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                 Clanezzo, crocevia di frontiera

                                                                                         (di Alessandra Facchinetti)

  

 

L'ambito territoriale in cui si colloca l'abitato di Clanezzo, angolo di rilevante significato storico e architettonico posto alla confluenza tra le valli Brembilla, Imagna e Brembana, vanta una storia millenaria ricca di valori e di preziose testimonianze documentarie, che risalgono alle epoche più lontane della storia brembana.

Una nutrita serie di motivazioni di ordine geografico, politico, culturale ed economico, causa dei numerosi cambiamenti che si sono nel tempo avvicendati, hanno reso quest'area interessante sotto molteplici aspetti. In virtù delle particolari carattristiche geografiche del sito, idealmente protetto dalle barriere idro-orografiche circostanti, costituendosi quindi come caposaldo strategico per il controllo della zona tra la Valle Brembana e la Valle Imagna, il territorio di Clanezzo fu a lungo conteso e difeso nei secoli.

Tuttavia, la collocazione in posizione isolata rispetto ai territori circostanti,  ha creato la necessità per Clanezzo di sviluppare comode e veloci vie di comunicazione ed in particolare i collegamenti con la sponda sinistra del Brembo, dove scorreva l'arteria commerciale della Valle Brembana.

Un isolamento che nel corso dei secoli ha notevolmente influenzato le attività e la vita sociale del paese. 

Le iniziative e le imprese che nel passato interessarono quest'area economicamente fiorente, con le sue opere architettoniche e di ingegneria tutt'ora conservate lungo l'antico percorso che si svolge sul tratto terminale del torrente Imagna, rappresentano una testimonianza unitaria di quanto sia avvenuto in questi luoghi, a causa e conseguentemente all'evoluzione politica, economica e sociale della comunità.

 

Non si conosce molto sulle origini dei due nuclei di Ubiale Clanezzo; probabilmente Clanezzo, “polo” di valle del comune a cui appartiene, costituisce il centro più antico: sviluppatosi attorno al Castello fattovi costruire da Attone Leuco, conte di Almenno San Salvatore, svolse un ruolo strategico fondamentale per il controllo della zona tra la Valle Brembana e la Valle Imagna. Il toponimo Ubiale è collegato certamente al monte Ubione, che sovrasta l'abitato, anticamente noto come Brembilla Vecchia. Più incerta è l'etimologia di Clanezzo, forse derivante dal latino medievale Clunetium (1).

Clanezzo è ubicato in un'area territoriale favorevole al sorgere di insediamenti umani sin dai tempi più remoti, che ne han fatto un "giacimento" preistorico e antropologico di enorme interesse per gli studiosi della materia. Lungo il corso del Brembo gli scavi hanno portato alla luce reperti di origine protostorica (fino al XII sec. a.C.) e celtica, ritenuti numericamente rilevanti e ben organizzati, che testimoniano la frequentazione di tutta l'area all'imbocco delle valli Brembana e Imagna (2).

Risale alla prima età del Ferro, il ritrovamento sulla collina di Duno di un'"oppidum" di origine celtica noto come il Dunum di Clanezzo, riconducibile alla cultura Golasecchiana e alla stirpe degli Orobi, oggetto di accurati studi di archeoastronomia da parte del Professor Adriano Gaspani

In alcune località sono venuti alla luce resti riconducibili sia al periodo preistorico e sia romano e medioevale, come in località Büs o Tamba di Cornei, o come in località Buco di Costa Cavallina, dove sono state ritrovate una  Grotta con un deposito paleolitico (con i più antichi reperti umani risalenti al XII millennio a.C.), una sepoltura del Bronzo Finale e resti romani.

In località Castello sono riaffiorati un insediamento risalente al neolitico ed uno al Bronzo Finale. In località Bondo sono stati rinvenuti un insediamento preistorico riferibile all'eta' del Bronzo, nonchè uno risalente alla I eta' del Ferro, con preesistenze forse nel Neolitico. Reperti indicatori di frequentazione preistorica sono stati ritrovati in località Monte Ubione, Büs  di Laür.

Anche i Romani dunque, che per circa quattro secoli dominarono sull'Alta Italia e l'Europa, misero gli occhi sul ridente e assolato pianoro disteso alle pendici del Monte Ubione, dove alla confluenza tra il torrente Imagna e il fiume Brembo, la Val Brembilla si divide dalla Valle Imagna: i quattro secoli di dominazione romana nella zona sono attestati, come detto, da tracce vistose sparse nella zona lungo le rive del Brembo.

E' logico pensare che lo sviluppo dei primi nuclei abitativi d'epoca romana, sia stato reso possibile grazie all'esistenza di vie di comunicazione che collegassero Clanezzo a quello che all'epoca era il principale centro amministrativo della zona, Lemine (l'attuale zona degli Almenni). Da Lemine, l'accesso a Clanezzo poteva avvenire raggiungendo la riva destra del Brembo attraverso il Ponte della Regina (l'opera più rilevante di questo periodo, posta lungo la via militare Bergomum-Comum),  passando quindi per Ubiale dove, il ritrovamento di una tomba romana nei pressi del "Ponte della Sposa" (lungo la mulattiera che da Clanezzo porta ad Ubiale), fa appunto supporre che gli insediamenti romani si spingessero fino a Zogno e che una strada, passando per Ubiale, li collegasse ad Almenno.

Depositi e resti romani sono stati rinvenuti anche in località Büs o Tamba di Cornei e nella Grotta ubicata in località Buco di Costa Cavallina, già sedi di ritrovamenti preistorici, in quest'ultima località risalenti sino al Paleolitico, mentre una menzione a parte merita la parrocchiale di San Gottardo Vescovo in Clanezzo (3) dove, durante il riadattamento del 1881, furono trovate,  nella parte posteriore del coro, tombe di epoca altomedioevale, quadrate e chiuse da tegoloni contenenti fittili, ossa calcinate e una borchietta metallica ornata d'aggeminature.   

Fu quindi in virtù delle particolari carattristiche geografiche che Clanezzo, idealmente protetto dalle barriere idro-orografiche del sito, si costituì come caposaldo strategico per il controllo della zona tra la Valle Brembana e la Valle Imagna e, in quanto tale, da difendere e difeso nei secoli: risale al X secolo, ed è sicuramente testimoniata nell’XI, la realizzazione dell'imponente ponte che si affaccia sul torrente Imagna, il Ponte di Attone, struttura in pietra ad arcata unica detta a "schiena d'asino", eretto per unire il Castello dei conti di Lecco e le Valli Brembilla e Brembana alla Valle Imagna, nonchè per tenere in comunicazione la Valle con la rocca di Ubione, che sovrasta l'abitato di Clanezzo.

 

 FOTO 1 - Il Ponte di Attone, presso l'edificio cinquecentesco del maglio, che sorge sul torrente Imagna

 

Il Ponte di Attone, per lunghissimi anni costituì l'unica via di accesso alla valle da questo lato del fiume, fra Clanezzo e il territorio di Almenno San Salvatore, costituendo un momento di collegamento anche tra gli stati che potevano essere tra loro belligeranti.

Il ponte sull'Imagna venne edificato quando il territorio di Lemine, non più corte regia longobarda, era divenuto possedimento della contea di Lecco (4).

Ultimo conte franco a tenere il possesso di Lecco e Lemine fu Attone di Guiberto (957-975), a cui si apparteneva anche la roccaforte sulla vetta del Monte Ubione.

 

 

 FOTO 2 - Il castello di Attone Leuco in un particolare della "Carte militaire du moyen age rappresentant le theatre de la guerre". Dipinto a colori su pelle (cm 40x56), prima metà del sec. XV. Biblioteca Nazionale di Parigi (Gritti, 1997)

 

Costruzione che, successivamente ampliata, assunse una tale importanza per il territorio, che il Vescovo di Bergamo, nel 1220, dopo una lunga controversia con il comune di Almenno (che esercitò il potere politico sull'intera area della Brembilla o Brembilla Vecchia fino al 1443), cedette alcuni diritti al comune, ma riservò per sè il monte Ubione con la sua rocca.

FOTO 3 - Il ponte in pietra di Attone costituisce una particolare testimonianza romanica di capacità costruttiva e sintesi delle grandi conoscenze del passato

La via in acciottolato, che scende al Brembo e poi risale sull'Imagna, ora passeggiata romantica, ha dunque una vita millenaria: fu passaggio obbligato per mercanti e viandanti e si attestava davanti alla Dogana posta al confine tra la Serenissima e il Ducato di Milano.

 

 FOTO 4 -Scendendo lungo il percorso acciottolato, laddove la strada si biforca, si prosegue verso il torrente Imagna. Si raggiunge così il tracciato di una importante antica strada che metteva in comunicazione territori indipendenti; non appena doppiato il ponte infatti, si erge una robusta torre quadrata d'epoca  Veneta che svolgeva la funzione di Dogana

 

Il passaggio era sorvegliato - tuttora sopravvivono i resti delle strutture che chiudevano il passaggio sul ponte - e fu luogo di numerosi scontri in epoca comunale. 

Dal 1296 e per più di un secolo le valli bergamasche, unitamente alla città e al contado, cominciarono ad essere teatro di acerrime lotte fratricide delle opposte fazioni di Guelfi e Ghibellini (5).

Nel corso del XIV secolo numerosi furono gli scontri fra i ghibellini brembillesi di Clanezzo (sostenitori dei Visconti) e i guelfi della Valle Imagna (che parteggiavano per Venezia), per il controllo dei presidi naturali e delle roccaforti del Monte Ubione e di Clanezzo, caposaldi strategici posti al crocevia di un territorio lungo il quale nel medioevo si snodava un'importante via commerciale verso la Valtellina (preesistente alla Priula), allora sotto il governo dei Grigioni, e la Svizzera.

Forti di un maggior numero di uomini e fortificazioni, difesi dalla natura del luogo e legittimati dalla prepotenza dei Visconti, i temuti signori di quelle terre, i ghibellini della Brembilla capitanati dai Carminati (6) e dai Dalmasano (fra questi ultimi vi furono Unguerrando e Beltramo), asserragliati rispettivamente negli ormai divenuti imponenti manieri del monte Ubionedi Clanezzo, dominavano saldamente sulla Valle Brembilla e sulla rivale Imagna, commettendo impunemente sulle contrade nemiche le più crudeli rappresaglie, causando devastazioni territoriali  che perdurarono fino ai provvedimenti drastici attuati da Venezia.

Si narra che dal maniero sul monte Ubione, "nido di umani avvoltoi “, i ghibellini scendessero a valle a depredare i paesi di fede guelfa. Le cronache raccontano che Barnabò Visconti nel 1360 vi manteneva un castellano, 17 soldati e due cani. 

 

 

 Insediamenti e appartenenza fazionaria* 

FOTO 5 - Le valli Brembilla, la Brembana e il Taleggio erano ghibelline, come Almenno inferiore e Villa d'Almè; mentre l'Imagna, San Martino, insieme ad Almenno superiore e Gerosa erano guelfe. Quest'ultima fazione considerava il Papa come proprio capo, mentre al contrario i Ghibellini ritenevano che fosse l'imperatore di Germania

  

Protagonisti dei principali eventi che riguardarono le contrade limitrofe e contesi fra le due fazioni, i castelli posti in Clanezzo e sul monte Ubione, cominciano a diventare teatro di sanguinose leggende e ad adombrarsi di un alone di mistero, alimentato dall'inaccessibilità del luogo e dalla terribile fama di cui godevano i proprietari, di cui ancora un eco sopravvive nella memoria e nelle tradizioni della valle.

 

 FOTO 6 - La suggestiva e traballante passerella sospesa sul Brembo offre una splendida vista sulla dogana, sul Ponte di Attone e, a monte, sull’ingresso della Valle Brembana 

 

Le cronache del tempo, di cui sono state riportate versioni alquanto distorte e contraddittorie, narrano che nella seconda metà del '300, quando ovunque divampavano le lotte fra guelfi e ghibellini, queste si traducevano in atti di inaudita ferocia elencati come “homicidi, percosse, ferite, incendii, rubarie, iniurie, villanie, adulterii, stupri, violentie, invasioni delle cose e delle terre, saccheggiamenti”. Si racconta che il signore del castello di Clanezzo Enguerrando Dalmasano, feroce ghibellino venuto in possesso anche del castello sul Monte Ubione, “scendea ruinoso con le sue masnade come irreparabile torrente, recando incendio e ruina or in questa or in quella terra nemica. E solo per la gioia di depredare i guelfi quell’anima feroce diguazzava”. E ciò finché Pinamonte de Pellegrini da Capizzone organizzò la rivolta. 

Dalmasano stava preparando scorrerie e saccheggi a Mazzoleni. Le spie di Pinamonte lo informarono di un movimento inusuale di militi armati. Pinamonte accese un falò sulla vetta di Valnera, uno sulle rupi di Bedulita, uno sui macigni della Cornabusa. Erano segni convenzionali: tutta l’Imagna ne comprese il significato. Sicchè i valdimagnini si radunarono e si nascosero in località Pasano vicino a Cepino, rimanendo in attesa del ritorno dei ghibellini dal sacco di Mazzoleni.

Quando, verso mattina, i predatori fecero ritorno all’Ubione con il loro carico di vacche, pecore, derrate e masserizie, Pinamonte li attaccò veloce come una folgore: impreparati e sorpresi, i ghibellini subirono una rovinosa disfatta. Lo stesso Dalmasano se la cavò a mala pena e con tale spavento, che risalito in Ubione da lassù non scese più.

 Quando finalmente la signoria di Bergamo venne strappata alle mani dei Visconti dalla Repubblica di Venezia, che mise in atto una serie di provvedimenti volti a migliorare la situazione sociale ed economica della valle, la fazione ghibellina della Val Brembilla, fedele al Ducato Milanese, mal adattandosi al nuovo regime perseguì con azioni scellerate che culminarono in quello che le cronache ricordano come lo scontro più feroce avvenuto fra le due fazioni (1443), fatto che indusse il Senato Veneto ad imprigionare a Bergamo diciotto rappresentanti dei villaggi della Brembilla e a decretare la messa al bando di tutti gli abitanti di Ubiale - l'allora Brembilla Vecchia - stabilendo che più nessuno vi avrebbe potuto abitare per almeno cent'anni.

Al resto della popolazione Venezia concesse tre soli giorni per evacuare il territorio, dando vita a una diaspora - nota alle cronache come "Cacciata dei Brembillesi" - che vide gli abitanti originari spargersi nel milanese, dove si diffusero in gran numero i cognomi Brembilla o Brambilla (7).

In seguito alla "Cacciata dei Brembillesi", le milizie della Serenissima invasero il territorio e rasero al suolo, o danneggiarono, case e fortezze. La stessa sorte toccò il Castello sul monte Ubione, mentre il Castello di Clanezzo ne uscì significativamente danneggiato: dell’originaria a struttura a forma di quadrilatero con alte torri non ne rimasero che rovine, che vennero scoperte quattro secoli dopo.  

Il Castello di Clanezzo (8) passò quindi  in diverse mani, dall’Istituto di Pietà Bartolomeo Colleoni ai  Buscoloni, dai Tironi ai Furietti, per finire poi nelle mani dei Conti Martinengo da Barco, bresciani. Da questi fu venduto ai Beltrami (9), una stimata famiglia bergamasca che nel 1804 cominciò un'opera di ricostruzione e abbellimento secondo i gusti dell'epoca. Per ricordarne la storia passata, i Beltrami adornarono il giardino di vere -  o supposte - antiche rovine.

La proprietà passò poi ai conti Roncalli di Bergamo, che ne mantennero il possesso fino alla prima metà del secolo scorso, donando all'edificio l'aspetto di palazzotto seicentesco ancora oggi ben conservato.

A ricordo dell'antico maniero sono rimasti, collocati lungo i sentieri che salgono dal basso, i chioschetti che dovettero esser torrette di guardia (una delle quali  conserva armi bianche medievali); certi passaggi scavati nel pendio sottostante l’abitato - probabilmente collegamenti con i sotterranei del castello più antico - di cui gli ingressi sono ora murati, forse in attesa di nuovi interventi.

Ritornata la pace nella valle in seguito ai drastici provvedimenti del  1443, il governo Veneto,    consapevole dell'importanza strategica di questo territorio, ne favorì lo sviluppo economico

Nonostante le difficoltà conseguenti a tanti anni di guerre, carestie e pestilenze, accanto all'agricoltura e alla pastorizia si svilupparono attività di tipo artigianale ed estrattivo, come la lavorazione del ferro presso la fucina sull'Imagna (il maglio) e la produzione di carbone e calce.

 

 FOTO 7 - Sotto l'edificio del Porto in certi periodi dell'anno è possibile scorgere l’affioramento di un fiume sotterraneo dall’origine ancora sconosciuta. Grazie ai diffusi fenomeni carsici la rete idrica del torrente Imagna è limitata in supericie ma ricca d'idrografia sotterranea, evidenziata da significative cavità e sistemi di condotte e grotte

 

Ancora oggi è possibile visitare ciò che resta di un antico maglio per la lavorazione del ferro, unico conservato nonostante le continue trasformazioni nel corso dei secoli.
Costeggiando parte delle mura di cinta del Castello di Clanezzo, quindi scendendo nella valletta del torrente Imagna, si giunge fino a raggiungere il punto di captazione dell’acqua del canale di alimentazione della grande fucina del ferro posta sulla sponda sinistra.
Percorrendo il letto del canale, in parte scavato tra le falde della roccia, si raggiunge l’edificio del maglio, documentato nel 1430, che conserva un fascino e un aspetto del tutto particolari.  

Il maglio si trova collocato ai margini di un giardino romantico e, come si presenta ora, ne può essere considerato parte integrante. Si tratta di un edificio in pietra a vista con all'esterno la ruota in ferro che lo mette in azione.
L’officina è stata devastata dai vandali prima che andasse in porto un progetto di recupero; non c’è più il rumore del maglio e le grandi ruote sono a pezzi, ma la suggestione del luogo appare immutata. 

Il maglio, la cui attività era in origine legata alla produzione di armi per la Repubblica Veneta (ancora nel 1700 i pezzi di artiglieria erano trasportati a Venezia e utilizzati per la difesa di terra e per armare le navi della flotta), è attorniato da manufatti che evidenziano il continuo utilizzo della fucina fino ai tempi recenti. L'attività estrattiva, già avviata in epoca precedente, riguardava la produzione di una pietra focaia, utilizzata nelle case e per il funzionamento degli archibugi. Accanto a questa, tra le attività artigianali vi erano la produzione di calce in fornaci rudimentali e del carbone. Maironi da Ponte scrive che all'inizio del 1800 la maggior parte della popolazione era dedita alla fabbricazione del carbone e al taglio della legna. In seguito, come testimoniato dalla documentazione in archivio, molti carbonai emigrarono per svolgere il proprio mestiere in paesi vicini. 

La posizione geografica di Clanezzo, come descritto nelle guide “… su una striscia di terreno là dove la Valle si stringe in una strozzatura entro la quale le acque del fiume sembrano trovarsi a stento un passaggio: senza contatto con la vita della valle che si svolge sull’altra sponda del fiume…” nel corso dei secoli ha notevolmente influenzato le attività e la vita sociale del paese. 

Ancora non esisteva (e non sarebbe esistito per secoli) il collegamento viario diretto tra Clanezzo, Bondo e Ubiale (completato soltanto pochi anni fa), che consentisse l'accesso alla Val Brembana transitando sulla sponda destra del fiume dove, peraltro, le sparute vie di collegamento non permettevano agevolmente il trasporto delle merci.  

 

FOTO 8 - In prossimità del fiume si raggiunge un variegato agglomerato di antichi edifici, costruiti nel Seicento, che è ciò che oggi rimane di quello che veniva chiamato Porto, uno scalo fluviale per lo scambio delle merci 

 

La funzione del traghetto quindi, che dal "porto" faceva la spola tra le due rive trasportando merci e persone, era la sola ad assicurare i collegamenti con la sponda sinistra del Brembo, dove scorreva la strada di collegamento della Valle Brembana con Bergamo.

Va inoltre considerato che, fino al 1279, epoca di costruzione dei ponti di Sedrina in località Botta, le invalicabili forre del fiume a Sedrina, poste proprio di fronte all'abitato di Clanezzo, impedivano il passaggio dividendo in due la Valle Brembana (10).

Almeno fino alla loro realizzazione, la ‘Via Mercatorum’costituì il collegamento più agevole fra la valle e Bergamo da dove, una volta raggiunta Selvino, iniziava la cavalcatoria che per Serina e Dossena arrivava al borgo fortificato di Cornello dei Tasso, dove le locande offrivano ristoro e il portico protezione dalle intemperie.

In seguito, la Serenissima diede notevole impulso alla valle Brembana creando la Via Priula, strada che, attraversando l'intera valle, collegava il capoluogo orobico con i territori del canton Grigioni, diede grande impulso ai borghi di Clanezzo ed Ubiale che, nonostante la strada passasse sull'opposto versante della valle in località Sedrina, poterono migliorare i trasporti ed i commerci.

Dal Ponte di Attone era dunque possibile accedere, tramite una strada selciata, verso il fiume Brembo dove, in località Porto, un traghetto (11) già documentato nel 1614 ed attivo fin verso la fine dell'800 (12), consentiva il collegamento con la sponda sinistra del Brembo, nel territorio di Villa d’Almè, per il trasporto di persone e merci.

 

  FOTO 9 - Fino agli inizi del Novecento i seicenteschi edifici del Porto erano custoditi da un guardiano. Nel corso dellʼOttocento i locali erano adibiti ad osteria, che fu fatta chiudere dagli Austriaci nel 1829 in quanto costituiva un covo per sovversivi

 

Nei versi lasciati dal bresciano Giuseppe Gandoglia, nel Libro dei visitatori del Castello (di cui si è persa traccia) è testimoniata l'attività del traghetto che faceva la spola tra le due rive:

 

Alle selve, ai dirupi e ai fiori in grembo
Siede Clanezzo e le sue falde bagna
La rapid’onda dell’altero Brembo
Ove al Brembo si mesce il fiume Imagna
Ardita strada sull’estremo lembo
Conduce della fertile campagna,
Donde se nol contende avverso nembo
L’opposta sponda un barcaiol guadagna.
Questo è d’Armida l’incantato cielo
Quivi della Natura ha stanza il bello.
Quivi eterna la rosa in sullo stelo.
Della rocca d’Atlante ecco il modello,
Non già ravvolto in favoloso velo,
Del signor di Clenezzo ecco il Castello.

 

Sul versante opposto rispetto al Porto, all'altezza di Villa d'Almè si trovava il "Casino", una costruzione risalente al 1500 (oggi restaurata) con funzione di “stal” o”stalù”, che costituiva luogo di sosta dei carriaggi commerciali che percorrevano la strada di Valle Brembana e che era allora magazzino di sosta delle merci provenienti da Clanezzo o dirette a Clanezzo.

 FOTO 10 - Fra gli edifici del Porto, un ampio androne forse adibito al riparo e a magazzino delle merci

 

Così come il transito sul Ponte di Attone pretendeva una riscossione in denaro da effettuarsi nell'edificio della Dogana, anche l'accesso per Clanezzo - sia che si giungesse col traghetto, che in seguito con il "Ponte che balla" - era sorvegliato da un custode, che nell'edificio del Porto riscuoteva un pedaggio, come si evince da un atto del 1686, che cita un tal Carlo Colnago "...portinaro al ponte di Clanezzo della Brembilla Vecchia...".  

Dopo che una piena distrusse il traghetto, forse a causa delle mutate condizioni del Brembo o forse per una maggiore funzionalità e convenienza, verso la fine dell'Ottocento, in un momento non ben precisato, l'utilizzo del traghetto viene abbandonato (13) a favore di un'opera di arditissima ingegneria per quei tempi, il ponte sospeso con le funi - o "Ponte che balla" - posto a ridosso del porto e tutt'ora esistente, voluta e fatta costruire nel 1878 da Vincenzo Beltrami (proprietario del Castello di Clanezzo e delle terre circostanti), per collegare le due sponde (14).

 FOTO 11 - Il suggestivo e ancora funzionante Ponte che balla, o "Put che bala". La passerella fu fatta costruire nel 1878, quando una piena del fiume travolse il traghetto che consentiva l'approdo sull'altra sponda del fiume

 

Lunga circa 70 e larga 1,30 metri, fu l'unica passerella sopravvissuta delle tre che fino ad alcuni anni fa si trovavano nei pressi di Ubiale (15) e fu uno dei primissimi  esemplari realizzati nell'Ottocento in Italia con la tecnica delle funi portanti ancorate sulle due rive, costituito da una passerella di legno sorretta da esili cavi in acciaio (portanti) tenuti in tensione da due contrafforti in pietra: sulla sponda di Clanezzo, all’interno del contrafforte, sono visibili i sistemi di tenditori delle funi. 

Ai primi del 'Novecento, nonostante il sorgere degli impianti legati all'escavazione di quarzo, marna e calcare, e della prima centrale elettrica della Valle Brembana (1901), l'isolamento di Clanezzo rispetto alle vicine stazioni della nascente Ferrovia della Val Brembana (raggiungilibili solo attraverso due mulattiere), impediva ancora lo sviluppo economico del borgo e dei propri abitanti costretti, come tantissimi valligiani, a intraprendere l'avventura dell'emigrazione verso la Francia, la Svizzera il Belgio, ma anche verso l'Africa e l'America.

Clanezzo potrà uscire definitivamente dal suo secolare isolamento grazie all'iniziativa dei Conti Roncalli, divenuti proprietari del Castello e di molti possedimenti e protagonisti di molti eventi riguardanti la vita amministrativa del paese, oltre alla realizzazione di importanti opere come strade, acquedotti e scuole.

Questi faranno edificare, nel 1925, l'elegante ponte ad archi sull'Imagna, il primo ponte in cemento armato costruito in Italia, grazie al quale i due pianori di Clanezzo e Almenno che si fronteggiavano sul torrente Imagna, saranno direttamente collegati  in quota (16).

Attualmente è in corso la realizzazione (Arch. Angelini) di un progetto di riqualificazione e valorizzazione del percorso turistico che si colloca all'interno di una delle zone di grande valore storico, artistico e ambientale riguardante il territorio dei tre comuni - Ubiale Clanezzo, Almenno S. Salvatore e Villa d'Almè - collegati tra loro dal suggestivo "Ponte che balla" e dall'antico Ponte di Attone.

Un percorso immerso in un incantevole paesaggio che comprende il sentiero acciottolato che si diparte dal Castello, il ponte in pietra sul Torrente Imagna, il porto fluviale dal quale partiva il traghetto che collegava le opposte sponde di Clanezzo e Villa d'Almè, nonchè il ponte sospeso (passerella) che analogamente collega le due rive del fiume. 

Il progetto, che individua una serie organica di interventi finalizzata alla formazione del percorso turistico suddetto, intende riconoscere, a più piani di lettura, sia quelle attività industriali ed economiche del passato in relazione ai costumi della valle attraverso manufatti edilizi di importante pregio architettonico, sia di visitare un contesto naturale tra i più ricchi per il fascino del paesaggio fluviale, della flora e fauna che lo popola, che contraddistinguono questo luogo nella sua unicità.

 

NOTE

(1) In epoca medievale i due borghi di Ubiale e Clanezzo risultavano essere aggregati al vicino centro di Brambilla, rendendosi autonomi da esso tra il XV ed il XVI secolo con il nome di Brambilla Vecchia. In quel tempo il neonato comune assorbì entro i propri confini anche le porzioni territoriali di Strozza e Capizzone poste alla sinistra del torrente Imagna. Al termine del XVIII secolo perse la sua autonomia: Clanezzo venne aggregato a Capizzone, mentre Ubiale passò a Brambilla. Questa versione è tuttavia contraddetta da dati del Formaloni che, nel 1777, considerava ancora i due borghi in un'unica entità amministrativa autonoma. Con l'instaurazione della Repubblica Cisalpina il territorio viene nuovamente riunito in comune, con la denominazione di Clenesso con Ubiale. Da allora i confini non vennero più cambiati: le uniche modifiche riguardarono il nome che cambiò prima in Clenesso (durante la dominazione austriaca), poi in Clanezzo (con l'avvento del Regno d'Italia), ed infine nell'attuale Ubiale Clanezzo.

 "Fu detto anche Clenezzo e la forma dialettale arcaica è Clenèss. Si dovrà pensare alla radice etrusca clan, "figlio"? O alla radice indoeuropea kela, donde il latino clava! O al tema mediterra­neo klana, "acqua stagnante"? La terminazione latina -etium pare qui adattata ad un toponimo prelatino, forse appunto klana. Se tutte queste ipotesi paiono difficilmente suffragagli, ancor più ardua risulta una derivazione dal latino colo­nia, come credette l'Olivieri. La pronunzia dialet­tale arcaica potrebbe lasciare intravedere la radi­ce indoeuropea klei, "china", "pendio". (Da  Topomio Paesi della Bergamasca). 

(2) UBIALE CLANEZZO - RITROVAMENTI ARCHEOLOGICI

AREALI 

Area archeologica - Località: Clanezzo - Riferimenti cronologici: Epoca preistorica - Note: Abitato

ELEMENTI PUNTUALI 

Deposito presitorico, romano e medioevale (?) (p/r/m?) - Località: Frazione Clanezzo, Bus o Tamba di Cornei (LO1053) - Data di ritrovamento: 1932-34 - Modalità: fortuite per esplorazioni speleologiche.

Grotta con deposito paleolitico, sepoltura del Bronzo Finale e resti romani (p/r) Località: Frazione Clanezzo, Buco di Costa Cavallina (LO 3620) - Data di ritrovamento: a) 1975 ca., b) 1985 - Modalità: a) sterri speleologici, b) scavo dell'Univ. Stat. di Milano.  

Insediamento neolitico e del Bronzo Finale (p) Località: Frazione Clanezzo, localita' Castello - Data di ritrovamento: a) 1984, b) dal 1986 e ancora in corso nel 1992 - Modalità: a) fortuite per sterri edili, b) scavo della Soprintendenza Archeologica.

Insediamento preistorico riferibile all'eta' del Bronzo e alla I eta' del Ferro, con preesistenze forse nel Neolitico (p) Località: Frazione Bondo - Data di ritrovamento: a) 1985, b) 1990 - Modalità: a) ricerca di superficie, b) verifiche archeologiche in occasione di lavori edili. 

Reperti indicatori di frequentazione preistorica (p) Località: Frazione Clanezzo, Monte Ubione Bus di Laur (LO 3659) - Modalità: esplorazioni speleologiche. 

Tomba romana (?) (r?) Località: Ponte della Sposa - Data di ritrovamento: ca. 1880 - Modalità: ignote.

Tombe di epoca altomedioevale (a) Località: Frazione Clanezzo, Chiesa parrocchiale - Data di ritrovamento: 1880 ca. - Modalità: fortuite per sterri edili.

Da: Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale 

(3) Dobbiamo anche ricordare gli affreschi trecenteschi portati alla luce in un vano adiacente la  parrocchiale di San Gottardo Vescovo in Clanezzo (Docum. 1596 Trasf. 1786 Parr.1707) anticamente adibito a sacrestia, che sono parte dell'abside della primitiva chiesa medioevale e offrono lo spunto per presentare gli affreschi scoperti negli ultimi anni nella nostra provincia.
Dopo la pubblicazione nel 1992 del tomo de “I pittori bergamaschi dal XIII al XIX secolo”, dedicato a “Le Origini”, sono via via apparse altre testimonianze di pittura murale medievale a Bergamo e nel territorio, sia grazie a restauri intrapresi nel frattempo, sia col ritrovamento di immagini allora sfuggite alla catalogazione. A volte si tratta di affreschi importantissimi come l'intera controfacciata dipinta di San Michele al Pozzo Bianco o il tramezzo con figure di Santi dell'antico Duomo, altre volte di testimonianze più locali come il ciclo nell'antica chiesa di Clanezzo. 

(4) Dopo la caduta del regno longobardo il territorio della curtis fece parte della contea di Lecco (legata  ai suoi conti franchi fino al 975, anno della morte del conte Attone di Guiberto (957-975)) fino alla fine dell'XI secolo quando passò come beneficium all'episcopato di Bergamo nel cui possesso rimase fino al 3 marzo 1220, anno in cui i dritti feudali passarono al nascente comune. 

(5) La Val Taleggio, la Val Brembana, la Val Brembilla, e la sezione meridionale della Valle Imagna formavano una vasta enclave ghibellina intorno a Clanezzo: era ghibellina la zona chiamata Vallis Brembilla* (che non corrispondeva all’attuale, ma comprendeva Ubiale, Clanezzo, Mortesina, Brembilla, Laxolo e altre piccole contrade così unite e concordi da formare, si racconta, un solo corpo e una sola repubblica), Villa d’Alme, Almenno Inferiore, Brembate Superiore e Locate. In mezzo a questa vasta area, si incontra un lembo di territori guelfi capeggiati dai Rota, che comprendeva la sezione superiore dell'Imagna, la Val San Martino, insieme ad Almenno superiore e a Gerosa (al di là dell’Albenza, i guelfi erano presenti anche nei pressi della città di Bergamo, tra Sorisole e Ponteranica a sud di Zogno e a Rosciate, Alzano, Poscante e Anesia). La fazione guelfa considerava il Papa come proprio capo, mentre al contrario i Ghibellini ritenevano che fosse l'imperatore di Germania.

*A proposito della Valle Brembilla il Cato nel XV sec. scriveva: "...tra le valli, quali sono sopra di Bergomo, antichissima città di Lombardia, vi si communera ancora una valle chiamata per nome la Valle di Brembilla, la quale innanzi che dalla Illustrissima Signoria di Venetia fusse stata distrutta et desolata, facea più di mille fuoghi (famiglie), quali avevano le abitazioni in otto contrade così nominate: Contrada di Ubialo, Contrada di Mortesina, Contrada de l'Opolo, Contrada de Clunetio, Contrada de Bondello, Contrada de la Supracornola, Contrata de l'Asolo et Contrada di S. Giovanni". 

(6) Insediati tra la Valla Brembilla e la parte meridionale della Valle Imagna, i Carminati possedevano il Castello del monte Ubione. Si ha l'impressione che gli interessi dei Carminati fossero radicati in un’area circoscritta tra le valli Imagna e Brembana, intorno al monte Ubione, Clanezzo e Castigliola. La famiglia Carminati era, come afferma Andrea Cato un notaio di Romano "...la più honorata et più temuta famiglia di tutta la valle di Brembilla".  Da essa uscirono uomini potenti e famosi, tra i quali secondo alcuni storici anche un papa, Papa Giovanni XVIII o XIX Fasano, salito al soglio pontificio nel 1003. 

(7) Dalla Re­pubblica veneta la Valle Imagna ebbe un trattamento di favore, come riferisce il Calvi. "I Valdimagnini per la loro obbedienza al Vescovo, integrità della fede e fedeltà alla Repubblica, difendendola contro il Duca di Milano, furono dal Principe (il Doge) con vani privilegi, grazie e favori arricchiti et honorati (anno 1428)" 

(8) Il Castello di Clanezzo già fortezza difensiva nell'XI secolo, sorto sui bordi del pianoro che si affaccia sul mondo esterno (dal quale è distinto fisicamente da una forra - un fossato naturale - profonda una cinquantina di metri e larga altrettanto) fu distrutto e ricostruito più volte nel corso del basso medioevo fino a che, dal sec. XVI, con i passaggi di proprietà e in forza delle diversità funzionali che si susseguirono - da fortilizio a edificio residenziale o “villone” di campagna - venne si modificato e ampliato nella struttura, fino ad assumere il raffinato disegno architettonico e le funzioni dei nostri tempi, che lo hanno adibito a elegantissimo ristorante. Le differenti tematiche delle decorazioni e degli stili compositi fanno intendere infatti che tali abbellimenti siano stati realizzati in epoche diverse. Il Parco fu sistemato nel 1885 e recentemente, ma in origine scendeva fino al fiume Brembo. Della preesistente fortificazione fatta demolire dal Veneziani, si conserva forse l'impianto nell'attuale palazzo contraddistinto da tre massicce torri.

(9) Circa quattro secoli dopo l'abitante di quella villa frugando nelle mercerie dell'antico Clanezzo, scopriva questi avanzi di rozza fabbrica destinata alla vendetta dell'inumano Beltramo. Un grazioso caffehaus sorge nel giardino la' dove eravi il Guelfo per le scolfe, che serva tuttavia il nome di sentinella. Ivi chi lo eresse e vi dimora, amatore della natura e della storia, vi depose verrettoni, pugnali, e picche, e chiovi e larghe capocchie, ch'egli stesso raccolse nelle rovine dell'antica rocca d'Ubbione, di cui sull'alta vetta tutte scopri' le fondamenta. Non va lungi dal vero, chi si (..isa ?) di trovare col signore di quel luogo, il chiarissimo signor P. Beltrami. (“Ubiale Clanezzo. Storia di una comunità”, di Umberto Gamba, Ferrari Editrice, Anno 2000).

(10) La strada costruita per superare lo strapiombo di roccia a picco sul fiume Brembo tra i paesi di Villa d'Almè e Sedrina, in località Botta, potè essere realizzata mediante un’opera fondamentale: le chiavi della Botta, opera assai ardita costituita da una serie di archi appoggiati alla parete di roccia e fissati ad essa tramite delle catene, su cui passava la strada. Un tratto lungo soltanto 200 metri, tanto indispensabile quanto pericoloso, poiché soltanto un piccolissimo muretto, alto pochi centimetri, proteggeva commercianti, viandanti, animali e carichi al seguito, dal precipizio. La costruzione dell’opera comportò infatti ingenti perdite tra gli operai, a causa dei cedimenti di piccole parti di parete e fatali distrazioni che si trasformavano in tragedia. 

(11) Il traghetto trasportava (quando il Brembo non faceva le bizze)  persone, merci ed altro, dall'altra parte del fiume. Un tal Beltrami Egidio, proprietario del traghetto,  pagava al custode (un certo Dellauro) una somma di 100 £ annue per il trasporto dei suoi coloni, dei generi alimentari, legna, carbone ecc., ed era soggetto ad un pagamento annuo come imposta sulle arti e mestieri alla finanza. In tempi non molto lontani era possibile visionare un quaderno dove venivano registrati i viaggi fatti dal traghetto, i compensi ricevuti e le tariffe per il trasporto.

(12) Guardando oggi il posto dove sorgeva il porto, ci e' difficile immaginare l'attivita', perche' il Brembo ha modificato il suo aspetto e le sue opere di sbarramento, realizzate per il fabbisogno di energia elettrica del Linificio di Villa d'Alme', lo hanno quasi prosciugato. Un tempo il letto del fiume doveva essere molto diverso. 

(13) Si ha notizia che la concessione di attraversamento del fiume con battello fu rinnovata nel 1875. 

(14) Fino ad allora mantenuto da un privato, nel 1913 il ponte diviene proprietà del Comune, che da quel momento si accollerà tutte le spese di manutenzione. 

(15) Precedentemente esistevano una passerella sospesa su cavi sul torrente Imagna, nonchè una passerella sul fiume Brembo, costruita per raggiungere dalla Centrale idroelettrica la strada di Valle Brembana, senza dover utilizzare la passerella posta più a monte di proprietà Roncalli ancora esistente. 

(16) In passato, l'economia della Valle, imperniata sull'agricoltura e sull'allevamento, legata soprattutto alla notevole presenza di boschi di castagno (dai quali si ricavava, oltre ai frutti, legna da ardere e da opera commercializzata lungo tutta la vallata) ha impedito a lungo uno sviluppo economico del borgo e dei propri abitanti, da secoli costretti ad intraprendere l'avventura dell'emigrazione, e ciò anche quando si svilupparono le attività industriali legate all'escavazione di quarzo, marna e calcare. Alle soglie del '900, nonostante l'arrivo della Ferrovia, Clanezzo è ancora completamente isolata: non c’è strada verso monte, ci sono soltanto due mulattiere che salgono dal ponte fino alle stazioni di Botta e Campana. Finalmente nel 1925, allorchè la società proprietaria del Castello e del Monte Ubione decide la costruzione del ponte ad arco sull’Imagna, i due pianori che si fronteggiano sul torrente verranno direttamente collegati  in quota. Il manufatto è di proprietà privata ma lasciato in uso pubblico. Poi anche per questo manufatto avverrà quanto avvenuto per il “put che bala”.

 

*Avvertenza

Per una visione ottimale delle mappe è consigliabile scaricarne le immagini.

 

Riferimenti essenziali

Umberto Gamba, "Ubiale Clanezzo. Storia di una comunità", Ferrari Editrice, anno 2000.

*Hitomi Sato, "Fazioni e microfazioni: guelfi e ghibellini nella montagna bergamasca del Trecento", in Bergamo e la montagna nel Medioevo. Il territorio orobico fra città e poteri locali, a cura di Riccardo Rao = "Bergomum. Bollettino annuale della Civica Biblioteca Angelo Mai di Bergamo". 104-105 (2009-2010), pp. 149-170.

Lombardia Beni Culturali

Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale

Relazione Arch. Angelini 1

Relazione Arch. Angelini 2

 

Le notizie generali sul profilo istituzionale sono tratte da: 

- Civita, Bergamo, Le istituzioni storiche del territorio lombardo. XIV - XIX secolo. Bergamo, Progetto CIVITA, Regione Lombardia, Milano, 1999, repertoriazione a cura di Fabio Luini (Archimedia s.c.).

- Civita, istituzioni postunitarie, Le istituzioni storiche del territorio lombardo. 1859 - 1971, 2 voll., Progetto CIVITA, Regione Lombardia, Milano, 2001, repertoriazione a cura di Fulvio Calia, Caterina Antonioni, Simona Tarozzi.

 Reportage fotografico di Cristian Riva, consultabile anche sulla sulla sua pagina Facebook

(Autrice dell'articolo: Alessandra Facchinetti; in forma originale si trova al link; http://alessandra-creativefamily.blogspot.com/2012/02/clanezzo-crocevia-di-frontiera.html)

 

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                                                                                                  Marzo 2012