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11/10/2008 Convegno “Leonardo. Musica, poesia, cucina…”

                                                                     (di duepassinelmistero)

Si è tenuto a Milano, presso l’Auditorium dell’Istituto Omnicomprensivo di via Natta, un convegno sulla figura di uno dei maggiori ‘geni’ del Rinascimento italiano:Leonardo da Vinci. Obiettivo dell’evento era quello di far emergere gli aspetti meno conosciuti del personaggio, che certamente di ‘stranezze’ ne presentava molte. Un obiettivo a nostro parere centrato, grazie allo sforzo degli organizzatori (Acacia Edizioni e l’Associazione Sviluppo e Cultura) e dei relatori.

Geni si nasce o di diventa? Ha provato a rispondere la d.ssa Silvia Vaccari, introducendo “Il tema astrologico natale di Leonardo”, figlio di ser Pietro da Vinci e di una donna chiamata Caterina, che non era sua moglie e sulla cui identità restano degli interrogativi. Venuto alla luce il 15 aprile 1452, alle ore 22.30 stando a quanto annotò il nonno paterno Antonio, era un Ariete con ascendente Capricorno e la sua ‘carta di nascita’ astrologica parrebbe confermare che ‘geni si nasce’. Alcuni aspetti planetari armonici (trigoni) gli avrebbero conferito molta creatività artistica, un’ intelligenza profonda, l’indole di voler portare alla superficie le cose nascoste e una tendenza a ricercare un proprio ‘status’ sociale. Gli aspetti dissonanti (quadrature) indicano una mai completa rilassatezza, conflitti interiori, disagi nella prima parte della vita, una certa lotta tra forze costruttive e distruttive. Un uomo complesso, sensibile, con potenzialità geniali ma anche dispersivo, misantropo ma alla ricerca di popolarità, attratto da donne enigmatiche, di potere e al contempo sensibili e romantiche. Sappiamo che Leonardo usava due tipi di scritture:una ‘normale’ e una detta bustrofedica (la si poteva leggere solo davanti ad uno specchio). Il tema natale, ha detto la Vaccari, non basta a creare un genio: sono necessari comunque la volontà di riuscire nella vita, la perseveranza, la curiosità di scoprire, di andare avanti ed evolvere, di non arrendersi mai e forse queste sono state le carte vincenti di Leonardo.

Il relatore seguente, Giancarlo Gianazza, ha esposto le proprie originali ricerche cominciate nel 2002 dopo aver visto un dipinto del Botticelli, la Primavera, in cui ha scoperto un messaggio cifrato che ha saputo decodificare in base ad un’analisi matematica, razionale, che si è estesa alla Divina Commedia di Dante e ad alcuni dipinti di Leonardo, portandolo fino in Islanda, a suo dire la terra dove si nasconderebbe un segreto secolare che risale all’epoca dei Templari. Gianazza sostiene di aver individuato libri antichi custoditi nelle biblioteche islandesi, che narrano dei pellegrinaggi a Roma e in Terrasanta nel medioevo, ma soprattutto di una particolare riunione del Parlamento islandese, che non ammetteva ingerenze esterne. Nella seduta del 1217 però accadde qualcosa di strano: la partecipazione di ottanta cavalieri meridionali tutti vestiti allo stesso modo. Chi erano e cosa facevano lì? Gianazza ipotizza che fossero Templari e che abbiano nascosto in una camera sotterranea a nord dell’isola, tutto o in parte il ‘corpus’ di documenti che avrebbero ritrovato sotto le rovine del Tempio di Salomone. Seguendo un complesso sistema di decifrazione, ha individuato nelle terzine dell’opera dantesca (che avrebbe una omologa islandese, peraltro precedente), confermate da alcuni dettagli rinvenuti ne Il Cenacolo e nella Gioconda di Leonardo, precise coordinate geografiche a nord est dell’isola, in cui sta effettuando da alcuni anni degli scavi, aiutato da geologi e studiosi locali, per il momento senza esito.

Michele Proclamato ha esordito con una sagace domanda:perché tutti trovano “qualcosa”, qualche messaggio nei dipinti di Leonardo?  A sentire il racconto della sua ‘avventura’ nel campo della ricerca, si capisce che il relatore non è rimasto immune dal contagioso fascino leonardesco e, anzi, avrebbe trovato niente meno uno dei messaggi più profondi che l’artista pose nelle proprie opere: penetrare la natura per carpirne i segreti. Le leggi della Natura sono fatte per l’uomo, si tratta solo di capirle e adattarle, ha asserito Proclamato. Questo faceva il genio di Leonardo, niente di impossibile, eppure così tremendamente difficile da cogliere, specialmente per noi oggi, abituati ormai a non ‘entrare’ nel significato intrinseco di un’opera. E qual è la più Grande Opera? Appunto, la Natura. Partendo dall’osservazione del meraviglioso rosone dell’abbazia di S.Maria di Collemaggio, con il suo ‘codice’ matematico che riporterebbe al fenomeno della precessione degli Equinozi, Proclamato ha passato in rassegna diversi altri ambiti (geograficamente e cronologicamente distanti), compresi alcuni dipinti di Leonardo, in cui avrebbe riscontrato la medesima verità, condensabile nella consapevolezza che tali opere furono eseguite da chi deteneva un medesimo sapere, unico e universale.

Dopo la pausa pranzo, si è potuta apprezzare un’esecuzione musicale da parte della musicologa Giovanna Motta e del maestro Fasi Breda, condotta con strumenti dell’epoca di Leonardo. Il genio vinciano era anche un abile musicista e si era costruito la lira a braccio, con la quale vinse la gara per musici indetta da Ludovico il Moro nel 1482. Per l’occasione Leonardo creò un nuovo strumento, prendendo spunto dalla forma di un cranio di cavallo, e realizzò la cassa armonica parte in legno e parte in argento, elemento –quest’ultimo- che amplifica il suono. Questo esemplare è stato ricostruito secondo gli stessi canoni leonardeschi dal lodevole liutaio Fabio Chiari ed è stato presentato durante il convegno. In sala si sono quindi diffuse le amabili armonie di due pezzi di autori fiamminghi noti a Leonardo e presenti nella sua stessa corte fiorentina.

A seguire, ha preso la parola Vincenzo Dell’Aere, studioso dell’aspetto esoterico delle opere leonardesche. A suo dire, Leonardo faceva parte di una consorteria occulta che si trasmetteva il sapere da bocca ad orecchio, senza lasciare nulla di scritto per non incappare nell’occhio della S.Inquisizione. Il suo laboratorio di ricerca fu la vita, essendo un osservatore puro che si avvalse di una metodologia di verifica costante. Qualcosa di innovativo che colpisce noi oggi, valutando le sue annotazioni e l’autenticità di quelle sue scoperte. Entrando nel dettaglio, il relatore ha diretto l’attenzione sull’uso sapiente dei colori, ad esempio, impiegati dal genio vinciano quale strumento per occultare un duplice messaggio, esso ed esoterico. Nel Cenacolo il Cristo, posto al centro, indossa due vesti, una azzurra (colore della verità velata) e una rossa (colore della scienza aperta a tutti); così la figura alla sua destra, ha una veste azzurra ma un mantello rosso. Questa figura secondo dell’Aere è una donna, poiché sul petto avrebbe una spilla con otto gemme, cosa che gli altri Apostoli raffigurati non portano e considerato monile femminile; tra l’altro dell’Aere fa rilevare come sia identico a quello portato dalla Madonna del Garofano e dalla Madonna Benois, entrambe dipinte da Leonardo. Su un angolo della tovaglia nel dipinto dell’Ultima Cena, inoltre, il relatore ha rimarcato che vi è una scritta in codice, che recita Alla destra di colui che è e sarà siede la sua donna. Insomma, a Leonardo non sarebbero mancate le possibilità di veicolare in modo occulto una verità relativa a confutare certi dogmi imposti della cristianità, che grazie anche a moderne tecniche di studio possiamo cercare di decifrare.

Un piacevole finale è stato dedicato alla cucina ai tempi di Leonardo, illustrata dall’appassionata studiosa Giovanna Motta, autrice del saggio ‘Le ricette di Natale tra ‘400 e ‘500, la quale ha applicato le sue conoscenze paleografiche al mondo culinario. L’uomo è ciò che mangia, si potrebbe condensare! E Leonardo non fece eccezioni. Era figlio del tempo in cui visse, in cui la cucina era internazionale, trovando corrispondenze in tutte le corti europee. Nella sua infanzia conobbe probabilmente una cucina più semplice, campagnola, ma in seguito frequentando le ricche corti, ebbe accesso anche ai trattati di cucina che, grazie alla stampa, erano disponibili. Famosi sono quelli del Platina e del Martino, che Leonardo citò in alcuni suoi documenti. Era molto diffuso l’impiego di erbe da cucina, di cui si esaltavano le proprietà aromatiche. Apprendiamo che la dieta era composta dai diversi principi nutritivi, e che si faceva molto uso di bevande alcoliche al posto dell’acqua, che era ritenuto pericoloso bere per la scarsa igiene pubblica.

Dopo il consueto spazio alle domande del pubblico, il direttore di Hera, Gianfranco Pecoraro, così come aveva dato il via ai lavori, li ha chiusi, invitando il pubblico ad alcune riflessioni sui diversi aspetti esposti, legati da un sottile filo rosso, che dovrebbe incentivare ulteriori approfondimenti. Molto ci sarebbe ancora da indagare. Leonardo ebbe a che fare con papi e imperatori, gradito e scomodo a entrambi, assaporò la gloria e soffrì per la percepita malvolenza. Morto nel 1519 in Francia, riposò in un sepolcro che non possiamo più vedere, essendo stato distrutto. Chi scrive ritiene che non ci serva un cenotafio, quando abbiamo la sua anima eternamente viva tra di noi.

(L'articolo è stato pubblicato su 'Hera', Acacia Edizioni, del mese di novembre 2008)

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