Tesori "nostrani" da scoprire
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                                                                   (di Roberto Volterri)*

                          Due passi nel mistero attraverso tesori nostrani...da scoprire!

“Nostrani” perché ora ci incammineremo qua e là per l’Italia alla ricerca di luoghi ove le locali leggende « sussurrano » ci sia qualcosa nascosto da secoli « proprio lì », « proprio sotto quel tale albero », « proprio accanto al muro della vecchia chiesa ». In un altro articolo allargheremo un po’ il nostro orizzonte percettivo e vedremo dove, qua e là nei fondali del Mare Mediterraneo, casse di dobloni d’oro o quintali di pregiati monili d’altri tempi aspettano solo che qualcuno li vada a prendere. Peccato che non siano a pochi metri dalla riva e che in apnea ci sia « qualche difficoltà a raggiungerli ». Ma, si sa, nessun ostacolo è troppo grande per gli Indiana Jones… della domenica!
C’è infatti qualche possibilità di indagare a fondo, di ‘scavare’ nei meandri di qualche isolata, poco conosciuta biblioteca locale, nelle carte di qualche studioso del luogo, di qualche appassionato che prima di noi, di voi, non si sia ‘fidato’ eccessivamente della storiografia ‘ufficiale’ e abbia dato ascolto a leggende, tradizioni, ‘voci’ secondo le quali ‘qualcosa’da scoprire ancora c’è e ancora attende che qualche archeologo dilettante dedichi un po’ di energie, di tempo, di fortuna e – perché no? – di fantasia alla ricerca di ‘tracce’ definite ‘ufficialmente’ introvabili?
Alcuni anni fa, ad esempio, ebbi modo di contattare il gentile ricercatore Dario Spada – per alcune indicazioni necessarie prima di partire per una mia prima ricognizione a Rennes-le-Château, per i due libri che poi nacquero da quelle esplorazioni,
L’universo magico di Rennes-le-Château” e “Rennes-le-Château e il mistero dell’abbazia di Carol” (entrambi editi da Sugarco nel 2004 e nel 2005) – e di leggere un suo intrigante articolo pubblicato un paio di anni prima.
Lo Spada passava in rapida rassegna alcune località italiane ove, ‘si dice’ – anzi… ‘si mormora’ – che esistano ‘tesori’ lasciati in tempi andati da alcuni uomini che hanno letteralmente ‘fatto la Storia’ o, molto più semplicemente da semplici ‘briganti’ i quali, in qualche circostanza ‘a rischio’, non trovarono miglior soluzione che quella di nascondere in improbabili anfratti, sotto qualche isolata chiesetta di campagna o in qualche innocente cantina, tutto il prezioso frutto delle loro scorribande. Vediamo – purtroppo a volo d’uccello – qualche interessante esempio estrapolato dal mio recente libro “
Archeologia dell’Introvabile” (SugarCo 2006).

Alla ricerca del tesoro di Federico Barbarossa

Pavia, o meglio a qualche chilometro dalla città. Da queste parti nei pressi del comune di Stradella, su una piccola collina nei dintorni della chiesa di Montalino – risalente agli ultimi decenni del X secolo e dedicata a San Marcellino – ‘si mormora’ che sia nascosto un ingente tesoro attribuito a Federico Barbarossa.


La chiesa di San Marcellino, nel comune di Stradella (Pavia).
I suoi dintorni nascondono forse l’introvabile tesoro del Barbarossa?

In effetti il luogo è a poca distanza dalla città di Pavia dove il Barbarossa si accampò dopo la battaglia di Legnano (29 maggio 1176) e non è del tutto improbabile che, in quei convulsi momenti, qualcosa di ingente valore sia stato occultato in attesa di tempi migliori. Poi, si sa come vanno le umane vicende e spesso i ‘tempi migliori’, almeno per i diretti interessati, non arrivano mai. Ma, forse, potrebbero arrivare per qualche curioso ricercatore che abbia desiderio, tempo, pazienza e capacità per dare uno sguardo dietro le innumerevoli ‘pieghe’ della Storia.
Soprattutto di quella meno ‘ufficiale’ e ancor poco conosciuta…
Ma, da dove nasce quest’altra – per ora definiamola così – leggenda? Lo Spada riferisce che in tempi non lontanissimi un pio sacerdote di un paesino delle zone intorno a Pavia, riordinando il polveroso archivio della sua parrocchia (quante ‘antiche cronache’ nascondono interessantissimi ‘segreti’!) rinvenne un vetusto documento che inevitabilmente lo incuriosì…

In un luogo detto Stradella, troverai una chiesa antica che si chiama Montalino, 
lontana circa mezzo miglio. Guarda da un canto verso ponente, che troverai 
un pilastro piedi quattro. Scava piedi cinque, troverai una pietra di marmo 
con parole gotiche e altri segni, lunga piedi quattro, larga piedi otto, leva la 
pietra, scava piedi otto, che troverai un calcestruzzo. Rompilo che troverai 
una porta di ferro. Rompila che troverai una tomba grande. Dentro c’è un 
gran tesoro di Federico Barbarossa, con una cassetta di ferro. Dentro c’è 
una cassa di piombo, e poi una d’oro, piena di pietre preziose con un carboncino 
di grande valore. Sotto la cassetta troverai una lapide. Levala che troverai una 
corona piena di perle e una mitria piena di gioie, e una caldara piena di medaglie 
d’oro. Bada che è guardato
…”.

Quel sinistro “Bada che è guardato…” – dal solito, diabolico Asmodeo forse? – non impressionerà certamente il lettore, mentre qualche ostacolo potrebbe insorgere nel tentare di esplorare la chiesetta dato che al giorno d’oggi appare solitamente chiusa e viene aperta solo per particolari necessità religiose.
Ma questo è un altro discorso…

Ove si narra di feroci briganti e dei loro tesori…

Castel Bolognese (Ravenna). Riva sinistra del fiume Senio. Alla fine del marzo 1851 per gli Stati pontifici si sparge la notizia che il feroce brigante Stefano Pelloni è stato ucciso in un agguato frutto, anche, di una delazione di un componente della banda che da almeno due anni imperversa nella campagna romagnola. Il popolino mormora che a tale notizia anche papa pianga…
Perché? Ma perché si ritiene che il Pelloni – da Giovanni Pascoli definito ‘Passator cortese’ per un motivo che poi vedremo – sia il figlio naturale del conte Giovanni Mastai Ferretti, poi salito al soglio pontificio con il nome di Pio IX.
E il popolino – benevolmente – aggiunge che tale ‘scambio d’amorosi sensi’ sia avvenuto con una nobildonna, la contessa d’Alba, prima che il futuro papa prendesse i voti, naturalmente…
Il ‘frutto della colpa’ sarebbe quindi stato affidato alle cure della moglie di tale Vincenzo Pelloni, barcaiolo sul lago di Albano, a poca distanza da Roma. Poco dopo i Pelloni si trasferiscono a nord, sulle rive del lago Lamone, nel paese di Russi, dove Vincenzo continua il suo mestiere di traghettatore, ovvero di… passatore. Leggenda frutto di ‘gossip’ ante litteram? Forse sì, forse è una boccaccesca vicenda ben vicina alla realtà, ma di tutto ciò, ora, non ci interessiamo oltre…
Nonostante le amorevoli cure della famiglia adottiva, il giovane Pelloni appare un po’ troppo vivace e, pur avendo intrapreso inizialmente studi in seminario, mostra una sorprendente e prematura vocazione di incallito seduttore, organizza una bisca clandestina all’interno dell’edifico religioso di cui è ospite – ovviamente barando – e si dedica anche all’usura. Dopo due anni di inutili tentativi, i buoni sacerdoti che in lui speravano… demordono e lo rinviano a casa. Qui il nostro futuro brigante viene avviato alla professione paterna – quella di ‘passatore’ – non senza la sua più ampia soddisfazione, dato che può così coltivare frequenti, bucolici amori con le contadinotte dei dintorni. Dopo una sua complessa vicenda amorosa con tale Carmela, bellissima giovane di ceto sociale ben superiore e dopo essere stato accusato di omicidio colposo nei confronti di una donna gravida, uccisa accidentalmente con una pietra scagliata, in realtà, per colpire un prepotente rivale in amore, Stefano Pelloni viene rinchiuso nel carcere di Bagnocavallo e, nella solitudine della cella, avrebbe così deciso di evadere e poi di darsi alla vita di fuorilegge.


                                        
Da un’antica stampa, Stefano Pelloni, detto il ‘Passator cortese’ , il quale imperversò per qualche tempo tra Bologna, Forlì, Ravenna e Ferrara.
Si ‘mormora’ che abbia nascosto il frutto delle sue scorribande lungo il fiume Senio…

Approfittando della situazione incerta nella Romagna pontificia, si autoproclama subito difensore dei poveri oppressi dalle classi più abbienti e si da, pertanto, alla macchia, giungendo persino ad irrompere nel teatro di Forlimpopoli, il 25 gennaio 1851, per sequestrare tutti i notabili del posto e poi farsi pagare, per la loro liberazione, un’ingente taglia. Si spera per distribuirla ai poveri…
Ma prima di abbandonare il teatro, il ‘Passatore’ e i suoi divertono le gentili consorti dei notabili del luogo invitandole… a ballare, tanto che successivamente un anonimo cantore popolare, divertito, scrive…
“… E’ scura l’aria, la notte cade
di Forlimpopoli nelle contrade:
la città tutta dorme assopita
solo in teatro ferve la vita.”


Il burrascoso e a volte cruento periodo termina nel 1851 quando gran parte della banda di briganti capeggiati dal Pelloni viene arrestata e il ‘Passator cortese’ resta ucciso, in uno scontro a fuoco, da tale Apollinare Fantini – o dal caporale Giacinto Calandri, come altre fonti affermano – dopo essere stato assediato insieme a qualcuno dei suoi in una capanna. La vita, le opere e i misfatti del ‘Passator cortese’, sono però ancora ben note in tutta la Romagna, tanto da elevarlo quasi a difensore della genuinità dei… vini del luogo. Fu uomo perverso? Oppure fu una sorta di nostrano ‘Robin Hood’, da alcuni considerato addirittura un mito, tanto da essere celebrato anche da Giovanni Pascoli, quasi incantato dalla sua ‘cortesia’, forse solo nei confronti del ‘gentil sesso’…
“… sempre mi torna al cuore il mio paese
cui regnarono Guidi e Malatesta,
cui tenne pure il Passator cortese,
re della strada, re della foresta.

(G.Pascoli, Romagna)

E da qui l’appellativo di ‘cortese’ con cui è oggi ancora noto il feroce brigante romagnolo. Addosso al ‘Passator cortese’ venne rinvenuta una forte somma di danaro, orologi d’oro, fermagli adornati con purissimi brillanti e una discreta quantità di perle di valore. Ma dove finirono tutte le altre ingenti ricchezze accumulate dall’affascinante bandito romagnolo? Distribuite ai poveri, come vorrebbe la leggenda, oppure nascoste lungo la riva sinistra del fiume Senio, nei pressi di Castelbolognese, come narrano alcune locali, più o meno antiche e attendibili ‘cronache’? Magari muniti di metal-detector si potrebbe indagare ancora un po’…


Collescipoli (Terni)

Le solite locali leggende raccontano che a ridosso del paese, sotto la terza torre partendo dalle mura ‘Sabine’ che proteggevano la cittadina, il brigante Girolamo Stefanoni, nel 1437, avrebbe nascosto un favoloso tesoro accumulato in anni e anni di razzie. Sarà così? Ma perché non esplorare, discretamente, quei luoghi? E anche le locali biblioteche… 


Proseguiamo…


Bagnolo Cremasco (Crema). Qui, nel cortile di una chiesa (non sappiamo quale, ma dubito ve ne siano di innumerevoli…) il feroce brigante Giuseppe Braganzi, nel 1791, avrebbe sepolto tutto il suo bottino. Sempre in attesa… dei ‘tempi migliori’ che mai non vennero. 



Una delle chiese di Bagnolo Cremasco (Crema). Nel cortile di una di esse sarebbe sepolto un tesoro frutto di ruberie del brigante Braganzi…

Pisa.Cimitero della città. Il brigante chiamato Orcino avrebbe scelto questo ameno luogo per nascondere, tra due alberi, ogni suo illecito avere. Ma qui, pur avendo la fortuna di trovare i ‘due alberi’, i classici attrezzi del mestiere dell’archeologo – ‘pala e piccone’ – sono vivamente… sconsigliati.
E potrei andare avanti per molte pagine ancora, ma, cogliendo un altro utile spunto tratto dall’articolo di Dario Spada, a lettore maggiormente interessato a questo tipo di esplorazioni, suggerirei prima di tutto di rintracciare il bel volume di G. Batini, intitolato ‘Italia a mezzanotte’ (Vallecchi, Firenze 1968) in cui si narra, tra l’altro, di un manoscritto del XVII secolo, rinvenuto nell’archivio di un’antica fortezza di Strozzavolpe, tra Siena e Firenze, ove sono indicati innumerevoli, forse attendibili, nascondigli di ‘introvabili’ tesori.
Chissà che la ricerca effettuata da qualche affezionato frequentatore di ‘Duepassinelmistero’ non possa dare buoni frutti…


                                                           

Spesso, nei 'tenebrosi' racconti in cui si parla di favolosi tesori nascosti, si accenna alla Nera Signora che li custodisce. Razionalmente penso si alluda alle difficoltà, a volte superabili solo a rischio della vita, per raggiungerli.

 

*Il dr.Roberto Volterri (Università 'Tor Vergata', Roma) è archeologo, scrittore ed è uno strenuo ricercatore.Ha all'attivo oltre una quindicina di libri, di cui svariati recensiti in questo sito.Attualmente è in libreria con due volumi:Archeologia dell'Invisibile (SugarCo Edizioni) e "Manuale di Psicotronica sperimentale- Alla ricerca delle misteriose facoltà dell'enigma-Uomo" (Eremon Edizioni).

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                                                                       giugno 2007