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            BARUMINI: ANCORA UN   MISTERO

                                                        (di Vitale Scanu)

 

 

Barumini non finisce di stupire. Già il suo nome e il suo territorio sono noti e stranoti in tutto il mondo, sia per il suo monumento plurimillenario della civiltà nuragica, sia per le molteplici impronte del periodo romano (è del settembre scorso l’ultima scoperta di un grande frontale di sarcofago del II secolo d.C. con scritta perfettamente leggibile: due genitori che dedicano l’urna funeraria alla diletta Valeria) e sia per le pagine storiche e artistiche tardo-medioevali legate alla nobiltà dei marchesi Çapata, che accompagneranno Barumini fino al secolo ventesimo. Tutti elementi che stratificano sul già famoso paese della Trexenta un plusvalore di notorietà e di interesse turistico di grande spessore (anche se non sfruttato appieno, purtroppo…). Eppure lo scandaglio ancora non ha toccato il fondo in tema sorprese.

Era l’estate del 2003, quando un operaio edile, scavando nella roccia, con i denti della benna urtò e spaccò in due un sasso di trachite chiara. Il suo occhio fu subito attratto da una forma sferica, una metà della quale era rimasta in una parte del masso e l’altra metà nell’altro pezzo. Scalpellando le due parti della sfera dai due pezzi di pietra e ricomponendole, l’operaio notò che si trattava di una pallina pesante come piombo, della grandezza di una palla da tennis, all’interno della quale stava un’altra sfera più piccola perfettamente centrata nella prima, dentro la quale si indovinava un’ulteriore sfera granulosa e un po' iridescente, unita saldamente a quella mediana e alla prima esosfera. Una sorta di matrioska a tre strati, insomma.



Il dott. Marco Antognini (a cui il sottoscritto ha chiesto di esaminare il reperto), curatore della parte mineralogica del Museo di storia naturale di Lugano, geologo alla galleria del Gottardo, dopo un esame scientifico, anche se non approfondito, emise un referto naturalistico, ossia che si tratta di un nodulo polimetallico di origine naturale proveniente da fondali oceanici, globuli che si formano per aggregazione di alcuni elementi, principalmente di manganese, ferro, calcio, stronzio, rame, nichel… senza comunque un apporto antropico. Necessitano però altre informazioni per un responso definitivo: natura della roccia incassante, giacitura del reperto, presenza o meno in loco di altri oggetti simili e soprattutto una particolare indagine pedologica della zona. L’età di questo reperto è logicamente la stessa della formazione geologica del masso che lo ingloba, in un contesto che racchiude anche numerosissimi fossili marini. Io stesso ne ho trovati molti sia nel comprensorio di Barumini che nei “tacchi” calcarei di Ísili. In particolare un pectinide di oltre 30 cm di larghezza e un bivalve di circa dieci centimetri ai margini della strada per Bau Perdu.

Ísili, in provincia di Núoro, si trova attualmente a 523 m s. l. m, ma nel periodo miocenico dell’Era Cenozoica o Terziaria, 24-14 milioni di anni fa, il mare forgiava quei “tacchi”, e la melma dei fondali -solidificando-  incassava per sempre crostacei e bivalvi di vario genere. Barumini e anche Isili, in quel remoto periodo geologico, erano ricoperte dal mare. Alla fine dell’ultima era glaciale, dai 7 ai diecimila anni fa, sotto l’effetto dello scioglimento dei ghiacci, il territorio giaceva sotto una coltre di 100 metri d’acqua.

Già l’origine naturale di questo oggetto sferico è affascinante: tutta la Marmilla era mare. Ma restano tuttavia alcuni dubbi sulla sua vera natura, originati dal fatto che sia un esemplare unico e soprattutto che esso mostri come un rigagnolo di metallo solidificato che fuoriesce da un “polo” e corre su un lato, dando l’idea di un versamento di sovraccolmo dall’interno, di fattura non naturale. Esso è inoltre un esemplare unico, incassato in un masso di trachite.

Questi particolari accendono una spia importante: e se si trattasse di un manufatto di origine antropica?


Se fosse valida questa ipotesi, si tratterebbe evidentemente di un prodotto artificiale, legittimando le più azzardate fantasie. Per la fabbricazione della sua forma sferica è necessaria una matrice e nozioni fusorie e metallurgiche avanzate, non certo da primitivi.

Ma come si concilia la sua età di varie migliaia di anni con l’esistenza dell’uomo nella zona? Chi, quando, come ha potuto costruire questa cosa misteriosa? A che cosa serviva un oggetto del genere? Forse a una misteriosa civiltà che non conosciamo? Da dove sono importati metalli qui inesistenti? Quali mezzi ha dovuto necessariamente usare un ipotetico essere umano per elaborare un tale oggetto?

Sono quesiti enigmatici che proiettano violentemente la fantasia fino ai reperti archeologici tuttora inspiegati dalla scienza e addirittura al limitare della mitologia: quale civiltà può aver raggiunto la capacità di produrre un tale manufatto?

In quei tempi remoti il continente, la Sicilia con le sue isole, e Malta erano terre unite tra loro. Così pure la Sardegna con la Toscana. A Malta, la moderna archeologia subacquea ha scoperto i segni di una civiltà preistorica di cui non si conosce il nome e che non ha lasciato tracce sul terreno.

C’è stata pure qui qualche relazione col mondo preistorico sardo? E’ un residuato di qualche ipotetico ciclo di superciviltà umana pre-Genesi?

Sono note le fantasie scatenatesi su tale argomento.

-Nell’Irak e in Egitto sono state trovate lenti di un cristallo molato che solo oggi, a distanza di migliaia di anni, possiamo ottenere usando l’ossido di Cesio, il quale si prepara per via elettronica.

-All’inizio del XVIII secolo sono state trovate a Istanbul le famose carte geografiche di Piri Reis, comandante delle flotte ottomane: erano copie di altre molto più antiche di oltre diecimila anni, secondo i glaciologi. Sono conservate nella Biblioteca Nazionale di Berlino. La topografia dell’interno del continente antartico e perfino l’altitudine delle sue montagne sono esatte. Notare che i monti dell’Antartide furono scoperti e studiati solo nel 1952 e i rilievi possono essere mappati solo da mezzi aerei.

-Nel museo di Bagdad sono esposte batterie di pile elettriche a secco, datate a migliaia di anni fa, funzionanti secondo il moderno principio di Galvani.

-Sugli altipiani peruviani sono stati trovati monili di platino, e il platino fonde e si lavora solo a 1800° gradi, cosa possibile solo con tecniche moderne. 

-La prova del carbonio 14 assegna ai ciottoli di Lussac-le-Châteaux del Museo dell’Uomo a Parigi, la data di 15.000 anni. Siamo quindi nel periodo magdaleniano, eppure essi indossano abiti e scarpe di foggia moderna.

- A 4.000 metri di altitudine nelle Ande peruviane esiste un calendario intagliato in un masso vulcanico, nel quale è indicata la durata dell’anno fino a quattro simboliche cifre decimali, con gli equinozi, le stagioni astronomiche e i movimenti della Luna.

- Nel 1900 sono stati ripescati vicino all’isola di Antikytera misteriosi frammenti meccanici anteriori alle civiltà finora conosciute, frammenti che secondo gli esperti sarebbero pezzi di un calcolatore scientifico (cfr. Nous ne sommes pas les premiers, Andrew Thomas, ed. Albin Michel).

Aggiungiamo i misteri delle piramidi, dei giganteschi disegni sulla superficie del deserto di Nazca, degli atlantidei di Platone… Un quadro ipotetico in cui, cadendo le risposte di carattere scientifico-naturalistico, si potrebbe collocare anche questo “enigma”. E la “leggenda” di Barumini continua.                 

 (Autore:Vitale Scanu)

 

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                                                                       Settembre 2010