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       “Giochi da salotto, giochi da osteria 

nella vita milanese dal Cinquecento all'Ottocento"

                 (report di Marisa Uberti della visita alla mostra di Palazzo Morando a Milano)

 

Si è svolta domenica 16 dicembre, presso l’elegante Palazzo Morando in Via Sant’Andrea a Milano, una visita guidata all’interessante mostra “Giochi da salotto, giochi da osteria nella vita milanese dal Cinquecento all’Ottocento”, preceduta da un Convegno intitolato "La Storia del Gioco", tenuto dallo studioso francese Thierry Depaulis, dal dr. Nicola De Giorgio e dal dr. Alberto Milano. L’evento ha aperto ufficialmente al pubblico questa interessante esposizione, che è stata inaugurata sabato 15 dicembre e che si potrà visitare fino al 3 marzo 2013. Durante le festività natalizie, in cui si rispolverano giochi di famiglia e di società, è senz'altro calzante il tema trattato in questa esposizione, tra l'altro ad ingresso gratuito, per scoprire come amavano divertirsi (e acculturarsi attraverso la didattica dei giochi) i milanesi tra il XVI e il XIX secolo. Molti di quei giochi sono in auge ancora oggi, alcuni si sono trasformati, di altri si è persa la memoria. La mostra è dunque attualissima e interessante da più punti di vista.

La conferenza del prof. Thierry Depaulis (ricercatore, scrittore e Chairman della International Playng Card Society) è stata incentrata sulla prospettiva storica del gioco, esposta in lingua francese. La relazione del dr. De Giorgio, da anni appassionato studioso dell'argomento, ha proposto il tema delle carte da gioco a Milano dall’epoca napoleonica alla Restaurazione, informandoci di come il gioco delle carte passasse sotto una stretta sorveglianza, con tanto di tassa (bolli) che ogni governatore di Milano applicava (il gioco era dunque anche una questione politica e sociale, del resto anche oggi il lotto e le lotterie sono regolate dalle leggi statali e dal pagamento di tasse su eventuali incassi). Il curatore della mostra, il dr. Alberto Milano, ha introdotto il significato di questa corposa esposizione, che va dunque letta a più livelli. 

             I tre relatori: da sinistra il prof. Thierry Depaulis, Alberto Milano e Nicola De Giorgio

                                               morando-17.jpg (116250 byte) morando-18.jpg (49257 byte)

                                              Un folto pubblico ha seguito il Convegno 

La visita guidata agli oggetti esposti è stato il pezzo forte della giornata, perchè ha permesso ai numerosissimi visitatori di ammirare i "cimeli" e seguire le spiegazioni del dr. Milano, al quale  diversi di essi appartengono.

morando-11.jpg (222099 byte) Editto di Maria Teresa d'Austria sui giochi d'azzardo, Milano, 1763 (collezione A. Milano)

I protagonisti della mostra sono circa 150 pezzi, ripartiti in sale tematiche e categorie di giochi. Si ammira inoltre una ricca collezione di stampe, calendari, cartelle e tavolieri in “arte povera”, matrici da stampa, libri, opuscoli, bandi, attrezzi per il gioco, spesso molto rari e che progettualmente dovrebbero andare ad arricchire le Raccolte del Castello Sforzesco, le maggiori del genere in Italia.

Attraverso la mostra è possibile apprendere tutte le tecniche di stampa e decorazione utilizzate nella realizzazione dei giochi di società di quel periodo, cosa che i profani spesso trascurano ma che per gli intenditori è un elemento di estrema rilevanza. 

  • Nella prima sala troviamo un soggetto a noi particolarmente caro, il gioco del filetto o tavola-mulino, la cui storia, geografia e simbolismo stiamo investigando da anni (1). In questa mostra esso è presente in due differenti versioni: la prima è una splendida scatola da gioco del 1606 di Ascanio Olgiati, di dimensioni notevoli (52 cm x 39 cm x 7, 5 cm), prodotto lombardo in legno di noce con intarsi in legno di bosso. La scatola prevede tre giochi: dama, filetto e tric-trac. Nella faccia dove c’è la Triplice Cinta (termine che noi preferiamo a quello di filetto) troviamo il nome del proprietario nella parte superiore e il cognome in quella inferiore. Nel quadrato più interno si trova lo stemma della famiglia. Sembra che alcuni contestino l’uso ludico di queste scatole perché non sono state trovate pedine di grandezza adeguata. Forse sono andate smarrite o, forse, davvero questi esemplari rappresentavano dei simboli espositivi per la famiglia o la persona cui appartenevano, tanto più che la scatola presenta anche dei motti in spagnolo…

                                 

                                  morando-03.jpg (280800 byte) Particolare dello stemma al centro della Triplice Cinta/filetto

L'altra iconografia relativa ad una "Tavola-molino" (Mulino è uno dei nomi con cui è noto il gioco del filetto), è una xilografia su carta colorata in verde, di 425 x 300 mm, prodotta in Italia nel XIX secolo Il foglio ottocentesco è una tiratura tarda di una matrice più antica, forse seicentesca. Anche in questo caso abbiamo notato come l'iconografia sia ricercata nella decorazione, come usava nel periodo rococò e in certi colti ambienti. Potremmo inquadrarlo come oggetto puramente decorativo ed estetico, un vezzo. Ma a nostro avviso non si tratta semplicemente di uno schema di triplici quadrati creato per fini meramente ludici ma forse vi si deve cogliere l'intenzione di sviluppare, attorno al tema dei tre livelli successivi, un concetto simbolico (forse iniziatico?) che sembra confermarsi nel quadrato più interno, con la presenza di un grande fiore stellato centrale.

                                             

                                                      La xilografia (collezione A. Milano)

  • Restando in tema di schemi ludici a noi cari, abbiamo trovato diversi modelli di quello che nel nostro libro abbiamo classificato con il numero XXXX.. Questo gioco, noto in Irlanda come Halatafl, impiega un tavoliere in forma di croce costituito da 5 tris, la cui origine sembra sia un altro gioco nordico chiamato Hnefataf;  lo ritroviamo più o meno identico nel manoscritto di Alfonso X il Saggio (XIII sec.) come “De Cercar la Liebre”, un gioco di cattura  che è noto con nomi diversi, ad esempio  La Volpe e le Oche, Fox and Geese in inglese, oppure  La Volpe e le Galline o la Volpe e le Pecore, il Lupo e le Pecore. Ricorderemo che in Italia, ad Ungiasca, una piccolissima frazione nel comune di Cossogno (VB), è ancora visibile un tavoliere simile, inciso profondamente su una lastra che ricopre il muretto vicino alla chiesa del paese. Localmente è chiamato “Le pecore e i lupi”; lo abbiamo poi documentato anche a Venezia, sulle lastre del loggiato dell'ex-Fondaco dei Tedeschi, insieme a filetti ed alquerque. Di questi giochi a cinque tris potrebbe rinvenirsi traccia originaria con il greco Penthe grammai, che nel V sec .a. C. veniva citato da Sofocle, o anche il Gioco della Città (o Plinthion), citato da Cratino.

In mostra è stato interessante trovare tutte iconografie che mostrano lo stesso schema impiegato per un gioco di strategia militare, l'assalto al castello o alla fortezza. Uno dei maggiori fabbricanti di giochi di società dei primi decenni del XIX sec. fu H. F. Müller; nel suo catalogo si trovano diverse varianti di questo tavoliere, come quella mostrata nella fotografia seguente, in cui lo schema è semplificato al massimo ed è privo di decorazioni (tuttavia è molto bello):

 morando-06.jpg (74380 byte) Gioco dell'assalto al castello, incisione in rame colorata incollata in cartone (26 x 24,5 cm), Vienna, primi anni dell' Ottocento (collezione A. Milano). In basso, centralmente, vi è l'indicazione dell'indirizzo dell'Editore

Nell'esemplare mostrato nell'immagine sottostante, i due difensori del castello devono fronteggiare 24 assalitori. Vi si vedono cannoni e accampamenti, sullo sfondo del tabellone, per ricreare un campo militare.

morando-04.jpg (146965 byte) Gioco dell'assalto al castello (25 x 31 cm), incisione in rame colorata su cartone ricoperto di carta decorata. Si osservino, in basso a sinistra, le pedine in legno colorate. E' un prodotto fatto in Germania datato al XIX sec. (collezione Alberto Milano). In basso, centralmente, c'è la marca dell'Editore I (albero) A, probabilmente un fabbricante tedesco di Lipsia. 

Nella seguente immagine troviamo invece il medesimo schema ma utilizzato per un gioco diverso, quello della Volpe; esso era compreso nel catalogo Vallardi nel 1824 e restò in produzione per anni.

morando-05.jpg (133734 byte) Nuovo Gioco della Volpe, Incisione in rame colorata. controfondata in tela (43 x 30 cm), realizzata a Milano nel 1820 da P. e G. Vallardi (collezione A. Milano). Inferiormente vi è la spiegazione delle regole del gioco; è arricchito di dettagli per ricreare un ambiente agreste, con gli animali protagonisti della "disputa"

Nella seguente, bellissima iconografia, troviamo ancora il medesimo schema utilizzato per un gioco chiamato "L'Assedio di Mantova", ossia Gioco della Fortezza, sovrapponibile a quello dell'assalto al castello. Nella parte inferiore sono riportate le regole da rispettare e il tabellone ricrea un campo militare, con la presenza di soldati e armi ma le scene di battaglia si riferiscono a quelle realmente accadute all'epoca in cui venne realizzato (Guerra d'Indipendenza). Sotto lo schema si legge bene "Milano, presso l'Editore Lit. P. Bertotti", che pubblicò diversi fogli di giochi, calendari e fogli volanti.

morando-07.jpg (190047 byte) Litografia (44 x 30 cm), foglio, realizzata tra il 1850-'60 (collezione A. Milano). Il primo tris (la fortezza, contornata dalla fortificazione) presenta 9 numeri (dall' 1 al 9), situati ad ogni incrocio. E' un esemplare molto bello, gradevole nella scelta dei colori.

morando-08.jpg (136379 byte) Dettaglio della decorazione

  • La mostra presenta altre categorie di giochi, oltre ai tavolieri della dama e quelli appena visti: quelli di dadi (Pela il Chiù, Carica l'asino, della Barca), giochi di estrazione (Tombola, Cavagnola) a quelli di percorso (dell'Oca, del Barone), alle carte da gioco e ai tarocchi. Ai tavolieri e alle carte utilizzati per i più noti giochi d'azzardo come il Biribissi, il Lotto Reale, il Faraone, la Bassetta, e giochi didattici destinati a istruire divertendo, Ai giochi in voga un tempo nei salotti dell'aristocrazia e poi della buona borghesia (giochi di società con le carte, Domande e Risposte, Assalto al Castello, Domino, Tangram), fanno da contrappunto i giochi più comuni nelle strade e nelle osterie della città, essenzialmente giochi di dadi e di carte.

Tra i giochi che non esistono più o perlomeno che noi non conoscevamo, abbiamo trovato interessante il "Nuovo Gioco della Vita Umana", una sorta di percorso filosofico con caselle numerate e destinato a concludersi al centro del tabellone; molto curioso il Nuovo Gioco Istorico sull'Antico Testamento "per facilmente apprendersi da qualsiasi persona la storia sacra", con tanto di Avvertenze e Regole. Il pezzo esposto fa parte della collezione di Alberto Milano e probabilmente ben pochi lo conoscono! Il percorso è formato da 70 cerchi disposti in ovale; la prima casella è quella della Creazione del Mondo e l'ultima quella della venuta del Messia, che segna la fine della partita

morando-14.jpg (197882 byte) Tipografia Buccinelli, 1813 (46 x 63 cm), elementi tipografici con coloritura a pennello; il gioco riprendeva modelli francesi

Abbiamo trovato poi il Gioco geografico d'Europa, costituito da 78 carte + 1 carta del titolo (su cui sono riportate le regole): si tratta di carte dei tarocchi rappresentate dai vari Stati e dai fiumi, le Carte numerali sono gli Stati europei. Tutte hanno decorazioni e stemmi; interessante anche il Nuovo Gioco sopra la Storia cronologica Sacra e profana, costituito da 48 carte in rame, incise, i cui semi sono vasi, rombi, cerchi e cuori (il pezzo esposto appartiene alla collezione G. Crippa e proviene da Venezia; essendo anche firmato sulla carta contrassegnata Y del seme di vasi sappiamo che l'incisore fu A. Visentini su disegni di Francesco Zuccarelli (anno 1748). Ben strano usare vasi, rombi e cerchi come semi...

Magnifico il Gioco istruttivo delle Meraviglie della Natura e dell'Arte (in francese). E' dotato di 63 caselle, secondo i canoni del Gioco dell'Oca; in ciascuna troviamo alcune meraviglie naturali o artistiche a partire dalle piramidi d'Egitto, l'eruzione del Vesuvio, il terremoto di Lisbona del 1755. le montagne, le grotte e i monumenti più famosi del mondo; alcuni tuttavia furono interpretati con licenza dell'autore. Nell'ultima casella è situata la Creazione del Mondo, dove è scritto che Dio separa i Quattro Elementi  e crea il Cielo e la Terra (termini che fanno anche pensare ad un significato ermetico sotteso, a nostro avviso); al centro si leggono le regole del gioco.

morando-15.jpg (156822 byte) Particolare di alcune caselle del Jeu Instructif des Merveilles de la Nature et de l'Art, incisione in rame (46,5 x 61 cm, foglio). L'opera fu realizzata a Parigi dall'editore Basset (nome e indirizzo si leggono in basso a sinistra del foglio), inizio del 1800. Nella casella 40 è ben visibile la testa colossale della Sfinge, con due personaggi che stanno salendo su di essa.

  • Molte le iconografie di Gioco dell'Oca, che meriterebbe una trattazione a parte. Esso infatti, popolarissimo tra la gente comune, ha un significato recondito di tipo iniziatico. La struttura a spirale dello schema si è mantenuta immutata nel tempo, tuttavia diverse modifiche sono state apportate. "In origine le caselle erano 63, le oche erano 14 in tutto, distribuite alternativamente ogni 5 e 4 caselle; ciò evidenzia che il vero riferimento simbolico è il numero 9 (dato dal 5 + 4); inoltre se si divide il 63 per 9 otteniamo il 7, tutte cifre cariche di valenze esoteriche, che sconfinano nella cabala ebraica. Nel Medioevo le 63 caselle corrispondevano alle tappe della vita umana; ogni casella rappresentava un anno e il 63esimo si definiva grande climaterio e concludeva l'ultimo ciclo (di nove). Ogni ciclo era composto da 7 anni; l'ultimo anno di ciascun ciclo era chiamato anch'esso climaterio (cui si può dare il valore di "momento critico di passaggio"), ma soltanto il 63esimo era detto "grande", cioè era il grande momento ciclico di passaggio. Nella metafora del gioco dell'Oca, dunque, chi giungeva nell'ultima casella, al numero 63, non aveva in realtà concluso la partita, ma l'iniziato sapeva che era giunto ad un grande varco, un grande inizio di un ciclo ulteriore che doveva ancora venire" (2). Il valore iniziatico del Gioco risiede anche nella sua trasmissione non scritta ma solo verbale, almeno fino al 1580, quando Francesco dè Medici ne regalò un esemplare al re di Spagna Filippo II. La prima tavola venne stampata nel 1640 a Venezia (è la più antica in caratteri di stampa, quanto meno).

Il percorso spiraliforme del Gioco dell'Oca ha un antenato che risale all'Antico Egitto (almeno dalla II dinastia, attorno al 2800-2600 a.C.) in cui veniva chiamato Mehen (geroglifico mhn che significa “serpente arrotolato”). La sua forma spiraliforme andava alcune volte in senso orario ma per la maggior parte in senso antiorario, con la testa del serpente al centro del tavoliere; ciò ricorda un uroboros, ovvero il serpente che si morde la coda, simbolo alchemico di ciclicità/rinascita/eternità. Oggi la teoria più valida è che fosse infatti un gioco rituale da riservare ai defunti (ma siccome gli Egiziani ritenevano che vi fosse una vita dopo la morte fisica, il gioco diventava un passaggio per accedere all'aldilà degnamente, un po' come il Senet).

L'ultima casella del Gioco dell'Oca era chiamata anche Tempio o Gerusalemme, o Casa della Vita (a seconda dei contesti culturali), perchè era anche metafora di un percorso spirituale (al pari di un labirinto): l'uomo-giocatore procedeva tra diversi ostacoli (prove), incontrare dei pericoli, che erano: il Ponte (casella 6), l'Osteria (19), il Pozzo (31), il Labirinto (42), la Prigione (52), la Morte (58). 

L'uso dei dadi lasciava che l'arbitro della partita fosse la sorte. 

La casella con l'Oca consente il raddoppio del punteggio. Il lancio di 6+3 porta alla casella 26, quello di 5+4 alla 53 sennò il gioco, per come sono collocate le "oche", terminerebbe subito.

A livello ludico, oggi il Gioco dell'Oca ha 90 caselle in molti tavolieri e le oche sono lievitate a 19. Anche le caselle si sono riempite di elementi non presenti nell'originale. Sul perchè si chiami Gioco dell'Oca, sarebbe ulteriormente da soffermarsi. Il termine Oca deriva dal latino anser (poi divenuto nel latino tardo auca), che indicava il manico o ansa di un anfora, a forma di S come il collo dell'oca. Anser è quindi un appiglio, ma anche un'occasione. La caselle dove c'è un' Oca, infatti, sono di aiuto per procedere più speditamente lungo il percorso. Nelle tradizioni culturali mondiali l'oca, intesa come animale, ha assunto connotazioni diverse (per i Greci era simbolo di vigilanza, era beneaugurale ed attenta guardiana della casa, e così la pensavano i Romani. I Franchi la ritenevano una mezza divinità...). Nel Medioevo il "pes anserinus" (la zampa d'oca stilizzata)  era usato come marchio dei costruttori (lapicidi, scalpellini) e lo si ritrova lungo i maggiori itinerari di pellegrinaggio, ad esempio al celebre Cammino di Santiago di Compostela. Lungo questo percorso, in diverse cittadine spagnole è possibile vedere enormi giochi dell'Oca disegnati o dipinti spesso in prossimità delle chiese. Questo e molto altro c'è nell'ingenuo Gioco dell'Oca!

Nella foto seguente vediamo una xilografia esposta in mostra (tra le molte e tutte degne di attenzione), realizzata dal noto stampatore di Foligno, Tomassini, che ristampò matrici del secolo precedente, come nel caso presentato, dove ha aggiunto le regole per il gioco in caratteri ottocenteschi:

morando-13.jpg (225070 byte) Gioco dell'Oca Tomassini, xilografia (47 x 35, foglio), Foligno (PG), 1835 circa (Civica Raccolta delle Stampe A. Bertarelli, Milano). La matrice originale, del secolo precedente, ha al centro le lettere GS e ai quattro lati le raffigurazioni delle Quattro Stagioni, riprese anch'esse da incisioni dell'epoca.

  • Un aspetto particolare che questa esposizione ci ha permesso di affrontare è quello del riutilizzo delle carte da gioco, fenomeno che -abbiamo appreso- era molto più frequente di quel che si pensa: nell'immagine sottostante vediamo infatti degli esemplari che furono riutilizzati come biglietti da visita, etichette per atti notarili, ricevute per forniture alimentari (lista della spesa!), appunti balistici e un invito funebre! Immaginiamo quindi che attraverso le carte si potessero anche far pervenire messaggi di ogni tipo ai destinatari.

                                                                   morando-09.jpg (136366 byte)

  • Senza contare che spesso le carte da gioco e i tarocchi, per il loro significato simbolico, esoterico ed iniziatico, erano impiegate come oggetti magici o magico-rituali (sappiamo che dal XVII secolo esse vennero usate a scopi divinatori). Sarebbe interessante sapere come, quando e perchè vennero gettate nel pozzo del Castello Sforzesco di Milano alcune carte da gioco, tarocchi e altro materiale. Personalmente non crediamo che sia stato fatto perchè "non servivano più"; secondo alcune tesi era usanza avvelenare i pozzi, principali mezzi di abbeveramento, e le carte avrebbero funto da veicolo di infezione (un po' come un'arma batteriologica). Ma è necessario domandarsi se non fosse stato un altro il motivo, ossia proteggere da mani non idonee quei mazzi, quegli oggetti, metterli al sicuro per poterli forse riprendere in momenti più opportuni, chissà...Forse per chi li possedeva rivestivano un valore speciale. 

  • Veramente interessante la collezione appartenente a G. Crippa di carte da gioco in contesti sacri. Si tratta di 4 casi decisamente significativi e curiosi: il primo è in legno e vetro, in cui un'immagine di Santa incisa in rame e colorata (dimensioni 53 x 45 cm) presenta, internamente alla cornice al verso dell'immagine, due frammenti di carte da gioco a semi francesi di cuori e fiori. La provenienza è incerta (forse dal Piemonte) e la datazione è del XVIII secolo. La robustezza delle carte le rendeva idonee come controfondatura (una sorta di rinforzo o foderatura). Tuttavia forse c'era anche un intento meno pratico? Il secondo esempio è un'immagine della Deposizione di Cristo (legno e vetro), dipinta e contornata dai volti di nove santi e piccole reliquie (provenienza Roma, 1500-1600). Due frammenti del Cavallo di Denari del tipo romano sono stati inseriti nella parte ovale al verso. Un altro caso è riscontrabile in una xilografia colorata a maschera (57 x 46 cm), forse proveniente dal Piemonte e risalente al XVIII secolo: all'interno di un reliquiario sono stati inseriti due piccolissimi frammenti del Re di Denari di una carta da tarocco e tre frammenti a semi francesi. Un ultimo caso è relativo ad un Manoscritto per Messa delle dimensioni notevoli (95 x 60 cm), proveniente dall'Italia centrale e datato al XVIII secolo. Due carte da gioco (3 di coppe e 5 di spade) sono state trovate all'interno della legatura. Al centro del volumetto è dipinta una croce. 

  • Visitando questa mostra si entra in un mondo denso di un'atmosfera particolare, forse d'altri tempi, che in cuor nostro immaginiamo migliore, con un maggior senso positivo verso la vita. Nonostante le difficoltà, i numerosi giochi ci dimostrano la volontà di divertirsi, di imparare, di istruirsi, di mettersi alla prova, nonchè di trasmettere messaggi che silenziosamente continueranno a compiere il loro cammino nel tempo, anche da semplici vetrine.

Note:

1) L'ultima mia pubblicazione è "Ludica, Sacra, Magica. Il censimento mondiale della Triplice Cinta" (2012), disponibile anche nella versione inglese e in formato e-book. 

2)  Questa è un'interpretazione che si trova nel bel libro di Pino Iannello ("Il dilettevole gioco dell'Oca. Le rivelazioni della cabala e dei tarocchi al servizio del Gioco dell'Oca", Mimesis, 1999)

 

  • La mostra è curata da Alberto Milano ed è promossa dall’Assessorato Cultura, Moda, Design del Comune di Milano, è allestita nelle sale recentemente restaurate al primo piano di Palazzo Morando Costume Moda Immagine, contigue a quelle della pinacoteca. Il catalogo della mostra è realizzato dalle Edizioni Gabriele Mazzotta che collaborano inoltre alla promozione dell'esposizione stessa.

 

 

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