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                                          Il castello Bonoris a Montichiari (BS)

                                                                 (Marisa Uberti)

E' questo un edificio carico di misteri, secondo chi scrive. Le descrizioni storico -artistiche che nel corso del tempo sono state stilate su di esso, non riescono a nostro avviso a risolvere chiaramente i numerosi dubbi che sorgono vistandolo. E' anzitutto un castello moderno, fatto realizzare alla fine del XIX secolo dal conte Gaetano Bonoris, la cui famiglia proveniva dalla spagnola Valencia; non si sposò mai nè ebbe degli eredi. Una dimora simile tutta per sè, è abbastanza curioso, se poi pensiamo che ebbe cura di farla affrescare con motivi simbolici non casuali, ma secondo un progetto preciso. Si dice che non volle riutilizzare le fondamenta del precedente maniero che ivi sorgeva nel medioevo (cosa che lo portò in discordia con il suo primo architetto, che infatti rassegnò le dimissioni), ma poi quello che vediamo è un chiarissimo ritorno al passato, trattandosi di fortezza medievale a tutti gli effetti, con tanto di torri, merlature, e ponte levatoio (mai funzionante). E' anzi riportato negli archivi che egli -in qualità di committente - desiderasse una replica in tutto e per tutto, anche nei minimi particolari decorativi, di una fortezza medievale. Si narra anche -e tutto questo è documentato-che fosse un accanito filo-monarchico (i Savoia gli fecero ottenere il titolo di 'conte' che non possedeva per nascita) e che il suo castello abbia molte analogie con due dimore sabaude  (il castello del Valentino a Torino e quello di Fenis in Val d'Aosta). In particolare, egli sarebbe rimasto incantato dalla visita del Borgo medievale ricostruito nel Parco del Valentino a Torino, che aveva avuto occasione di visitare durante l'Esposizione Nazionale del 1884.

 Le prime domande che nascono, raccogliendo queste prime informazioni, mentre attendiamo la nostra visita guidata all'interno, si rafforzano proseguendo la conoscenza della struttura e dei suoi dintorni.

                                                        

La rocca si trova in posizione sopraelevata nel comune di Montichiari, sul monte San Pancrazio. Qui nel passato sorgeva una fortezza costruita ai tempi di Berengario I (X secolo circa), di cui si ha menzione la prima volta in un atto del 1107. A parte i dubbi che gli archeologi nutrono anche per l'ubicazione e le caratteristiche del 'castrum' che doveva sorgere nell'area e che probabilmente era una cosa a parte dall'abitato monteclarense, si sa che nel 1167 il castello divenne proprietà (in tutto o in parte) di una nobile famiglia (i conti Longhi, un ramo della potente consorteria nobiliare che tra il X e la fine del XII secolo costituì il potere forte nell'area confinaria tra Brescia e Mantova a cavallo del fiume Chiese). In quel periodo venne aggiunta al maniero la chiesa romanica di San Tommaso (oggi completamente scomparsa), cui seguì quella di una torre campanaria, di un edificio quadrangolare per il castellano e la triplice cinta di mura. Sempre alla seconda metà del XII secolo viene documentata  nel castrum la presenza (non specificata se in veste di comproprietari o solo usufruttuari) di "milites" e  di "homines de Monteclaro" che pattuirono con i Longhi di "murare castrum" e di costruirvi (o ricostruirvi) case, a condizione che tanto le cortine quanto le domus, a reciproca tutela, non fossero merlate. Indagini archeologiche hanno stabilito che il complesso fortilizio subì rifacimenti o adeguamenti strutturali nel XIV secolo e nel XVII secolo, quando veniva ancora usato come presidio militare a scopo difensivo. Resti dei contrafforti di epoca medievale (foto sotto, semi coperti dall'erba) si notano ancora oggi all'interno delle mura merlate fatte realizzare dal Bonoris, sul lato orientale.

             

Decidiamo di fermarci a riflettere. Chi erano questi 'milites' medievali che avevano in uso il castello, oggi Bonoris? Siamo fortemente insospettiti che si potesse trattare di Cavalieri Templari. Il toponimo Pancrazio dato al monte su cui si erge,  da dove deriva? Il santo Pancrazio, patrono di Montichiari tra l'altro, era proveniente dalla Frigia, venuto a Roma ancora fanciullo; fu infatti un martire adolescente, che l'agiografia raffigura già in abito da legionario, di solito a cavallo, che impugna un vessillo bianco con una croce rossa. Perseguitato per la sua fede cristiana (fu battezzato da papa Callisto), venne martirizzato sotto l'imperatore Diocleziano a quattordici anni sulla via Aurelia a Roma, dove sorse una basilica per il suo culto, che si diffuse velocemente lungo le vie consolari percorse dai pellegrini. Alcuni studiosi vedono nei cavalieri Templari la trasposizione del santo Pancrazio, per la sua strenua difesa della Fede cristiana come un vero cavaliere. Potrebbero averlo dato loro, il nome al monte e alla pieve? E' risaputo che diversi edifici gestiti dall'Ordine avevano la dedicazione a questo santo; tuttavia sappiamo bene che le dedicazioni preferenziali erano a Santa Maria o Maddalena, ma anche a San Tommaso, tanto per non divagare dal nostro discorso. Una chiesa intitolata a san Tommaso venne infatti costruita in dotazione alla rocca medievale dove oggi sorge quella del Bonoris e non era tanto piccola. Da alcune immagini del 1890 si possono vedere le robuste strutture romaniche che possedeva; attualmente non rimane più niente perchè vennero pressochè tutte demolite per far posto al nuovo maniero. Immagini di san Pancrazio non mancano nel castello, a ricordo del cavaliere titolare del colle:una sua effige sta proprio all'ingresso, accanto a quella della città di Montichiari.

Poco più a sud si trova la bellissima pieve romanica omonima (la pieve di S.Pancrazio appunto), una tra le più antiche della Lombardia (V-VI secolo ma si presenta nelle sue forme medievali), in cui si svolgono -da quando è stata strappata dall'oblio-anche saltuarie cerimonie da parte di un gruppo di moderni Templari, i cavalieri e la dame del S.O.E.T. (Supernus Ordo Equestre Templi). Perchè? In genere questo gruppo si reca in chiese che hanno nella loro storia una presenza dell'Ordine monastico -cavalleresco Templare (nota1). Ma da quanto abbiamo saputo in loco, dai rappresentati dell'Associazione 'Amici della Pieve' di Montichiari, non esiste una sicura attestazione di Templari medievali in questa bella chiesa romanica, o nella cittadina stessa, anzi loro non ne sanno proprio nulla. Sarebbe interessante approfondire gli studi, fermo restando che documenti scarseggiano sempre quando si tratta di Templari. Questo tracciato era però un ramo 'secondario' della Via Francigena, percorso dai pellegrini. Attorno al XII secolo infatti la popolazione era aumentata anche nei nuclei periferici - i vici- e necessitava di un'assistenza.

Quando Gaetano Bonoris rilevò la proprietà nel 1890, la rocca era totalmente in rovina. Le fortune economiche della sua famiglia, immensamente ricca, sembra fossero merito di indovinate attività commerciali. Dalla spagnola Valencia, i Bonoris nel 1700 si erano stabiliti a Mantova e in seguito vengono annoverati tra i banchieri di Casa d'Austria. Da Achille Bonoris e dalla nobildonna bresciana Marianna Soncini, nacque nel 1861 Gaetano, che fu sempre molto devoto alla figura materna, il cui stemma di famiglia fece riprodurre anche nel suo castello. Grande viaggiatore, svolse studi in legge a Losanna, in Svizzera e, tornato in patria, si distinse per migliorare l'agricoltura nelle sue terre (che aveva ricevuto in eredità). Tra i suoi possedimenti vi era la Villa Mazzucchelli, sempre a Montichiari, che ristrutturò per ospitarvi il re Umberto I il quale, come segno di gratitudine, lo insignì del titolo di Conte della cittadina, nel 1891 (bastava così poco per acquisire un titolo nobiliare?). Nel 1900 lo ritroviamo militante nel Partito Liberale, eletto al Parlamento italiano.

Dieci anni prima, nel 1890, aveva dato inizio alla costruzione della sua singolare dimora, il castello Bonoris appunto, affidando il progetto all'architetto Antonio Tagliaferri, che presentò un disegno in cui prevedeva il riutilizzo di alcune strutture preesistenti, ricevendo l'entusiasmo del suo committente e i lavori partirono nel 1892. Ma con il proseguo dei lavori, il Bonoris si fece sempre più ingerente e per salvaguardare la propria professionalità, il Tagliaferri rassegnò le dimissioni e ruppe il contratto. Il Bonoris in persona, a quel punto, non volendo chiamare un altro architetto progettista, si procurò le piante e le sezioni del castello del Valentino di Torino e i cartoni degli affreschi che vi trovavano posto. Non solo: chiamò a sè il pittore Giuseppe Rollini (nota 2) che li aveva eseguiti, i fratelli Alboretti da Torino per realizzare i mobili in stile gotico- valdostano e l'architetto bresciano Carlo Melchiotti per continuare i lavori. Ripensò un nuovo progetto e nuove entrate e, comprata la terra su cui sorgeva un convento dei Cappuccini con la torre della Mirabella, la convertì in accesso principale al maniero, dal lato meridionale. Ciò che non gli serviva più del precedente progetto lo fece demolire.

                                                          

 

L'opera che alla fine si concretizzò, si presentò molto diversa dal progetto primitivo, anche nell'uso dei materiali, ma a quanto pare soddisfece in pieno il gusto del Bonoris, che in fondo se l'era creato personalmente! Era il 1900 e per altri ventitrè anni se lo sarebbe goduto. Nel 1922, un anno prima di andarsene, Gaetano poteva vantare un patrimonio di ben oltre cinquanta milioni di lire (cifra ingentissima per l'epoca!) che pensò di donare con lascito testamentario alla fondazione di beneficenza pubblica nelle province di Brescia e Mantova. Non aveva eredi diretti, dunque poteva farlo ma alla sua morte, avvenuta nel 1923, il testamento venne impugnato dai cugini Sivelli che rivendicarono invano una parte della somma (nota 3). Ad un cugino di secondo grado per parte di madre, Ercole Soncini, spettò il castello dal cui inventario emerse un equivalente di trentacinque chili d'oro tra monete e gioielli, più Titoli di vari paesi. Un tesoro incredibile e forse inaspettato. Si dice che fossero nascosti nella cappella del castello. A proposito, si può accedere ad essa direttamente dal pianterreno del maniero. Davanti all'ingresso -incastonate una per lato del portale- due raffigurazioni interessanti di cui quella a sinistra è molto insolita per una chiesa, seppure privata come questa: la presentazione della Sindone (che le guide spiegano con il costante rimando a Casa Savoia).

  • Ma ritorniamo un poco indietro, all'ingresso del castello, che cercheremo di ripercorrere 'virtualmente' in questa descrizione che sarà limitata, purtroppo, dal punto di vista iconografico, avendo ricevuto il diniego a poter fotografare qualsiasi parte interna dell'edificio.

Partiamo dai pressi di piazza Santa Maria, dov'è ubicato l'attuale duomo cittadino; lungo il tragitto dell'erta salita che porta al castello si possono ammirare le mura più antiche intercalate da una torre circolare.

                             

 

Si giunge alla spianata su cui prospetta, dinnanzi ad un bel parco alberato ad uso pubblico, l'ingresso alla fortezza (lato sud), che ha tutta l'aria di eguagliare quelle tipiche medievali. Varcato lo stretto passaggio per i visitatori e sbrigate le formalità di visita, ci si può soffermare sulle prime impressioni che incute la rocca, le sue finestre ingabbiate da pesanti grate di ferro, le sue torri e torrette, la sua lavorazione muraria, il ponte, il pozzo...insomma guardandosi attorno e cogliendo diverse particolarità.

                                                      

                           

I dislivelli, anzitutto, che sono presenti nel primo cortile, già all'interno delle mura merlate (ghibelline). A destra, sotto le stesse, si noteranno i resti affioranti dei contrafforti della rocca precedente di origine medievale, che devono essere ancora indagati (scavati) archeologicamente, da quanto ci risulta. Numerose sfere di pietra (antiche palle di cannone?) sono accatastate nell'angolo. Sul lato sinistro, in fondo, noteremo invece una graziosa entrata in stile gotico che immette in un giardino pensile, dall'altro del quale è possibile godere di un bel panorama sulla città e sulla notevole cupola del duomo. E' inoltre possibile apprezzare il castello nella sua parte settentrionale.

Superiamo il bell' arco goticheggiante a sesto acuto che introduce nel cortiletto interno: l'impressione è di di venire catapultati in un mondo sospeso tra la fiaba e la leggendaria epica cavalleresca.

                                                            

 

Portandosi fino all'ingresso vero e proprio della dimora, siamo riusciti a scattare questa foto (sotto), prima che giungesse la giovane guida - come un falco-  dicendoci che è vietato fotografare da quel punto in poi, anche senza flash (cioè tutta la parte interna del maniero). Con rammarico riponiamo gli apparecchi, domandandoci ancora una volta quale sia la ragione di questi assurdi divieti, in quanto il patrimonio culturale è di ciascuno di noi che, quando paghiamo un biglietto d'ingresso, tra le altre cose contribuiamo a mantenerlo in buono stato di salute.

                                

Affreschi variopinti, stemmi di famiglia, un affresco a scacchi bianchi e neri, sulla scalinata, sopra il quale campeggia un San Giorgio che uccide il drago, sono elementi che colpiscono subito chi entra in questo spazio. Prospettanti sullo spazio delimitato dal cortiletto sono archi in stile neo-gotico, che dividono il piano terra da quello superiore. A destra l'accesso alla cappella, come si è detto,  di fronte troviamo invece la doppia scalinata semicircolare in pietra grigia che, biforcandosi, conduce in due ali diverse del castello. Una parte di esso non è al momento visitabile (come in ogni maniero che si rispetti!): i sottotetti sono da sistemare, le torri pure, gli appartamenti del personale non parliamone, le cucine sono da ristrutturare...C'è da dire che nel corso degli anni (dopo la morte del Bonoris) l'edificio venne abitato da una confraternita religiosa che chiaramente lo ha dovuto adattare alle esigenze moderne; i bagni ad esempio hanno perso ogni aspetto di come dovevano essere al tempo del Bonoris (e dunque non li fanno nemmeno vedere con la visita guidata).

Al termine della scala noteremo un interessante ballatoio affrescato (dal Rollini) con effigi di Filosofi e Sapienti dell'antichità. Da qui poi si prosegue in un affascinante percorso, in cui la costante sono gli stemmi di famiglia (paterna e materna del conte Gaetano in special modo), la ricerca del gusto romantico dell'epoca in cui visse il proprietario, i soffitti a cassettoni lignei, finemente decorati con colori variegati, la disposizione delle 'sedute' sotto le finestre, come usava nel medioevo; l'uso di elementi del bestiario medievale,  i continui rimandi alle allegorie classiche...Che mix

Il percorso prevede l'accesso al primo piano dal quale, attraverso una scala a chiocciola scavata nelle murature, si arriva al secondo. La scala è molto stretta poichè nell'intercapedine fu ottenuto un montacarichi di servizio ai piani. Si avrà cura di osservare quei piccoli dettagli che renderanno curiosa questa visita: dalla Sala dei 'pavoni' interamente affrescata e decorata del secondo piano alla sala comitale o di rappresentanza, sul lato nord del primo piano, in cui è riprodotto lo stesso ciclo pittorico presente nel castello della Manta di Saluzzo, detto 'degli Spagnoli'. Qui si trova un misterioso stemma della famiglia Bonoris che invece del consueto fondo rosso lo presenta completamente nero con una piccola banda rettangolare nera in alto a sinistra. Alla domanda del perchè, la guida riferisce che è un enigma anche per gli studiosi. Molti i camini presenti nelle sale dell'edificio, alcuni dei quali però mai utilizzati e quello in camera da letto, detta 'dei leoni' - che non poteva funzionare per impraticabilità tecnica (era finto)- dimostra come fosse strano questo conte. L'aveva orientata a sud,,che è il lato che riceve più sole, ma poteva bastare? Infatti le visite guidate in inverno vengono addirittura sospese a causa del grande freddo che si accumula in queste sale, riprendendo da marzo in poi (e ancora la temperatura è rigida, parola nostra!). Lui come poteva resistere a simili climi, senza fonte di calore? In questa stanza, adornata da due leoni dorati e dal monumentale letto a baldacchino in stile neogotico,  egli morì  nel 1923.A est troviamo invece la camera regia e la biblioteca, di cui non resta neppure un libro. Motivo? Per sua volontà, alla sua morte tutti i libri che possedeva dovevano essere bruciati e così pare sia stato fatto. Ma la sala secondo noi più impressionante è quella reale, destinata ad accogliere il re Umberto I (che non riuscì mai a venire qui perchè il 1 gennaio 1900 venne assassinato). In suo onore il Bonoris la fece tappezzare interamente di rosso su cui campeggia in modo quasi maniacale il motto di casa Savoia, FERT (nota 4), e un camino in pietra arenaria. Inoltrandosi per le torri 'quadrata' e 'rotonda' si arriva ad un percorso denominato 'di ronda', che ha una bella pavimentazione in pietra rosa di Verona. Si lanci un'occhiata al campanilino e al pennone portastendardo...Ridiscendendo al pian terreno, si troverà la stessa pianta del primo piano, suddivisa da altri locali. Assai singolare la decorazione a 'scarlioni' rossi e bianchi della sala cosiddetta 'delle fiamme'; bella la sala da pranzo, in cui ancora troviamo un rimando alle terre piemontesi, con la riproduzione del soffitto del castello di Strambino di Ivrea) e ai giullari; non può mancare la sala d'armi, con la collezione di armi bianche e da fuoco e la saletta delle guardie.

Giunti nella cappella, ci si avvicina al termine della visita. Le dimensioni non sono grandi ma il complesso è armonico e studiato; le pareti sono rivestite di scenografiche decorazioni ad affresco su fondo oro, che ritraggono una Madonna con Bambino, Santa Lucia e l'immancabile San Pancrazio ma c'è ancora da notare un rimando al Piemonte perchè sulla parete di fondo c'è una riproduzione della scena de La Salita al Calvario (opera di Jaquerio) che si trova nella sagrestia della chiesa di Sant'Antonio di Ranverso presso Avigliana (TO). In un vano segreto di questa piccola chiesina venne ritrovato un congruo tesoro materiale (gioielli e Titoli di vari stati stranieri) alla morte del conte. Con tutte le stanze che ci sono, scegliere come 'cassaforte' una cappella e, per giunta, al piano terra è alquanto anomalo! Riemerge l'aspetto più caratteristico di questo personaggio.

Alla luce di questo percorso nei simbolismi palesi o occultati di questo castello, ci è rimasta in sospeso la curiosità di sapere se Gaetano Bonoris fosse in odore di esoterismo o se fosse semplicemente figlio del suo tempo, il Novecento, in cui era particolarmente sentito il bisogno di circondarsi di elementi del passato, specialmente nell'entourage di famiglie ricche o arricchite. Lui, che era ricco da generazioni e non aveva alcun bisogno di ostentarlo, visse solo in questa enorme dimora (secondo alcuni isolato, secondo altri concedendosi donne e mondanità, confondendo le acque ai posteri), dove mescolò medioevo, rinascimento, un po' di barocco, di illuminismo, di romanticismo, di  neoclassico...Forse una risposta si sarebbe potuta ricavare dal tipo di letteratura che prediligeva, dai libri che leggeva, ma egli stesso li volle bruciare, aumentando lo sconcerto tra coloro che si interrogano come noi. Se non erano libri 'pericolosi' perchè darli alle fiamme? Perchè fare un gesto tanto scriteriato, dal momento che un libro è sempre cultura, è documento, è qualcosa da tramandare? 

Certi misteri sono destinati a restare tali.

Note:

1)- Nel 2006 abbiamo seguito, da semplici auditori, una cerimonia dell' Ordine Sovrano dei Cavalieri del Tempio (Cavalieri Templari Cattolici d'Italia) nella chiesa templare di San Bevignate a Perugia, che abbiamo documentato in questo sito alla pagina:

2)- Questo artista era nato a Cussanio nel 1842 e morì a Torino nel 1904; si era distinto come inventore di innovative composizioni in stile medioevale realizzate con la tecnica del 'buon fresco' che aveva studiato dagli originali. Suoi lavori sono presenti nel castello di Fenis ad Aosta, in quello della Manta a Saluzzo, oltre a questo di Montichiari; dipinse su muro nelle principali chiese salesiane piemontesi, nella medievale S.Giovanni di Ranverso, nonchè nel duomo di Pinerolo e nel ricreato Borgo Medievale di Torino.

3)- Alle fondazioni benefiche spettarono alla fine 62.990.348 lire.

4)- Il 'motto' dei Savoia,che le guide sembrano spiegare tanto sicuramente, in realtà è uno dei più misteriosi in araldica. Sono state avanzate diverse spiegazioni letterali come acronimo: Fortitudo Eius Rhodum Tenuit, Fides Est Regni Tutela, Foedere et religione tenemur, Foemina Erit Ruina Tua, etc.

 

 

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                                                                           aprile 2008