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LA PITTURA RUPESTRE DELLA ROCCA DI CAVOUR (PIEMONTE SUD -  OCCIDENTALE): UN’INTERPRETAZIONE MAGICO - RELIGIOSA  (di Gianluca Toro)

 Caratteristiche generali del sito

Considerando come punto di riferimento la cittadina di Pinerolo, a circa 40 km da Torino, nella zona del Piemonte Sud - Occidentale, si nota un rilievo roccioso che si staglia isolato nella pianura compresa tra l’imbocco della Val Pellice ed il Monte Bracco, in direzione di Saluzzo e della Valle Po. E’ la Rocca di Cavour, che si erge in prossimità dell’omonimo abitato.

La presenza umana sulla Rocca è attestata dal ritrovamento di testimonianze di frequentazione umana preistorica, come per esempio resti di lavorazione della pietra verde.

Fin dal Neolitico Medio, sembra essere registrata l’esistenza della cosiddetta Cultura del Vaso a Bocca Quadra (VBQ). Sono stati infatti ritrovati frammenti in materiale ceramico di vasi appartenenti proprio alla cultura VBQ, con decorazione “a filo spinato”, risalenti a circa la metà del IV millennio a.C. Sarebbe anche ipotizzabile una frequentazione durante la tarda età dei metalli, mentre mancano dati attendibili circa la frequentazione durante il Paleolitico.

Le altre testimonianze comprendono, come si vedrà più in dettaglio, incisioni ed una pittura rupestre.

Cavour fu frequentata anche nel periodo romano, stando ad una serie di reperti quali vasi, monete, iscrizioni, resti di una necropoli ed alla struttura viaria stessa.

Noto all’epoca come Vibi Forum Caburrum , Cavour fu probabilmente in origine un accampamento militare fortificato della prima età imperiale, scelto per la sua posizione strategica lungo la via per le Gallie.

La frequentazione umana è stata dimostrata anche per il periodo medievale.

 La pittura rupestre della Rocca di Cavour: caratteri generali

In genere, il fenomeno delle pitture rupestri preistoriche sui rilievi montuosi europei è considerato poco comune. Quella della Rocca sembra essere la più antica pittura rupestre preistorica delle Alpi, l’unica policroma.

La sua collocazione è a circa 70 m dalla cima Est, su una parete rocciosa semi riparata, verticale, non troppo liscia, disposta sul versante Nord – Est e rivolta verso la pianura antistante.

L’opera è ricoperta da una sottile patina naturale (a volte quasi trasparente) di tipo carbonatico, formatasi nel tempo per fenomeni di dilavamento idrico ridotto, che ne ha permesso la conservazione ed allo stesso tempo ridotto la visibilità.

I colori individuati vanno dal nero - bluastro al rosso brunastro, al rosso scuro per la forma triangolare a punta di freccia e la figura antropomorfa sulla destra, fino all’arancione per la grande figura schematica ed al rosa per le sequenze di punti.

Nella presente discussione, si farà riferimento al rilievo effettuato dal CeSMAP (Centro Studi e Museo di Arte Preistorica di Pinerolo) nel 1988, cronologicamente più vicino a quello originario del 1979 e quindi corrispondente a migliori condizioni di conservazione; i successivi rilievi degli anni ’90 non hanno aggiunto modifiche sostanziali.

 Elementi della pittura rupestre della Rocca

 Ubicazione

Prima di tutto, è da rilevare la particolarità del sito, un rilievo roccioso che si erge isolato nella pianura, circondato da imponenti montagne. Dalla sua sommità, lo sguardo spazia sulle zone circostanti più in basso, fino all’orizzonte.

                                    

Sicuramente, queste caratteristiche hanno influito sulla scelta dell’uomo primitivo di produrre arte rupestre in questo specifico luogo.

Probabilmente, l’uomo primitivo vedeva manifestato in questo luogo il senso del divino, del sacro, dell’inconoscibile.

L’esecuzione dell’opera era anche presa di possesso del luogo, definizione di uno spazio sacro, di un centro simbolico, ma anche reale, del mondo da lui conosciuto.

Come probabile definizione di uno spazio sacro, la pittura della Rocca è stata eseguita in una zona impervia, non raggiungibile in modo agevole, forse ad evidenziare il suo particolare significato.

 Antropomorfi ed alberiformi

Concretamente, nella pittura della Rocca si possono riconoscere cinque elementi: tre antropomorfi (di cui uno schematico) sulla sinistra, un segno di tipo geometrico “a chevron” (alberiforme o vulvare) nella zona centrale, in alto, e le sequenze di punti.

Da confronti con opere stilisticamente simili, la datazione proposta è tardoneolitica (prima metà del IV millennio a.C.).

Per la Rocca, i segni di maggiore dimensione relativa sono l’antropomorfo schematico ed il segno alberiforme (o vulvare) subito alla sua destra. Ciò probabilmente identifica gli elementi di maggiore importanza (o sacralità) di tutta la composizione, i “soggetti” del linguaggio artistico. Rappresenterebbero il tema dominate attorno a cui si dispongono gli altri elementi.

Considerando la figura antropomorfa sulla destra rispetto a quella schematica, sembrerebbe che la testa triangolare sia separata dal corpo, come ad indicare uno stato di trance. Vale a dire, l’anima è separata dal corpo, è in comunicazione con il mondo degli spiriti, con l’aldilà.

Uno schema rappresentativo simile lo troviamo in alcune incisioni e pitture rupestri della Valcamonica e del Sud Africa.

L’ ”antropomorfo estatico” della pittura della Rocca sembra “appeso” alla grande figura schematica. Quest’ultima sembra possedere caratteristiche alberiformi, per cui si potrebbe dire che l’antropomorfo in stato di trance è “appeso” all’albero.

                                    

Ci troviamo qui di fronte ad un probabile rito di iniziazione, ad una morte iniziatica.

I riti di iniziazione sono universali, modificano lo stato sociale e religioso dell’individuo coinvolto attraverso la sua morte simbolica. E sono le iniziazioni sciamaniche quelle che, per eccellenza, prevedono la morte simbolica, a cui segue la rinascita come nuovi individui, provvisti di una conoscenza superiore, simbolicamente di una nuova “testa”.

Questi riti generalmente si realizzavano in luoghi isolati, difficilmente raggiungibili, luoghi tabù per i non – iniziati.

Tali luoghi si trovavano in posizione elevata, posizione da sempre ritenuta idonea alla celebrazione di culti.

La montagna è il prototipo del luogo elevato, associato alla trascendenza ed al sovrumano perché più vicino al cielo. Il fatto stesso di salire su una montagna per essere iniziati indica un passaggio dal livello umano a quello divino, un superamento della condizione umana. Il monte sacro è anche l’axis mundi, il centro del mondo, vale a dire il punto in cui il regno terreno e celeste si incontrano.

L’antropomorfo a sinistra della figura schematica centrale, nella pittura della Rocca, sembra essere in posizione rigida, ieratica, forse con una maschera rituale sul volto.

La maschera indica uno status, un’identità, nasconde quella vera ed ammonisce a non scrutarvi dietro. Potrebbe quindi essere un modo per rappresentare il non – rappresentabile, ovvero il divino o l’esperienza del divino.

Potrebbe essere una maschera a pelle di lupo o di qualche altro animale selvatico: le due forme leggermente allungate sul capo sembrano orecchie ferine.

Ed anche questo è un carattere di tipo sciamanico. Infatti, in molte culture l’animale è l’alter - ego dello sciamano, una sua rappresentazione metaforica; è la forma della sua anima fuoriuscita dal corpo. L’animale potrebbe essere lo spirito aiutante dello sciamano, da cui quest’ultimo prende il suo potere.

Lo sciamano può quindi prendere l’aspetto dell’animale, trasformandosi simbolicamente in esso, dato che uomo ed animale erano considerati della stessa natura, consustanziali.

L’animale può anche essere il messaggero infero od il rappresentante del regno dei morti. Infatti, il rapporto dell’uomo primitivo con gli animali era sostanzialmente un rapporto di sussistenza che permetteva all’uomo di sopravvivere, e la raccolta delle ossa di animali aveva forse il significato di riportarli in vita. Per cui, ogni animale era considerato come ritornato alla vita, quindi proveniente dal regno dei morti.

E data la consustanzialità sciamano – animale, la maschera di lupo attesterebbe l’avvenuto viaggio iniziatico agli inferi.

La pelle dell’animale viene così ad avere un significato sacro ed iniziatico, collegato alla morte- resurrezione; vale a dire, lo sciamano, dopo essere stato impiccato all’albero ed essere morto simbolicamente, rinasce spiritualmente sotto un’altra identità, quella del suo alter ego, l’animale appunto.

Abbiamo quindi individuato due figure antropomorfe riconducibili probabilmente ad un contesto magico – religioso, due figure che potrebbero rappresentare due tappe distinte e fondamentali di un rito di iniziazione: la morte simbolica e la rinascita.

Più in particolare, questi due antropomorfi si trovano vicino o sopra al terzo antropomorfo schematico con caratteri alberiformi.

Date le sue notevoli dimensioni relative, è probabile che sia un elemento importante dell’intera composizione. Lo stesso stile schematico, poi, tende ad idealizzarlo, accrescendo così il suo significato.

Tra gli arti inferiori di questo alberiforme schematico si trova un punto isolato, ad indicare verosimilmente il sesso femminile della figura; inoltre, punti sotto la sua “testa” potrebbero rappresentare gli occhi od i seni.

Potrebbe anche essere un albero su cui l’iniziato si autosacrifica simbolicamente, un albero sacro che è l’ axis mundi della montagna sacra. Le sue grandi dimensioni relative  attestano la sua importanza, sacralità ed il suo significato, datogli anche dalla rappresentazione schematica – idealizzante, come visto prima, e potrebbe esere richiamato dal segno “a chevron”, con caratteristiche alberiformi.

Ma nella pratica, che cosa permette allo sciamano di effettuare questo viaggio estatico e rivelatorio in un aldilà, in comunicazione con gli spiriti?

Sicuramente il passaggio dal suo stato di coscienza ordinario ad uno alterato; questo fenomeno è considerato tipico della natura umana in tutte le epoche, un fenomeno universale.

Piuttosto, ci si chiede se sia riscontrabile in questa pittura una qualche vaga rappresentazione di una possibile esperienza estatica. La risposta potrebbe venire dalle sequenze di punti.

 Fosfeni e psicogrammi

Le sequenze di punti possono essere interpretate come immagini fosfeniche, caratteristiche degli stati alterati di coscienza.

Il fosfene è classificato come fenomeno di tipo entottico, cioè come sensazione visuale originata dalla struttura del sistema ottico.

In particolare, il fosfene è un fenomeno endoftalmico, cioè generato all’interno della struttura oculare, che si presenta come struttura luminosa vissuta soggettivamente e risultante dall’attivazione di circuiti neuronali preformati nel sistema visivo.

I fosfeni possono essere indotti per via meccanica (colpi d’aria, pressione, movimenti rapidi dell’occhio), elettrica (stimolazione elettrica ad opportune frequenze), chimica (assunzione di composti psicoattivi) o spontanea, specie dopo un periodo di deprivazione sensoriale (per esempio dopo un adattamento al buio o dopo un periodo trascorso ad occhi chiusi).

Assumendo che la struttura base del sistema nervoso dell’uomo sia rimasta praticamente invariata dall’epoca preistorica fino ai nostri giorni, si può dire che l’esperienza fosfenica ha sempre avuto le stesse caratteristiche in tutte le epoche, indipendentemente dal contesto culturale, proprio perché insita nella struttura del sistema nervoso dell’uomo.

Rispetto all’interpretazione qui presentata, le sequenze di punti della pittura della Rocca potrebbero quindi rappresentare immagini fosfeniche direttamente vissute durante uno stato alterato di coscienza che permette all’iniziato il viaggio verso l’ “altrove”.

In quest’ottica, è significativo il fatto che proprio la possibile rappresentazione di un rito iniziatico sia accompagnata da una tendenza al simbolismo ed all’astrazione (le sequenze di punti), tendenza  tipica dell’esperienza estatica.

La sequenza di punti è anche un tipico psicogramma.

Con il termine psicogramma, nel contesto del linguaggio dell’arte rupestre, si intende un segno che non sembra rappresentare né un oggetto né un simbolo, distinguendosi dal pittogramma (rappresentazione di forme di oggetti reali od immaginari, per esempio zoomorfi) e dall’ideogramma (segno che trasmette un’idea, come il cruciforme).

Si potrebbe dire che lo psicogramma rappresenti (e di conseguenza evochi) delle sensazioni, degli stimoli mentali. E’ un elemento più astratto del simbolo, provocando ed evocando sensazioni e reazioni associative che raggiungono il livello inconscio dell’uomo.

La sensazione che ne scaturisce è quella di eccitazione, energia e spontaneità, sensazione libera da ogni interpretazione, appunto perché, per sua natura, lo psicogramma non induce interpretazioni come l’ideogramma.

Si suppone che l’uomo primitivo non modellasse la struttura degli psicogrammi (rappresentati nell’arte rupestre) sulle forme percepite nell’ambiente circostante.

Piuttosto, l’origine della forma dello psicogramma è da ricercarsi nella struttura fisiologica del sistema nervoso ed in quella del sistema visivo in particolare.

Come per i fosfeni, si tratterebbe, quindi, di un fenomeno universale, non influenzato da fattori culturali.

Come psicogramma, la sequenza di punti ha mantenuto praticamente inalterato nel tempo il suo significato archetipico.

Il punto rappresenta qualcosa di immateriale; la sequenza di punti potrebbe individuare, invece, una “struttura immateriale”, senza alcun corrispettivo concreto come il corrispettivo materiale delle figure a contorno pieno.

La sequenza di punti potrebbe rappresentare, in generale, un effetto, un flusso energetico od un’azione magica, l’attività della mente umana sotto forma di idee e pensieri.

Per quanto riguarda la Rocca, le sequenze di punti potrebbero rappresentare quindi un effetto magico e soprannaturale.

Queste sequenze individuano una specie di flusso impalpabile di energia che pervade quasi tutta la scena e che permette il contatto con l’aldilà, come se le sequenze avessero una sorta di “direzionalità” ed indicassero un “qualcosa”.

Questo “qualcosa” indefinito non è rappresentabile perché è l’esperienza del sacro, la quale è da sempre considerata inesprimibile in modo diretto od a cui si può solo alludere in modo vago.

E le sequenze di punti permetterebbero questa vaga allusione, attraverso la loro forza evocativa che rimanda alle nostre radici archetipiche più profonde.

 

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 (Autore: gianlucatoro@libero.it )

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