www.duepassinelmistero.com

 

TEMATICHE:

Aggiornamenti

Alchimia

Antiche Civiltà

Archeoastronomia

Architetture

Colonne e Nodi

Due passi nell'Italia nascosta

Due passi nei misteri esteri

Fenomeni Insoliti

Interviste

L'Uomo e Dio

Maestri Comacini

Medioevo e...

Mistero o Mito?

Personaggi

Simbolismo

Simbologia e Cultura Orientale

Storia e dintorni...

Templari "magazine

Ultimi Reports

UTILITY:

Archivio reports

Bacheca

Collaboratori

Extra sito

Libri del mese

Links amici

Ricerca veloce titoli per argomento

SERVIZI:

FORUM

Newsletter

Avvertenze/ disclaimer

 

 

     

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                  " HORUS IL GIOVANE(ARPOCRATE)

                        E IL SILENZIO INIZIATICO"

                                                        (di Umberto Capotummino)

Il nome greco di Arpocrate deriva dall'egiziano antico 'Heru-p-khart' la cui traslitterazione convenzionale è Harpachered, parola che letteralmente significa Horus il Bambino, ovvero Horus il Giovane, il suo nome appariva così:

                                                           


Nella tradizione greca, e poi in quella Romana, si interpretò l'ultimo glifo a destra come il gesto tipico del 'silenzio', mentre invece si tratta del determinativo 'il figlio', 'il giovane' riferito ad Horus.

Gli Egizi in questa immagine, nella quale un dio si porta le mani alla bocca, raffiguravano il processo vitale che si dà con l'alimentazione e, nella metafora mistica, la trasformazione dell'individuo conseguita con l'interiorizzazione dei principi d'identificazione magico/iniziatica
che si collegano all'emersione delle facoltà solari rappresentate dal sorgere di Horus con il 'dito in bocca' sopra un fiore di loto, dalle acque primeve del Nu. Come mostra il dattaglio di una  piastra di faience della XXIII dinastia che si trova al Royal Museum, in Scozia.

                                               

Oltre ad Horus, anche Hihi, dio adolescente, figlio di Hathor, dea cosmica, è rappresentato con il 'dito in bocca'. Nelle celebrazioni di Nectanebo I  a Dendera, durante le feste di Hathor, che celebravano  la rinascita dell'anno misterico al ventesimo giorno del primo mese dell' inondazione del Nilo, il giovane Hihi è raffigurato  mentre ogni giorno, all'alba solare, suona il sistro guidando gli adepti verso un nuovo inizio. Questo aspetto metalinguistico dell’immagine del ‘ dito in bocca’ è riscontrabile nella X ora del Libro egizio degli inferi, che illustra il viaggio  del sole nella zona infera, dalla quale il principio solare  rinasce dopo il viaggio notturno, papiro n° 133 da Deir el - Bahari, XIX dinastia, oggi al Museo del Cairo, tradotto da Boris de Rachewiltz:

                   

 

in essa si vedono due dee con la Corona dell'Alto e Basso egitto ( A) sedute su troni ( sottintesi) in atto di porgersi il dito in bocca come nel più noto Horo il giovane.
A questa figura ne fa seguito un'altra analoga ( B) le due dee sostengono in una mano il disco solare, posto sulla sommità dell'insegna degli dèi Nether. Nel testo è detto che esse
'riuniscono le anime in terra e rendono puri gli spiriti potenti nella Duat... e ingoiano le loro stesse anime' durante il processo di identificazione e avanzamento delle ore magiche contestuali, al seguito dello sparviero Khenti, chiamato 'colui che precede' descritto in (C) che conduce le due corone rossa e bianca, in guisa di ipostasi rappresentativa formulata da quattro gambe sottostanti lo stesso sparviero. Le gambe sono volte in direzione opposta, visualizzazione della fase di polarizzazione delle energie sottili, fase già espressa nei due serpenti volti anch'essi in direzione opposta tra le due dee coronate ( A).
Riguardo le otto dee in barca nel secondo registro dell'immagine si dice nel testo: 'O voi che causate l'entrare in essere del divenire delle cose create il cui compito è far si che lo splendore radiante dell'Occhio di Horo promani ogni giorno'.

Da questi riscontri sembra consequenziale interpretare l'immagine del 'dito in bocca', come l'attivazione di un registro di interiorizzazione e di successiva radianza della virtù di trasformazione delle forme attuata con l'animazione di ipostasi - date dalle immagini/concetto degli dei- sottese al processo di identificazione e di rinnovamento dell'anima in cammino che potrà 'illuminare il cielo con Ra' come recita il testo in chiusa.

Quindi potremo leggere nel 'dito in bocca di Horo', come nelle due dee di cui sopra, l'indicazione dello stadio di consapevolezza ancora in evoluzione, essendo Horo ancora fanciullo, con le conseguenti metafore connesse alla tradizione egizia.

L'associazione del dito in bocca con il silenzio iniziatico è posteriore alla tradizione egizia e nasce nell'ambito dei misteri dionisiaci.

Questa accezione prende l'avvio dai culti palazziali della città di Tebe datati intorno al XIV - XIII secolo a. C. secondo i quali, come riporta il greco Mnasea ( Scolium ad Euripidis Phoenissas, 651) ed anche Pausania come Euripide, ' Dioniso che si avvinghia alla colonna' è occultato ritualmente nelle sembianze di un'edera, il cui succo inebriante veniva bevuto a Delfi come ad Atene durante i misteri eleusini. La simbologia dell'edera è riproposta da satiri e baccanti nel tirso avviluppato dall'edera sulla sommità.

Una conferma della discendenza egizia di questi misteri è attestata da Plutarco che riferisce l'allegoria dell'edera avvolta ad una colonna lignea nel celare il corpo di Osiride durante il processo di trasformazione del dio ( Plutarco, Iside e Osiride, cap. 15). L'edera è intesa da Plutarco, nella etimologia egizia da lui riferita, come pianta di Osiride (Plutarco, Iside e Osiride cap. 37). Anche Erodoto afferma che 'il nome di Osiride nella lingua greca è Dioniso' ( Erodoto II , 56) e così anche Diodoro (Diodoro I, 11, 1-5).

Si osservino quindi due immagini su una coppa del 540 a.C. proveniente da una tomba di Capua a Napoli (Pittore di Callis, coppa attica a figure nere con busti di Dioniso e Semele affrontati - Napoli, Museo Archeologico Nazionale, Stg. 172).

               



Siamo in Magna Grecia. Su un lato della coppa il busto di Dioniso è affrontato al busto di Semele, come dall'iscrizione, mentre sull'altro lato della coppa quattro giovani donne animano un rituale vicino ad un altare posto davanti al simulacro di Dioniso e una di esse attinge da un vaso.

                               

 

Si noti che Semele è coronata di edera, e viene raffigurata con l'indice e il mignolo della destra volti verso i propri occhi, mentre il medio e l'anulare sono piegati e tenuti chiusi dal pollice all'altezza della propria bocca. Questo gesto sembra alludere al silenzio iniziatico di chi ha visto, ha vissuto il rito e non parla. Il rito è riconducibile alle iniziazioni che avvenivano a Delfi,ivi, nelle cerimonie eleusine, un asino portava il cofano che avrebbe fatto da culla a Dioniso, iniziatore e guida delle anime rinate al suo seguito, dopo avere egli liberata la madre Semele dagli inferi per condurla agli dèi superni.
Come riferisce Aristotele (Atheniensium Republica, III,5) nella seconda delle tre giornate celebrative la sposa del re-arconte, assistita dal sacerdote e da quattordici ancelle compiva l'offerta di quattordici cesti misterici su quattordici altari, al tempio di Dioniso, quindi la sera ivi dormiva celebrando una ierogamia col simulacro del dio.
La nuova valenza del simbolo nell'ambito della mutazione su esposta è comprensibile anche dall'etimologia delle parole greche connesse:la parola greca “ mutos ” = mito, racconto, e contigua a “ muo ”= chiudo gli occhi, sto silenzioso, nell’indicare il carattere segreto dei riti e con esso il silenzio iniziatico. Il verbo greco “ mueo” = inizio ai misteri, significa, in modo ambivalente, sia istruire sia consacrare l’esperienza in un “ corpo di gloria ” sovraindividuale; l’iniziato produce in sé la propria trasformazione, secondo il modello del rito.


(Autore: Umberto Capotummino. Per ulteriori approfondimenti vedasi il suo libro "L'occhio della Fenice", Sapienza e divinazione dall'antica Cina all'antico Egitto, Ediz. Sekhem, 2006).

 

 

Sezione correlata in questo sito:

 

www.duepassinelmistero.com                                                                  Avvertenze/Disclaimer

                                                                          giugno 2008