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Cosa fu veramente la vicenda di Troia ?

                    a cura di Enrico Pantalone


Troia, il primo gran teatro di battaglia della storia umana riportato su d’opera letteraria, l’Iliade come tutti sappiamo.

 

Cosa c’era realmente dietro l’epopea bellica, quali erano le strutture socio-economiche che portarono alla guerra ?
Soprattutto fu realmente la guerra che Omero descrisse nei modi e nei tempi ?


Sul fatto che Omero calcò la mano nel descrivere gesta e movimentazione umana nell’ambito di territori da lui presi in considerazione è indubbio: era un greco, che evidentemente amava- come tutti i cantori della storia - incensare le virtù della sua gente, anche se in questo contesto, piuttosto ridotto, di greci ve n’erano  anche dalla parte degli avversari, ed usi e costumi erano pressappoco gli stessi a Troia come a Sparta o ad Atene, città che probabilmente nel 1250 a.C.  dicevano poco o nulla  in fatto di civiltà. ma che contavano, quando il poeta scrisse le gesta di Achille e soci.
Quindi è logico che bisogna perlomeno cambiare l’ottica in cui si pongono le fondamenta storiche per lo studio e l’approccio dell’epoca in cui si svolsero i fatti, il XIII secolo prima della nascita di Cristo.
Del resto, lo stesso Omero, vivendo cinquecento anni dopo i presunti fatti, non fece altro che basarsi sulla tradizione orale tramandata dai cantori di corte o sugli scritti di che era venuto prima, fonti indubbiamente esistevano ed anche abbastanza buone cui egli attinse con una certa assiduità ed anche competenza nella valutazione.
La cosa più singolare, vista in chiave moderna, è sicuramente il fatto che Omero catalizzò gli interessi della gente (e da qui la sua gran fama) utilizzando un sistema basato sulla drammatizzazione degli eventi ed in un certo qual modo sulla continua suspance degna d’un ottimo feuilleton.
Di storia probabilmente ne scrisse poca, ma al contrario l’Iliade e l’Odissea (sempre che quest’ultima sia veramente sua) dal punto di vista sociologico sono di grande interesse, le caratteristiche dei personaggi e dei luoghi ci raccontano molto bene come viveva la gente e come si muoveva.
Era strana gente quella che era reclutata dai re achei: assomigliava stranamente a quelle figure di bande d'avventurieri, mercenari e pronti a tutto che saranno famosi nel medioevo. 
Erano per lo più provenienti dall'aristocrazia povera formata da figli cadetti e "bastardi" oppure che avevano ucciso qualche uomo di troppo per onore e il solo modo di sfuggire alla condanna capitale era il servire lo stato in guerra. 
Potevano essere però anche gente contadina, o allevatori ed in questo caso erano dei privilegiati, perché i loro re sapevano bene che essi avevano una resistenza, una volontà ed una forza sconosciuta alla categoria presentata per prima. 
Insomma per gli uni rappresentava una punizione per gli altri una promozione morale.
Leggendo ciò che ci resta di Pilo si ha come l’impressione di trovarsi di fronte ad una disoccupazione latente nel tempo, o almeno ad una sotto-occupazione, perché tutti corrono ad arruolarsi. 
Il problema indubbiamente sarà stato alla fine della guerra, quando questa marea di persone probabilmente provocò dei seri problemi sociali, anche se non ne abbiamo traccia: saranno aumentati i banditi di strada e via dicendo.
Tra l'altro questo modo d'utilizzare le truppe darebbe ragione a chi pensa che quella troiana si stata più una guerra di saccheggio forse anche più semplicemente di quanto noi possiamo pensare. 
In fondo Achille, Aiace, Ulisse, lo stesso dio Ares, si sono sempre definiti saccheggiatori di città - ptolipothoi -: non a caso appena finita la guerra e spogliata Troia di tutto, ognuno ha ripreso la strada di casa tranquillamente. 
Del resto i compilatori delle tavolette di Pilo verso il 1220 fanno sapere di non temere le invasioni militari vere e proprie ma i colpi di mano veloci ed audaci .


La Grecia antica non aveva un servizio di sussistenza che sarà poi alla base dei trionfi dell'esercito romano; le derrate necessarie ai militari o venivano espropriate ai nemici battuti o, nel caso di guerre lunghe e spostamenti pesanti, venivano attuate attraverso un sistema di mercanti sparsi per le città alleate.
Le vie di comunicazione erano poche e al più, visto il territorio, erano mulattiere, perciò non si poteva pensare di portare provviste per lunghi periodi, ed un esempio di questo tipo di mercante l'avevamo nel Filottete di Sofocle.
Rimaneva comunque la necessità impellente d'avere spesso cibo fresco e vino in grande quantità.
Il vino cretese, molto forte, era particolarmente appetito perché lo si poteva e doveva allungare nell'acqua dando la possibilità di creare scorte senza grossi impegni di spazio.
Il formaggio duro era un altro dei cibi utilizzati, e le olive pure: insomma per i militari non era proprio una festa, dobbiamo anche tenere presente la mole degli eserciti d'allora che muovevano decine di migliaia d'effettivi.
Pensiamo per esempio cosa dovesse essere il mondo dei rifornimenti in una guerra come quella di Troia....
Dieci anni, neanche pensabile che i campi potessero fornire sostentamento per il periodo, i pesci probabilmente furono lungamente l'unico pasto dei militari achei, insieme al formaggio...ma i troiani con cosa potevano cibarsi e quali derrate giungevano a loro e come ? 
E' probabile che l'assedio non sia stato proprio un assedio, magari qualche pausa ogni 5/6 mesi e questo darebbe alcune delle spiegazioni anche se non tutte, comunque avevano anche le navi per i rifornimenti....
Probabile che essi utilizzassero delle barche veloci senza molto tonnellaggio in maniera da navigare sottocosta ed approdare al più vicino mercato alleato e rifornirsi nei tempi che erano permessi allora.

La verità molto probabilmente sta nel fatto che la guerra di Troia è l’atto della vera e propria fondazione dell’imperialismo greco e come tale immortalato nella leggenda, è l’atto iniziale di una lunga storia, il primo vero scontro armato tra Europa ed Asia in quel mare, l’Egeo, che al tempo era considerato il mare per eccellenza, fungeva da frontiera tra due mondi, dopo Troia il confine venne chiaramente spostato sulla terraferma.


Le celebrazioni della vittoria superarono notevolmente il reale valore della vita in Grecia: del resto lo stesso Omero nell’Odissea ci descrive i protagonisti, che nobili erano, come al massimo dei buoni allevatori di caprini o proprietari terrieri limitati senza neanche troppa istruzione.
La Grecia costruì parte della sua fortuna e della fama proprio sull’epopea di Troia: segno di una civiltà incompleta, stagnante.
La distanza che separava l’aristocrazia (di questa gente si può parlare, mentre il popolo non esisteva e non contava nulla) achea dalle grandi aristocrazie egiziane,o ittite per esempio, era abissale, sia come corte che come preparazione socio-politico-amministrativa .
Nel caso prendessimo il periodo appena successivo che arriva sino al 1190 a.C. circa, misteriosamente troviamo che i territori greci vennero saccheggiati, città bruciate né più né meno come quella di Troia, e molti insediamenti spariscono nel nulla lasciando un varco temporale totalmente privo di storia.
Questo è certamente un problema d’approccio nell’insieme degli studi compendiati, appare tuttavia ancora privo di chiare risposte; con ogni probabilità ateniesi e spartani nei secoli successivi tesero ad impedire il proliferare di resoconti od anche storie più o meno vere relative al periodo in oggetto, proprio per nascondere un tratto della storia greco-micenea sicuramente negativo, a conti fatti.
Per questo motivo Troia, quella dell’Iliade per intenderci, potrebbe appartenere anche ad un periodo diverso da quello che tutti comunemente conoscono e potrebbe essere successivo se s’accettano per buoni i ritrovamenti che si rifanno ad un’epoca di tipo geometrico, indizio che farebbe ritenere ad alcuni studiosi la posposizione degli avvenimenti d’almeno un secolo, un secolo e mezzo più tardi.


Troia non è stata un’epopea guerriera indubbiamente, lo spirito che ha permeato gli aggressori fu più il volto della passione per l’avventura che per la reale necessità di muovere battaglia a sostegno di qualche ideale, di qualche filosofia religiosa o razziale, o socio-economica che proprio non aveva culla nelle menti dei soldati-naviganti achei.
Non a caso è Odisseo che s’erge a protagonista assoluto, l’esatta sintesi tra un guerriero tenace ed un avventuriero senza scrupoli, pronto a sacrificare tutto e tutti pur di giungere allo scopo che s’è prefisso partendo, in quasi povertà, dalla sua isola per andare a combattere.
Un carattere di tutti i combattenti dell’assedio, sia achei sia troiani, è l’immensa tristezza che permea sempre le azioni degli uomini: fatto questo dovuto alle continue emorragie umane causate per lo più dalle carestie e dalle pestilenze, ma anche dai massacri indiscriminati che si compivano nei combattimenti corpo a corpo tipici dell’epoca.
Per ultimo non resta che parlare del mitico cavallo lasciato, secondo la narrazione omerica, dagli achei davanti alle mura troiane come segno di pace e d’omaggio agli Dei prima di ritirarsi, carico invece di centinaia di soldati che una volta portati all’interno della città, provvidero a metterla a ferro e fuoco.
Ora, già di per sé, è quasi impossibile immaginare un cavallo di legno talmente grande da poter contenere centinaia d'uomini o anche solo decine, per di più uno stratagemma simile anche se in proporzioni notevolmente minori fu utilizzato da Tutii, comandante delle truppe di Tutmosi III per conquistare Jaffa intorno al 1460 a.C.con apprezzabili risultati.
Appare invece vero che spesso erano utilizzati a questo scopo decine d'equini, cavalli, asini e muli per far entrare soldati di nascosto in una città da conquistare: si disponevano nelle prime file in groppa agli animali ceste contenenti vivande e merci pregiate mentre a partire della file successive erano i militari ad entrare nei capienti contenitori e considerato che i greci achei erano sicuramente più navigati e preparati dei troiani si può ben capire che il sistema fu usato con successo anche se non nelle proporzioni che Omero ha così finemente descritto nella sua opera.