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                              Vlad Tepes, il vero conte Dracula

                                            (Emanuela Cardarelli)

La moderna Romania comprende tre province: la Transilvania, la Moldavia e la Valacchia. I legami tra queste tre regioni (così come il nome ‘Romania’) risalgono ai tempi dell’Impero Romano. Nel Medioevo questi tre stati esistevano come principati semi-indipendenti, essendo schiacciati tra il Sacro Romano Impero a ovest e i turchi a sud. La fede ortodossa dei rumeni era quindi minacciata sia dal cattolicesimo che dall’islamismo.

Vlad III nacque nel 1431 nella città transilvana di Sighisoara.  In quello stesso anno suo padre, Vlad II, appartenente alla nobile famiglia dei Basarab, venne investito dall’imperatore Sigismondo di Lussemburgo dell’Ordine del Drago. Quest’Ordine,  fondato il 12 dicembre 1418 da re Sigismondo, dalla sua seconda moglie Barbara von Eili e da alcuni nobili ungheresi, aveva lo scopo di rafforzare la difesa della comunità cattolica da possibili attacchi dei turchi e comportava alcuni obblighi, incluso quello di vestire di nero in segno di penitenza ogni venerdì e di portare sempre l’insegna del Drago. L’insegna rappresentava un dragone prostrato con le ali distese, che pendeva da una croce verde contenente il motto “O quam misericors est Deus, justus et pius”. Il simbolismo era destinato a ricordare che Cristo aveva conquistato il principe delle tenebre con la Sua morte e resurrezione.

Secondo Florescu e McNally, l’appartenenza di Vlad II a quest’Ordine sembra la spiegazione più probabile per l’origine del suo epiteto ‘Dracul’.  Il simbolo così strano del drago (parola derivante dal latino ‘draco’) deve aver affascinato sia i nobili valacchi che i contadini, al punto da creare il soprannome ‘Vlad Dracul’. Non vi era certamente nessun riferimento diabolico: in fondo, difficilmente un crociato potrebbe essere associato con Satana. Il nome ‘Dracula’, invece apparterrebbe alla categoria dei nomi romeni con suffisso in -ulea, per cui ‘Dracula’, o più correttamente ‘Draculea’, significherebbe semplicemente ‘figlio di Dracul’.

Secondo altre teorie (che oggi però paiono ottenere meno credito), il nome deriverebbe da ‘drac’, cioè diavolo, più il suffisso ‘ul’ che funge da articolo determinativo: il diavolo, infatti, era spesso rappresentato come un drago. Inevitabilmente ci si chiede perché un principe noto per avere edificato chiese e monasteri venisse associato col diavolo. Una possibile risposta è che il nome fosse stato coniato dai suoi nemici.

I cronisti rumeni usarono l’epiteto ‘Dracul’ per descrivere il padre, ma non usarono il nome ‘Dracula’ riferendosi al figlio. Preferirono invece l’epiteto di ‘Impalatore’ (o ‘Tepes’, che in romeno significa ‘palo’), alludendo al metodo preferito da Dracula per uccidere e torturare i suoi nemici. Sembra però che Dracula stesso preferisse il soprannome ‘Draculea’: così egli si firmò in almeno tre   documenti dell’ultimo periodo della sua vita. 

Nell’inverno 1436/37, Vlad Dracul divenne principe di Valacchia, per cui, insieme alla moglie e ai figli Vlad, Radu e Mircea, si trasferì a Tirgoviste. A dispetto degli impegni presi, Vlad Dracul si dimostrò molto rispettoso verso i turchi, ma questi, non fidandosi della sua lealtà, riuscirono a catturarlo, insieme ai suoi figli, nel 1442. L’anno seguente venne ristabilito sul trono, ma ad alcune condizioni: Dracul promise che non avrebbe partecipato ad alcuna azione di guerra contro il sovrano turco e, come pegno della sua fedeltà, fu costretto a lasciare presso i turchi i figli Vlad, di circa dodici anni, e Radu, di nove. Mentre Radu, divenuto il protetto di Mohammed e il candidato ufficiale al trono di Valacchia, venne liberato nel 1447, suo fratello rimase ‘ospite’ dei turchi fino all’anno successivo.

Non vi è dubbio che questo periodo di prigionia, in un’età in cui l’animo è impressionabile e il carattere si va formando, sia molto importante nel determinare la psicologia di Vlad Dracula. La continua consapevolezza del pericolo di essere assassinato, e quindi della scarsa importanza della vita, lo rese cinico. Riuscì a penetrare la mentalità dei turchi, da cui imparò l’uso del terrore, metodo del quale dovette servirsi con grande vantaggio nella sua futura carriera.

Nel frattempo suo padre, insieme al figlio Mircea e a Giovanni Hunyadi (forma italianizzata di Iancu de Hunedoara), voivoda di Transilvania e governatore di Ungheria, intraprese una campagna militare contro i turchi, ma venne sconfitto da Murad II il 10 novembre 1444 a Varna. Le accuse rivolte da Vlad Dracul, ma soprattutto dal figlio Mircea, all’indomani del conflitto, nei confronti di Giovanni Hunyadi, come responsabile del disastro, costarono la vita a entrambi. All’inizio del 1448, dunque, Hunyadi era padrone del destino politico della Valacchia e si sentiva abbastanza forte da tentare una nuova offensiva contro i turchi. Nella prima metà di ottobre, l’esercito cristiano aveva raggiunto l’altopiano conosciuto con il nome di Kosovo Polje o ‘piana dei merli’, dove i serbi avevano subito la storica sconfitta ad opera del sultano Baiazid nel 1339. Mentre Hunyadi stava preparandosi a riprendere l’avanzata, l’esercito turco sorprese quello cristiano e nei giorni 17, 18 e 19 ottobre 1448 ebbe luogo una seconda battaglia di Kosovo, che si risolse in una grave sconfitta per l’esercito ungherese.

Nel frattempo, il giovane Vlad non era rimasto in ozio. Approfittando dell’assenza di Hunyadi, invase la Valacchia alla testa di un esercito turco e andò semplicemente ad occupare il trono di Tirgoviste. Tuttavia l’altro pretendente al trono, Vladislav II, appartenente alla famiglia dei Danesti (tra l’altro parenti dello stesso Vad), riuscì a cacciarlo. Dracula si rifugiò quindi in Moldavia, dove regnava il cognato e amico del padre Bogdan II. Suo figlio Stefano (il futuro Stefano il Grande), legò una salda amicizia con il cugino, che rimase in Moldavia fino all’assassinio di Bogdan, nel 1451.

Nel 1453, Costantinopoli cadde in mano ai turchi, e l’Impero d’oriente si sgretolò; le rimanenti nazioni cristiane tremavano al pensiero di una potenza infedele che si estendeva così vicino a loro. La Valacchia, che aveva nei confronti dei turchi l’obbligo di pagare un tributo, si trovava ora in prima linea.

Nel frattempo, Vlad si era rifugiato in Transilvania, presso Hunyadi, i cui rapporti col suo protetto Vladislav si erano intanto raffreddati. Nel 1456, Hunyadi muore di peste e Vladislav viene ucciso in una battaglia, forse proprio a opera di Vlad, il quale, nell’autunno di quello stesso anno, può finalmente salire al trono della Valacchia.   

I suoi nemici principali si trovavano ora all’interno del suo stesso regno. Si trattava di due classi molto privilegiate: i nobili boiardi (possidenti terrieri) e i mercanti. I boiardi erano abituati a sottovalutare il loro principe, non ascoltavano le sue richieste ed erano pronti ad appoggiare qualsiasi aspirante al trono che difendesse i loro privilegi. Il monito di Vlad fu terribile: dopo un banchetto in loro onore ne fece impalare una buona parte, sotto lo sguardo atterrito dei superstiti. Egli, inoltre, sapeva che tra i boiardi uccisi si trovavano anche i responsabili dell’assassinio di suo padre e di suo fratello.

L’economia della regione era controllata da mercanti e commercianti di discendenza sassone, i cui privilegi monopolistici risalivano alle colonizzazioni germaniche del XII e XIII secolo. Vlad confiscò i loro diritti commerciali e istituì misure protezionistiche per tutelare il commercio valacco.   

Nel 1459, si sentiva ormai così sicuro da sospendere il pagamento del tributo a turchi, guadagnandosi così le simpatie dei cristiani. Due anni dopo, si imbarcò in una crociata,  grazie alla quale riuscì a liberare tutti quei territori a sud del Danubio recentemente occupati dagli infedeli. Vlad, infatti, più che dichiarare la sua devozione a Cristo, voleva  rendere più sicuri i confini di quei terre al di là del fiume. Nel frattempo, però, i rinforzi chiesti alle altre potenze cristiane tardavano ad arrivare: Mattia Corvino, re d’Ungheria, non rispose, forse temendo la crescente autonomia del suo vicino, mentre Stefano il Grande, venendo meno a un vecchio patto di amicizia, addirittura lo attacca, sperando di impossessarsi prima dei turchi della città di Chilia (Licostomo), sul Basso Danubio.

Riuscito a sfuggire ai turchi, Vlad spera di trovare rifugio presso Mattia Corvino, il quale invece lo fece arrestare senza un’apparente ragione e lo tenne prigioniero dal 1462 al 1474. All’inizio fu rinchiuso nella fortezza reale di Buda, ma in seguito i rapporti tra i due si fanno più pacati e il carcere si trasforma in una sorta di residenza obbligata. Tuttavia, il prezzo che Vlad dovette pagare per il suo rilascio fu la rinuncia alla fede ortodossa e la conversione al Cattolicesimo. Nel novembre del 1476 riesce a reinsediarsi sul trono della Valacchia, ma trova la morte in una imprecisata località nei pressi di Bucarest nel dicembre di quello stesso anno, forse ucciso per sbaglio da uno dei suoi stessi soldati in un combattimento contro i turchi, o da un gruppo di boiardi suoi nemici.

La sua tomba, attualmente vuota, si trova in un isolotto del piccolo lago di Snagov, a 18 km. da Bucarest, all’interno di un convento fondato da Vlad stesso. Circa la scomparsa del suo cadavere (privato, a quanto pare della testa, in quanto i turchi se ne impossessarono e la portarono al sultano come prova della sua morte), si sono fatte diverse ipotesi: la più probabile è che sia stato trafugato durante i lunghi periodi di incuria, in cui il monastero andò soggetto a saccheggi.

Dopo la sua morte,  resoconti delle sue atrocità (vere o esagerate) ispirate dai boiardi con l’intento di screditarlo, vennero diffusi in tutta Europa. I sassoni, gli ungheresi, i turchi e i russi avevano tutte le ragioni per dipingerlo come il più grande psicopatico della storia. Re Mattia Corvino, ad esempio, cercando un pretesto che giustificasse il suo non-intervento nella crociata, aveva buoni motivi per infangare la reputazione di Vlad, in modo da poter anche giustificare il suo imprigionamento. Grazie all’invenzione della stampa, vennero stampati molti libelli diffamatori (soprattutto in Germania), i quali, pare, si vendevano più della Bibbia. Nel 1558, con la traduzione inglese della Cosmographica di Sebastian Munster, l’eco delle gesta di Vlad Tepes raggiunse anche la Gran Bretagna. Sfortunatamente, l’immagine del voivoda non poteva essere difesa dalla sua stessa gente, in quanto la stampa valacca era molto indietro rispetto a quella europea. Dopo un lungo periodo di oblio, il suo nome tornò di nuovo agli onori della cronaca prima grazie al romanzo di Bram Stoker, poi in concomitanza con la nascita della Repubblica Socialista Rumena, la quale era alla ricerca di eroi nazionali che potessero legare la nazione al suo passato. Egli è oggi considerato una sorta di Robin Hood, che toglieva ai ricchi per dare ai poveri, combatteva per la libertà e aveva eliminato quasi ogni forma di crimine. E’ visto come un padre fondatore della patria e i suoi eccessi vengono ridimensionati, considerando anche la crudeltà del periodo in cui si trovò a vivere. Per lungo tempo, in Romania l’accostamento di Vlad Tepes con il Dracula letterario è stato ignorato e tutt’oggi è mal sopportato.

 Bibliografia:

- R. Florescu, R.T. McNally, Dracula. Biografia del principe rumeno Vlad l’impalatore, Bologna, Cappelli Editore, 1976,

- C. Leatherdale,  Dracula. The Novel and the Legend, Chippenham, Desert Island Books, 1993. 

                                                                         (Emanuela Cardarelli)

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