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   L’Astronomia nell’Irlanda protostorica

 

                                                       Adriano Gaspani

                         I.N.A.F. - Osservatorio Astronomico di Brera, Milano

                                             adriano. gaspani@brera.inaf.it

 

                                                        Introduzione

 

L'esistenza di un bagaglio di conoscenze astronomiche e di una tecnologia

nell’Irlanda preistorica e protostorica e' un’idea che oggi e’ largamente accettata

dagli studiosi.

Le nostre conoscenze relativamente all’astronomia irlandese di quei periodi sono

il frutto di ragionate supposizioni derivanti da accurate misurazioni delle strutture

che sono presenti nei siti archeologici risultati astronomicamente significativi, dai

calcoli e dalle ricostruzioni del cielo antico mediante il computer, ma anche dell'evidenza

diretta derivante dai documenti redatti mediante la scrittura in epoca altomedioevale.

Ovviamente essendo la societa' preistorica e protostorica irlandese completamente

illetterata non esiste alcuna possibilita'  di pervenire alla conoscenza di documenti

scritti oggettivi redatti durante quei periodi, anche se lo studio del corpus di

manoscritti, leggende e tradizioni posteriori, molte di esse ancora vive nella

popolazione irlandese, ci aiuta considerevolmente.

Nonostante le difficolta’ risulta possibile isolare taluni elementi di base tipici di

alcune semplici pratiche astronomiche comuni a quasi tutte le comunita' preistoriche

e protostoriche dell'Europa continentale  ed insulare, pur con le notevoli differenze

che si possono riscontrare nella loro cultura materiale e nel loro livello di sviluppo.

Le orientazioni astronomiche rilevate nelle strutture megalitiche dimostrano un

rilevante interesse per la determinazione dei punti di levata e di tramonto del Sole

e della Luna all'orizzonte naturale locale nel periodo preistorico.

Durante la protostoria, nell'Irlanda celtica vennero sviluppate una sfera celeste e

alcune regole di ripartizione dello spazio e di misura del tempo del tutto originali,

che rappresentarono un bagaglio culturale tramandato oralmente fino all'epoca

della cristianizzazione durante la quale i monaci le misero per iscritto nei loro

splendidi manoscritti.

Il Cristianesimo si diffuse in Irlanda inizialmente per opera di San Patrizio, 

durante il V secolo e durante il I millennio d.C. ebbe grande impatto sulla societa'

celtica irlandese; uno degli effetti piu' evidenti fu l'introduzione dell'abitudine alla

scrittura su vasta scala.

Le esigenze del Cristianesimo e successivamente le influenze culturali provenienti

dall’esterno, spinsero i monaci a modificare e ad adattare le loro concezioni antiche

dello spazio, del tempo e del cielo e ad introdurne di nuove altrettanto originali molte

delle quali sono ancora presenti non solo nel bagaglio di tradizioni degli abitanti della

"verde isola", ma anche fuori dall'Irlanda.

 I monaci irlandesi, denominati curiosamente "i Martiri Bianchi" per via del fatto che

 erano vestiti, come i druidi, con le caratteristiche vesti di lana candida, ma anche

 perche' praticavano il cosiddetto "martirio bianco" che consisteva nel lasciare la

 propria terra e i propri affetti per mettersi in viaggio per l'Europa per diffondere la

 dottrina cristiana, conservavano sia il modo di pensare che l'attitudine

 all'osservazione e allo studio della natura e dei suoi fenomeni, compresi quelli

 astronomici, tipiche dei druidi che da almeno un millennio avevano amministrato

 il culto pagano.

 Gli annali monastici compilati nei monasteri dell'Irlanda cristiana a partire

 dall'anno 442 d.C. in poi, rappresentano una risorsa storica importantissima e

 contengono elenchi di eventi astronomici osservati e registrati anno per anno,

 attraverso un'ottica monastica cronologicamente posta all'incirca nel periodo

 iniziale della cristianizzazione nell'isola dapprima ad opera del diacono

 Palladio, poi da S. Patrizio, e S. Brigida.

 I testi vennero redatti con regolarita' dall'inizio del V secolo d.C. fino alla

 dissoluzione dei monasteri, verso la fine del XVI secolo.

 L'analisi dei testi ha messo in evidenza che gli eventi venivano registrati in 

 tempo reale rispetto al loro accadere.

 Attualmente sono noti una dozzina di annali e piu' precisamente gli Annali

 dell'Ulster, il Cronicon Scotorum, gli Annali di Tigernach, gli Annali di Clonmacnoise,

 gli Annali di Inisfallen, gli Annali di Loch Ce', gli Annali di Connacht, gli Annali di

 Cotton (manoscritto Titus), gli Annali di Roscrea, gli Annali del Regno d'Irlanda o dei 

 Quattro Maestri, gli Annali di Multifernan a cui si aggiungono due serie frammentarie

 che sono i "Miscellaneous Irish Annals" e i "Fragmentary Annals of Ireland" a qualche

 altro.

 Tutti contengono una rilevante quantita’ di riferimenti a fenomeni astronomici

 osservati o riportati da altre fonti documentarie dell’epoca, accuratamente annotati

 e commentati dagli esponenti del clero monastico.

 

Una pagina del Lebor na hUidre (Il libro della Mucca Bruna) redatto da Mael Muire mac Celechair  (RIA - MS 23 E25)

 

 Questi singolari uomini di chiesa tra cui vanno annoverati Caidoc, Fricor, Virgilio

 il Geometra (che divenne vescovo a Salisburgo), Cathal (che divenne vescovo di

 Taranto), girarono in lungo e in largo l'Europa fondando molti  monasteri che poi

 sarebbero diventate citta' importanti quali Lumieges, Auxerre, Laon, Luxeuil,

 Liegi, Treviri, Salisburgo, Vienna, S.Gallo, Reichenau, Bobbio, Fiesole, Lucca e altri

 ancora; Fiesole ebbe per oltre mezzo secolo un vescovo "Scottorum sanguine creatus"

 cioe' nato da sangue irlandese: Donato l'Erudito.

 La maggior parte di queste personalita' produsse scritti di argomento astronomico,

 alcuni dei quali sono semplici registrazioni di fenomeni osservati visualmente, altri

 invece sono opere di piu' ampio respiro e tali testi contengono fortissime tracce

 del sapere astronomico diffuso nelle epoche piu’ antiche tramandato oralmente

 fino a quando i monaci cristiani lo misero per iscritto.

 

Una pagina del Lebor Laighneach/Lebor na Nuachongbala, redatto da Finn mac Gorman (TCD – Ms H2 18 – Ms 1339)

 

 Di fatto l’astronomia irlandese  che era diffusa durante l’alto medioevo era

 costituita dal bagaglio di conoscenze di sviluppo autoctono che erano gia’

 capillarmente diffuse sul territorio durante la precedente eta’ del Ferro, con

 tuttalpiu’ qualche aggiunta, peraltro facilmente individuabile  e riconoscibile,

 proveniente dalla cultura ecclesiastica cristiana originaria soprattutto dalla

 Chiesa delle Gallie piu’ che dalla Chiesa di Roma.

 L'introduzione del Cristianesimo in Irlanda porto' con se', dopo un po' di tempo,

 anche il modo di fare astronomia diffuso nell'ambiente Greco-Romano che a poco

 a poco si sovrappose al modo antico; questo processo inizio' grosso modo nel VII

 secolo d.C., ma precedentemente il modo di intendere  la scienza del cielo era

quello diffuso tra le popolazioni dell’eta’ del Ferro.

Per questo i testi piu’ antichi rappresentano preziosissimi fonti a cui attingere

per ricostruire quanto era noto e praticato di astronomia in Irlanda nei secoli

precedenti.

Durante il XII secolo arrivo' in Irlanda l'astronomia araba portata dai monaci e

dai laici che avevano rivestito il ruolo di professori nelle grandi universita'

europee di quel periodo, tra le quali Bologna, Padova e Montpellier.

Insieme all'astronomia arrivarono in Irlanda anche la medicina araba e

l'astrologia che, nel medioevo, era strettamente connessa alla pratica della

medicina, tanto che i medici irlandesi che applicavano i metodi di cura arabi

erano molto rinomati in tutta l'Europa.

Tra il XII secolo e il XVII secolo molti testi arabi di astronomia furono tradotti in

lingua irlandese e in particolare proprio di uno di questi: il trattato astronomico di

Messahalla tradotto da un anonimo autore intorno all'anno 1325 direttamente

dall’arabo all’irlandese occupa un posto fondamentale in quanto fu il primo testo

di astronomia che sia stato tradotto e la traduzione avvenne direttamente dal testo

arabo all’irlandese senza passare da una preventiva traduzione latina, con l’aggiunta

di alcuni capitoli che nel testo originale erano assenti.

Il XVII secolo vide la deleteria conquista inglese dell'isola e in quel periodo venne

redatto, dal gesuita Manus O'Donnell, l'ultimo testo astronomico irlandese che pero'

era basato sul "Lunario di Geronymo Cortes", importato dalla Spagna, il quale venne

tradotto in inglese e commentato nel 1915 da F.W O'Connell e R.M. Hendry e

riedito con il nome di "An Irish Corpus Astronomiae".

Nonostante questo la sapienza antica non venne del tutto dimenticata e le sue

tracce si rilevano indelebili ancora oggi nella cultura astronomica codificata nelle

tradizioni popolari e contadine della verde isola.

L’analisi dei testi altomedioevali ci suggerisce molto di quanto era noto di

astronomico nell’Irlanda protostorica.

Durante medioevo, l'astronomia era molto diffusa in Irlanda, sia dal punto di

vista delle osservazioni che del calcolo soprattutto per quanto riguardava lo

sviluppo del calendario, il cosiddetto “Computus” cioe’ gli algoritmi per accordare

il computo solare con quello lunare ai fini del calendario liturgico, ma anche civile.

Il vescovo Cormac Mac Cuileannain (836-908 d.C.) autore del "Sanas  Chormaic" (il

Glossario di Cormac) scrisse in esso che: <<...ogni persona intelligente poteva

valutare l'ora della notte in tutto il corso dell'anno studiando la posizione della Luna e

delle stelle>> e questo si accorda perfettamente con quanto contenuto nel “Saltair na

Rann” ma anche con l’ordine di determinare esattamente l’istante della mezzanotte

impartito da Cuchulainn a al suo auriga Loeg, come raccontato nel “Lebor Buide Lecain”,

il Libro Giallo di Lecan e nel “Lebor Laighnech”, il Libro di Leinster.

 

 

Una pagina del Lebor Mor Lecain redatto da Giolla Iosa mac Firbisig (RIA – Ms 23 P 2, TCD Ms H 217) in cui si legge l’inizio delladescrizione della storia del mondo (Sex etates mundi…)

 

Uno dei primi esperti documentati in questo campo fu il monaco Mo Sinu Maccu

Min, morto nell'anno 610 d.C., che fu abate nel monastero di Bangor e precettore di

S. Colombano e il suo allievo Mo Chuaroc mac Neth Semon che visse nel territorio del

Munster, i quali sono noti per i loro scritti relativi al calcolo astronomico.

Purtroppo pero', a quanto pare, nessuna copia del loro lavoro sopravvisse, ma essi

sembra abbiano influenzato il “De Ratione Computandi” del monaco Cummiano

morto nel 633 e abate del monastero di Clonfert, presso l'attuale citta’ di Galimh

(Galway) sulla costa occidentale dell'isola.

Mo Sinu Maccu Min fu appunto precettore di S. Colombano e anche quest’ultimo,

nei suoi scritti e nelle sue lettere indirizzate al Papa, relativamente alla disputa

intorno al metodo di calcolo delle date di  celebrazione della Pasqua, dimostro’

una competenza non comune nella pratica del “Computus”.

Abbiamo poi le opere del monaco Aibhistin (comunemente noto come Agostino

Eriugena) e vissuto durante il VII secolo.

Aibhistin fu il primo autore medioevale ad affrontare, nella sua opera "De

Mirabilibus Sacrae Scripturae" il tema della connessione tra le maree e le fasi della

Luna oltre a numerose questioni di astronomia e Meteorologia.

Emblematica e' anche la storia di San Virgilio (Virgilio il Geometra) abate e poi

vescovo a Salisburgo, che era un monaco irlandese di nome Fergal il quale era stato

educato nel monastero di Cainnech, le cui opere di soggetto astronomico gli

valsero, intorno al 750 d.C., dei grossi problemi con l'anglo Bonifacio da Crediton

(noto come "il martello della Chiesa Celtica", per via del suo accanimento contro le

usanze del clero irlandese).

La feroce disputa relativamente alle speculazioni cosmografiche di Fergal fu chiusa

nel 748 da Papa Zaccaria di S. Severina il quale diede pero' ragione all'irlandese.

Un altro illustre irlandese fu Dungal che educato nel monastero di Bangor, nella

contea di Down, osservo' le due eclissi di Sole che si verificarono nell'anno 810

scrivendo una dissertazione relativamente ad esse su incarico di Carlo Magno.

Dungal spiego' il fenomeno (sempre in un contesto geocentrico, quindi con la

Terra ferma e il Sole e la Luna fisicamente in moto intorno ad essa) dimostrando di

conoscere bene il meccanismo con cui si poteva produrre l'eclisse, la misura

dell'inclinazione del piano dell'orbita della Luna rispetto all'eclittica e la sua

variazione periodica.

Il monaco Dungal e' ritenuto essere il fondatore di una scuola che divenne

successivamente l'Universita' di Padova.

Non dobbiamo dimenticare un'altro famoso monaco irlandese, Dicuil e il suo

trattato "De Mensura Orbis Terrarum" composto nel 825 d.C. in cui viene ipotizzata

l'esistenza di una "stella polare del sud" opposta a quella osservabile a quel tempo  

nell'emisfero Nord e visibile nell'emisfero meridionale della Terra.

Il calendario Giuliano fu introdotto in Irlanda in coincidenza con la diffusione del

Cristianesimo e sostitui’, gradualmente, i numerosi calendari localmente diffusi,

ma i monaci irlandesi decisero di non rinunciare alle date delle scadenze agricole

e religiose di origine pagana e le inclusero nel calendario giuliano adoperandosi

affinche’ vi potesserero essere adattate agevolmente anche se derivavano da

computi basati soprattutto su calendari locali di natura solare, ma soprattutto

stellare.

Questo richiese una mole di lavoro ed una abilita’ di organizzazione non

indifferente unita ad una indispensabile profonda conoscenza dei cicli

fondamentali mostrati dal Sole, dalla Luna e dal sorgere e tramontare delle stelle.

L’Irlanda, grazie al suo naturale isolamento, non venne raggiunta dalle idee tipiche

dell’astronomia greca, mediorientale, egizia e romana, se non in epoca molto

tarda ad opera dei monaci che, dopo aver a lungo viaggiato, tornavano in patria

carichi dei manoscritti che avevano acquisito durante le loro peregrinazioni.

Tali manoscritti vennero letti, studiati, interpretati e copiati e circolarono da

monastero a monastero, tanto che negli Annali monastici troviamo trascrizioni di

fenomeni astronomici provenienti anche da fonti non hibernicae quali gli scritti

di Isidoro da Siviglia, Anatolio di Laodicea, Gerolamo, Eusebio, Gregorio da

Tours e altri importanti autori altomedioevali.

I manoscritti antichi ci mostrano l’esistenza di una sfera celeste autoctona e di

sviluppo irlandese completamente originale la quale, seppur nota da fonti

documentarie di redazione altomedioevale, dovrebbe riflettere molto accuratamente

le conoscenze astronomiche dell’Irlanda dell’eta’ del Ferro.

L’astronomia antico irlandese, comunente nota con il termine “Nemgnacht”,

costituisce un sistema autoconsistente e perfettamente funzionale al pari

dell’astronomia greca, mesopotamica, o hindu, basato sia sulla osservazione

sia sul calcolo, la quale probabilmente incluse anche molte nozioni e conoscenze

empiriche acquisite sin dal Neolitico e bagaglio culturale delle popolazioni che

costruirono le strutture megalitiche ad uso funerario, quali il grande tumulo di

Newgrange, oppure i tumuli astronomicamente orientati facenti parte delle grandi

necropoli di Knowth e Dowth, poste lungo la valle del Boyne e la necropoli di

Loughcrew, i cui tumuli preistorici sono distribuiti su due cocuzzoli sulla Slieve na

Calliagh, vicino a Oldcastle nella contea di Meath.

Lo stesso avviene sulle Wiklow mountains le quali ospitano svariate necropoli

neolitiche ricche di tumuli a camera astronomicamente orientati, quali Saggart

Hill, Montpelier (the Hell-fire Club) and Seefin.

Dal punto di vista del calcolo astronomico, si rileva che, se nell’Irlanda antica era

principalmente finalizzato al calendario e alla predizione delle date delle ricorrenze

rituali e dei momenti piu’ adatti per le attivita’ agricole, durante il  medioevo, il

computus era utilizzato soprattutto per la determinazione delle date delle feste

liturgiche cristiane, entro il calendario giuliano, la piu’ importante delle quali era la

Pasqua, la quale doveva rispettare determinati e ben precisi vincoli lunari, diversi

da quelli imposti dalla Chiesa di Roma, argomento in cui i monaci irlandesi eccelsero

in particolar modo e che fu causa di fortissimo attrito con la chiesa di Roma che

utilizzava un algoritmo di calcolo diverso messo a punto nel 525 d.C. da Dionigi il

Piccolo, mentre gli irlandesi utilizzavano il ciclo di Anatolio di Loadicea.

Il testo, a stampa, di argomento astronomico piu’ antico disponibile e’ il “Ranna na

Aeir” (sulle Costellazioni) redatto nel XVI secolo, in Irlanda, che e’ uno dei pochi

sopravvissuti alla pesante distruzione operata dagli Inglesi nel XVII, tesa ad

eliminare la classe intellettuale irlandese e la cultura che essi rappresentavano; tutti

i libri redatti in lingua irlandese vennero distrutti.

Il testo e’ tardo, ma contiene molte notizie che possono essere fatte risalire ai secoli

precedenti.

Dal punto di vista osservativo, l'astronomia era detta "an Nemgnacht" come

rileviamo dal Thesaurus Paleohibernicus di Whitley Stokes e gli astronomi erano detti

"na Rollagedagh" cioe' "coloro che possiedono la conoscenza delle stelle", ma anche "an

Fisatoir", cioe' "colui che conosce le costellazioni", mentre il termine "Eastrolach" era

riservato a "colui che conosce i movimenti della Luna".

Le Leggi di Brehon, un testo legislativo antico irlandese in cui erano elencate le leggi

interpretate da giudici ambulanti particolarmente esperti detti “brithemain”,

richiedevano che gli astronomi avessero il grado di "foirceadlaidhe" cioe' il quinto

livello di saggezza e che dovevano aver dimostrato pubblicamente la loro conoscenza

del cielo e dei suoi fenomeni, in parole povere, nel mondo pagano, erano Druidi.

Le mappe del cielo erano dette "learsgail na realtai" cioe' “carte delle stelle” (an realta =

la stella; na realtai = delle stelle) ed erano disegnate sia dai druidi pagani che, in

epoca posteriore, dagli ecclesiastici cristiani.

Anche la sfera celeste irlandese antica (“nem”) prevedeva uno Zenit posto esattamente

sulla verticale del punto occupato dall’osservatore (detto “an Lar”cioe’ “il Centro”)

e il termine con cui veniva indicato era “Buaic”.

Lo spazio (“domum”) era ripartito dalle quattro direzioni cardinali: “tuais”,” tuath”

(Nord),  “oirth”, “sair” (Est), “deis”, “dess”, (Sud) e “tiart”, “siar ” (Ovest). 

L’arco sull’orizzonte astronomico corripondente all’amplitudine ortiva del Sole

era detto ”turchbal”, mentre l’arco corrispondente all’amplitudine occasa solare

era detto “fuinim”.

La rotazione nel senso del moto apparente della sfera celeste era detta “tuath beth

ed era ritenuta fausta, mentre la rotazione secondo il senso opposto era detta

deisil” ed era ritenuta infausta.

 

 

                                    Direzioni astronomiche fondamentali nella sfera celeste irlandese antica

 

Si rivela a questo punto interessante tracciare lo sviluppo astronomico antico

irlandese sia dal punto di vista linguistico che dei contenuti, esaminando i

manoscritti piu' antichi disponibili negli archivi.

La visione che ne deriva e’ ovviamente limitata dal fatto che, nonostante l’opera

infaticabile degli studiosi, soprattutto irlandesi, ma non solo, solamente il 10% 

circa dei manoscritti giacenti negli archivi e’ stata tradotta ed interpretata e di

molti di essi alla traduzione non e’ ancora seguita una adeguata interpretazione

eseguita da esperti di astronomia e non solo di paleografia.

Il corpus di leggende di cui abbiamo svariate versioni di redazione medioevale

contiene molti testi in cui sono presenti espliciti riferimenti di tipo astronomico

i quali contengono immancabilmente un profondo significato simbolico: ecco

qualche esempio.

La letteratura mitica e le leggende ci mostrano che sia sulla collina di Uisnech ma

soprattutto su quella di Temair (Tara) esisteva una grande quantita' di riferimenti

simbolici.

Non soltanto Uisnech era il centro simbolico in cui le province e i loro regni

simbolicamente convergevano, ma entrambi i siti presentavano una serie di simboli

uguali quali una collina, una particolare pietra, una "teach" costruita ed orientata

astronomicamente in un ben determinato modo, la disposizione spaziale del seggio

regale e la sua orientazione rispetto alle direzioni astronomiche fondamentali, la

posizione di un albero sacro o di un pozzo o di un focolare i quali, per le tribu' che

risiedevano in quei siti, rappresentavano altrettanti punti di contatto tra il Cielo

(“nem”) e la Terra (“ce’”), tra il mondo sovrannaturale e quello terreno.

Gli antichi irlandesi, oltre ad aver sviluppato una loro propria e caratteristica

astronomia, ebbero anche un loro particolare modo di intendere la Sfera Celeste

che derivava dal tipico modo celtico di considerare il mondo e  l’Universo, noti

come “Domun”.

 

  Le Costellazioni

 

 Le costellazioni erano note con il termine old-Irish “rind”, ma anche “grioglachain”,

 termine strettamente derivato da “Grioglach” uno dei nomi assegnati alle Pleiadi, la

 costellazione per eccellenza per gli antichi Irlandesi, essendo ritenute una finestra

 aperta sul “sidhe”, cioe’ il mondo dei morti, degli eroi e degli dei.

 Prendiamo in esame le costellazioni dello zodiaco che anche per gli antichi

 irlandesi comprendeva 12 “grigleachan” (costellazioni), corrispondenti alle stesse

 stelle note in tutto il mondo antico, ma sia la denominazione sia la distribuzione

 delle stelle entro una data costellazione a delle figure estratte dal mondo animale

 o della mitologia era generalmente differente.

 Nel Manoscritto di Maundeville e’ citato il termine antico irlandese "reithes grian" per

 definire lo Zodiaco  con il significato di "ruota del sole".

 Successivamente, tra il 700 e il 1100 d.C. nel periodo in cui la lingua parlata era il

 medio irlandese,  (Mid-Irish) il termine che designava lo Zodiaco divenne "crois

 greine", cioe’  "la cintura del sole", fino ad arrivare all’irlandese parlato nel XVI

 secolo in cui viene introdotto il termine "stodiaca", di chiara importazione straniera.

 Una bellissima rappresentazione simbolica delle costellazioni zodiacali e' rilevabile

 Sul basamento della grande croce di pietra di Muiredach risalente agli inizi del X

 secolo e attualmente ancora presente nel monastero irlandese di Monasterboice.

 Iniziamo dalla costellazione dello Scorpione in quanto l'anno irlandese iniziava a

 alla ricorrenza rituale di Samain, che corrispondeva grosso modo il nostro mese di

 Novembre e il Sole (an Grian, in old-irish) era posto ad una declinazione di circa -16

 gradi rispetto all'equatore celeste e si trovava entro questa costellazione; era anche

 l’inizio della stagione invernale nel sistema bistagionale irlandese.

 La ricorrenza di Samain si celebrava quando il Sole era posto nello Scorpione,  ma

 nel medioevo irlandese non era piu' la levata eliaca di Antares a stabilire la  data di

 celebrazione, come avveniva precedentemente, durante l'eta' del Ferro, sia in

 Gallia che in Irlanda, in quanto la precessione degli equinozi aveva fatto

 avanzare lungo l’anno la data della levata eliaca  (“fair” in antico irlandese)

 deteriorando l’accordo tra il fenomeno stellare e la stagione agricola e pastorale che

 era in relazione con le condizioni climatiche.

 Lo Scorpione era denominato "an Scairp", ma il termine era riferito all'aragosta

 in quanto in Irlanda non esistevano e non esistono neanche attualmente, ragni,

 serpenti e scorpioni, in quanto, secondo la leggenda, furono scacciati 

 definitivamente dall’isola da S. Patrizio.

 Nella letteratura manoscritta e’ possibile reperire anche un'altra singolare 

 denominazione, per la configurazione di stelle che compete alla regione piu’

 settentrionale della costellazione dello Scoprione: "an Dam allaid" cioe’ “il 

 Cervo selvaggio”, che e’ limitata alle stelle che costituiscono la parte superiore

 della costellazione come attualmente noi la conosciamo, che sono vagamente

 somiglianti ad una testa di cervo con le corna.

 Il Sagittario era noto come "Laoch Caithe Saighead" cioe' letteralmente "l'eroe delle

 frecce scoccate", ma anche piu' generalmente, ma su testi piu’ recenti,  come "an

 Saighdeoir" cioe' “l'Arciere”, ma anche semplicemente “il Soldato” oppure

an Duine”, semplicemente “l’Uomo”.

 Il Capricorno era denominato "an Pocan" cioe' semplicemente "la Capra", ma

 si registra anche "an Gabhar" con analogo significato.

 L'Acquario era noto come "an tUisceadoir" cioe' "colui che trasporta l'acqua", ma 

 curiosamente esiste anche un raro "an Dile" cioe' "il diluvio", ma non e' chiaro dal

 testo originale se si riferisca al mitico Diluvio Universale (come sembrerebbe

 probabile) oppure ad una grande e generica pioggia.

 I Pesci invece sono semplicemente denominati "Da Iasc" cioe' "2 pesci", (una delle

 antiche forme di duale, nella lingua antico irlandese) ma si trova anche l'accezione

 singolare "an hEisc" che e' "1 pesce" e un meno frequente, ma filologicamente

 interessante "an Bradan" cioe' "il salmone".

 La costellazione dell'Ariete era detta "an Reithe", la quale si riferiva proprio

 all'ovino in questione, ma si rileva un raro, quanto misterioso  "an Aistear", cioe'

 "il Viaggio".

Anche il Toro, detto "an Tarbh", era corrispondente alla figura dell'animale, cosa

d'altra parte facilmente evidente agli occhi dell’osservatore  se si guarda la

configurazione delle Iadi sulla sfera celeste, le quali suggeriscono la forma di una

testa taurina di cui la brillante Aldebaran ne rappresenta uno dei due occhi.

La ricorrenza di Beltane si celebrava quando il Sole (an Grian) era posto in questa

costellazione, ma nel medioevo irlandese non era piu' la levata eliaca di Aldebaran

a determinare la data di celebrazione, come avveniva precedentemente, durante

l'eta' del Ferro, sia in Gallia che in Irlanda, ma in seguito all’avanzamento della

data del fenomeno eliaco a causa della precessione, la data di celebrazione della

festa era stata fissata, dai monaci bianchi, al 1 Maggio del calendario giuliano; in

quel giorno la declinazione del Sole era prossima a +16 gradi.

La costellazione dei Gemelli era detta "An Cupla", cioe' "la coppia", ma il nome non

si riferiva alle figure greche di Castore e Polluce, mitici gemelli la cui leggenda era

sconosciuta agli irlandesi, bensi' semplicemente al fatto che le due stelle Castor e

Pollux costituivano una coppia di stelle brillanti poste vicine l'una all'altra.

Nei manoscritti si rileva anche un’altra denominazione cioe' "an Iolar" che e'

traducibile come "l'Aquila" anche se usualmente il termine "an Iolar" era

correttamente riferito alla costellazione dell'Aquila, che tutti conosciamo.

Il Cancro era denominato invece "an Portan" che si riferiva proprio al noto mollusco

marino, ma esiste anche un interessante "an Trogan" che corrisponde ad un grosso

corvo che vive e nidifica in Irlanda; la costellazione del Corvo come la conosciamo

oggi non esisteva sulla sfera celeste irlandese antica.

Interessante e piu' originale e’ la definizione della costellazione del Leone.

Il leone era un animale sconosciuto in Irlanda, dove esso non esisteva, e quindi la

costellazione era nota con il nome di "An Corran" cioe il "Falcetto" (dei Druidi) ed

era limitata all'arco di stelle che tradizionalmente fanno parte della "testa" del

Leone.

L'impugnatura del falcetto celeste era la stella Regolo la quale durante l’eta’ del

Ferro era un indicatore, con la sua levata eliaca, della data di celebrazione della

festa di Oenach Tailten, presieduta dai Druidi e dal re supremo di Tara, in onore

del dio Lug e celebrata nell’area posta nei dintorni della attuale cittadina di

Teltown, nella contea di Meath; la corrispondente ricorrenza rituale era nota invece

come Lugnasa.

La costellazione di "an Corran" era in relazione con il tipico falcetto che era lo

strumento tradizionale dei Druidi e che serviva a recidere il vischio, quando

erano verificati alcuni particolari vincoli astronomici di natura lunare.

Secondo altre fonti la costellazione del Leone, tutta intera come noi la conosciamo,

era detta anche "an Cu", il cane, ma nell'accezione che si riferiva ad un grosso cane

da caccia.

La Vergine era nota come "an Oigbhean" (la giovane donna), ma piu'anticamente

come "Dan-nu", la "moglie di Bel" (Bel era un divinita' antico-irlandese analoga a

Belenos il cui culto era molto diffuso in Gallia).

Altre denominazioni sono note, ad esempio "an Mhaighdean" cioe' la "ragazza del

frumento" e "an Gort" cioe’ il campo coltivato in attesa della mietitura.

La Bilancia era invece nota con il nome di "an Scalai" che era proprio la tradizionale

bilancia a due piatti; con lo stesso significato troviamo "an Mhea", "an Gainni" e "an

Gainne".

Esiste anche un'altra denominazione: "an Eo" che si riferiva all'albero di Tasso.

Esaurito lo Zodiaco prendiamo in esame le altre costellazioni tipiche del cielo

irlandese e che ci sono note dagli scritti redatti nel mondo monastico medioevale

nei quali esse sono, ovviamente, di gran lunga meno citate rispetto a quelle dello

zodiaco.

La costellazione di Orione era detta "An Selgaire Mhor", cioe' "il Grande Cacciatore", e

questo e’ intuitivo nel senso che, piu’ o meno a tale definizione erano arrivate quasi

tutte le culture antiche, ma in Irlanda si registra anche la significativa denominazione

di “Nuadu Airgetlan” cioe’ "Nuada dal Braccio d'Argento" che ricordava un mitico re

dei Tuatha de Danann che, perso un braccio nella battaglia di Mag Tuired, ne ebbe uno ricostruito in argento dal dio medico Diancecht, in modo che potesse rimanere re, in

quanto le leggi dell’epoca stabilivano che un Ard-Ri  dovesse essere perfettamente

integro nel corpo, pena la perdita del regno.

Le stelle della Cintura di Orione, cioe' Mintaka, Alnitak e Alnilam erano note come

"Buaile an Bhodaigh" cioe' "Il recinto (o la cintura) dell'illuminato", appellativo che si

presume essere riferito al mitico re Nuada (o Nuadu).

Il Cane Maggiore era noto con la brillante Sirio e la denominazione piu' ricorrente

era "an Madra" (il Cane), pero' non e' chiaro se Sirio avesse un suo proprio nome

oppure se era identificato con lo stesso nome della costellazione.

Va notato che "an Madra" e' il cane da compagnia, mentre il cane da caccia era

denominato "an Cu", termine riservato, come abbiamo visto, alla costellazione del

Leone.

La costellazione dell'Aquila era detta "an Iolar", l'aquila, appunto, come molto

facilmente suggerisce la disposizione delle stelle nel cielo.

La Lira era detta "an Clairseach" cioe' l'Arpa; solo in epoca molto recente viene ad

essere riscontrato il termine “an Lir”, ma e’ una tarda importazione latina.

Il Cigno invece era denominato "an Eala" che si riferisce proprio al grosso volatile;

anche la particolare disposizione spaziale delle stelle che compongono questa

costellazione e' facile da attribuire ad un cigno in volo, senza grossa difficolta’ interpretativa.

Le Pleiadi sono identificate, sulle diverse fonti documentarie, da 5 nomi diversi,

e sono "Griglean", "Grioglachan", "Meanmnach" e "Crannarain", ma anche “an Criathar

cioe’ “il setaccio”.

L'Orsa Maggiore e' nota come "an Camcheacta" che e' l'Aratro, mentre l'Orsa Minore

e' denominata "Drag-Blod" cioe' "coda di fuoco".

Se la denominazione della grande orsa puo’ essere ritenuta abbastanza intuitiva,

diventa complicato ipotizzare una spiegazione per la denominazione dell’Orsa

Minore.

A questo proposito e’ estremamente importante ricordare che durante l’eta’ del

Ferro la stella Kochab (b Ursae Minoris),  era la stella piu’ prossima al  Polo Nord

Celeste, distandone solamente circa 7 gradi, prossimita’ che, per effetto

della precessione degli equinozi, e’ andata progressivamente deteriorandosi

andando verso le epoche tipiche del medioevo irlandese.

La denominazione della stella che indica il Nord e’ variata nei secoli da un antico

"an Gaelin", cioe' "il fascio di luce che illumina la via di casa", ad un piu’ recente

"an Realta Eolais", cioe' "la Stella della Conoscenza", le quali pero’ si differenziano

nettamente dalla denominazione del punto del cielo corrispondente al Polo Boreale

che era noto come "an Mol Thuaidh" cioe'  "la pietra indicatrice", ma anche "il palo

indicatore" e si riferiva alla “Lia Fail”, la Pietra  del Destino che, secondo i Tuatha de

Danaan,  stava originariamente a Falias, la “città’ a nord del mondo”, da cui si

comprende come la funzione simbolica indicatrice del Polo Nord Celeste sia

pienamente giustificata.

La determinazione accurata della posizione del Polo Nord Celeste veniva eseguita

utilizzando le due stelle posteriori del corpo dell’Orsa Minore: Kochab (b Ursae

Minoris) e Pherkad (g Ursae Minoris) in quanto, durante l’eta’ del Ferro, la linea

congiungente Pherkad e Kochab, prolungata oltre quest’ultima passava esattamente

per "an Mol Thuaidh", il Polo Boreale.

La Via Lattea, invece era nota come "Bealach na Bo Finne" che si traduce in "la via

della mucca bianca" e nella mitologia irlandese era ritenuta essere il fiume sacro alla

dea Boann, il cui nome e' traducibile in "la mucca illuminata" o meno esattamente "la

mucca bianca" e le nebulosita’ che vi potevano essere scorte ad occhio nudo avevano

ricevuto la generica denominazione di “neal” (nuvole).

La Via Lattea, il fiume celeste, aveva un corrispondente terrestre nel fiume Boyne

dove sono ubicate le grandi necropoli neolitiche di Newgrange, Dowth e Knowth

(Bru na Boinne).

Boann oltre ad essere una dea del pantheon irlandese dell’eta’ del Ferro, potrebbe

anche denominare  la Luna, peraltro piu’ comunemente nota con il nome di

"Gealach", ma anche di "Re".

Il fatto che la Luna potesse essere identificata con il nome di una divinita’ non

stupisce in quanto anche i pianeti erano denominati in quel modo.

I pianeti visibili ad occhio nudo, cioe' Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno,

ebbero presso gli antichi irlandesi, svariati nomi, ma tutti si riferivano a divinita’,

che facevano parte dei Tuatha de Danaan.

Mercurio aveva almeno tre o quattro nomi diversi, ma era comunemente

identificato con il nome della divinita' maschile Ogma.

Anche Venere era caratterizzata dall'avere piu' denominazioni, ma quello piu'

frequente lo accomuna al dio Lug, mentre Marte era noto come"an Cosnaighe"

cioe' "il Difensore", ma anche "an Aedh" cioe' "il Fuoco", per via del suo brillante

colore rossastro ed era assimilato al dio Dagda, il cui attributo simbolico era il

magico calderone della rinascita.

In un testo manoscritto alto medioevale, Marte e' invece accomunato alla dea

Brigh (Brigit, Brighid).

Giove era assimilato alla divinita' Bel e cosi’ era denominato, mentre a Saturno

era riservato il nome di “Nuada”.

Oltre a queste costellazioni, la sfera celeste antico irlandese comprendeva altre

quattro costellazioni di cui non esiste traccia nei planisferi differenti da quello

antico irlandese: esse sono "an Laigen" che e' la Lancia (che si ricollega alla mitica

Lancia della Vittoria del dio Lug che rifletteva costantemente l'immagine del cielo

stellato) che sembra riferirsi alla costellazione di Cepheus, poi "an Claiomh" cioe' la

Spada della Luce, che corrisponde alla costellazione di Boote e "an Coire", il

Calderone della Rinascita,  (che corrisponde alle stelle della costellazione di

Pegaso) elemento fondamentale nelle credenze mitiche antico irlandesi, connesso

al mitico calderone del dio Dagda il quale permetteva agli eroi morti in battaglia

di rivivere qualora i loro corpi fossero stati immersi in esso, ma piu' in generale

celtiche, basta ricordare il Calderone di Gundestrup, dissotterrato in Danimarca.

Le costellazionei di “an Laigen”, “an Coire”, an Claiomth” unite alla "an Mol Thuaidh",

l’indicatore del Polo Nord Celeste, rappresentano simbolicamente i quattro doni che

i Tuatha de Danann fecero anticamente agli uomini che popolavano la collina di di

Temair (Tara).

 

                     Settore di cielo con alcune costellazioni ed i corrispondenti nomi in antico irlandese

 

 

                               La regione dello Zenith  osservata da Temair  e del Polo Nord Celeste

 

Le stelle

 

Per quanto riguarda i nomi con cui erano note le singole stelle, sappiamo ben

poco, pero’  esistono due casi specifici molto ben documentati e riguardano le

Pleiadi, la terna Mintaka, Alnitak, Alnilam che costituiscono la Cintura di Orione  

le quali erano dette, tutte insieme, "Buaile an Bhodaigh" e Kochab, (b Ursae Minoris)

la stella polare durante l’eta’ del Ferro.

Nel caso delle Pleiadi le denominazioni si sprecano, considerata l’importanza che

tale piccolo asterismo ebbe per gli antichi irlandesi, ne conosciamo ben 5, come e’

gia’ stato messo in evidenza precedentemente (Griglean, Grioglachan, Meanmnach, Crannarain e an Criathar) e nel caso di Kochab, il termine piu’ utilizzato fu an Gaelin.

Per il resto conosciamo  alcuni nomi di stelle, ovviamente le piu’ luminose, che

normalmente prendevano il nome dalla costellazione di appartenenza.

Questo deriva dal fatto che il termine old-irish “rind”, evoluto nel piu’ recente 

reannan” significa “costellazione”, ma anche piu’ semplicemente “una stella”,

generalmente la piu’ luminosa tra quelle incluse nella costellazione.

Antares era  "Dam Allaid", Aldebaran  era "Tarbh" , Sirio  era  "Madra" , Spica  era

nota con il nome di "Gort", Regulus era detta "Coran", Vega  era "Clairseach", Deneb

era nota come "Eala", Altair era "Iolar",  la coppia Castore/Polluce era identificata

con un singolo appellativo cioe’ "Cupla",  Hamal  ers denominta  "Aistear" .

La stella Arcturus era “Claiomh”, mentre le stelle Markab e Sirah erano entrambe

denominate “Coire”, mentre “Laigen” era riservato ad Alderamin in Cepheus.

Il nome di altre stelle luminose quanto importanti rimane per ora avvolto

nell’oscurita’ piu’ assoluta: tra queste Procyon e Capella, mentre per Rigel,

Betelgeuse era la costellazione di “Nuadu Airgetlan” (Orione) ad identificarle.

A causa della rotazione della Terra, tutti gli astri si muovono apparentemente nel

cielo, da est verso ovest, descrivendo sulla sfera celeste una traiettoria circolare

nell’arco di 1 giorno siderale (23 ore 56 minuti e 4 secondi); il termine

antico-irlandese che identifica tale traiettoria  e’ “meali“ che ha assunto anche il

significato piu’ tecnico di orbita.

 

 

 La stele di Turoe (Co. Galway)  collocabile cronologicamente al III secolo a.C. riporta una  mappatura simbolica della sfera celeste

 

  Le Eclissi e le comete

 

Un altro settore interessante e’ quello relativo alle eclissi.

In irlandese antico l’eclisse era detta "dorchaigid" e tale termine lo ritroviamo

usato in molti manoscritti, come ad esempio nel Leabhar na Nuachonghbala.

Nel Leabhar Breac (Libro Screziato di Duniry), compilato pero’ nel 1400, e’

compresa una trascrizione di un testo del 1200, intitolato "Passioni ed Omelie",

in cui si riferisce di un'eclisse di Sole chiamandola "co rosdorchaig grian" e

la fase di penombra che si verificava durante l’eclisse era detta “leathscail”.

Le comete erano dette "realta na scuaibe", ossia “stella munita di scope o spazzole”,

ma durante l’eta’ del Ferro non erano ritenute presagi infausti, cosa che invece

si rileva dall’annalistica monastica cristiana medioevale; la credenza che le

comete fossero presagi infausti venne introdotta in Irlanda con il Cristianesimo.

 

 (Autore:Adriano Gaspani)

 

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                                                                                 Marzo 2011