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    L’Orientazione astronomica delle chiese cristiane

 

                                                                                 di

                                                                      Adriano Gaspani

                                                      I.N.A.F - Istituto Nazionale di Astrofisica

                                                   Osservatorio Astronomico di Brera - Milano

                                                               adriano.gaspani@brera.inaf.it

 

Sin dagli albori del cristianesimo era diffusa la tradizione di orientare i templi, o più in generale i luoghi di culto, verso la direzione est secondo il criterio denominato “Versus Solem Orientem” in quanto, analogamente ai pagani, anche per i cristiani la salvezza e la rinascita erano collegate alla generica direzione cardinale orientale. Gesù Cristo aveva come simbolo il Sole (Sol justitiae, Sol Invictus, Sol Salutis) e la direzione est era simbolizzata dalla croce, rappresentazione del simbolo della vittoria. La simbologia solare così direttamente collegata al Cristo richiedeva quindi un’attenta progettazione dei luoghi di culto e un’altrettanto attenta loro orientazione rispetto alle direzioni astronomiche fondamentali. Nelle Costituzioni Apostoliche (II,7) del IV e V secolo veniva raccomandato ai fedeli di pregare dirigendosi verso l’est e lo stesso celebrante durante l’”Actio Liturgica” doveva parimenti essere rivolto in quella direzione; le Costituzioni Apostoliche, pur non risalendo agli stessi Apostoli, riflettono sicuramente le usanze e le consuetudini più antiche in questo senso. Come conseguenza di tali prescrizioni, tecnicamente si rese necessario progettare e costruire le chiese orientate con l’abside verso oriente e la facciata con la porta d’ingresso in direzione occidentale rispetto al baricentro della costruzione. Una delle personalità più prestigiose che contribuì a diffondere l’idea e l’abitudine di orientare i luoghi di culto verso direzioni solari astronomicamente significative fu Gerberto D’Aurillac, noto anche come Gerberto da Reims, nato intorno nel 937 in Alvernia, nella Francia centrale, e monaco benedettino ad Aurillac e a Reims.

        

Il Papa Silvestro II (Gerberto d’Aurillac) rappresentato in una lunetta affrescata da un pittore anonimo bergamasco nel XVI sec., presente nel Chiostro Superiore del Priorato di San Giacomo Maggiore a Pontida (BG).

 Gerberto, dopo essere stato abate del Monastero di Bobbio nel 983 e poi vescovo di Ravenna, salì alla cattedra di S. Pietro nel 999 d.C. con il nome di Papa Silvestro II, ponendo fine al cosiddetto “Periodo Ferreo del Papato”. Amico di Ottone II e precettore di Ottone III di Sassonia, fu il principale artefice della conversione al Cristianesimo di Stefano I d’Ungheria garantendo vari feudi terrieri in quel paese alle abbazie benedettine. In gioventù, studiò Astronomia, Matematica e Geometria nella Spagna allora quasi interamente occupata dai Saraceni, quindi ebbe numerosi contatti con la Matematica e l’Astronomia araba che a quel tempo era molto sviluppata.

 

 

Di lui possediamo molti documenti che tra cui oltre 200 lettere scritte tra il 983 e il 997, il “Tractatus de Astrolabio” e dal 999, anno in cui salì al soglio pontificio, numerose bolle papali da lui emesse. Egli redasse anche il “Geometria” in cui riportò e descrisse un centinaio di soluzioni di vari problemi geometrici e molte loro applicazioni pratiche; soprattutto in questa opera rileviamo l’uso originale dell’astrolabio nella soluzioni di svariati problemi pratici in architettura che contribuirono alla diffusione dell’uso di questo particolare strumento ai fini di stabilire linee e proporzioni astronomicamente significative nelle chiese cristiane medioevali. Fino al 1400-1500 questo testo fu il riferimento ufficiale adottato dai progettisti e costruttori di chiese e cattedrali. In una delle sue bolle papali è raccomandato esplicitamente il criterio “Versus Solem Orientem”, che consiste nell’orientare i luoghi di culto verso la direzione del punto dell’orizzonte in cui il Sole sorge, ed in particolare il criterio “Sol Aequinoctialis”, che utilizza il punto di levata dell’astro diurno quando la sua declinazione è pari a zero, cosa che avviene solamente agli equinozi.

In realtà il concetto non era del tutto originale e M. Andrieu nel suo “Les Ordines Romani II” riporta questa consuetudine come già seguita da almeno 200 anni prima delle indicazioni di Silvestro II. Non fu però sempre così, infatti per un certo periodo, fino alla seconda metà del 400 d.C. i luoghi di culto furono costruiti con l’abside diretta verso occidente invece che verso oriente. Successivamente, appunto dalla seconda metà del 400, le orientazioni vennero invertite e le chiese furono progettate e costruite con l’abside rivolta ad oriente in modo che sia l’officiante che i fedeli pregassero rivolti nella direzione del sorgere del Sole. Durante l’VIII secolo questa abitudine si interruppe di nuovo per alcuni anni, per venir ripristinata durante i secoli successivi. Le causa di queste inversioni di tendenza non sono note, anche se gli studiosi hanno formulato alcune ipotesi plausibili.

Generalmente sono poche le chiese risalenti al periodo in cui avvennero le inversioni della direzione di orientazione sopravvissute fino ai giorni nostri e di cui sia possibile un’accurata misurazione della direzione del loro asse. Nonostante ciò, esistono illustri eccezioni, che conservano la temporanea tradizione di orientare l’abside verso occidente, esse si trovano entrambe a Roma e sono la Basilica di S. Pietro e quella di S. Giovanni in Laterano.

Nell’alto Medioevo la costruzione delle chiese, e più generalmente dei luoghi di culto cristiani, era basata su un forte simbolismo mistico: si prevedeva l’orientazione di tutta la costruzione con l’abside ad oriente, meglio ancora se l’asse coincideva con la linea equinoziale. Le ragioni per cui vennero adottati criteri astronomici sia per l’orientazione dell’asse della chiesa sia per la disposizione delle monofore praticate nell’abside maggiore e nelle absidiole laterali furono spesso dettate da esigenze mistiche e simboliche più che reali. Infatti è scritto che la Croce di Cristo fu eretta sul monte Calvario in modo da essere rivolta verso ovest, quindi i fedeli in adorazione devono essere rivolti ad est, che per antica tradizione è la zona della luce e del bene (pars familiaris) in contrapposizione con la “pars hostilis” che identifica la direzione occidentale. Per tradizione Cristo salì in cielo ad oriente dei discepoli ed è consuetudine che cosi facessero anche i Martiri. Sempre secondo la tradizione, l’aurora è il simbolo del Sole della Giustizia che si annuncia e anche il Paradiso Terrestre veniva ritenuto, dai primi cristiani, collocato genericamente ad oriente. Il Concilio di Nicea ribadì chiaramente il criterio “Vesus Solem Orientem”, spesso, sin dalla remota antichità, comune anche ai templi pagani, soprattutto greci. I padri conciliari affermarono nel 325 d.C.: «ecclesiarum situs plerimque talis erat, ut fideles facie altare versa orantes orientem solem, symbolum Christi qui est sol iustitia et lux mundi interentur» (Carolus Kozma “De Papi”, 1861).

Dal punto di vista pratico, per quanto concerne le antiche chiese costruite lungo l’arco alpino, talvolta si rilevano orientazioni tali da addensarsi intorno a valori di azimut pertinenti alle direzioni di levata del Sole ai solstizi; altre volte invece gli assi delle navate sono allineati alcuni gradi più a settentrione rispetto alla esatta direzione del punto di levata dell’astro agli equinozi all’orizzonte astronomico locale, che come abbiamo già affermato si colloca esattamente lungo la direzione cardinale est, ovvero alcune antiche chiese alpine risultano generalmente orientate verso taluni punti dell’orizzonte fisico locale, rappresentato dal profilo dell’orografia locale visto dal luogo dove sorgeva l’edificio di culto, nei quali sorgeva il Sole all’alba di un giorno compreso tra la data effettiva dell’equinozio di primavera fino a circa un mese dopo di esso. La spiegazione più razionale di questa deviazione rispetto alla pura ed esatta direzione equinoziale (azimut astronomico pari a 90°), tanto raccomandata ad esempio negli scritti di Guglielmo Dorando da Mende, vescovo del XIII secolo contro, appunto, gli allineamenti solstiziali: «...Debet quoque (ecclesia) sic fundari, ut caput inspiciat versus Orientem... videlicet versum ortum solis, ad denotandum, quod ecclesia quae in terris militat, temperare se debet aequanimiter in prosperis, et in adversis; et not versus solstitialem, ut faciunt quidam», è dovuta alla consuetudine, talvolta seguita, di celebrare solennemente il rito di fondazione del luogo sacro all’alba del giorno di Pasqua. In quel giorno il punto di levata del Sole all’orizzonte naturale locale definiva solennemente la direzione verso cui l’asse della chiesa doveva essere diretto e verso cui l’abside doveva essere costruita.

A questo proposito è interessante ricordare quale fosse la procedura pratica normalmente seguita dagli architetti medioevali qualora fosse stata loro commissionata la progettazione di un luogo di culto cristiano.

Nel Medioevo le chiese erano generalmente progettate a forma di croce con l’abside orientata ad est. L’ingresso principale era quindi posizionato sul lato occidentale, in corrispondenza dei piedi della croce, in modo che i fedeli entrati nell’edificio camminassero verso oriente simboleggiando l’ascesa di Cristo sulla Croce. La direzione orientale corrisponde a quel segmento di orizzonte locale in cui i corpi celesti sorgono analogamente, dal punto di vista simbolico, alla stella della nascita di Cristo, nota come “la stella dell’est”. Le chiese dovevano assolvere agli aspetti puramente liturgici quindi le istruzioni che venivano date agli architetti in fase di progettazione si basavano su tutta una serie di indicazioni tratte dalla simbologia liturgica della religione cristiana. Era poi l’architetto ad impiegare Matematica, Geometria e Astronomia al fine di esprimere simbolicamente la funzione liturgica del culto. Il significato metaforico era notevole, infatti la cupola stava sovente a rappresentare la volta del cielo, mentre l’altare simboleggiava la cima della croce di Cristo, posta sulla montagna sacra: il Calvario. L’architetto sfruttava le proprie cognizioni di Astronomia di posizione per ricavare, mediante osservazioni, calcoli e costruzioni geometriche, la direzione di orientazione più opportuna per verificare le specifiche simboliche richieste dai committenti. L’Astronomia però era solo un mezzo per esprimere le funzioni liturgiche e simboliche del monumento.

Ma perché l’Astronomia fu così presente nell’architettura sacra cristiana durante il Medioevo?

È noto e ben documentato come il solstizio invernale abbia rappresentato, durante l’anno, un momento importante presso quasi tutte le popolazioni antiche, anche al di fuori dell’Europa, tanto da essere commemorato con una festa rituale che prevedeva tutta una serie di riti propiziatori atti ad onorare il Sole e a favorire il ritorno della bella stagione. Il moto apparente del punto di levata del Sole all’orizzonte locale in direzione sud, il suo rallentamento durante i giorni che precedono di poco il solstizio invernale, l’inversione della direzione del moto apparente ed il conseguente progressivo allungamento delle giornate erano un chiaro sintomo che la stagione invernale sarebbe presto terminata e con essa le difficoltà di sopravvivenza. Era il momento della “rinascita del Sole”. Anche la Cristianità fece proprio questo concetto e, secondo le scritture, la nascita di Gesù venne stabilita essere avvenuta proprio in vicinanza della data del Solstizio di Inverno, mentre il suo concepimento fu posto in prossimità dell’equinozio di primavera e la ricorrenza dell’Annunciazione o Incarnazione (25 Marzo) ne celebrava il significato simbolico e liturgico. La conseguenza rituale è che ancora oggi la direzione della levata del Sole al solstizio d’inverno corrisponde grosso modo al sorgere del Sole nel giorno della festa solstiziale cristiana per eccellenza, cioè il Natale. Dopo aver accennato al significato rituale della direzione solstiziale, vediamo ora di mettere in evidenza i significati mistici associati alla direzione equinoziale, soprattutto quella primaverile. Questa direzione potrebbe essere correlata con la data della Pasqua che, come è noto, si celebra la domenica più vicina al primo plenilunio dopo l’equinozio di primavera. Essendo, però la data della Pasqua mobile rispetto alla data dell’equinozio a causa dei vincoli lunari, l’orientazione in accordo con la posizione del Sole nascente a Pasqua non poteva essere codificata in maniera fissa. Siccome la data della Pasqua può oscillare entro grosso modo 30 giorni oltre l’equinozio di primavera, cioè 1 mese sinodico lunare (29,5306 giorni), la differenza di orientazione rispetto alla linea equinoziale può arrivare fino a circa 18° a nord dell’est. Questo significa che orientazioni comprese tra i 72° e i 90° potrebbero essere correlate con la posizione del sorgere del Sole il giorno di Pasqua dell’anno di fondazione della chiesa.

A causa dell’oscillazione della data della Pasqua rispetto all’equinozio di primavera, il Sole può percorrere sulle Sfera Celeste differenti traiettorie che lo portano a sorgere in un intervallo di azimut astronomico compreso tra 90° (Equinozio di Primavera) e 72° (limite massimo per la Pasqua bassa) che grosso modo corrisponde al 25 Aprile. 

Oltre alla direzione del sorgere del Sole a Pasqua esistono anche altri significati mistici che la Chiesa antica collegò alla direzione equinoziale. Tale direzione era correlata anche con la data della ricorrenza detta dell’Incarnazione (o Annunciazione) festeggiata il 25 Marzo, che fino al Concilio di Nicea (325 d.C.), presieduto dall’imperatore romano Costantino il Grande, era ritenuto essere la data dell’equinozio di primavera, in accordo con il calendario giuliano allora ufficialmente accettato dalla Chiesa di Roma.

 

                                 

Distribuzione della declinazione del Sole calcolata per le 1175 date della domenica di Pasqua dal Concilio di Nicea (325 d.C.) fino all’anno 1500.

Dal punto di vista astronomico la data equinoziale corretta era invece il 20 Marzo (alle ore 11:54 di Tempo Universale), la data del 25 Marzo era corretta al tempo di Giulio Cesare, ma il problema sarebbe stato risolto solamente nel 1582 con la riforma gregoriana del calendario. Nel 1001 d.C. la data astronomica dell’equinozio cadde il 15 Marzo, nel 1401 il 12 del mese e dopo la riforma si passò per decreto papale al 21 Marzo. I quattro giorni di differenza tra il 21 e il 25 implicavano circa 3 gradi di errore sistematico nella definizione della corretta direzione della linea equinoziale qualora l’architetto incaricato della costruzione avesse deciso di orientare l’asse della chiesa osservando la direzione del Sole nascente all’alba del giorno dell’equinozio di primavera indicato dal calendario, senza eseguire alcuna rilevazione astronomica sperimentale della corretta direzione equinoziale.

Alla luce di questi fatti è quindi importante cercare di capire come i criteri suggeriti da Gerberto d’Aurillac e dalle usanze più antiche furono messi in pratica dagli architetti e dai progettisti dei luoghi di culto dal Medioevo. L’orientazione rigorosa di una costruzione lungo la direzione equinoziale era, dal punto di vista operativo, un problema di non facile soluzione. La metodologia più moderna disponibile durante il Medioevo è quanto riportato dal “Geometria” di Gerberto d’Aurillac oppure nel “De Architettura” di Vitruvio o nel “De limitibus constituendi” di Igino il Gromatico o addirittura nella “Naturalis Historia” di Plinio il Vecchio e le necessarie conoscenze astronomiche erano per lo più bagaglio culturale degli esponenti del clero sia monastico che secolare. In realtà, durante il Medioevo l’orientazione equinoziale dei luoghi di culto era fortemente consigliata, ma non era precetto da rispettarsi in maniera rigida e dogmatica, quindi esistono chiese con orientazione differente da quella prevista dal criterio “Sol Aequinoctialis”, ma generalmente, salvo qualche caso per la verità molto interessante, l’orientazione rimaneva coerente con il criterio “ad Solem Orientem”.

Inizialmente era necessario disporre di una semplice, ma efficiente, strumentazione atta ad individuare la direzione cercata, in secondo luogo era richiesta l’applicazione di un procedura di lavoro, basata su semplici ed elementari cognizioni di Geometria e di Astronomia di posizione, ma capace di condurre a risultati corretti, ed infine erano richieste una o più persone capaci di portare a termine l’operazione in maniera sufficientemente accurata, essendo nel contempo capaci di eseguire le osservazioni astronomiche necessarie ad acquisire i riferimenti basilari per la corretta esecuzione del loro lavoro.

Come abbiamo detto, durante il medioevo l’edificazione di una chiesa doveva soggiacere a regole ben precise di orientazione del suo asse ingresso-abside, ma anche nello stabilire il periodo in cui il rito di fondazione doveva essere celebrato.

Guido Bonatti da Forlì, matematico, astronomo e astrologo attivo a Parigi durante il XIII secolo, nel suo “Decem continens tractatus astronomiae”, di cui si dispone di un’edizione pubblicata a Venezia nel 1506, mette in evidenza che le chiese, essendo centri di potere divino, dovevano essere innalzate secondo scrupolose regole rituali seguendo il corso dei cieli e che dovevano essere edificate quando si verificano talune congiunzioni astrali favorevoli. In particolare l’epoca di fondazione delle chiese era scelta in accordo con la levata all’orizzonte, per la prima volta durante l’anno, delle stelle della costellazione dell’Ariete, quindi il periodo scelto era di poco successivo all’equinozio di primavera ed era in accordo con le regole astronomiche della celebrazione della Pasqua cristiana. La ragione non era solo mistica, ma rispondeva anche a due esigenze pratiche ben precise, la prima delle quali era rappresentata dal fatto che quello era il periodo in cui il gelo e le piogge invernali cessavano ed il terreno diventava più morbido consentendo agli operai di lavorare agevolmente, l’altra era di avere a disposizione un lungo periodo di tempo, fino al successivo inverno, per portare a termine i lavori di edilizia, in modo tale che la costruzione potesse essere completata o quasi prima dell’arrivo della brutta stagione.

Talvolta anche l’anno in cui i lavori dovevano iniziare era scelto con cura in funzione di particolari eventi astronomici favorevoli ai quali gli astrologi attribuivano grande significato.

Nel 1406, Jean Ganivet scriveva: « Si velis aedificare aedificium duraturum, considera in fundazione stallas fixas in primario et conferas eis planetas benevolos » (Jean Ganivet, “Coeli enarrant”, Lione 1406) « Se vuoi edificare un edificio durevole, nella fondazione osserva primariamente le stelle fisse e paragona ad esse i pianeti benevoli». Quindi non solo la levata eliaca delle stelle dell’Ariete definiva il periodo stagionale più favorevole, ma le posizioni planetarie, soprattutto quelle di Marte e Giove, nelle costellazioni zodiacali stabilivano gli anni più adatti per l’edificazione degli edifici sacri, soprattutto quelli di rilevante importanza.

La conseguenza è che nessuno dei luoghi di culto medioevali sorse secondo criteri casuali, ma ciascuno venne edificato seguendo i canoni costruttivi e soprattutto di orientazione, che ribadivano la tradizione diffusa di orientare i templi o più in generale i luoghi di culto verso la direzione cardinale est (Versus Solem Orientem) ed in particolare verso il punto di levata del Sole agli equinozi (Sol Aequinoctialis). La rigorosità nell’orientazione è un elemento che però andò decadendo nel tempo, attraverso i secoli.

L’analisi dell’orientazione degli assi dei luoghi di culto medioevali presenti lungo l’arco alpino, rispetto alla direzione del meridiano astronomico locale, ha messo in evidenza una correlazione tra la data di edificazione della chiesa e l’ampiezza della distribuzione delle orientazioni rilevate sperimentalmente. Le chiese costruite prima del 1500 sono caratterizzate da una orientazione molto accurata, mentre da 1500 in poi, fino al 1700, l’orientazione diviene meno precisa fino ad arrivare al 1700 epoca dalla quale in poi i luoghi di culto tendono ad essere orientati in maniera quasi casuale. Questo è evidente soprattutto nei borghi, mentre le chiese isolate nelle vallate rimangono ancora abbastanza ben orientate anche nel XVIII secolo. La spiegazione di questo fatto è abbastanza intuitiva. Prima del 1500, non essendo diffuso in architettura l’uso della bussola, era necessario utilizzare le osservazioni astronomiche per determinare le linee equinoziale e meridiana. Successivamente l’uso della bussola produsse chiese orientate secondo la direzione del punto cardinale est magnetico che differiva in maniera variabile nel tempo dall’est astronomico a causa della declinazione magnetica locale e della sua variazione; tali discrepanze possono essere attualmente misurate e i moderni computer consentono di ricostruire le direzioni astronomiche fondamentali per un certo luogo, nei tempi passati. Nonostante la minor cura che l’uso della bussola richiedeva per allineare i costruendi edifici di culto, l’orientazione astronomica secondo il criterio “Ab Solem Orientem” era ancora importante per gli ecclesiastici tanto che negli atti delle visite pastorali del Card. Federico Borromeo (1606) al folio 353v del vol. 16 ADSM si legge “Ecclesia Praedicta Orientem Spectat” in realazione alla pieve di Porlezza (CO).

 (Autore:Adriano Gaspani)

 

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