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                                                                 (di Alessio Varisco)

 UN ANTICO CULTO

Il Santuario Nostra Signora di Oropa

1
. Le Madonne Nere piemontesi, un antico culto


1.0 Premessa

La venerazione della “Madonna Nera”, secondo l’agiografia, nelle terre dell’Italia subalpina occidentale fu diffusa da Sant’Eusebio, che nel III secolo di ritorno dalla Terra Santa avrebbe portato con sé due sculture e un ritratto della Vergine eseguiti dall’ evangelista Luca. Sant’Eusebio avrebbe così lasciato una delle statue a Oropa e l’altra a Crea.

Il culto della Madonna Nera è diffuso in molte aree europee e alla sua origine ci sarebbe l’uso, da parte delle prime comunità cristiane, di statue di divinità egizie in ebano o dipinte, che venivano “riciclate” come immagini della Madonna. 

1.1 Eusebio e le Madonne nere delle Alpi

Accade di imbattersi visitando i santuari mariani alpini in una particolare effigie della Beatissima Vergine contraddistinta da un anomalo colore: il nero. Una singolarità che trova radici lontane le cui peculiarità sono a tutt’oggi oggetto di dibattimento tra gli studiosi. 

Nel mondo cristiano si trovano circa quattrocentocinquanta immagini della Madonna Nera, senza calcolare quelle africane; vengono generalmente dette “nere” anche se il loro colore può essere semplicemente bruno, o grigio scuro. Studi scientifici sull’argomento sono infrequenti e in genere vengono limitate con una giustificazione un po’ troppo riduttiva, ma assai frequente, “Vergini con caratteristiche orientali”. In taluni casi sono state segnate come effigi che all’inizio erano biancastre e che divennero scure in seguito al nero fumo delle candele; molti ricercatori, invece, sono unanimi nell’indicare una connessione tra le “Madonne Nere” e le divinità pagane femminili, di cui frequentemente hanno raccolto diversi peculiarità sul piano iconografico che dimostrerebbero queste unioni misteriose fra effigi pagane poi –forse- cristianizzate. Paradigmatico è il riutilizzo, nell’Egitto cristiano ora copto, di statue di Iside con Horus, cristianizzate con l’immissione del simbolo della Croce.

Nelle Alpi secondo la tradizione si addita Sant’Eusebio come il patrocinatore del culto della Madonna Nera, notizia questa che affonda le sue radici nella leggenda. Eusebio, nella prima metà del IV secolo, arrivò in Italia, dapprima passando per la Sardegna e poi in Roma; nell’Urbe fu deputato a leggere le Sacre Scritture nel corso delle funzioni pubbliche. Il santo fu consacrato vescovo intorno al 350, stando alla “Vita Antiqua” -una sua biografia elaborata tra l’VIII e il IX secolo, non sprovvista di insinuazioni apocrife. Fece il suo ingresso a Vercelli quale Vescovo, in una città stimata “splendida” dalle cronache, ma devastata dall’eresia ariana; similmente a quanto troverà Sant’Ambrogio in Milano qualche anno più tardi.

Tra le “fonti certe” su Sant’Eusebio vanno richiamate alla mente le tre lettere scritte dal vescovo, il cui argomento è valutato rilevante per la ricostruzione della sua biografia. In particolare una lettera spedita a Costanzo II in risposta a quella dell’imperatore, in cui di fatto era inserito l’ordine di presenziare al Concilio di Milano; la seconda missiva fu inviata a Gregorio di Elvia, vescovo della Spagna Betica mentre la terza composta durante l’esilio a Scitopoli. Per apprendere le motivazioni dell’esilio si deve tornare indietro all’ordinazione di Dionisio -voluta da Eusebio quale vescovo di Milano- in sostituzione dell’ariano Massenzio. L’opzione, però, non fu accettata dall’imperatore che, molto prossimo alle idee eretiche ariane, dispose un concilio a Milano per trattare le scelte eusebiane. Un Concilio venuto alla luce già impuro, ed Eusebio se ne rese subito conto, che più volte negò la sua partecipazione. Alla fine però fu obbligato a prenderne parte. Quando Sant’Eusebio venne a Milano trovò che l’Arianesimo aveva ormai trascinato via gli animi di quasi tutti gli aderenti. Eusebio comunque rigetto la sottoscrizione di professione di fede ariana, invitò i vescovi intervenuti a elaborarne un’ulteriore in linea con le idee cattoliche. La memoria narra che il foglio con la professione si infiammò portentosamente creando un certo sbigottimento tra i presenti. Malgrado ciò Eusebio, con il papa Liberio e i Vescovi Dionisio e Lucifero vengono esiliati. L’Arianesimo vinse così una battaglia sul cattolicesimo nell’Italia di quegli anni. Il vescovo vercellese fu prima spedito a Scitopoli, poi in Cappadocia e quindi in Egitto (360-361). Eusebio fu poi prosciolto con Lucifero grazie all’Editto di Giuliano l’Apostata (361-363), successore di Costanzo II (361), i due insieme, giunsero ad Alessandria e poi a Vercelli.

Ed è a questo punto che nella “tradizione storica” si innesta una tarsia apocrifa, che vedrebbe il vescovo sardo vittima di una riondata dell’Arianesimo durante l’impero di Valente. In realtà le cose si mossero differentemente. Eusebio, dopo il rientro in Piemonte, fronteggiò una prolungata serie di viaggi in Oriente per più volte. Sant’Eusebio ormai anziano morì il primo agosto 371, segnato nel corpo e nello spirito dalle abbondanti afflizioni cagionate dai propugnatori di un’eresia che determinò discordie destinate a non scovare mai un totale riavvicinamento.


2. Il Santuario Nostra Signora di Oropa

Un sacro monte nel biellese







2.0. Il mondo trasfigurato di Oropa 

A pochi passi da Biella sorge il Santuario della Madonna di Oropa. Poco distante dalla Valle del Cervo che qualche anno fa ha prodotto non pochi problemi per l’esondazione dell’omonimo fiume, si colloca la bella cornice del santuario mariano.

Oropa ed il suo Sacro Monte, una serie di edicole che ripercorrono la vita del Cristo. Risulta difficilissimo consegnare con poche righe la benché minima idea di cosa sia l’intero complesso di Oropa. 

Già perché non si tratta di una sola chiesa, di una struttura semplice, di un semplice culto, di una pietà devozionali… non è cosa facile descriverla sommariamente. Qualcuno ha parafrasato le parole del Maestro che alla domanda «Maestro dove abiti?» Lui rispose «venite e vedrete»! Oropa deve essere vista. Scoperta. Vissuta. Solo così potrà essere amata e compresa appieno. 

I fratelli della Confraternita ci consigliano di scoprire Oropa di sera, quando le luci fanno brillare il chiostro, deserto, e si percepisce che quello non è un luogo come tutti gli altri. 

Oropa racchiude in sé molti luoghi: gli spazi aperti, i porticati, le architetture di gusto sabaudo. Il pellegrino amante dei monti non può resistere al richiamo forte della Vergine Bruna che da sempre è lì ad attenderlo, fiduciosa e rincuorante, ed è normale dopo essersi avvicinati alla Maestà di Dio nella natura delle alpi biellesi andare a rendere omaggio a Lei, che da sempre è patrona speciale di quanti amano i monti e la riconoscono la Madre di Dio, la Vergine dei Monti, la Signora di Oropa. 

Il complesso del Santuario mariano di Oropa è un luogo che accoglie il pellegrino che è alla ricerca di un senso da dare alla propria vita. È nel silenzio che accadono le grandi cose: l’Angelo porta la notizia che qualcosa di grande sta capitando in una stalla, il sepolcro rimane vuoto, che Dio tocca il cuore dell'Umanità e lo apre al mistero di Salvezza e pace. 


La Madonna è anche dispensatrice , maternamente, di sollievo quale la sua figura e vocazione autorevolmente le consente di elargire magnanima Grazie a noi che accorriamo fiduciosi. Capita di vedere –non di rado- una folla brulicante accalcarsi fuori, nei cortili, e sfilare poi sofferente, di una sofferenza materiale (molti malati si affidano alle Sue cure) e spirituale, che davanti alla statua della Vergine bruna si zittisce e pare voler assecondare quel «venite voi tutti che siete affaticati ed oppressi ed io vi ristorerò». Ecco un primo miracolo: lì in un semplice spazio fisico, a tu per tu con Colei che ha tanto sofferto, Lei una madre che si vede strappato un figlio, ecco che Lei, donna –creatura umana- e Madre di Dio capisce cosa è la nostra sofferenza, cosa vuol dire il patire. E il suo sacello pare diffondere la voce di chi soffre che si volge la sua voce a Dio. Ed il miracolo della fede si compie, nel silenzio, mentre fuori nei mesi estivi e nei giorni di festa una ressa di gente accalcata sui tavolini dei bar del prospiciente cortili comodamente stanno al sole. 

Arrivando ad Oropa non si può restare increduli. Anche se pare tutt’oggi una fabbrica -sono in corso dei lavori di restauro che proseguiranno per tutto il 2005 sino al 2006 di adeguamento del piazzale della Nuova Chiesa Superiore, del primo cortile e di attrezzamento di un’adeguata area attrezzata per i camper in idonea posizione-, anche se il servizio di accoglienza, l’ufficio entrando il maestoso cancello del Santuario è subito a destra, si coglie un’aria nuova. Coppie giovani con i loro bambini, nonni e singoli, gruppi turistici che desiderano star vicino alla loro Mamma Celeste. 

Ma ciò che rende increduli è l’atteggiamento esteriore del pellegrino che giunge ad Oropa: più sereni, gioiosi e ridenti. Trasfigurati. 

Non è solo la rarefazione dell’aria, si accede alla Sacra Area del complesso della Beatissima Vergine di Oropa a 1120 metri sul livello del mare ed il dislivello è di un centinaio di metri. L’area dal punto di vista geologico sorge su di una conca formatasi dalla lingua di un ghiacciaio che la creò ritirandosi dall’era glaciale. Le montagne la “incastonano”, quale perla preziosa, nel panorama generale. Ma non è solo l’amenità, la particolarità del territorio, le specie animali e vegetali. È l’insieme. Ma su tutti quella statua che attira migliaia di fedeli ogni anno, che depongono le loro intenzioni ed ascendono a questo monte, divenuto Santo ed emblematico, e per fede, e per devozione, e per incondizionato amore a Maria.



Oropa apre le sue braccia, in quei doppi cortili porticati, e si fa luogo dell'incontro, della convivialità. Dell’incontro con Dio che parla attraverso i piccoli che corrono alla zampillante fontana e beatamente rumoreggia –quasi sommessamente per reverenza a quel Qualcosa di presente, ma Invisibile-, i dolenti si rianimano di speranze, i genitori spiegano, gli anziani si siedono e guardano il paesaggio. Nelle giornate terse, quasi sempre, si scorge l’area del biellese che si sviluppa là sotto nella piana -adagiata mollemente ai piedi di Oropa e si capisce l’affetto della gente di Biella e dell’area circonvicina- verso l’orizzonte sembra un mare… è una visione struggente che può ricondurre ancor più a riflettere su Dio e sul mistero della Madre di Dio quivi contenuta. 

Oropa è sicuramente un luogo per ritrovare se stessi e le proprie origini, per dare un senso alla propria vita. Un luogo in cui sostare. Un luogo in cui pensare silenziosamente, riflettere, pregare, amare e riscoprire Dio. 

La sensazione ultima, al di là dei segni che possono riportarci al quotidiano, è certamente una riflessione che qui ad Oropa il tempo pare essersi fermato. 

E non è scontato fermarsi allora davanti ad una Vergine Bruna. 

In quel suo abbracciare il Bimbo vi è tutta la sua predisposizione ad “accoglierci”. 

In quell’amore che da sempre e per sempre continua a ripetere al mondo che lì fra le sue braccia si può toccare e vedere un’umanità bisognosa alla ricerca di un Dio che si condivide nello spazio della storia con l’Umanità passando come dice il “Te Deum”, attribuito ad Ambrogio, «non horruisti virginis uterum». È questa la speranza: chiedere a Maria, ponte nuovo nella storia dell’umanità e della Salvezza, un’intercessione al Padre per mezzo del Figlio suo.

(Prof. ALESSIO VARISCO   

Storico dell'arte, antropologo

http://www.alessiovarisco.it

 

Credits (per le foto):

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                                                               giugno 2007