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                            Sulle Strade del Medio Oriente al tempo di Giustiniano (III parte)

                                                                            di Enrico Pantalone

Il mercante sta ora facendo visitare gli interni di una nave ad uso civile tipo che è condotta da un suo valente amico.
“Vedete amici miei, qui all’interno tra la cucine e la stiva si possono trovare sino ad un migliaio tra anfore e vasellame, tutte ben immagazzinate e posizionate in modo che nulla venga rotto.
Più in là potete ammirare le lucerne di cui queste zone e quelle africane vanno tanto famose in fatto di produzione”
“Figliolo, questi mirabili artisti e cesellatori producono mi sembra anche oggetti di metallo che servono nella liturgia normalmente, sarebbe interessante vedere qualche nave che trasporta questa merce se possibile”
“Padre, chiederò al capitano della nave mio buon amico se in porta c’è qualcuno che trasporta questa oggettistica”
“L’importanza del commercio del vasellame di ceramica o di metallo e delle pietre marmoree è basilare per comprendere appieno la funzionalità e la ricchezza di una stato, infatti dal rapporto di produzione e di vendita effettuata è possibile ragionare anche in termini di produzione primaria, cioè agricola.
Se la vendita di una materia secondaria è in crescita, significa che anche i fabbisogni alimentari saranno richiesti maggiormente e questo fa si che si muova tutta l’organizzazione che fa capo all’amministrazione statale ed alle prefetture provinciali che ne devono valutare i flussi”
“Conseguentemente vi sarà anche un aumento delle imposte sul manufatto e mi toccherà andare in giro con i miei soldati per smuovere chi è recalcitrante a pagare…”
E alla battuta del komes tutti scoppiarono a ridere….si è davvero una bella compagnia, la città fenicia poi è di quelle che attirano gli uomini soli…indubbiamente.
Ovviamente non c’inoltreremo negli spazi del diritto doganale ma forniremo solo alcune particolarità che erano comuni nel medioevo a quasi tutti gli stati all’impero.
I romani e quindi anche l’impero d’oriente appaltavano ai pubblicani l’onere di riscuotere il dazio nella forma di un ottavo del valore delle merci e questo non era di per sé un principio errato perché univa un normale versamento alle casse erariali senza ostacolarne il transito e quindi il libero mercato.
Quindi si decise che a pagare il tributo o il dazio fosse solamente la merce oggetto d’un affare commerciale mentre al contrario i beni di primaria importanza ne erano esentati o pagavano spesso una cifra simbolica.
Insomma, s’iniziava ad intravedere quella politica di stampo protezionista che sarà il fulcro dell’economia tipica del medioevo centrale soprattutto in Italia.
Resta definito che è ancora comunque un’applicazione di stampo fiscale anche se non sempre si può riconoscere questo e spesso si è portati a pensare a misure di tipo conservativo.
Non dobbiamo dimenticare che un fattore importante era la liquidità che uno stato doveva avere sempre per finanziare un esercito o un problema di carattere sociale .
Tornando al discorso instaurato dai nostri simpatici interlocutori, la nave da loro visitata non doveva essere di grande tonnellaggio, infatti non erano ancora in uso i grandi bacini, i porti che seguiranno da li a qualche secolo, l’ormeggio era ancora limitato proprio dalla stazza della nave perché in caso di tempesta potesse essere tirato in secca rapidamente.
Sidone, come Tiro, pur essendo un centro commerciale molto importante basava il suo sistema su navi medie che potevano percorrere rapidamente i mari e le distanze portando probabilmente un solo tipo di manufatto o due al massimo.
I magazzini dove si stivava la merce in attesa d’imbarco assumevano l’aspetto di vere e proprie piccole cittadine perché oltre al lay-out merceologico v’era presente e fortemente anche quello ad uso umano, con taverna, locanda e postribolo annessi.
Il fondaco rappresentava quindi un sistema di scambi sociali molto importante perché il conoscersi perfettamente significava anche conoscere la merce che si comprava o vendeva, e spesso come sappiamo all’epoca la fiducia reciproca era la prima garanzia per una buona riuscita delle affare economico.
Non essendoci più lo stato in prima persona a garantire l’esecuzione e la trattativa se non, come abbiamo visto, per riscuotere l’imposta sull’affare effettuato, sono gli individui che si garantiscono a vicenda traendo esperienza dalle proprie vicende umane e dalle proprie conoscenze che si può affermare senza merito di smentita, erano buone per l’epoca, certo decisamente superiori alla media dell’opposta costa Mediterranea.
Si è parlato di postriboli, non possiamo non menzionare, seppur senza piacere, questi luoghi dove le meretrici giacevano al soddisfacimento lascivo del viandante o del marinaio per qualche soldo (non inteso certo come moneta giustinianea il che sarebbe decisamente troppo….), per qualche spicciolo meglio dire.
Il peccato carnale, dal punto di vista bizantino era per natura giuridica il più pericoloso, secondo solo all’omicidio nell’ottica della repressione, giacchè la Chiesa all’unisono si scagliava contro d’esso.
Certo, era tollerato, ma non si doveva abusare di ciò più del dovuto, specialmente se chi usufruiva di questo “servizio” era sposato: e qui ovviamente si sprecheranno oltre che le pene appropriate anche tutto il solido e ben argomentato tormentone di non poter più giacere con la propria moglie, di doversi mortificare pesantemente ogni giorno e via dicendo, pratica sicuramente attuata a parole ma non nei fatti.
Al più qualche giornata di pane ed acqua bastavano a lenire il dolore della coniuge.
“Padre, so che non approvate ciò che noi stiamo per fare, ma tenete presente che siamo uomini, non facciamo nulla di male e paghiamo bene i servigi della ragazza, io sono militare, passo con i miei uomini settimane senza vedere una donna lassù nei ridotti, non so come facevano a resistere i padri che vivevano nel deserto, ma so che dovevano avere una grandissima forza mentale per resistere ad ogni tentazione”
“Mia moglie lo sa, del resto io sto lontano da casa per mesi per i miei commerci, ma ho sempre fatto il mio dovere di coniuge e ci vogliamo bene, ci rispettiamo”
“Figlioli, non aspetterete da me la benedizione per l’atto che state per compiere m’auguro. Che Iddio possa farvi capire che state sbagliando perseguendo questa strada, ma avendovi conosciuto so che siete persone serie per cui ritengo che la vostra sia solo mancanza di volontà nel perseguire la purezza dell’amore.
Io starò qui a pregare per le vostre anime”
Il mattino seguente si riparte per la meta finale del viaggio, Alessandria d’Egitto, ma il komes ha già terminato il suo viaggio, si recherà al suo quartier generale per il disbrigo di tutte le faccende per cui è disceso sullo costa, un saluto militare ai tre che continueranno la strada e poi s’eclissa attraverso la città rapidamente.
Del resto la vita militare d’un komes è questa: tanto sacrificio specialmente in queste terre di confine e poco spazio ad amicizie e relazioni, una figura tipica la sua nel quadro dell’elemento sociale dell’Impero.
Ma prima d’arrivare ad Alessandria c’è da superare la penisola del Sinai, il suo deserto, attraversare il Mar Rosso, la strada quindi seppur pianeggiante e decisamente sorvegliata da militari lungo tutto il suo scorrere resta sempre non certo agevole.
La marcia prosegue senza soste ed i tre trascorrono diverse giornate sul percorso verso l’Egitto, la morfologia sabbiosa, ma a tratti dolce della pianura indubbiamente mette la voglia di camminare con grande alacrità.
Purtroppo per loro un’accozzaglia di banditi, presenti in buon numero sulla strada nonostante il gran daffare dei militari che pattugliano la zona della penisola, attacca i nostri malcapitati viandanti che marcia insieme ad una carovana che fa la spola proprio verso Alessandria da Sidone.
Questi predoni vengono dall’interno, dalle zone delle terre arabe e si spostano in maniera molto veloce rendendo spesso vane le ricerche delle truppe imperiali mandate per debellare il problema.
Poi, non dobbiamo dimenticare che in seguito alla grande peste del 543, alla carestia susseguita in queste zone, molti si sono dati all’unica risorsa possibile: il banditismo.
Quindi le bande sono pericolosissime, perché difficilmente lasciano vivi chi capita nelle loro mani, non si limitano a depredare, ma uccidono senza pensare molto a ciò che fanno, i loro appartenenti sanno che se vengono catturati la pena capitale sarà la loro condanna e quindi danno sfogo ai loro istinti peggiori.
La situazione non è delle migliori, il monaco prega, il mercante inaspettatamente estrae una spada nascosta ed inizia a combattere insieme all’avventuriero ed agli altri della carovana.
“Non sapevo che sapessi combattere, mercante”
“Bisogna essere preparati a tutto, sono un uomo tranquillo, ma so qual è il mio dovere, difendo i miei interessi, e se non sono un bravo come te ad usare la spada, stai tranquillo che qualcuno ne spedirò davanti al tribunale di Dio”
La lotta è dura, ma i carovanieri resistono, hanno tutti delle armi, alcuni vengono uccisi, altri uccidono i predoni: è la legge atavica di queste vie di comunicazione.
L’avventuriero vede che due predoni s’avventano sul monaco amico con cui ha condiviso la strada lungamente e con cui ha avuto modo di discorrere a lungo sui problemi della vita di tutti i giorni, immediatamente si getta nella sua difesa ed uccide uno dei due predoni, ma l’altro inevitabilmente lo colpisce a morte, poi scappa richiamato dalle urla dei suoi che si ritirano sconfitti, anche perché di lontano una pattuglia militare imperiale vedendo fumo e sentendo le grida s’è gettata di tutta lena per soccorrere la carovana.
Ora l’avventuriero è a terra, morente, vicino a lui ci sono il monaco ed il mercante.
“Padre, amico mercante, non ho nessuno a cui lasciare detto qualcosa ora che sto per affrontare il Tribunale di Dio, vorrei che voi raccoglieste le mie cose e le teneste, avete condiviso con me tanta strada, abbiamo parlato a lungo della nostra società, dei nostri desideri, delle nostre lacune, delle meraviglie che questo Impero ci riserva, della sua grande forza sociale motrice d’una civiltà grandissima.
Ho sempre operato nel nome di Dio, non ho mai ucciso se non per necessità, ma credo d’essere stato un buon uomo, non ho avuto la fortuna d’altri, ma non ho mai desiderato cose impossibili, avrei voluto una vita serena ed una famiglia, ma così non è stato.
Perdonatemi tutti.”
“Figliolo, tu ora hai una grande famiglia, quella di Dio che ti circonderà sempre per l’Eternità, non hai peccato più d’altri, sei stato un brav’uomo e Dio lo sa.”
“Amico mio, porterò sempre con me le tue cose che mi saranno care e narrerò in tutti i viaggi che spero di fare di un uomo solitario, giusto, leale, che aiutava chi affrontava la strada lunga e perigliosa per pochi denari ma con tanto amore”
L’avventuriero muore felice dopo che il monaco l’assolve dai peccati e lo benedice.
Una scarna croce indicherà la sua futura dimora.
“Sai figliolo, nel deserto egiziano ha vissuto per sessant’anni uno dei nostri padri spirituali ed anacoreta Macario all’incirca 150/200 anni fa, egli durante questi lunghi anni scrisse sembra parecchio, apoftegmi, lettere, preghiere e omelie anche se non vi sono conferme rispetto all’ufficialità.
Egli vagò per l’alto Egitto dunque senza una meta fissa, e soprattutto dotato solo della sua sacca e della penna con cui scrisse indubbiamente messaggi di stampo messalianico che poi furono ovviamente purgati durante il Concilio di Efeso nel 431.
La sua spiritualità monastica è di primaria importanza proprio in rapporto al discorso fatto in un post precedente e relativo all’ascetismo cristiano.”
“Padre da quello che voi avete dette sempre ed anche in precedenza mi sembra che abbiate una particolare predilezione per questo spirito di vita, insomma mi sembra che voi vogliate emulare il modo di vivere di questi grandi anacoreti”
“Hai ragione, ad Alessandria ci saluteremo ed io serberò di te un grande ricordo, ma il mio destino sarà nel deserto, a meditare ed a pregare per tutta l’umanità, possa Dio darmi la forza di tenere fede a questa mia scelta”
Nei territori egiziani esistevano ancora latifondi imponenti che bloccavano il commercio e l’economia, oltre che monasteri con estensioni molto ampie, logico quindi che si potesse pensare ad un sistema sociale basato su una specie di servitù della gleba, anche se non certo istituzionalizzata.
Giustiniano durante il suo regno cercò attraverso le riforme amministrative di ripristinare un minimo di condizioni accettabile per quelle terre cercando di regolare anche l’attività religiosa, ma i prezzi delle derrate subivano continui aumenti, in verità comuni a tutto l’Impero, e la sua politica per quanto audace non riuscì a dare frutti se non in minima parte.
D’altro canto era difficile incidere profondamente in una società che non era mai stata veramente romana, come ad esempio lo fu il medio-oriente che abbiamo appena lasciato, e di conseguenza ellenica nel modo di comportarsi, troppe erano le differenze sostanziali che acuivano i già gravi problemi.
Comunque la riforma amministrativa portò il formarsi di cinque eparchie seguendo il modello italiano, che sostituirono gradualmente il potere delle diocesi, ed il funzionario che sovrintendeva in nome del governo era sia militare che civile al tempo stesso.
Ovviamente Alessandria, fu dotata d’un comandante o duce soprannominato augusto e faceva a sé stante nel sistema amministrativo ma di fatto era la provincia che comandava sulle altre per importanza e grandezza.
Non dimentichiamo che noi dovremmo parlare di due entità egiziane piuttosto che una sola: infatti da una parte abbiamo quella della costa e del Delta del Nilo e dall’altra quella dell’interno.
Quella costiera simile in tutto e per tutto alle regioni che abbiamo appena lasciato del medio oriente dal punto di vista delle strutture e dell’economia, quella dell’interno invece che riservano un contatto diretto e spesso brusco con il deserto che costeggia tutta la parte occidentale spesso non delimitando in maniera perfetta una linea di demarcazione e di contrasto come invece si poteva intravedere tra il deserto arabo e gli altopiani siriani.
Possiamo affermare che la vita della provincia imperiale bizantina in Egitto si svolgesse praticamente tutta nel nord e in pratica gravitasse intorno alla città simbolo d’Alessandria, culla di cultura e di grandi avvenimenti storici nel corso della sua millenaria storia.
Città che non è certamente più quello dello splendore dei secoli d’oro dell’Impero Romano, troppe battaglie politiche interne e religiose ne hanno deteriorato l’assetto e l’urbanistica, anche il commercio ne risente indubbiamente ma rimane ancora certamente affascinante soprattutto per chi s’avvicina alle arti, alla letteratura, al diritto ed alla filosofia oltre che ovviamente alla religione.
Essa è comunque un caso davvero eccezionale, visto la sua versatilità rispetto al resto del paese rimasto di fatto costantemente rurale.
Nonostante le vicissitudini e la creazione della scuola di Costantinopoli, Alessandria conserva del tutto intatte le sue prerogative che ispirano tesi filosofiche e scientifiche, ancora numerosi sono gli studenti che accorrono in questo lembo di terra africana, ma soprattutto il suo porto continua a fa r affluire merci ed a farle ripartire.
E’ ancora un centro di smistamento verso il continente europeo di cereali e come hanno dimostrato i nostri amici ancora un asse importante per il commercio con l’oriente spinto proprio dalla strada da e per Antiochia, l’altro caposaldo che abbiamo conosciuto all’inizio del nostro viaggio.
“Padre, credo sia venuto il momento dei saluti, abbiamo attraversato quasi tutto l’Impero venendo da oriente, abbiamo visto cose meravigliose, abbiamo avuto modo di scambiare opinioni su tutto ciò che lo scibile umano poteva presentarci, credo che ne sia valsa la pena, io ho imparato molto, e questo mi servirà anche nel futuro, il mio lavoro non mi consente distrazioni e debbo tornare a Costantinopoli, lo farò imbarcandomi con la merce che ho comprato qui ad Alessandria, il viaggio sarà sicuramente più veloce e sicuro, ma state certo che rimpiangerò le notti passate sulle alture, nel deserto, nelle oasi”
“Dobbiamo ringraziare il Dio perché c’ha permesso di poter assaporare queste gioie della vita, il nostro lavoro è duro, essenziale, senza fronzoli, ma costante, e lo possiamo fare perché la tradizione e la cultura che albeggia nelle nostre menti ci permette di superare anche momenti difficili.
Sappiamo trarre da ogni circostanza la via d’uscita migliore.
Non dimentichiamo che la società romano permette la salita alle cariche più alte anche di gente umile, gente che si fa strada appunto attraverso tutti i gradini sociali, e ciò obbliga di conoscere a fondo la società in cui viviamo.
Tu lo sai, caro mercante che coloro che umilmente sono saliti al potere e che ricoprono cariche sono prodighi di sovvenzioni per dotti e scuola per la gente comune, creando così i presupposti per un’istruzione media più elevata
Io dedicherò la mia vita da oggi a servire Iddio da solo nel silenzio dell’immensità del deserto che vedi laggiù all’orizzonte, dove tra pietre e sabbia rovente avrò modo d’incontrarlo e di continuare con Lui i discorsi che abbiamo iniziato tra noi durante il viaggio”
Finisce qui il nostro piccolo viaggio attraverso un mondo, quello mediorientale romana che pulsava indubbiamente molto in quel VI secolo, nonostante carestie, guerre di riconquista e pestilenze che avrebbero messo a dura prova anche territorio più fertili e meno aridi.
Abbiamo voluto rappresentare quattro tipologie diverse di personalità comuni sulle strade di comunicazione, ne abbiamo tralasciato altre magari più importanti, ma il nostro preciso dovere è quello di focalizzare la nostra ricerca su chi viveva la realtà quotidiana facendo parte della società attiva.
La gente si muoveva, si muoveva in continuazione lungo le direttrici che attraversavano da est ad ovest (o da ovest ad est se preferite) le regioni che non a torto vengono definite la culla dell’Umanità.
Che Roma abbia costruito intorno ad esse un Impero e che le tracce siano ancora oggi visibili e ben presenti sta a dimostrare che questa grande civiltà abbia influito in maniera inscindibile sullo scibile umano nonostante (o proprio per questo) la differenza d’etnia e il modo spesso opposto d’affrontare la vita: ma si sa, la strada unisce, difficilmente divide, la strada è di per sé la civiltà che avanza, permette a tutti d’entrare in contatto e d’instaurare rapporti umani che poi sono alla base dell’evoluzione umana.

                                

  • Bibliografia Per la parte archeologica:

  Ken Dark Bizantine Pottery , Tempus Publishing Ltd, 2001

  • Per la parte storica:

  Geoges Tate Justinien, l’épopée de l’Empire d’Orient , Libraire Athème Fayard, 2004

  Ariel Lewis Limes, la Frontiera Romana nel Deserto, Giunti Gruppo Editoriale, 1999

  Jean-Pierre Leguay La Rue au Moyen Age , Edilarge S.A., 1984

Guglielmo Cavallo L’Uomo Bizant ino , Editori Laterza, 1992

 Edouard Perroy Il Medioevo, Sansoni, 1977

  Lucine Regnault Dei Padri del Deserto , Hachette, 1990

 

  (Enrico Pantalone http://www.enricopantalone.eu ) 

 

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