituato alla Lingua Solare o Scienza Diplomatica degli Adepti non può mancare di vedere nel sostantivo Lustro l’equivalente latino che oltre a significare l’azione di perlustrare, rischiarare, visitare, offre un valido appoggio all’atto di PURIFICARE e forse da questo l’imperatore Servio Tullio (578 – 534 a.C.) istituì il Lustrum, sacrificio di espiazione e purificazione di tutto il popolo romano da compiersi ogni cinque anni alla fine del censo. Lo strano rituale, probabilmente di origine greca o mitriaca aveva luogo nel Campo di Marte e consisteva nell’immolare agli dei un porco, un ariete e un toro. Benché la portata alchemica contenuta nel luogo del sacrificio sia alquanto evidente, noi crediamo che la natura ermetica propria di questo prezioso smalto debba ricercarsi nella lingua greca, che tuttavia pare confermare tutta l’analogia con il rito propiziatorio.

In effetti, in accordo perfetto con la Lingua degli Uccelli, crediamo opportuno far derivare il Lustro ad Iride da λύσιϚ, scioglimento, liberazione, ma anche separazione, divisione, dissoluzione il cui rapporto con la pratica di laboratorio già annuncia la liquazione della materia-origine, della tanto decantata Fontana d’Acqua Viva, di cui N. Flamel ci parla ampiamente nel suo "Livre des Figures Hyerogliphiques" e di cui noi abbiamo già ampiamente dissertato nel paragrafo sul Bagno di Diana. In più λύσιϚ ha come radice λύσ che gioca foneticamente con λϊϚ, usato epicamente per λέων, leone, altresì omofono di λίϚ antica forma epica abbreviata per λιτή che unicamente associabile con πέτρη dona la liscia, pulita pietra, risultato illuminante della prima Opera ottenuto al termine della separazione, indice chiaro dell’avvenuta dissoluzione.

Quindi λύσιϚ è di suo ambivalente: da un lato indica un fenomeno, ovvero la dissoluzione della materia in seno alla propria acqua, dall’altro indica un risultato, ovvero la liberazione per separazione delle acque mercuriali, del Mare dei Filosofi.

Le eterogeneità raccolte in seno al caput contengono altresì λίς, il leone, ancora nascosto ma già pronto per ricevere attualmente tutta la potenza della Vibrazione universale. Dunque il duplice risultato, nascosto ed evidente, igneo e umido, sulfureo e mercuriale è già racchiuso nella chiara e armonica assonanza λϊϚ – λίϚ. Ora, la causa che innesca il fenomeno, o meglio la causa seconda di origine spirituale e materiale, è chiusa anch’essa in λιτή che è l’esatto equivalente di λιτόϚ, molto vicino all’attico λίτρον usato per νίτρον, nitro, che designa il sale dei filosofi agente indiscusso di ogni trasformazione alchemica, ricettacolo della vibrazione celeste, dispensatore del fuoco segreto dei saggi unico agente capace di aprire la materia nell’intermedio d’unione tra materia e forma sostanziale.

A questo punto, prendendo la parola NITRO e anteponendo per permutazione O ad R, nel pieno rispetto delle regole della Lingua Solare, otteniamo NITOR (lat. NITOR, NITORIS) che indica splendore, eleganza, omofono di NITOR, NITERIS indicante l’atto proprio di partorire. Quello stesso meccanismo, ampiamente analizzato nell’esegesi de "LA NASCITA D’ESCULAPIO" e su cui non torneremo più, sembra essere racchiuso, nelle sue ragioni più profonde, nel risultato di un esame particolare che vede in NITOR, NITORIS e NITOR, NITERIS lo svelamento dell’arcano ad un tempo cabalistico e pratico della prima Opera.

Se infatti prendiamo le parole e le disponiamo come nello schema:

 

NITOR NIT | OR

NITORIS dividendole secondo la radice NIT otteniamo NIT | ORIS

NITOR NIT | OR

NITERIS NIT | ERIS

 

Il risultato è evidente che presenta 4 volte la radice NIT, 2 volte OR, una volta ORIS e una volta ERIS. Sempre secondo le regole della Scienza Diplomatica, per le quali la radice da ambo le parti più volte ripetuta va conservata, dividiamo ORIS secondo OR per ottenere OR- I – S; e lo stesso valga per il corrispondente NIT che sarà diviso secondo le 3 lettere che lo costituiscono (essendo 3 i risultati precedenti), ovvero in N – I –T.

A questo punto il simbolismo letterale svolge la sua parte:

sappiamo, e la Tradizione non smette di confermarlo, che ogni tratto verticale è sempre geroglifico dello spirito e della vibrazione universale, questo anche in rapporto ai 3 ori ottenuti nel nostro gioco cabalistico. Essendo la I in numero pari ed esprimendo concordia ed equilibrio, essa può essere mezzo di congiunzione tra OR – OR e OR – ERIS permettendo di ottenere ORIOR, ORIERIS che nel latino corrispondente donano l’azione di sorgere, e quindi presentano la dinamica propria dell’Oro filosofico o Zolfo dei filosofi, vera Anima dei metalli, che sale alla superficie del bagno mercuriale. Rimane ancora una cosa: il risultato delle varie unificazioni ha lasciato ora una struttura di questo tipo:

 

NIT

NIT ORIOR, ORIERIS NTS; modificabile in: 3NIT(RO) ORIOR, ORIERIS en:te:es

NIT

 

Vero materiale crittografico che il sapiente Grasset d’Oret (4) leggerebbe sicuramente come:

troisNITRE se lève AÎNESSE

ovvero:

"La primogenitura origina (o sorge) per le tre aggiunte di Nitro"

Ora, questa primogenitura è l’Infante chimico, vero bottone minerale contenente il Fuoco segreto dei metalli, abilmente attratto dal Vetriolo filosofico, lo smalto verde iridescente nato al termine della triplice purificazione mercuriale e che sicuramente rientrava nella composizione dei Lustri ad Iride di M° Giorgio Andreoli. Questa materia vetrosa fusibile e refrattaria, già inattaccabile dagli acidi e dall’elevato peso specifico è il risultato indispensabile per la coagulazione dello zolfo filosofico e segreto al termine delle Aquile. Questa materia così preziosa racchiude già in sé ogni virtù cromatica e sonora, in quanto lo spirito ne permea la materia costitutiva che appare come pura energia coagulata, stabilizzata, cristallizzata e simile alla struttura amorfa dell’ossido di silicio. Non vi sarebbe dunque alcunché di strano se i sofisticati strumenti degli attuali laboratori d’analisi, non avessero rivelato alcuna traccia di questo prezioso ingrediente nei Lustri di M° Giorgio, esattamente come nella Sindone non sono in grado di rilevare l’origine dell’impronta del Salvatore. È che l’origine di entrambi è assolutamente trascendente e si situa al livello elevato dell’onda, nei meandri tutt’altro che oscuri della sostanza di cui il Glorioso St. Tommaso d’Aquino aveva una conoscenza oltre la pura teoria.

Del resto, un dato altrettanto interessante è che l’attico λίτρον, che designa il sale di pietra (sal-petrae o sale della pietra), diventa, sostituendo ρ in ν, λίτυον, lituo, ovvero un antico bastone ricurvo a mezzo del quale i sacerdote etrusco delimita lo spazio sacro, ma anche un tipo particolare di tromba simile alla Buccina.

Di quest’ultima non manca di parlare l’autore anonimo del "Discours d’Autheur incertain sur la Pierre des Philosophes, achevé en aoust 1590", documento preziosissimo conservato alla Biblioteca Nazionale di Parigi e che il lettore può facilmente reperire al n° 19957 dei manoscritti francesi. Si legge là, infatti:

 

"Je vis entrer un homme à la noise capette lequel avoit en sa main dextre une flamme de feu et en sa senestre une trompette de verre… et incontinent qu’il fut entré gette la flamme de feu à terre, et commença a sonner sa trompette haultement".

 

È certa, a questo punto, la necessità di far giocare verre con vert rivelando in questo modo la colorazione somma del dinamismo universale di cui Fulcanelli ci porta lungo tutte le sue opere. Questa vibrazione sottile, ormai corporificata nella matrice salina-vetrosa più adatta sembra proprio contenere in sé ogni virtù sonora, come già abbiamo affermato, e la manifesta non appena il fuoco esterno la eccita e non appare il bottone di ritorno contenuto ormai nell’uovo della cottura la permea della sua virtù ignea e trasformante.

La straordinaria iridescenza degli smalti, o meglio dei Lustri, di M° Giorgio Andreoli sembra proprio essere un preannuncio dello stesso fenomeno ocellato che si riscontra in seno alla massa vetrosa dell’uovo filosofico. Esso è sì fisicamente spiegabile, ma non nei termini dei fenomeni rifrattivi della luce; qui la luce è una realtà intrinseca, indipendente dal substrato materiale, ma al tempo stesso determinante. Non si tratterebbe neppure di un fenomeno di ordine fotochimico o di fluorescenza minerale, ma vera e propria radioluminescenza che la materia emette non appena è eccitata dalla benché minima particella di fuoco esteriore; è a questo livello infatti che nella prima parte della gamma musicale il nostro sale vetroso, costituente il guscio e contemporaneamente il liquido amniotico dell’embrione metallico, inizia ad emettere l’armonia luminosa, segno certo di concordia e equilibrio fra tutte le parti in presenza. La fissità per eccellenza è qui già determinata e pronta ad attuarsi pienamente nel corpo pneumatizzato della Pietra Filosofale, attraverso il Caleidoscopico susseguirsi di colori la cui causa si situa fin da principio in quel sale che convenientemente preparato non mancherà di manifestare tutta la sua virtù trasformante.

Concludendo, affermeremo ancora, a conferma del meraviglioso rapporto tra Arte di Musica e Lustri iridescenti, che il nostro Lituo è in latino Lituus, da cui è stato fatto il francese Lituus che conserva lo stesso significato e che porta in sé le consonanti LTS. Ora, le prime due, ovvero L e T, sono altresì contenute nel francese lut, luto e non sigillo il cui corrispondente sceau è di notevole portata alchemica ed è evidentemente collocato come prefigurazione e preannuncio del primo.

A questo riguardo E. Canseliet ci ricorda che:

 

"En rapport saisissant avec l’antique instrument du poète, l’alchimiste s’applique à que vibre, dans l’esprit, le lut hermétique qui est celui de la sagesse. Lutte et lut; nous entrons, avec ces deux homophones, dans le language des oiseaux qui devoile que l’un libère, tands che l’autre dot. L’adjetif lutos, dans la langue grecque, signifie aussi bien expliqué que soluble" (5)

 

Questa stessa solubilità è indicata dal simbolismo letterale della L che designa iconograficamente il Dissolvente universale, come la T – nella forma capitale, un TAU – è geroglifico del termine dell’Opera e la S geroglifico e segno del Solfo filosofico pronto ad evolvere verso la maturità e lo splendore della gloriosa Fenice, che M° Giorgio Andreoli non mancò di fissare a lustro nello stupendo piatto del 1519, oggi conservato a Berlino allo Staatlische Museum, e riportato tanto da Von Faleke che da Castelli nelle loro mirabili catalogazioni (6). Nel mezzo della stupenda decorazione grottesca, troneggia la Fenice risorgente dalle proprie ceneri calcinate dal fuoco di spirituale natura e, immediatamente sotto, il sigillo della Romanità, tra due pesci allegorici in circonvoluzione fino a formare una metaforica Lira, geroglifico del Vetriolo filosofico e della sua universale virtù dissolvente e armonizzante (ROMANITA’! anagrammato in ARMONIA T, ovvero la concordia e la pace del fine).

Con questo crediamo di concludere non temendo in nulla di aver fatto omaggio sgradito a M° Giorgio Andreoli inserendolo nell’ampio albero genealogico dei filosofi ermetici. Benché nella sua prestigiosa Arte siano ancora necessari accurati esami storici per verificare la certezza dell’appartenenza all’origine alchemica dei soggetti, a noi è sufficiente aver constatato che i meravigliosi Lustri ad Iride portavano in loro la presenza positiva del sale canonico degli alchimisti, unica e reale fonte delle caleidoscopiche iridescenze vetrose. Se Dio lo vorrà ritorneremo un giorno per un incontro con l’Andreoli alchimista che sarà là, ad attenderci, per svelarci il segreto del suo stupendo CANTARIDE, ovvero cromatico CANTO D’IRIDE (7).

 

Deo Gratias

 

Note al Paragrafo 6

1) Di Mastro Giorgio da Gubbio e di alcuni suoi lavori in maiolica. Lettera del Marchese Ranghiasci Brancaleoni, socio di varie illustri accademie italiane e straniere, in Pesaro, presso Annesio Nobili 1857. (Reprint Arnaldo Formi Editore).

2)Fulcanelli, Les Demeure Philosophales et le symbolisme hermetique dans ses rapports avec l’Art sacrée et l’ésoterisme du Grand Oeuvre, 2 voll., J.J. Pauvert ed., Paris 1979.

  • Fulcanelli, Le Mystère des Cathédrales et l’interpretation ésotérique des symboles hermètiques du Grand Oeuvre, J.J. Pauvert, Paris 1979.

(3) Oltre alle opere specifiche su la spettrometria RX per lo studio delle maioliche e ricerche sui lustri in generale, questi autori hanno curato uno studio d’equipe intitolato "Caratteristiche chimiche degli impasti e dei rivestimenti della ceramica del XVI secolo", accuratamente trattato per l’opera, già citata a più riprese, di Carola Fiocco e Gabriella Gherardi, "Ceramiche dal Medioevo allo Storicismo", 2 voll., per iniziativa del Museo internazionale delle Ceramiche in Faenza, Litografie Artistiche Faentine, Faenza 1989.

(4) Ci teniamo a sottolineare al lettore, il nome di questo valente archeologo francese del XIX secolo, la cui conoscenza della Lingua solare è ormai riconosciuta in modo certo. Egli pubblicò articoli sempre ricchi di saggezza nella Revue Britannique, apparsa dal 1825 al 1901 e fondata da L.S. Saulnier con il propositi di far conoscere alla Francia gli sviluppi letterari e industriali dell’Inghilterra. È con gioia che comunichiamo al lettore lo sforzo dei Signori B. Allieu e A. Barthélemy, che nei 2 tomi intitolati Materiaux Cryptographiques, hanno raccolto parte di questo inestimabile tesoro.

(5)E. Canseliet, "Au sujet du pète", in Revue Atlantis n° 273, maggio – agosto 1973, p. 360

6) P. Castelli, À Rebours 1988 – 1898. Giuseppe Mazzatinti e l’archivio di Mastro Giorgio, Pacini Editore, Pisa 1988.

È straordinario, e il lettore ci perdoni per questo ritorno alle nostre acrobazie linguistiche, come l’arcobaleno, ϊριϚ in greco e iris - iridis in latino, contenga in altre lingue sempre un riferimento identico e ricco di significato alchemico. Il francese arc-ên-ciel, in spagnolo arco iris, il tedesco Regenbogen e in ultimo l’inglese Rainbow contengono tutti quest’arco di profondo significato ermetico, che sembra ancora confermare lo stretto rapporto tra l’Arte di Musica e le colorazioni della Pietra. L’inglese Rainbow sembra essere assolutamente rivelatore, rimanendo nella particella bow del tutto significativo il duplice senso di arco per scagliare frecce e archetto di violino. Omofono di bow, prua di nave è stato usato per fare to bow verbo che, oltre a chinarsi, curvare, sottomettersi, è qualificativo dell’atto di suonare. Questo gioca cabalisticamente con bound che indica qualcosa di legato, unito, tenuto fortemente e con bowl, recipiente, forte ricettacolo.

Parte I

Parte II

Parte III

Parte IV

Parte V

Parte VI