| Izola in
      italiano si dice Isola. Ed è nata proprio come tale: un'insula
      (come Capodistria),
      i cui primi abitanti conosciuti furono gli Histri (2.000 a.C.), che
      per primi eressero strutture fortificate sulle colline (come il
      castelliere di Corte, che ha avuto una continuità d'uso notevole). Izola
      è la più piccola cittadina costiera della Slovenia e venne unita alla
      terraferma con il passare dei secoli.. I Romani vi insediarono un porto
      chiamato Haliaetum, a sud- ovest dell'attuale centro storico che,
      anche se piccolo, è interessante.  Il comune di Isola è diviso in 9 insediamenti (naselja):
      Baré (Baredi), Corte d'Isola (Korte), Dobrava presso Isola (Dobrava), Isola [d'Istria] (Izola),
      Malio (Malija), Nosedo (Nožed), Settore (Cetore), Saredo (Šared), Valleggia (Jagodje).         Fig.
      1: Il paesaggio costiero del litorale sloveno come si presentava ai
      visitatori del XVII secolo, visto dal
      castello di Socerb (San
      Servolo), e qui illustrato da Janez Vaykard Valvasor nel 1689. A sinistra
      le isole di Capodistria e di Izola (oltre la quale c'è Piran). A destra
      c'è la costa italiana con le sue isole, oggi collegate anch'esse alla
      terraferma.   Izola fu
      sempre considerata "la Bella addormentata" tra Capodistria e
      Piran; tranquilla città isolana di pescatori e operai, mite, calorosa,
      ricca di storie e di tradizioni portate avanti armonicamente tra le due
      principali etnie, slovena e italiana. Ma in realtà scoperte sorprendenti
      hanno costretto gli archeologi a rivedere questo semplice
      "status" di luogo di mezzo tra due località più
      rinomate.        
                                                        
      Fig. 2. Splendida veduta attuale di Izola, che si
      protende nel mare Izola ha
      rivelato un passato di grande prestigio. Prima di occuparci della Villa
      Marittima tornata alla luce di recente e ancora in fase di studio
      accurato, facciamo due passi tra le sue bellezze: fra gli edifici più
      significativi della cittadina vanno segnalati il Duomo del 1500, che
      conserva dipinti di arte veneta (fra cui una deposizione di Palma
      il Giovane e un San Sebastiano di Irene da Spilimbergo e il palazzo
      Besenghi, voluto da Pasquale Besenghi nel 1775. E' l'edificio più
      grande e lussuoso di  Isola. Appartenente a una famiglia veneziana
      che visse in Istria, Pasquale successivamente si sposò con la discendente
      della vecchia famiglia isolana Degli Ughi. Congiunti entrambi i cognomi,
      il palazzo ricevette il nome Besenghi degli Ughi con il
      quale è conosciuto ancora oggi. Pasquale  ereditò dal padre una
      ricca biblioteca, che egli mantenne sempre ricca, aggiungendovi numerosi
      volumi. Di quella raccolta molto è andato disperso, tuttavia all'interno
      del palazzo sono conservati ancora 3.000 libri e manoscritti appartenenti
      al XVII e XVIII sec. Interessante la casa in stile gotico situata nel
      centro della città di Izola per volere di uno dei primi sindaci, il ricco
      Manzioli, che la fece erigere nel 1470. Qui sono state scoperte strutture
      di epoca romana.                                            
       Fig. 3. Collage
      di alcuni scorci di Izola, sia del centro storico che del mare Per chi ama
      la natura, il Parco Pietro Coppo è un vivace punto di incontro
      dove poter godere di riposo tra alberi frondosi. E' intitolato al grande
      geografo ed esploratore che nacque a Venezia nel 1470 e morì a Izola nel
      1555. Si era qui trasferito nel 1499, svolgendo la professione di notaio e
      vicedom. Questo personaggio era un erudito di primo livello: la sua
      passione era viaggiare e scrivere, ma soprattutto redigere mappe
      geografiche.  Le sue opere più note sono De
      toto orbe (1520,
      una descrizione assai precisa del mondo conosciuto all' epoca, con
      preziose mappe geografiche). e un Portolano
      (1528),
      di cui si conservano due soli esemplari originali al mondo (e 500 copie
      anastatiche). Quest'opera, risalente al periodo di massima espansione
      delle navigazioni della Serenissima, descrive i principali siti costieri
      oggetto di tali navigazioni, e cioè tutto il Mediterraneo, e la costa
      atlantica dal Marocco all'Irlanda ed alle Fiandre. Tra le  ultime
      opere del Coppo la più nota è Del
      Sito de l'Istria con
      allegata la presentazione cartografica della penisola istriana stampata
      per la prima volta a Venezia, dieci anni dopo la prima pubblicazione. È
      comunque un'opera molto preziosa, le descrizioni nell'ultima parte,
      infatti, sono pubblicate in base alle annotazioni e ricerche che Coppo
      svolgeva. Nel Parco a lui dedicato si trova scolpita, in pietra, la
      riproduzione della sua mappa dell'Istria. L'acqua è
      una delle ricchezze di Izola, il cui territorio è percorso da numerosi
      corsi d'acqua. Nel 1820 vennero scoperte le sorgenti minerali
      dall'esploratore (dei frati minoriti conventuali) Chiaro Vascotti,
      considerato l'avviatore del turismo nella città; in seguito vennero
      realizzati i bagni termali di San Pietro, con cabine e vasche (c'era pure
      una sala da ballo). Questa sorgente oggi si trova all'interno dell'area
      della fabbrica ittica Delamaris, sorta successivamente sul luogo
      degli antichi bagni
 Se ci si
      inoltra fino alla spiaggia
      di San Simone si
      potrà visitare un sito archeologico di grande importanza per tutta la
      Slovenia (e non solo). A sud del porto turistico si dispongono 
      infatti i resti di una Villa marittima di epoca romana, situata su una
      piccola penisola larga circa 120 m  e lunga 150 m. La cosa
      straordinaria è che alcune strutture accessorie giacciono visibili ancora
      oggi a pochi metri dalla spiaggia.           
       Fig.
      4. Una porzione dello scavo con la riproduzione del mosaico in situ. Si
      noti come, oltre la zona recintata, si svolga normalmente la vita da
      spiaggia. La Villa doveva essere stupenda e godere di una vista
      impareggiabile Un tempo
      questo tratto di litorale doveva essere molto diverso da oggi: Capodistria
      e Izola erano isole (furono collegate alla terraferma solo nel XIX secolo)
      e il livello del mare era più basso.  I primi scavi
      della Villa Maritima ebbero inizio negli anni Venti del XX secolo,
      ad opera di Attilio Degrassi e Bruna Tamaro, che rilevarono accuratamente
      le strutture portuali. Tuttavia questi resti erano già noti dal 1500.                             
       Fig.
      5. Foto del 1968, in cui alcuni studiosi stanno osservando strutture
      affioranti, appena davanti alla spiaggia (PMSM, Piran) Nel corso di
      tutto il XX secolo si sono susseguite numerose campagne di ricognizione,
      con tecniche sempre più sofisticate e da parte di diversi enti ed
      istituti. Dal 2008 sono in atto ricerche innovative grazie ad un progetto
      di cooperazione tra l'Istituto per il Patrimonio del Mediterraneo
      dell'Università del Litorale (Slovenia) e l'Ősterreichisches Archäologisches
      Institut Wien (Austria). Si sono compiute prospezioni geofisiche per
      sondare  le antiche strutture coperte da coltri di terra.  Perchè
      questo complesso presenta due ambiti di ricerca: una sulla terraferma e
      uno sotto l'acqua del mare. Per quanto riguarda il primo aspetto, si sono
      individuati gli oltre 3.000 metri quadrati della villa, che era
      organizzata attorno ad una corte interna ed era collegata al porto tramite
      un lungo portico. A nord sono visibili i resti delle murature e la copia
      di uno dei mosaici dell'area residenziale, mentre a sud si può osservare
      il portico che conduceva al porto. A sud-ovest di quest'ultimo si trova
      un'ampia struttura sommersa che può forse essere messa in relazione con i
      magazzini portuali.  Nell'area
      retrostante alla villa sono stati trovati alcuni tratti della conduttura
      idrica in terracotta che approvvigionava la domus di acqua. Recenti
      sondaggi di controllo hanno portato a concludere che l'edificio può
      datarsi al 25 - 10 a.C. e che già dopo pochi decenni (50 -70 d.C.) parti
      della Villa erano già state abbandonate. Perchè? L'area del
      portico e del porto sembrano invece state utilizzate più a lungo, almeno
      fino all'altomedioevo. Il porto di San Simone era uno dei più grandi
      della costa occidentale dell'Istria romana, con i 7.000 metri quadrati del
      suo bacino. Era riparato dai venti, poteva accogliere navi della lunghezza
      di 25 m e una portata di mille anfore. All'arrivo
      del cristianesimo, in quest'area venne edificata una chiesa consacrata a
      San Simone, che diede il nome alla baia. Della sua esistenza si è appreso
      attraverso le mappe ma ad oggi non sono ancora stati identificati i suoi
      resti.                
                                 
                           
                  
      Fig. 6.   A: parte centrale dell'area; B:portico; C:porto;
      D:magazzini; E:struttura idrica Alla
      fine del XIX secolo, la banchina e il molo presentavano ancora gli anelli
      per l'attracco delle navi, mentre oggi sono stati coperti dalle strutture
      balneari, mentre le vestigia del frangiflutti, sono ancora oggi visibili
      presso la riva. I resti però si trovano parecchio al di sotto della
      superficie del mare perchè dall'epoca romana ai nostri giorni si è avuto
      un innalzamento marino di 1, 6 metri. Sommersa è pure un'altra struttura,
      situata a sud-ovest, che secondo gli archeologi poteva rappresentare uno
      spazio di manovra pertinente ai magazzini del porto.                              
                                                               
       Fig.7. A:
      frangiflutti; B: banchina; C: molo; D: magazzini E' stato
      quindi emozionante spingerci ad ispezionare la zona antistante la spiaggia
      di San Simone, per vedere se vedevamo qualcosa e dobbiamo dire che alcune
      strutture sono identificabili. Naturalmente per la maggior parte delle
      indagini sono necessari strumentazioni avanzate, di cui noi chiaramente
      non disponevamo. Ad esempio, la prospezione dei frangiflutti del porto è
      stata realizzata dalla HarphaSca tramite multi-beam sonar. Anche il
      vicino porto romano di Vilisano è stato sommerso dalle acque, e nei
      pressi della stessa località (vicino alla vecchia fabbrica di mattoni di
      Ruda)  è stata rinvenuta una fornace. Nel centro storico di Izola,
      presso Palazzo Manzioli, sono state scoperte strutture romane. Ville
      Marittime erano molto numerose sulla costa istriana e slovena. Al tempo
      dei Romani questo tratto litoraneo prendeva il nome di Histria e,
      insieme alla Venetia, formava la Decima Regio dell'Italia
      romana. La sua estensione andava dalle foci del Timavo (nei pressi di
      Monfalcone) al fiume Arsa (situato nei pressi della croata Albona) fino a
      comprendere, a settentrione, Emona (l'attuale Ljubljana, in Slovenia). Al
      tempo della nascita di Cristo simili ville furono costruite ad intervalli
      regolari di pochi chilometri lungo la costa istriana (fig. 8). E' un fatto
      particolarmente interessante che potrebbe trovare la sua spiegazione nel
      fatto che in epoca romana i traffici marittimi erano molto meno
      dispendiosi di quelli via terra; nei porti principali arrivavano le grandi
      navi mercantili e le merci venivano smistate e imbarcate su natanti più
      piccoli verso gli approdi secondari. Poi, tramite viabilità fluviale e
      terrestre, destinate ai centri dell'interno.   Fig. 8. Distribuzione delle Ville marittime e litoranee romane lungo le
      coste dell'Istria (ritroviamo tante località dove i nostri due passi
      hanno transitato e abbiamo documentato in articoli precedenti)
 La struttura
      delle Ville Maritime si componeva di una parte abitativa e di
      rappresentanza, da un quartiere produttivo e di servizio, da impianti
      portuali e magazzini. Un complesso, come si deduce, enorme. Esso infatti
      svolgeva una funzione economica rilevante legata all'allevamento di pesci
      e di molluschi, alla produzione di olio e di vino, alla fabbricazione di
      anfore e laterizi, all'allevamento di ovini per produrre lana, e forse
      anche allo sfruttamento delle saline.
       Nella
      Villa Maritima di San Simone a Izola sono stati scoperti diversi mosaici
      pavimentali, tutti in bianco e nero ma con motivi decorativo-simbolici
      differenti. Uno dei più pregevoli è quello con la raffigurazione di un
      portico ad arcate da cui pendono oscilla (piccoli rilievi
      decorativi); questo mosaico venne rimosso dal sito nel 1924 e portato al
      Museo Regionale di Capodistria (dove si trova ancora oggi). Nell'area
      archeologica se ne trova una copia fedele realizzata con tecnica di
      produzione del mosaico romano (fig. 9). Frammenti di intonaco dipinto e
      cornici di stucco, una base di colonna, due capitelli dorici, un piccolo
      frammento di capitello corinzio sono alcuni dei reperti che questo scavo
      ha restituito. I mosaici migliori si trovavano negli ambienti di
      rappresentanza affacciati sul portico che collegava l'area residenziale al
      porto.                    
                                                                                          
       Fig.
      9 Un
      frammento di intonaco dipinto con raffigurazione di amorino  è stato
      confrontato con uno simile scoperto a Pompei, notando una certa
      somiglianza.  Nelle
      varie campagne di scavo della Villa sono venuti alla luce reperti che
      consentono di ricostruire le condizioni di vita e le occupazioni delle
      persone che vi abitavano: oltre ai proprietari, probabilmente ricchi e
      nobili, vi dovevano essere molti schiavi e servitori addetti a svariate
      attività. Il materiale è sia di produzione locale che di importazione:
      ceramica da mensa, da dispensa e da cucina; vasellame vitreo, lucerne,
      anfore vinarie e olearie, ami e pesi per le reti da pesca, chiodi, monete.
      C'era naturalmente anche posto per l'aspetto religioso-spirituale, come
      testimonierebbero due statuette, una di terracotta e una di piombo
      (curioso!), destinate al larario o altare domestico. Alcuni di questi
      reperti sono custoditi nel Museo Regionale di Capodistria e nel Museo del
      Mare Sergej Mašera di Piran.  Fig. 10. Statuetta
      in piombo. Forse si trovava in un piccolo altare (lario) dove si svolgeva
      la religiosità privata dei romani, che sacrificavano piccole offerte di
      alimenti bruciati per invocare la protezione del focolare domestico
                                                     
       Fig. 11. Scorci
      dell'area attuale di scavo della Villa Maritima Se
      vi trovate nei paraggi, non mancate di andare a visitare questa piccola
      perla costiera e il suo grande passato, che parla attraverso le pietre
      tornate alla luce e che forse deve ancora svelare alcuni dei suoi misteri.                   
       Le notizie
      qui riportate sono state ricavate da nostra visita in loco.  
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