Ziqqurat di Monte d'Accoddi
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                                                                          (report di Marisa Uberti)

A una decina di chilometri da Sassari, sulla Strada Statale 131 in direzione di Porto Torres, seguendo una deviazione indicata da un cartello, si giunge ad uno dei complessi megalitici più straordinari e singolari che ci sia capitato di vedere nell'occidente mediterraneo.Si tratta di quello che viene chiamato 'altare prenuragico di Monte d'Accoddi', ma la denominazione è abbastanza generica e non ci dice nulla sulla cultura che può averlo edificato.Il nome già di per sè racchiude un piccolo mistero,in quanto lo si trovava riportato in diverse versioni e gli storici non sapevano a quale dare maggior credito. Vada per 'monte', che in Sardegna indica anche una collinetta ma Accoddi? Talvolta scritto Agodi, Agoddi, Acode,o Monte La Corra, da pochi anni si è stabilito che nella carta catastale più antica di cui si disponga è citato come Monte de Code, cioè Monte di pietre. E tale doveva essere ritenuto nell'immaginario collettivo.Si sarà vista qualche pietra spuntare da quella 'collinetta' che il tempo aveva ricoperto di vegetazione, altre rotolate ai suoi piedi,e fu per l'interessamento dell'allora ministro sardo della Pubblica istruzione, Antonio Segni, poi divenuto Presidente della Repubblica, che si cominciò ad insinuare il sospetto che vi potesse essere un 'tumulo', forse Etrusco...chissà. Nessuno avrebbe mai immaginato cosa in realtà si celasse.

                                         

Dobbiamo premettere un fatto.Abbiamo faticato per trovarlo: le indicazioni sono presenti sulla SS 131, ma se si proviene da Valledoria, sulla strada a scorrimento veloce per Porto Torres, non v'è nulla che aiuti nella ricerca. Provvidenziale è stato un chiosco-informazioni sulla strada che stavamo percorrendo, mentre la gente del posto interpellata a Valledoria prima di partire, dimostrava di non conoscere il complesso archeologico. Una prima volta abbiamo trovato chiuso. Erano le 15 e un semplice foglio avvertiva che l'apertura era dalle 17 alle 20. Altre persone attendevano ma invano.'Torneremo un'altra volta', ci siamo detti. Infatti qualche giorno dopo, trovandoci nei pressi e sapendo ormai la dislocazione, siamo ritornati, puntuali alle 17 ma tutto era deserto. Non ci è voluto molto per capire che il sito è tristemente e incredibilmente abbandonato! Non esiste più biglietteria (c'è solo la piccola costruzione fisica ma sprangata) nè custode. Era stato allestito un ampio parcheggio, oggi chiuso con catenella, e pure un'area gioco per bambini nei pressi della biglietteria (scivoli e altalene che sono tutti arrugginiti evidenziando una totale assenza di utilizzo da tempo); dall'esterno si può intuire un percorso di visita che doveva comprendere l'accompagnamento da parte di personale-guida che illustrasse le vicende degli scavi...E del resto questo avevamo letto ma...Non c'è niente di tutto ciò:la nostra visita dell'agosto 2007 può confermare che sta calando l'oblìo su uno dei siti archeologici più sorprendenti che la Sardegna e l'Italia intera possano a nostro parere vantare (N.B.: nel luglio 2010 abbiamo ricevuto la gradita notizia da un cortese utente del nostro sito, che il sito di Monte d'Accoddi è stato adeguato per le visite! E' tornato dunque a funzionare e ne diamo con piacere la notizia, che incentiverà sempre più persone ad andare a visitarlo. La nostra visita - lo ricordiamo -risale al 2007).

Ma potevamo, dopo migliaia di chilometri, arrenderci così? No davvero. Un cartello diceva di seguire il viale pedonale, se si voleva arrivare al monumento. Un bellissimo viale 'cerimoniale' che pensiamo creato ad hoc per conferire al complesso cultuale la giusta cornice(ma forse poteva averlo avuto anche in origine) conduce ad un grande cancello,ovviamente chiuso.Ma la recinzione laterale,una rete,è stata divelta da chissà quanto ed è via di accesso per il sito archeologico.Ci chiediamo perchè nessuno faccia qualcosa per ridare a questo luogo il decoro e la considerazione che merita. Infatti esso è qualcosa di unico per tutta l'Europa: l'aspetto che presenta è di una ziqqurat, o altare a terrazza, simile alle costruzioni mesopotamiche.

Gli studiosi sono del parere che esempi del genere siano da rinvenirsi soltanto nell'area orientale.Il raffronto più significativo che viene fatto è con la ziqqurat di Anu, a Uruk, che venne realizzata in un'epoca che non si discosta molto da quella avanzata per Monte d'Accoddi ( III millennio a.C.) Si, proprio una sorta di 'piramide' tronca, a tre gradoni, devastata dall'erba secca per l'arsura.Avevamo visto immagini su alcune 'guide' e anche nei lavori pubblicati sui 'quaderni di 'Sardegna Archeologica', in cui si notano palizzate in legno di demarcazione del sito; doveva esservi perfino un Antiquarium in cui dovrebbero essere esposti pannelli didattici che illustrano i risultati degli scavi. Dove sono tutte queste cose? Perchè il sito è ridotto così?

La meraviglia e lo stupore si sono impossessati subito di noi, che vedendo la 'solita' rete ormai divelta da altri turisti che probabilmente hanno avuto la stessa spiacevole sorpresa di trovare il sito completamente abbandonato, abbiamo osato avvicinarci per vederlo meglio e poter scattare qualche foto-ricordo.

Sappiamo che l'indagine archeologica ebbe inizio negli anni '50 e fu eseguita in due riprese, a distanza di vent'anni l'una dall'altra, un po' per la sistematica mancanza di fondi che affligge molte altre realtà, presumiamo.Da questi primi scavi, ad opera dell'archeologo Ercole Contu, emersero le prime constatazioni: non si trattava affatto dell'ennesimo nuraghe (che non avrebbe destato un acceso interesse, dato che se ne contano circa ottomila nell'isola!), ma di qualcosa di ben diverso. Purtroppo la collina su cui sorge questo altare monumentale era stata usata dai militari durante la seconda guerra mondiale come trincea, e vi si era impiantata una batteria contraerea, che ha danneggiato gli strati superiori del monumento. Fin da subito ci si accorse che la struttura era fuori dal comune per le conoscenze che si aveva del territorio sardo, anzi dell'Italia intera:si trattava di una costruzione tronco -piramidale preceduta da una lunga rampa (di 41,50 metri, larga 7 metri nella parte iniziale e 13,50 in quella che si raccorda al lato sud della terrazza), un menhir, due tavole di offerta, un settore di villaggio e altri elementi dispersi per l'intero perimetro del santuario. Non si dimentichino pure le innumerevoli domus de janas (tombe ipogee) disposte quasi a ventaglio con i corrispondenti villaggi, intorno al santuario. Scoperte davvero eccezionali, che sollevavano enormi interrogativi, in parte mai sanati.

Ma non era ancora stato svelato dell'altro ancora! Nella campagna di scavo del 1979-1989, condotta dall'equipe del prof.Santo Tinè, emerse qualcosa di incredibile: la struttura, al suo 'interno' nascondeva una struttura del tutto analoga ma 'in piccolo', sicuramente più vecchia di quella che era stata costruita sopra! Dall'esterno non si vede nulla, ma da quanto sappiamo, l'ingresso di questa struttura primitiva inglobata nella successiva, è coperto da una lastra metallica.Distrutta probabilmente da un incendio, doveva originariamente avere le pareti e il pavimento dipinti di rosso e doveva essere usata per cerimonie o culti ancora non ben identificati.Aveva anch'essa la rampa di accesso, i gradoni e la parte terminale ospitava un 'naos', con ogni probabilità, ovvero il posto più intimo in cui si venerava la divinità.Questo altare a terrazza,che per distinguerlo da quello che venne ricostruito sopra,si denomina tempio A, occupa una superficie di 1491 mq e ha un volume di 3457 mc; il tempio B (quello più grande), 2531 mq,con un volume pari a 7590 mc.La differenza tra i due volumi corrisponde alla cubatura necessaria per rifasciare il primo altare distrutto dall'incendio(come si ritiene).

Ma chi aveva costruito quella prima, remota 'ziqqurat'? E perchè, se non era prassi costruirne nell'isola?

Da rilevare che prima ancora che sorgesse questo altare, chiamiamolo così, nell'area doveva trovarsi un luogo ritenuto 'sacro' contrassegnato da un menhir (ne sono stati ritrovati tre in totale, di cui uno più antico degli altri), con capanne attorno ad esso a costituire un fiorente villaggio; e forse ancor prima esisteva un villaggio di cui sono stati rinvenuti fondi di capanna e materiale fittile, riferibile al Neolitico recente (3500-3300 a.C.)

Perchè ad un certo punto si decise di costruire un santuario di simil fatta?

L'epoca è degna di attenzione:infatti è stata proposta una datazione che risale addirittura al 2700 a.C.(cultura di Filigosa) per la 'ziqqurat' grande, quella visibile oggi, che comunque è una data che precede pure la costruzione ufficiale delle piramidi d'Egitto (fatte risalire al 2450 a.C. circa, mentre quella a gradoni di Saqquara a cento anni prima, più o meno)!Roba da far sobbalzare chiunque ci rifletta, ci pare! Invece questo monumento giace inspiegabilmente 'dimenticato', ai margini di una landa deserta, in cui si notano in lontananza alcune fattorie e basta.

In base alla Tavola Cronologica, possiamo conoscere in quale suddivisione gli studiosi hanno 'ripartito' i periodi della storia sarda, corrispondenti alle diverse culture che li hanno caratterizzati (materiale prodotto, lavorazioni, etc.). In questo sito archeologico il materiale ritrovato è stato studiato e riconosciuto appartenente a diverse culture, succedutesi nei secoli. Pertanto la scienza ci dice che la prima occupazione dell'area avvenne nel periodo della cultura di S.Ciriaco (3500-3200 a.C.); vi si sovrappose un nuovo nucleo abitativo riferibile alla cultura di Ozieri (3200-2900 a.C.), provvisto di un'area di culto e segnata da un menhir di calcare squadrato e da una lastra di calcare con dei fori passanti.

In seguito, sul finire della cultura di Ozieri o all'inizio di Filigosa (Eneolitico, 2800-2600 a.C.), venne realizzato il primo altare a terrazza, munito di rampa e spianata, con il sacello intonacato e dipinto di rosso, curato nella sua realizzazione.Esso non durò molto tempo, poichè l'incendio lo distrusse e già nel 2700 a.C. (Cultura di Abealzu) ma forse anche poco prima, venne inglobato e occultato dal tempio B, il quale venne frequentato da diverse culture, come attestano i materiali ritrovati nelle capanne ai piedi della collina, e appartenenti a quelle di Filigosa, Abealzu, Monte Claro e Campaniforme. Attorno al 1800-1600 a.C.(cultura di Bonnanaro) il santuario smise di essere frequentato. Anche se vi sarebbero sporadiche tracce di un uso in epoca nuragica,fenicio-punica,romana e perfino medievale.

Si ritiene questo,cioè che venne abbandonato come tempio di culto, perchè nell'angolo sud-est della ziqqurat è stata rinvenuta una sepoltura (seppellimento di tipo secondario) che viene fatta risalire alla cultura di Bonnanaro, di un bambino di sei anni, di cui c'era solo il cranio, brachicefalo, sormontato da un vaso a tripode di terracotta:il bimbo era affetto da platicefalia, aveva cioè l'appiattimento congenito della volta cranica.Accanto al cranio era stata messa una ciotola.

Immaginiamo l'importanza che doveva rivestire questo luogo di culto.La rampa doveva servire a condurre l'officiante verso un simbolico punto di elevazione in cui essere più vicini al divino.Forse si svolgevano dei sacrifici sulla piattaforma? 

Interessante è il lastrone trapezoidale disseminato di coppelle e sostenuto da tre supporti irregolari, che si può vedere nella foto sopra.Esso ha sette fori passanti, la cui utilità certa è misteriosa.Si ipotizza che potessero esservi legati animali destinati al sacrificio rituale ma sarà davvero così? Dunque sarebbe stata una tavola per le offerte? Anche l'inghiottitoio naturale posizionato inferiormente alla lastra è di incerto significato:a che serviva?

E questa pietra sferoidale con coppelle a cosa serviva e perchè venne collocata nel sito?

E' in arenaria rifinita accuratamente e qualcuno ha avanzato la possibilità che rappresenti l'omphalos, il centro del mondo,come se per gli antichi questo luogo fosse talmente sacro da considerarlo il punto di incontro degli assi del mondo.In una visione simbolica,ovviamente.Un uso divinatorio o astronomico,anche se non escludibile, al momento non è preso in considerazione.Certo che se continuerà a stare sottoposto a tutte le intemperie, non si conserverà di certo...per alcuno studio futuro! 

Nei pressi della sfera fu rinvenuto un bacile-frantoio in trachite,sporco di ocra rossa.

Però si badi quante curiosità solo pensando ai tipi di pietre che qui si ritrovano:calcare, trachite, anzi ignimbrite che per reperirne bisogna allontanarsi di sei chilometri da qui (una seconda tavola per offerte è fatta di questo materiale), arenaria, quarzite(un'altra sfera ma più piccola ritrovata nei pressi dell'altra), granito (di una stele ritrovata nella parete nord della terrazza primitiva,quella inglobata per capirci).A proposito, sono molti i reperti che sono spuntati fuori durante gli scavi: frammenti di idoletti femminili, che si definiscono di tipo 'cicladico'(culto della Dea Madre?),ceramiche, due stele (una in calcare riporta un disegno con losanga e spirali).etc.

Molto interessante la capanna detta 'dello Stregone' e che forse era un'alchimista d'altri tempi? Dentro di essa trovavano 'posto' cinque ambienti di forma diversa,e dovette essere abbandonata in tutta fretta forse perchè incendiata:sul focolare si trovava ancora un trepiede; e poi c'era una brocca capovolta che conteneva una punta di corno bovino e alcune conchiglie marine bivalve; c'erano un centinaio di vasi -piccoli e grandi-un idoletto femminile,un peso da telaio decorato con dischi pendenti,numerose macine di pietra e altro materiale fittile.

 

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Il Santuario dovette godere di enorme venerazione e si suppone richiamasse gente da tutta l'isola. Ma perchè -se frutto di una cultura indigena- non ve ne sono altri di questo tipo in qualche altra zona della regione? E se fosse stato importato da un altrove, questo tipo di costruzione,a d esempio dal Vicino Oriente?  C'è chi dice che la mitica Atlantide sia da localizzarsi proprio qui in Sardegna...Con tutte le conseguenze 'del caso'...Cronologicamente troppi millenni separano la descrizione Platonica del meraviglioso continente perduto da un' ipotetica civiltà che avrebbe conservato un 'retaggio' di saperi straordinari e sofisticati, magari arrivati fino alla misteriosa generazione che costruì le terrazze di Monte d'Accoddi (vola,fantasia,vola),che hanno innegabilmente una connotazione atipica per quest'area,ma qualcosa di misterioso e di non chiarito c'è, eccome se c'è, in Sardegna. Popoli che 'dovrebbero' essere stati in una buia preistoria, isolati dal resto del 'mondo' si scopre che erano molto abili in tutte le loro attività, artigiani provetti, che seppellivano i loro morti in tempi ancestrali, denotando quindi una forma di culto che nel resto d'Italia era ancora assai nebulosa, che sapevano costruire templi come questo, o come i nuraghi che per quanto se ne dica sono tecnicamente avanzatissimi. Il tutto da genti illetterate che non usavano la scrittura.Allora com'è la questione? Diremmo ancora aperta, decisamente.Si sono fatti molti passi avanti grazie ai diversi settori della Scienza ma ancora tanto c'è da fare. E tanta è la voglia di conoscere.

 

La piattaforma della terrazza misura 37,50 x 30,50 metri. Le murature del monumento, conservate nella zona meridionale e orientale, misurano 5,4 metri d'altezza e sono costituite da grossi blocchi poliedrici di calcare appena sbozzati, disposti su filari irregolari.La loro funzione era di contenimento ed erano fortemente inclinate per motivi statici.

 

Non resta che confidare in una presa di coscienza da parte della Soprintendenza ai Beni Archeologici di Sassari, affinchè studi e ricerche possano continuare, le persone interessate possano usufruire di visite guidate, pagando un giusto biglietto d'ingresso o vengano informate sul posto delle ragioni per le quali il sito è attualmente interdetto (non vi sono cartelli di alcun tipo in tal senso, nessun divieto, niente di niente!). Abbiamo cercato di sensibilizzare i nostri lettori circa il fascino e l'importanza di una struttura simile sul suolo sardo e italiano; speriamo in molti possano comprendere l'inestimabile valore che possiede. Noi, i nostri consueti 'due passi nel mistero' li abbiamo fatti. E non li dimenticheremo mai.

Per una trattazione approfondita si veda l'articolo di Alberto Moravetti in 'Archeologia in Sardegna' (pdf)

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                                                                                  settembre 2007