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TRAFUGATA LA TRIPLICE CINTA DI SAN GIOVANNI IN SILVAMATRICE

ED ALTRI REPERTI E DECORAZIONE LAPIDEE

                                                                           (testo e foto di Giancarlo Pavat)

MALA TEMPORA CURRUNT…

Quale futuro può attendersi un Popolo, una Nazione, una Civiltà che degna di scarsa attenzione (per usare un eufemismo) il proprio patrimonio storico, artistico e culturale e le testimonianze degli antenati? La risposta è ovvia. Senza Storia, senza Tradizioni, senza Radici, in un amorfo coacervo culturale, non si va da nessuna parte. Sembra di sentire un vecchio disco che continua a ripetere la stessa strofa, a cui nessuno presta più attenzione. Probabilmente ogni giorno, in qualche parte d’Italia, vengono trafugate opere d’arte, reperti archeologici, testimonianze del passato più remoto. Probabilmente, in un tempo come il nostro, privo di ideali, valori, pietas, non fa notizia la scomparsa, il furto di povere pietre, lacerti di antiche fedi, testimonianze dell’anelito e delle speranze di genti vissute secoli e secoli fa. Eppure, non bisogna rassegnarsi. Ne’ all’incuria, ne’ alla brutale violenza di cui vengono fatti oggetto monumenti, e siti come quello di San Giovanni in Silvamatrice, nelle verdeggianti campagne del comune ciociaro di Villa Santo Stefano, nella vallata del fiume Amaseno.

Nei giorni scorsi (fine aprile), nei confronti dei venerandi ruderi della Chiesa, è stato commesso un atto scellerato ad opera di ignoti delinquenti.

Dai muri perimetrali, sono stati asportati a colpi di piccone alcuni archetti con decorazioni risalenti quasi sicuramente alla chiesa paleocristiana su cui è stata eretta quella medievale in stile romanico nel XII secolo.

Archetti paleocristiani prima del trafugamento

 

...e dopo il trafugamento

Dall’interno della chiesa sono sparite due mezze colonne in marmo (certamente romane), alte circa un metro, che uscivano di una trentina di centimetri dal terreno, che si trovavano là dove un tempo c’era l’altare. (Anch’esso scomparso, rubato da sconosciuti alcuni decenni orsono, unitamente ad una “grande pietra sacrificale con una scanalatura longitudinale per lo scorrimento del sangue degli animali sacrificati “(1) che si trovava inserita in un parete).

Mezza Colonnina Altra mezza colonnina

Manca una decorazione sa forma di spirale che si trovava sul alto interno destro della chiesa. E sono state strappate ampie porzioni di intonaco una tempo affrescato.

Decorazione a spirale lato dx  interno chiesa

Sul pavimento coperto da detriti per uno spessore di oltre cinquanta centimetri, si notano numerose buche. Evidentemente si è scavato per cercare altri reperti.

Infine, è stato trafugato anche il blocco tufaceo, quasi cubico, di circa 50X50X40 cm con sopra inciso il consunto simbolo esoterico della “Triplice Cinta”.

                                        

Probabilmente il più antico degli otto esemplari individuati nel territorio di Villa Santo Stefano. Forse l’archetipo. Il simbolo primigenio che indicava a “coloro che ne erano edotti” di trovarsi presso un “Luogo Sacro”. Un “Centro Sacro”. Un “Omphalos”. Dove si officiarono per secoli e secoli “riti antichissimi, anche pre-cristiani” (2).

Santuario pagano, poi, probabilmente dal VI secolo d.C., tempio cristiano e successivamente chiesa appartenuta ai Cavalieri Giovanniti (3). In seguito posta sotto lo Juspatronato dei Conti di Ceccano e successivamente dei Colonna.

Abbandonata da ormai più di un secolo dall’incuria dei suoi ultimi proprietari che, attorno al 1910, l’aveva acquistato dagli stessi Colonna, la chiesa di San Giovanni in Silvamatrice divenne cava per materiale di costruzione ed indifesa preda di tombaroli prezzolati e sciagurati vandali. Ma, nonostante tutto, sino agli anni ’50, la chiesa rimase “meta di gruppi di giovani d’ambo i sessi, scortati dalle nonne, che inghirlandati di vitalba, si recavano il giorno della festa del santo per i riti comparatico di San Giovanni” (4). Si facevano, come si dice in paese, “compari” e “commari di San Giovanni”. Oppure, raccontano ancora oggi gli anziani santostefanesi, vi si recavano, per “ascoltare la matrice”. Il formidabile fiume carsico che scorre sotto il sito, e che rimbombava sino in superficie attraverso un antichissimo pozzo, forse una “favissa”.

La cui presenza è, forse, indicata dal simbolo triangolare ancora visibile sulla facciata della chiesa.

Un monumento, per cui vale la pena di lottare, ricco di storia, di misteri e di un aura magica. Che ancora oggi, nonostante le offese del Tempo ma, soprattutto degli uomini, promana da quelle rovine.

______________________

 

      1)-“La Chiesa di San Giovanni in Silvamatrice”, monografia a cura del Gruppo Archeologico Volsco – 1975.

      2)-“Villa Santo Stefano. Storia di un paese del Basso Lazio attraverso i secoli” di Arthur Iorio - Casamari, 1983.

            3)- “Valcento. Gli Ordini monastico cavallereschi nel Lazio meridionale” – G.Pavat - Latina, 2007.

            4)- “Villa Santo Stefano. Storia di un paese del Basso Lazio attraverso i secoli” di Arthur Iorio - Casamari, 1983.

 

 

 ALL'ATTENZIONE DEI LETTORI: chiunque abbia informazioni è pregato di mettersi in contatto con l'autore di questo articolo Giancarlo Pavat, email: giancarlo.pavat@gmail.com. Grazie.

 

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                                                                                    maggio 2008