www.duepassinelmistero.com

 

TEMATICHE:

Aggiornamenti

Alchimia

Antiche Civiltà

Archeoastronomia

Architetture

Colonne e Nodi

Due passi nell'Italia nascosta

Due passi nei misteri esteri

Fenomeni Insoliti

Interviste

L'Uomo e Dio

Maestri Comacini

Medioevo e...

Mistero o Mito?

Personaggi

Simbolismo

Simbologia e Cultura Orientale

Storia e dintorni...

Templari "magazine

Ultimi Reports

UTILITY:

Archivio reports

Bacheca

Collaboratori

Extra sito

Libri del mese

Links amici

Ricerca veloce titoli per argomento

SERVIZI:

FORUM

Newsletter

Avvertenze/ disclaimer

 

 

     

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

       

 

                                                                                La misura del tempo presso i Celti d’Irlanda

                                                                                    di Adriano Gaspani

                                                                                           I.N.A.F - Istituto Nazionale di Astrofisica

                                                                                                                 Osservatorio Astronomico di Brera - Milano

                                                                                                                              adriano.gaspani@brera.inaf.it

 

Qualsiasi popolo dedito all’agricoltura necessitò di un calendario o quanto meno di una serie di regole utili per la misura del tempo e alla divisione dell’anno in modo tale che fosse possibile la pianificazione, per tempo, delle attività agricole quali la semina e le successive lavorazioni atte ad ottenere un buon raccolto.  Eriu, ovvero l’antica Irlanda ebbe durante la protostoria uno o più sistemi di misura del tempo, ma la documentazione di redazione altomedioevale, peraltro ricchissima di riferimenti alle epoche passate, non ne descrive nessuno in maniera chiara, completa ed esaustiva, obbligando quindi a tentare una ricostruzione dell’antico calendario irlandese, mettendo insieme tutti gli indizi offerti dalla letteratura di redazione altomedioevale.

E’ paradossale che questa terra, patria dei più famosi computisti medioevali, non abbia mantenuto alcuna traccia degli antichi metodi di scansione del tempo, salvo accennare qua e là, nei testi, alle regole usate nei secoli precedenti l’arrivo di San Patrizio nell’isola.

I monaci utilizzarono il calendario giuliano, secondo i dettami della Chiesa, ma esistono evidenze di applicazione di talune regole empiriche molto più antiche che risalgono alla protostoria, o quanto meno all’età del Ferro, che in Irlanda si stende cronologicamente dal 400 a.C. fino al 400 d.C. In quel periodo i sistemi di misura del tempo concernevano i metodi di divisione dell’anno in sottoperiodi che potremmo chiamare “stagioni” sulla base delle variazioni climatiche  e altri più brevi: i “mesi”, basati sul computo lunare.  Esiste poi la divisione dei mesi in giorni, basandosi sulla periodicità della levata e del tramonto del Sole, nonché sulla rotazione apparente della sfera celeste in seguito al moto di rotazione della Terra sul proprio asse e al moto di rivoluzione intorno al Sole.

Per ultimo abbiamo la divisione del giorno in un certo numero di sottoperiodi, che potremmo impropriamente intendere come analoghi alle nostre “ore”, in modo che la giornata fosse convenientemente scandita.

L’analisi dei testi ci permette a malapena di ricostruire a grandi linee quelle che probabilmente furono le regole, note soprattutto ai druidi, ma patrimonio culturale comune a tutti gli abitanti di Eriu, con cui lo scorrere del tempo fu misurato, scandito e utilizzato ai fini agricoli, religiosi e sociali, che si propagarono anche nel successivo medioevo cristiano, tanto che nel “Saltair na Rann” (Salterio di Quartine), risalente all’VIII sec. d.C., e’ scritto che “ogni uomo intelligente deve conoscere 5 cose: il giorno del mese solare corrente, l’età della Luna, l’altezza della marea, il giorno della settimana e le feste dei santi”.

Attualmente non e’ noto alcun calendario oggettivo che fosse in uso nell’Irlanda dell’età del Ferro, nel senso che non esistono reperti archeologici analoghi ad esempio ai frammenti della tavola di bronzo del Calendario di Coligny, originario della Gallia meridionale, che testimonino un codifica funzionale ed oggettiva secondo uno schema formale di un sistema standard di misura del tempo.  E’ ovvio però che nell’Irlanda protostorica i sistemi di misura del  tempo esistevano ed erano correntemente in uso, in quanto la scansione del giorno e dell’anno rappresentava anche allora un’esigenza irrinunciabile, sia per il contadino che il pescatore,  il guerriero, il re o il druido; tale fatto e’ molto ben testimoniato da quanto riportato nei testi che fanno parte del corpus di letteratura mitologica ed epica il cui sviluppo risale con grande probabilità alla fase finale dell’età del Bronzo e alla successiva età del Ferro, ma che furono messi per iscritto dai monaci medioevali negli scriptoria dei monasteri d’Irlanda.  Il calendario di un popolo e’ fortemente influenzato da svariati fattori, quali il clima, la fertilità del suolo, la vicinanza di elementi geografici quali il mare, i fiumi, i laghi e le montagne ed e’ anche fortemente influenzato dalle abitudini quotidiane e dalle caratteristiche culturali di quel popolo, quali ad esempio l’attività agricola e/o pastorale con le sue particolari scadenze, nonché la ritualità che vi e’ strettamente connessa e che si collega alla pratica religiosa, devozionale, alla mitologia e alla sfera del magico. Anche i viaggi, la navigazione e i commerci influenzarono lo sviluppo del calendario o più in generale dei sistemi di misura del tempo che venivano via via raffinati ed adattati, con l’andare del tempo, alle particolari esigenze della comunità.

La misura del tempo era basata, in ambito protostorico, su una concezione ciclica, diretta espressione della ciclicità della natura e delle sue manifestazioni a cui non erano estranei i fenomeni celesti, tanto che pressoché in tutte le culture fu il cielo con le sue periodicità a fornire la chiave per lo sviluppo di efficaci ed univoci sistemi calendariali.

Anche l’Irlanda protostorica non fece eccezione e la stretta ed accurata analisi della letteratura tradizionale e dei suoi testi mostra che furono ancora una volta il Sole, la Luna e le stelle, gli elementi fondamentali su cui i druidi basarono gli schemi di misura del tempo e lo sviluppo del calendario.

Non dobbiamo compiere l’arbitrio, purtroppo  comunemente diffuso in passato ad opera di molti studiosi anche di altissimo livello, quali ad esempio l’irlandese Eoin McNeill, gia’ ministro dell’istruzione negli anni ‘30 nella neonata repubblica irlandese, e da altri, di utilizzare il calendario di Coligny, come uno schema calendariale generale e comune a tutte le comunità celtiche europee, e calarlo pari pari entro la cultura e la società irlandese dell’età del Ferro, solo perché essa era stata riconosciuta celtica a tutti gli effetti.

Una delle motivazioni si cui tali studiosi si sono spesso basati e’ una citazione di Giulio Cesare nei suoi Commentarii De Bello Gallico in cui viene affermato che la scienza dei druidi gallici provenga dalle isole Britanniche dove talvolta essi si recano per apprenderla e perfezionarla.

Non e’ assolutamente vero che un calendario archeologicamente documentato, collocabile cronologicamente al II secolo d.C. e diffuso presso gli Ambarri, una popolazione gallica del sud della Francia, potesse riflettere il sistema calendariale protostorico irlandese o al minimo celtico insulare.  Se esaminiamo i testi appartenenti alla letteratura epica e quelli di cui i monaci eseguirono la redazione sulla base delle antiche leggende, rileviamo moltissime tracce di astronomia, di osservazioni degli oggetti celesti e di misura del tempo, ma in nessun caso esiste menzione del ciclo di 2.5 anni e dei suoi multipli pari a 5 anni, 30 e 60 anni utili a fasare ragionevolmente il computo lunare con quello solare, come sono codificati sulla tavola di bronzo dissotterrata nel 1897 a Coligny, nella regione dell’Ain in Francia.

Addirittura non esistono traccie risalenti alla protostoria di tentativi documentati  di fasare il computo lunare con quello solare tanto che probabilmente questa esigenza non fu molto sentita in Irlanda; la mancanza di esplicite tracce documentarie però non implica di per se che il tentativo di accordare i due computi non sia stato tentato e forse anche coronato da successo in quanto la grande abilità dei druidi hibernici è esplicitamente documentata dai testi.  La fasatura tra i due computi venne ad essere però un’esigenza fondamentale in epoca medioevale cristiana in quanto i monaci, da Mo Sinu Maccu Min, abate a Bangor e precettore di S. Colombano in poi, ebbero l’incombenza del calcolo della corretta data della Pasqua e delle altre feste liturgiche ad essa collegate, ma lo schema utilizzato si basava sul computo solare tipico del calendario giuliano, come previsto dall’ambiente cristiano di importazione romana.  Di nuovo il Saltair na Rann (Salterio di Quartine), manoscritto redatto attorno al X secolo affermava con molta chiarezza che le persone colte in Irlanda dovevano conoscere le costellazioni dello zodiaco con i loro nomi nel corretto ordine e l’esatto mese e giorno in  cui il Sole entrava in ciascun segno.  Il Saltair na Rann asseriva anche che il Sole restava 30 giorni e 10 ore e mezza in ogni costellazione zodiacale, che corrisponde al risultato del semplice calcolo: (365.25 giorni/12 mesi); questo indica chiaramente che l’anno utilizzato nel X secolo in Irlanda era quello giuliano stabilito in 365 giorni e 6 ore.  Nel Manoscritto di Maundeville e’ citato il termine antico irlandese “reithes grian” per definire lo zodiaco  con il significato di “ruota del Sole”.  La definizione della data di entrata dell’astro diurno entro ciascuna costellazione dello zodiaco, come stabilito nel Saltair na Rann mostra però una chiara origine medioevale che non può essere fatta risalire a tempi più remoti.  Va a questo punto ricordato che il transito annuale del Sole attraverso le 12 costellazioni zodiacali poteva essere tranquillamente noto sin dal Neolitico in quanto e’ abbastanza evidente all’osservazione che il Sole e la Luna percorrono la loro traiettoria annuale apparente nel cielo attraversando solamente le costellazioni comprese in una ristretta fascia della sfera celeste: lo zodiaco.  La posizione del Sole nello zodiaco avrebbe quindi potuto costituire un efficace metodo per scandire il tempo a cadenza annuale, anche se probabilmente limitato alla vicinanza del Sole a talune stelle di tali costellazioni, visibili all’alba prima della levata dell’astro: in parole povere alle loro levate e ai loro tramonti eliaci.

L’osservazione delle levate eliache delle stelle delle costellazioni zodiacali permetteva di rendersi conto in maniera molto evidente, mediante la semplice  osservazione ad occhio nudo, della posizione del Sole giorno dopo giorno ed il suo moto apparente attraverso quelle costellazioni.  Nell’Irlanda dell’età del Ferro erano noti i solstizi e l’anno solare corrispondeva al lasso di tempo che intercorreva tra due solstizi dello stesso tipo.  Il termine old-irish che si riferisce al solstizio era “grien tairisem” che si traduce letteralmente come “il tempo in cui il sole indugia”; tale termine, per quello che se ne sa, non faceva distinzione alcuna tra il solstizio d’estate e quello d’inverno.  Nell’irlandese moderno il termine e’ evoluto in “grianstad”, che significa: “il tempo in cui il sole si ferma”; in questo caso l’unione di due termini, uno irlandese puro (“grian” cioe: Sole) e uno derivato dal latino (“stad” da “statio”: immobilità) appare del tutto evidente.

Dal punto di vista astronomico dobbiamo rilevare che nel 100 a.C. al solstizio d’inverno il Sole sorgeva tra le costellazioni di “an Pocan” (“la Capra”), corrispondente all’attuale Capricorno e di “Laoch Caithe Saighead” (“l’eroe dalle freccie scoccate”) cioe’ il Sagittario. Al solstizio d’estate invece il Sole era posto tra la costellazione di “an Trogan” (“il Corvo”) corrispondente alle stelle dell’attuale costellazione del Cancro e quella di “an Cupla” cioe’ i Gemelli.

A quanto pare le trascrizioni dei monaci medioevali ci permettono di rilevare che anche la nozione di equinozio era probabilmente nota, ma sicuramente solo in ambito medioevale come conseguenza delle informazioni portate nell’Isola dalla Cristianità, in relazione alla Pasqua, mentre con grande probabilità, in epoca precedente la nozione di equinozio era sconosciuta, non corrispondendo ad alcun fenomeno direttamente osservabile e rilevabile con certezza a meno di ammettere che le posizioni equinoziali del Sole tra le costellazioni zodiacali fossero note, cosa che lascia però moltissimi dubbi.

Nonostante questo, il termine antico-irlandese per l’equinozio esiste ed e’ noto: “deiseabhair na grene”,  cioè “il tempo in cui il Sole è di fronte al sud”, ma il significato e l’origine di questa curiosa trasposizione letterale del termine  old-irish rimangono ancora avvolte nel mistero tanto più che la lingua irlandese ancora utilizza “deiseabban” per indicare “la parte esposta al sole” o “deiseach” per intendere “di fronte  al sud”.

Quello che sappiamo e’ che gli irlandesi dividevano il “bliadain” cioe’ l’anno due parti, secondo il sistema bi-stagionale comune al mondo celtico, che comprendeva la stagione invernale, il“geamradh”, che copriva il periodo che intercorreva tra la festa di Samain e quella di Beltaine, transitando per Imbolc che ne rappresentava il momento centrale, ma che sanciva anche un momento di speranza e di rinascita in quanto si era al “giro di boa” iniziando ad uscire dall’inverno.  La stagione estiva, il “samrad”, completava l’anno andando da Beltaine al successivo Samain e il suo momento centrale era la festa di Lugnasad.  E’ noto dalla letteratura epica che da Samain a Beltaine i guerrieri  dormivano al chiuso e da Beltaine a  Samain i guerrieri dormivano all’aperto.  Le due unita’ stagionali messe insieme producevano 1 “bliadain cioe’ 1 anno.  che andava da Samain al Samain successivo e corrispondeva all’intervallo che intercorreva tra  due levate eliache (“fair” in old-irish) consecutive della stella Antares (“an dam allaid”), nello Scorpione (“an Scairp”), periodo di tempo che formalmente vale  1 anno siderale, pari a 365.25636 giorni solari medi.  E’ molto interessante rilevare che l’irlandese antico prevede un termine linguistico ben preciso, cioe’ “fair” per indicare la levata eliaca di una stella; il suo significato letterale e’ “primo brillare ” ma anche “primo apparire” (alla mattina).  Un singolo “bliadain” era composto anche da 4 “raith”, e ciascuno di essi si stendeva da una festa alla successiva, nel senso che il primo “raith” andava da Samain ad Imbolc, il secondo “raith” si stendeva da Imbolc a Beltaine, mentre il terzo “raith”, comprendeva il periodo intercorrente tra Beltaine e Lughnasa, e il quarto “raith” andava da Lughnasa fino al successivo Samain.

In questo modo sia “samrad” che “geamradh” comprendevano 2 “raith” ciascuno.  Il “bliadain” era il generico “anno” scandito in maniera siderale essendo basato sulle levate eliache delle stelle, ricordiamo comunque che tra 2 levate solari solstiziali consecutive dello stesso tipo, intercorre invece 1 anno tropico che comprende 365.24219 giorni solari medi e che quindi e’ un poco più corto rispetto all’anno siderale di circa 20.4 minuti; l’anno tropico e’ quello che, definendo il succedersi delle stagioni, ha rilevanza dal punto di vista agricolo, potremmo definirlo “l’anno del contadino o del pastore”, mentre l’anno siderale ha rilevanza dal punto di vista del culto e delle celebrazioni delle festività rituali e potremmo definirlo “l’anno del druido”.

 

  

                                 

 

                                                                                        La struttura dell’anno antico irlandese

 

Apriamo qui una breve parentesi di tipo linguistico per mettere in evidenza che in irlandese antico il termine “an druinneach”  cioe’ il contadino e il termine “ an drui” cioe’ il druido derivavano dalla medesima radice: entrambi erano, ciascuno dal suo proprio e personale punto di vista, personaggi esperti della natura e dei suoi  fenomeni.

La differenza tra anno siderale ed anno tropico e’ dovuta al fenomeno della precessione degli equinozi che produce un progressivo sfasamento tra i due anni che fa si, alla fine, che le date delle levate eliache delle stelle di riferimento si spostino avanzando lentamente, ma progressivamente, rispetto alle stagioni.  Appare però chiaro che uno sfasamento progressivo al ritmo di 20.4 minuti annui comporterà  che in capo a 1000 anni (grosso modo l’estensione dell’età del Ferro in Irlanda) le date di levata eliaca si siano spostate avanti nella stagione di ben 14 giorni, trascinando con loro le date rituali di celebrazione delle feste stabilite dai druidi.

Dal punto di vista agricolo e dell’allevamento del bestiame la differenza di 14 giorni, alla latitudine dell’Irlanda, non e’ sostanziale e durante tutta l’età del Ferro, non sussistettero particolari problemi di sfasatura tra l’anno basato sul Sole e quello basato sulle stelle, quindi il “bliadain” era di fatto un riferimento temporale univoco.

L’anno lunare e’ formato da una sequenza di 12 “mionna” cioe’ 12 lunazioni e siccome ciascun “mi” (lunazione) mediamente vale, 29.5306 giorni solari medi, la lunghezza complessiva dell’anno lunare e’ 354.3672 giorni solari medi, vale a dire 10.9 giorni più corto del “bliadain”, questo implica che una data stagione climatica , che dipende dall’anno solare tropico, ritorna in fase con il computo lunare dopo 33.5 anni.

Questo fatto obbligava l’agricoltore e il navigante a trascurare il computo lunare ai fini della pianificazione delle loro attività rivolgendosi, come e’ avvenuto in Irlanda e più in generale in tutto il mondo celtico al computo stellare, basato sulle date delle levate eliache delle stelle: il computo lunare serviva ai druidi e non ai contadini.

Nell’antico irlandese la Luna ebbe almeno tre denominazioni: “esca”, “re” e “gealach” e anche nell’antica Irlanda le fasi lunari fornirono un modo efficace per stabilire il mese (“mi”) e la settimana (“sechtman”) ; la lunazione, cioè l’intervallo tra due noviluni, noti con il nome old-irish di “earradubh” o due pleniluni, detti “esca” oppure “esce”,successivi, era appunto detta “mi”e forniva una buona approssimazione per il mese formato da 4 settimane che andavano da una fase lunare principale a quella successiva, impiegando 7 o 8  giorni solari medi definite approssimativamente come l’intervallo di tempo che trascorre tra il novilunio e il primo quarto, tra il primo quarto e il plenilunio, tra il plenilunio e l’ultimo quarto e tra l’ultimo quarto e il successivo novilunio.

 

 

                                                                               

 

                                                                                              Aes n esci”, cioè l’età della Luna

 

Le stelle e gli altri corpi celesti diventano invisibili all’osservazione ad occhio nudo nel periodo della loro congiunzione eliaca (in longitudine eclittica), cioè quando il Sole e’ situato prospetticamente vicino a loro, o quanto meno quando ha pressochè la stessa longitudine eclittica dell’astro.

Il periodo di invisibilità di un astro, sia esso una stella oppure un pianeta, e’ l’intervallo di tempo che intercorre tra il tramonto eliaco dell’astro alla sua successiva levata eliaca.

Nel giorno della levata eliaca, l’astro e’ visibile al mattino, poco prima del sorgere del Sole, mentre alla data del tramonto eliaco l’astro e’ visibile alla sera appena dopo il tramonto del Sole; quindi il periodo dell’anno in cui la stella o il pianeta e’ visibile e’ quello che va dalla data di levata eliaca a quella del tramonto acronico successivo, cioè quando la stella tramonta poco prima della levata del Sole.  I fenomeni eliaci venivano accuratamente osservati e registrati dagli antichi e rivestirono un ruolo di particolare rilievo, soprattutto dal punto di vista agricolo e rituale presso quasi tutte le culture che si sono avvicendate sul pianeta, comprese le comunità protostoriche irlandesi. I cosiddetti fenomeni eliaci sono sostanzialmente quattro e cioè la levata e il tramonto eliaco, la levata e il tramonto acronico.

La levata eliaca di una stella si riferisce al primo giorno di visibilità, ad occhio nudo, dell’astro, ad oriente, prima del sorgere del Sole.  In questo caso la stella, appena sorta, si trova pochi gradi sopra la linea dell’orizzonte astronomico locale, mentre il Sole e’ ancora alcuni gradi sotto di esso; il cielo e’ in questo caso gia’ relativamente rischiarato dalla luce del Sole che sta per sorgere.

Il tramonto eliaco di una stella si riferisce invece all’ultimo giorno di visibilita’ visuale dell’oggetto, appena dopo il tramonto del Sole; in questo caso la stella si appresta a tramontare in corrispondenza dell’orizzonte occidentale subito dopo il Sole e rimane visibile per pochissimo tempo.

La levata acronica di una stella si riferisce al primo sorgere dell’oggetto, all’orizzonte orientale appena dopo il tramonto del Sole ad occidente.  In questo caso la stella diviene visibile a causa della diminuzione della luminosita’ del cielo all’imbrunire, man mano che il Sole scende sotto l’orizzonte locale.  Il tramonto acronico di una stella si riferisce all’ultimo giorno di visibilita’, ad occhio nudo, dell’oggetto poco prima del suo tramonto all’orizzonte occidentale appena prima del sorgere del Sole, all’alba, in corrispondenza del segmento opposto dell’orizzonte astronomico locale.

Gli eventi eliaci erano correntemente osservati presso le popolazioni antiche, mentre gli eventi acronici erano meno seguiti in quanto il margine d’errore che poteva essere raggiunto, mediante l’osservazione visuale, era piu’ elevato rispetto a quello dei fenomeni eliaci.

I fenomeni eliaci sono parte integrante della ritmicità del cielo, di conseguenza molte antiche culture, presso le quali l’osservazione del cielo fu molto praticata, li inclusero nella lista dei fenomeni celesti ritenuti importanti e come tali, degni di attenta e continua osservazione e registrazione, soprattutto a causa della loro elevata risoluzione temporale.

Nella maggioranza dei casi i fenomeni eliaci ebbero a che fare con lo sviluppo dei primi calendari e con la cadenza delle festivita’ rituali lungo l’anno, come avvenne nell’Irlanda protostorica.

L’osservazione della sequenza delle levate eliache che sono visibili in un determinato luogo, permetteva la delimitazione agevole ed univoca di una serie di date ben precise durante l’anno, generando quindi un accurato calendario stellare.  Praticamente tutti gli antichi popoli, di cui disponiamo di documentazione scritta relativamente ai loro usi, costumi e tradizioni, utilizzarono questo metodo per definire con ragionevole accuratezza le date fondamentali utili alla pianificazione agricola e alla navigazione, basti ricordare il greco Esiodo e la sua opera “Le Opere e i Giorni”.

Spesso concomitantemente all’epoca della levata eliaca di una determinata stella veniva celebrata una festa la quale era generalmente connessa, dal punto di vista rituale, sia all’evento astronomico che ne determinava la ricorrenza, sia all’evento sociale che doveva essere celebrato.

Anche i le popolazioni celtiche stanziate sul territorio  europeo, calibrarono la cadenza della quattro feste fondamentali dell’anno basandosi sulle date di levata eliaca delle stelle più luminose.

In ambito celtico continentale, le quattro feste rituali principali, durante l’anno, erano connesse con la levata eliaca di quattro stelle luminose, Antares, Aldebaran, Capella, e Sirio, la prima delle quali stabiliva anche l’epoca di inizio dell’anno agricolo e rituale, oltre che della stagione invernale e la seconda sanciva l’inizio della stagione estiva.

La letteratura epica irlandese narrando le varie vicende che ne costituiscono i testi fa molte affermazioni relativamente all’osservazione delle stelle all’alba prima che il Sole sorga all’orizzonte e questi passi possono essere intepretati, con una certa sicurezza, come un modo per stabilire le date durante l’anno sulla base della prima visibilità (“fair”) delle stelle più luminose, cioè sulla base delle loro levate eliache:

<<...La Terra ha sognato il bianco silenzio dell’alba e la stella che sorge prima del levarsi del Sole...>>

Questa frase viene pronunciata dalla dea Brigit dei Tuatha de Danaan in ed e’ raccontata nella legenda: “Coloro  che diedero forma alla Terra”; l’interpretazione e’ molto chiara e si riferisce al fenomeno della levata eliaca di una stella.

Un’altra citazione tratta dallo stesso testo e’ esclamata da Angus, sempre dei Tuatha de Danaan:

<< O stella del mattino, non avessi io mai udito il vostro canto...>>.

  Ma e’ sempre Brigit che canta:

<< Ora arriva l’ora predetta. E’ forse una nuova e splendida stella che balza fuori dalla notte?>>, ed ancora, sempre Brigit: << ...lasciate che la stella sorga, lasciate che la fiamma si innalzi. >>.

Mediante il calcolo astronomico e’ possibile ricostruire tutta la sequenza delle levate eliache delle stelle documentate nella letteratura irlandese e mettere in evidenza che tale sequenza costituiva di fatto un efficientissimo calendario stellare.  Prima di tutto, per eseguire questi calcoli e’ necessario fare delle ipotesi appropriate relativamente alla purezza media del cielo mattutino nella verde isola durante l’età del Bronzo e del Ferro ed e’ possibile stimare che mediamente il cielo in assenza di sensibile inquinamento potesse essere tale che qualche ora prima del sorgere del Sole la stella più debole visibile ad occhio nudo nel cielo, da un osservatore medio, allo zenit, potesse raggiungere la magnitudine visuale 6.0, mentre la dispersione di luminosità del cielo fosse decisamente bassa, tanto che il coefficiente medio di estinzione atmosferica potesse essere fissato a k=0,2 lungo tutto l’arco dell’anno.  In questo modo la prima visibilità di una stella avveniva secondo una data ben precisa conservando comunque un errore di un paio di giorni di possibile ritardo a causa delle caratteristiche ottiche dell’atmosfera e dell’acuita’ della vista dell’osservatore umano che scrutava l’orizzonte orientale.  I calcoli astronomici sono stati eseguiti per un osservatore posizionato  in corrispondenza della residenza regale di Temair  (Tara) essendo questa la località più importante in tutta la storia dell’Irlanda antica per una collocazione cronologica pari al 100 a.C., che secondo i canoni regali Breasal era re supremo d’Irlanda avendo regnato dal 103 a.C. al 91 a.C.

Le variazioni calendariali dovute al cambiamento di latitudine, volendo eseguire i calcoli per differenti località, sono minime e comunque l’errore rimane entro 1 o 2 giorni, entro tutta l’età del Ferro irlandese.

Va tenuto ben presente che le date giuliane che emergono dai calcoli servono solo a noi, per renderci conto della stagione e del periodo dell’anno in cui i fenomeni eliaci delle stelle avvenivano e quindi in quale contesto stagionale le feste agricole, pastorali e rituali venissero celebrate, mentre per la gente protostorica irlandese, i conteggi avvenivano contando giorni trascorsi dal verificarsi del fenomeno di riferimento.

Partiamo dall’inizio del “bliadain” cioe’ all’inizio del primo “raith” del“geamradh”, nel giorno teorico di celebrazione della festa di Samain, definita dalla prima apprizione di “an Dam Allaid” prima del “turcbal” (il sorgere del Sole); in termini astronomici e calendariali moderni, siamo alla levata eliaca di Antares che avveniva teoricamente il 25 Novembre del calendario giuliano.  Il riferimento successivo era la levata eliaca di “ an Iolar” (la stella Altair), la quale avveniva 11 giorni dopo e successivamente, dopo altri 18 giorni, si verificava il “grien tairisem”, cioe’ il solstizio d’inverno.

La prima apparizione di “ an Iolar” precedeva il “grien tairisem” esattamente di una lunazione, tanto che il solstizio poteva essere predetto sulla base della levata eliaca di Altair, osservando la fase lunare di quel giorno e attendendo la stessa fase, alla lunazione successiva.

Il fenomeno eliaco successivo avveniva teoricamente a metà Gennaio con la levata eliaca della stella Scheat e nella prima settimana di Febbraio si verificava concomitatemete la prima visibilita’ di “an Coire”, cioe le stelle Markab e Sirah nella costellazione di Pegaso.

Siamo ora giunti al termine del primo“raith”, essendo arrivati alla celebrazione della festa di Imbolc posta approssimativamente 2 lunazioni dopo il solstizio d’inverno, circa a metà Febbraio.

La successiva levata eliaca documentata e’ quella di “an Aistear” (la stella Hamal, nell’Ariete) che avveniva, nel secondo“raith”, 80 giorni dopo la festa di Imbolc e 43 giorni dopo finiva anche il secondo “raith” essendo giunti alla prima visibilita’ di “an Tarbh” (la stella Aldebaran) e quindi alla celebrazione  della festa di Beltaine la quale dava inizio alla seconda serie di “raith” compresi in “samrad”, cioe’ la stagione estiva.

Iniziava cosi’ il terzo “raith” e 2 giorni dopo avveniva la prima visibilita’ di “Crannarain”,Griglean”, “Grioglachan”, “Meanmnach” cioe’ le Pleiadi e dopo altri 4 giorni avveniva il secondo “grien tairisem”, cioe’ il solstizio d’estate, che cadeva il teoricamente il 26 Giugno del calendario giuliano Dopo mezza lunazione avveniva la prima visibilità di “an Cupla” (la coppia di stelle Castore e Polluce, nei Gemelli) e dopo altri 2 giorni avveniva la levata eliaca di “An Selgaire Mhor” cioe’ Orione con la sua brillante stella rossa Betelgeuse e dopo altri 11 giorni avveniva la prima visibilita’ di “Buaile an Bhodaigh” che corrispondeva alle tre stelle della Cintura di Orione, cioe’ Mintaka, Alnilam e Alnitak ed anche la levata eliaca di Rigel, che chiudeva la serie delle levate eliache delle stelle del “Grande Cacciatore” o in alternativa di “Nuadu Airgetlan” (Nuadu dal Braccio d’Argento), mentre 9 giorni ancora dopo levava la stella Procyon; si chiudeva il terzo“raith”.

Il quarto e ultimo “raith” del corrente “bliadain” si apriva con la prima visibilità di “an Madra” (la stella Sirius) e di “an Coran  (la stella Regulus) intorno alla prima decade di Agosto, dando origine alla celebrazione della festa di Lugnasa, dopo una lunazione era la prima visibilità di “an Claiomh” (la stella Arcturus) a scandire l’anno e 24 giorni dopo era “an Gort” (la stella Spica) a levare eliacalmente rammentando al contadino e al pastore, l’incipiente “geamradh”, la stagione invernale e la necessità di mietere il grano e macellare il bestiame più debole che non avrebbe superato l’inverno.

L’evento eliaco successivo riguardava “an Clairseach” (la stella Vega) e nuovamente dopo una lunazione era la prima visibilità di “an Eala” (la stella Deneb) a ricordare al druido che 10 giorni dopo, la levata eliaca di “an Dam Allaid” avrebbe si nuovo stabilito la celebrazione della festa di Samhain, la fine del quarto “raith” e anche del “bliadain” iniziandone uno nuovo e chiudendo il ciclo stagionale.  Ora apriamo una breve parentesi in relazione all’anno agricolo irlandese antico; poco sopra e’ stato affermato che il “fair” di “an Gort”, cioe’ la levata eliaca di Spica prevedeva la mietitura del grano.

Questo e’ espressamente documentato nel  Lebor Gabala Erenn  che riporta il dialogo tra Lug e il druido Maeltine Mor Brethach (Maeltine dai Grandi Consigli) Maeltine disse: << La primavera e’ tempo per arare e seminare e l’inizio dell’estate e’ fatto  perche’ cresca il grano; e l’inizio dell’autunno perche’ esso maturi e  l’inverno e’ fatto perche’ ne sia gradito il frutto >>, da cui appare facile ricostruire la semplice, ma efficente struttura dell’anno agricolo in uso in Irlanda durante l’età del Ferro,  diviso in quattro “raithe” come  segue.

Tra il primo ed il secondo “raith” avveniva l’aratura dei campi e la semina del grano dopo la celebrazione della festa di “Imbolc” (nota anche come “oimelc”); le stelle di riferimento per la celebrazione della festa erano quelle della costellazione  di Pegaso (“an Coire” cioèil Calderone”), e alla data della loro levata i contadini provvedevano a seminare. Tra il secondo ed il terzo“raith”, dopo il suo sviluppo,  il grano veniva accudito e cresceva; la stella di riferimento era Aldebaran, nel Toro, “an Tarbh” e la festa corrispondente era “Beltaine”, principio di Samradh cioe della stagione estiva.  Tra il terzo ed il quarto “raith” il grano giungeva gradualmente a maturazione, a secondo dell’andamento climatico stagionale di quell’anno, durante questo periodo veniva celebrata la festa di “Lugnasad”  e le stelle di riferimento erano  Sirio nel Cane Maggiore  (an Madra) e Regulus nel Leone (“an Coran”).  Verso la fine del quarto “raith” in concomitanza della levata eliaca delle stelle della costellazione della Vergine (“an Gort” cioe’ “il Campo” (coltivato), ma denominata anche “an Mhaighdean” cioe’ la “fanciulla del frumento”) i contadini procedevano alla mietitura ed al raccolto.

Il quarto “raith” e quindi anche il corrente “bliadain”, terminavano con la festa di Samhain e parimenti iniziava il successivo “geamradh” la stagione invernale ed in tale occasione le stella di riferimento era nuovamente Antares nella costellazione dello Scorpione (“an Dam Allaid”, cioè “il Cervo” per gli antichi irlandesi che comprendeva solamente la parte superiore della costellazione come oggi la conosciamo).

A “Samhain” iniziava il primo “raith” dell’anno successivo.  L’intervallo di sette (o talvolta 8) “dia “ (giorni) tra una fase lunare principale e la successiva era il “sechtman” cioe’ la settimana e ciascun giorno aveva il suo proprio nome, ma la conoscenza della denominazione dei giorni della settimana, presso le comunità antico-irlandesi e’ una questione mal documentata, molto ambigua e di difficile soluzione.

Il termine antico irlandese “sechtman” potrebbe conservare traccia di una possibile origine latina (da “septem dies” cioe’ sette giorni, anche se il corretto termine latino era “Hebdomada” ), ma i vari studiosi hanno opinioni nettamente discordanti su questo argomento.

Se fosse cosi’, il termine  risulterebbe essere di origine tarda, sicuramente coniato dopo l’introduzione del Cristianesimo e quindi potrebbe mostrare l’influenza della Chiesa Romana.

La mancanza di un termine irlandese arcaico (per lo meno non e’ attualmente noto) per l’intervallo compreso tra due fasi lunari principali potrebbe far pensare che le comunità irlandesi protostoriche non lo utilizzassero.

I nomi dei giorni della settimana documentati durante l’alto medioevo sono i seguenti: “Domnach” (Domenica), “Dia Luain” (Lunedi), “Dia Mairt” (Martedi), “Cetain”, “Cetoin”, “De Cetain”, oppure “Dia Cetaine” (Mercoledi’), “Dardoen” (cioe’ “etar da oin”) (Giovedi’), “Aine”, “Dia Aine” (cioe’ “dia oine didine”) (Venerdi) e “Dia Sathairn” (Sabato).

Anche il significato dei termini utilizzati per alcuni giorni tradisce l’origine cristiana, infatti il significato (non l’accezione linguistica) di “Dia Cetaine” (Mercoledi’) puo’ essere messo in relazione con “Dia” che significa “giorno”, “ceud” che significa “primo” e “aoine” che significa “digiuno” in parole povere: “giorno del primo digiuno”.

Lo stesso avviene per “Dardoen” (Giovedi’) cioè “etar da oin” che significa “tra i due digiuni” e nuovamente “Dia Aine” (Venerdi’) cioe’ “dia oine didine “ che significa “giorno dell’ultimo digiuno”, per non parlare di “Domnach” (Domenica) la cui origine latina mostra un legame con il latino “(dies) Dominica” cioe’ “il giorno del Signore”.

Alcuni anni orsono il prof. Daibhi O’ Croinin della National University of Ireland a Galway scopri’ dentro una miniatura a margine di una pagina di un manoscritto  di “Computus” conservato al St. John College di Oxford una sequenza di giorni che dovrebbe essere piu’ antica e forse risalire ad origini irlandesi precristiane e si presentava in questo modo:

 

                                     I   dies scrol

                                     II  Diu luna

                                    III  Diu mart

                                   IIII  Diu iath

                                    V   Diu ethamon

                                    VI  Diu triach

                                   VII  Diu satur

 

 

  St. John College , Oxford , MS 17, fol. 71v. Gli antichi nomi dei giorni della settimana sono indicati nella miniatura circolare più in basso a sinistra.

 

La questione a questo punto diventa oltremodo interessante in quanto il termine “dies scrol” per la Domenica ha origine poco chiare e sicuramente non latine, mentre “Diu luna” per Lunedi’ mostra una possibile connessione latina, come “Diu mart” per Martedi’, ma  nuovamente “Diu iath” (mercoledi’) ridiventa molto oscuro, come lo e’ il termine “Diu ethamon” usato per indicare il Giovedi’ e anche “Diu triach” per  Venerdi’ mentre “Diu satur” tradisce il legame con Saturno e quindi qualche connessione latina.

 

 

                                         

  La miniatura che contiene i giorni della settimana e’ sormontata dalla scritta “Secundum Scottos” cioe’ “Secondo gli Irlandesi”.  I giorni elencati sono: I.  dies scrol, II.  Diu luna,  III.  Diu mart, IIII.  Diu iath, V.  Diu ethamon, VI.  Diu triach, VII.  Diu satur.

 

A questo punto diventa comprensibile anche un oscuro verso contenuto nel Sanas Cormaic (il Glossario di Cormac, risalente a prima del 908 d.C.): “Sroll .i. soillsi unde est aput Scottos diu sroll .i. dies solis” la cui traduzione combinata dal latino e dall’irlandese antico suona: “Sroll che e’ la luminosita’, donde “diu sroll” tra gli Irlandesi, che e’ Domenica”; (l’abbreviazione “.i.” nei manoscritti altomedioevali irlandesi indica “che  ”).

  •   Occupiamoci ora della misura delle ore del giorno.

In un passo del Libro di Leinster, riportato anche nel “Leabhar Gabala” e nel  Libro giallo di Lecan”, il mitico guerriero CuChulainn, eroe delle saghe epiche irlandesi,che potrebbero secondo alcuni studiosi riflettere abbastanza bene l’ambiente irlandese dell’età del Ferro, nel corso di una festa, all’improvviso vuole sapere che ora sia, ed ordina al suo auriga, “Loeg, esci, guarda le stelle in cielo ed accertati del  sopraggiungere della mezzanotte”. Questa affermazione e’ emblematica in quanto solo un’approfondita  conoscenza delle stelle visibili in cielo, notte dopo notte, permette di stabilire l’ora della mezzanotte, in una notte qualsiasi dell’anno e il fatto che un normale auriga di un carro da guerra, non solo un druido, fosse stato in grado di assolvere a questo compito ci fa sospettare che la conoscenza del cielo, almeno a livello utilitaristico, fosse bagaglio  culturale dell’uomo comune, nell’Irlanda antica, lasciando al druido, un ruolo astronomico improntato al culto e all’interpretazione della volontà degli Dei.

Questa visione del problema sembra essere confermata anche dal vescovo Cormac Mac Cuileannain (835-908 d.C.) il bellicoso re di Cashel nel regno di Eoganacht Chaisil, nel Leinster, che alla rispettabile eta’ di 73 anni decise di muovere guerra contro Flann,  l’”Ard Ri” di Tara, rimanendo ucciso in battaglia a Ballaghmoon.

Cormac Mac Cuileannain redasse il “Sanas  Chormaic” (il  “Glossario di  Cormac”) e  in esso scrisse che: <<...ogni persona intelligente in Irlanda poteva valutare l’ora della notte in tutto il corso dell’anno studiando la posizione della Luna e delle stelle>>, rimane però da capire quali fossero i metodi che venivano praticamente applicati al fine di “sapere che ora fosse” in ogni momento in cui fosse necessario.  La misura delle ore durante il giorno era chiaramente basata sulla posizione del Sole sulla sfera celeste, indicata chiaramente dalla direzione opposta a quella dell’ombra di uno gnomone su un quadrante orizzontale o verticale (“solam” in old-irish).

Questo e’ un metodo molto antico che e’ testimoniato anche dall’esistenza di meridiane ed orologi solari tracciati sulla pietra e risalenti al Neolitico, tuttora presenti a Knowth e dintorni, basti ricordare ad esempio la famosa  e ben nota Sundial Stone.

In epoca protostorica, in Irlanda, le meridiane erano caratterizzate da una struttura estremamente semplice, formata da un asta (gnomone) infissa in un blocco di pietra da cui si dipartivano un  certo numero di linee disposte a ventaglio, analoghe alle linee orarie dei moderni e perfezionati orologi solari, tracciate in modo tale che l’estremo dell’ombra le lambisse in determianti istanti della giornata: qualcosa di analogo ai “quadranti canonici” diffusi in ambiente ecclesiastico durante i secoli scorsi e erano progettati per indicare gli orari delle messe.  Di fatto la distribuzione angolare delle linee “orarie” non era costante, quindi sembra proprio che gli irlandesi protostorici dividessero la giornata secondo segmenti temporali di lunghezza disuguale, variabile da luogo a luogo e da territorio a territorio.

Di fatto la struttura dei quadranti solari rimase sostanzialmente quella in uso durante il Neolitico, senza particolari modifiche e così rimasero in uso in quel modo anche nel successivo medioevo.

Il discorso si fa più interessante per quanto riguarda la misura delle ore durante la notte, in quanto il metodo di misura era basato sull’orientazione del timone della  costellazione dell’Orsa Maggiore, nota come “an Camcheacta” cioè l’Aratro, durante le varie stagioni, oppure sulla posizione della Luna nel cielo.  Il metodo che utilizzava l’Orsa Maggiore si basava sul fatto che alla mezzanotte, definita grosso modo dividendo a metà l’intervallo tra il tramonto del Sole e la successiva levata, la costellazione, a Samhain, era posta a destra (“dess”) rispetto al Polo con il timone, materializzato dalle stelle d, e, x, h Ursae Majoris, cioe’ rispettivamente Megrez, Alioth, Mizar e Alkaid, orientato verso il basso (“fan”).  Ad Imbolc invece la costellazione era posta sopra il Polo (“suas”) e il timone era orientato verso destra (“dess”).

A Beltaine, la costellazione era posta a sinistra rispetto al Polo (“cle”) con il timone orientato verso l’alto (“suas”) e a Lughnasa l’Orsa Maggiore era posizionata al di sotto del Polo (“fan”) con il timone allineato verso sinistra (“cle”).  Ovviamente un osservatore esperto, sulla base della data di calendario poteva stimare con buona approssimazione l’ora durante la notte osservando come era orientata l’Orsa Maggiore; il problema se mai e’ quello di capire cosa fosse “l’ora” presso le comunità protostoriche irlandesi: di fatto non ci e’ noto in quale modo il giorno e la notte fossero scandite.

Dal punto di vista simbolico era “an Camcheacta” l’aratro che ruotava periodicamente intorno alla “an Mol Thuaidh” (“la pietra indicatrice”, cioè il Polo Nord Celeste) eseguendo una sorta di aratura rituale ogni notte e contemporaneamente una volta in 1 “bliadain” (anno).  Un altro metodo impiegava la Luna nel senso che l’ora di levata, di culminazione e di tramonto dell’astro sono strettamente correlate con la fase.  Per semplicità di ragionamento, prendiamo in esame una lunazione che avveniva agli equinozi.

Al novilunio, (“earradubh”) la Luna e’ in congiunzione con il Sole e ne accompagna il cammino apparente sulla Sfera Celeste rimanendo perciò invisibile, quindi eseguendo un ragionamento qualitativo e molto approssimato, mediamente essa sorgeva intorno alle 6 di mattina, andava in culminazione passando al meridiano astronomico locale verso mezzodì e tramontava intorno alle ore 18.  Al primo quarto, l’astro levava verso mezzodì, era in culminazione intorno alle ore 18 e tramontava verso mezzanotte.

Al plenilunio (“esce”), la levata avveniva approssimativamente alle ore 18, mentre il passaggio al meridiano avveniva grosso modo a mezzanotte e il tramonto circa alle 6 della mattina successiva.

Alla fase di ultimo quarto si verificava la levata della Luna circa a mezzanotte, il transito in culminazione superiore avveniva intorno alle ore 6 della mattina  ed il tramonto avveniva verso mezzodì, quindi l’astro era visibile durante tutta la mattinata.

La Luna si avviava quindi al novilunio e nuovamente il suo orario di sorgere si avviava gradualmente verso le 6 del mattino, mentre quello di culminazione nuovamente  si avvicinava al mezzogiorno e il tramonto, gradualmente si approssimava di nuovo alle ore 18.

Conoscendo questa regola era possibile, con un po’ di pratica, stimare che ora era, semplicemente osservando l’aspetto della Luna e la sua altezza apparente  nel cielo in un dato momento, anche se, allontanandosi dagli equinozi, gli orari si dilatavano e si  contraevano man mano ci si avvicinava ai solstizi.  Gli orari di levata, culminazione e tramonto si spostavano in avanti nel tempo di circa 48 minuti al giorno, quindi l’ora era facilmente stimabile con buona approssimazione anche se la fase lunare era intermedia tra una e l’altra delle quattro fondamentali.

(continua con 'Sole, Luna, stelle dei primi Celti d'Italia?, prossimamente)

(Autore: Adriano Gaspani)

 Sezioni correlate in questo sito:

 

www.duepassinelmistero.com                                                                                                                                   Avvertenze/Disclaimer

                                                                                                    Febbraio 2012