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Il duomo nascosto di Bergamo

                                                          (di duepassinelmistero)

 

                                                                 duomobg-10.jpg (142408 byte)

E’ con una certa emozione che mi accingo a scrivere, finalmente, un breve articolo sul “duomo nascosto” di Bergamo. Nei miei viaggi ho potuto più volte scendere nei sotterranei di alcune cattedrali, entrare nelle cripte di numerose chiese, riempirmi di stupore davanti a ciò che antichi e abili maestri hanno lasciato. Tesori che furono coperti da quintali di terra, rinchiusi da strati successivi di materiale, sigillati per secoli e che tornano alla luce a volte per caso, in occasione di lavori edilizi, altre volte attraverso ricerche d’archivio e scavi archeologici mirati.

Il più delle volte le chiese e soprattutto le cattedrali si elevano sullo stesso luogo di un santuario pagano, antecedente all’arrivo dei Romani. Perché anche costoro fecero propri certi “spazi sacri” continuando a venerarli, sostituendo i nomi delle divinità ma lasciandola inalterata nella sostanza. L’arrivo del Cristianesimo non fece che proseguire questa “tradizione”, sostituendo ai templi dedicati alle divinità la casa di Dio, la chiesa.

Il duomo di Bergamo si trova nell’omonima piazza, adiacente al Palazzo della Ragione e prospetta sullo stesso spazio della Basilica di Santa Maria Maggiore, di cui in questo sito ci siamo occupati in maniera approfondita diverso tempo fa. La Basilica era considerata il monumento più antico della piazza (XII secolo) ma nuove scoperte hanno consentito di ricavare nuove e importantissime informazioni.

duomobg-11.jpg (107774 byte)Tutti i monumenti che sorgono nella Piazza Vecchia (al centro della quale si ammira la cinquecentesca Fontana Contarini) e in piazza Duomo si impiantano sull’antico Foro Romano. Ormai questo è un dato assodato. Gli scavi archeologici hanno permesso di ricostruire in parte l’ubicazione di alcuni edifici di epoca romana; all'inizio del 2012 abbiamo visitato il nuovo Museo dell’Età Veneta, nel cui vestibolo si vedono le rimanenze dei muri perimetrali di alcune botteghe che affacciavano sull’antica via commerciale romana. Molte testimonianze lungo via Colleoni, via Arena e la stessa piazza Vecchia hanno portato alla luce preziosi frammenti di un passato che sembrava sepolto per sempre.

Che il duomo di Sant’Alessandro sorgesse su una chiesa più antica dedicata a san Vincenzo, era cosa risaputa. Un’epigrafe affissa sul lato destro dell’edificio lo attesta palesemente; tuttavia le notizie diventavano incerte man mano ci si allontanava nel tempo. Si ventilava l’ipotesi di una costruzione longobarda, che si sapeva poi ricostruita nel XII secolo, nel XVI secolo e sul finire del XVII secolo. L’interno del duomo attuale, seicentesco, non ci ha mai troppo entusiasmato: è un’unica grande navata a croce latina (che conserva comunque opere di artisti quali il Tiepolo, il Previstali e il Moroni) con sfarzosi marmi policromi. Nulla a che vedere con la sobrietà delle chiese romaniche che amiamo tanto. Una breve scalinata sotto l’altare porta alla cosiddetta “cripta dei vescovi”, un ambiente asettico e moderno che conserva le spoglie di diversi vescovi. Nessuno sapeva di ambienti da scoprire. Ma sotto il pavimento del duomo si celava da secoli e secoli uno scrigno di tesori, di mosaici, di tombe, di suppellettili, in una parola, di storia e verità sepolte.

In occasione di lavori per il riscaldamento della cattedrale, nel 2004 gli scavi iniziarono a rivelare qualcosa di inaspettato: le tracce di un sito romano, della Cattedrale paleocristiana di San Vincenzo e della successiva cattedrale romanica, avvolte nella ricostruzione rinascimentale del Filerete. Tutto concentrato nello stesso luogo, che in realtà era già abitato dal X secolo a. C.!

Si sono dovuti attendere ben otto anni perché le porte di quello straordinario passato si aprissero ai visitatori. Gli scavi sono finiti quest’anno e solo da pochi mesi il sito archeologico è stato musealizzato e aperto al pubblico, grazie alla Fondazione Bernareggi. L’ingresso è sotto la Loggia del Palazzo della Ragione, lateralmente e inferiormente al lato destro del duomo (sotto le scale di accesso). Scendendo, si lascia il profano vociare dei turisti all’esterno e si prende coscienza di un mondo ipogeo che rappresenta un passato di memorie per la città, di cui si devono comporre ancora molti tasselli.

Il percorso espositivo permette di vedere, stando su appositi camminamenti, diversi strati che si erano sovrapposti:

  • l' impianto di un quartiere romano (I sec. a.C. – IV sec. d.C.) che era adiacente al Foro ed era attraversato da una strada commerciale sulla quale affacciavano botteghe, laboratori artigiani e domus residenziali dotate di ricchi apparati architettonici e decorativi. Sicuramente questo livello era congiunto a quello di cui restano le rovine nell’area del Museo dell’Età Veneta di cui abbiamo già accennato l’esistenza. Di questo livello romano si possono ammirare i frammenti  musivi appartenenti alla domus romana, in tessere bianche e nere, profilato da tessere nere in doppia cornice; soglie in pietra con i fori per i cardini delle porte e tracce di canalizzazioni per l’acqua corrente

 

  • duomobg-02.jpg (21808 byte)La costruzione della basilica paleocristiana (V sec. d.C.) dedicata al martire Vincenzo rase al suolo le costruzioni precedenti. Con i suoi 24 m di larghezza e i 45 di lunghezza si imponeva come il più grande edificio sacro della città. Si doveva anche far dimenticare il ricordo dei grandiosi templi classici di epoca romana, evidentemente… Sicuramente testimonia di come doveva essere cospicua la comunità cristiana all'epoca. L’edificio, orientato sull’asse E-O, era costituito da tre navate sorrette da due file di colonne; le pareti avevano affreschi e la copertura era di legno. Ancora oggi possiamo vedere i plinti di fondazione delle colonne, alcuni dei quali conservati con le loro basi e grandi porzioni delle pavimentazioni in pietra, lacerti musivi e lastre di marmi. Questa chiesa paleocristiana era preceduta da un portico coperto (o nartece) e aveva un abside (che si era già individuata durante campagne pregresse di scavo, nel 1905 e nel 1979).

  • Del periodo alto-medievale sono pervenute fino a noi alcune suppellettili di grande pregio, che sono esposte nel percorso mussale sotterraneo al duomo, come una croce detta di San Procolo (IX-X sec.), in argento lavorato a sbalzo. Bellissima una superstite colonna con intrecci. Sono esposti anche una borsa, un piviale e una pianeta dai preziosi ricami; il sontuoso piviale è detto di San Vincenzo e ha un peso di 100 chili!

 

  • duomobg-03.jpg (19014 byte)Per cedimenti nella porzione N-O, nel XII secolo si attuarono profondi interventi di ristrutturazione, che mutarono consistentemente l’architettura dell’edificio ecclesiastico. Si crearono dei contrafforti e si aggiunsero dei pilastri tra le colonne. Naturalmente anche il gusto decorativo si adeguò allo stile romanico, con nuovi arredi e rinnovati affreschi che, per la posizione in cui si vengono a trovare, colpiscono il visitatore fin dall’ingresso in questo “museo sotterraneo”. Si tratta di opere parzialmente conservatesi (malauguratamente furono gravemente danneggiate per ricostruire la chiesa di epoca successiva), della fine del XIII secolo, attribuite al Maestro di Angera. I temi sacri si sviluppano sulla figura (piuttosto rara) di Sant’Anna Metterza (cioè in cui sono presenti S. Anna, Maria e Gesù Bambino), con due oranti ai lati; altri affreschi ritraggono figure di santi (Giovanni Battista, San Pietro, S. Caterina d’Alessandria).

                                          

Vi è anche una Crocifissione di piccole dimensioni e una, più grande, è stata rovinata (att. al Maestro dell’Albero della Vita). Questi affreschi dovevano coprire la parete del presbiterio. In una cappella adiacente ad esso, si riuniva la Confraternita di S. Maria della Misericordia. Sotto gli affreschi si trovano degli elementi decorativo-simbolici degni di attenzione.

                                          

Del XII secolo si è trovata anche una tomba terragna. All’inizio del percorso troviamo due sarcofagi, in cui vennero rinvenuti dei corredi tombali (le figure maschili e femminili presentano in evidenza gli organi genitali). La pratica di seppellire i defunti all’interno della chiesa era frequente; questa chiesa era disseminata di sepolture, sia terragne a camera che monumentali.

        

                                         

Da rimarcare la lastra sepolcrale di Giovanni Bucelleni, originariamente dotata di una targa che ne elencava le cariche ecclesiastiche. L’uomo morì a 90 anni nel 1472 ma il suo sepolcro era già pronto quando il religioso era ancora in vita: fu infatti realizzato nel 1468 da Jacopo Filippo Conforti.

  • Del 1386 è la preziosa Croce di Ughetto, una croce usata nelle processioni, eseguita da Ughetto Lorenzoni da Vertova su commissione del Capitolo della chiesa. L’importanza del manufatto, veramente splendido, era anche la presenza in origine di 34 reliquie miracolose, sigillate in sette parti della preziosa oreficeria. Tra gli altri cimeli, è presente anche un reliquiario della Sacra Spina (si riteneva proveniente dalla corona di spine di Gesù Cristo).

  • Molto intensa è la Madonna dei Canonici della Cattedrale, un’icona di scuola cretese del XV secolo, nota anche come Madonna della Consolazione (e assimilabile ad una Madonna Nera). Poco prima di giungere al cospetto di questa bellissima iconografia, si attraversa uno spazio le cui pareti presentano degli schizzi o bozze di disegni: si tratta di uno spazio che era adibito a studio e architettura (dove cioè i costruttori del XVII sec. preparavano i modelli in scala).

                                         

  • Nel 1459 Antonio Averlino detto il Filerete viene incaricato dal vescovo Giovanni Barozzi di progettare una nuova cattedrale ma quando, nel 1465, il vescovo venne eletto patriarca di Venezia, l’architetto lasciò i lavori interrotti.

 

  • duomobg-04.jpg (21227 byte)Nel corso del XVII secolo diversi architetti vennero chiamati ad occuparsi dei lavori; nel 1613 Lorenzo Bingo con il Richino, l’anno seguente Agostino Avanzi; nel 1688 Gio. Cristoforo Bettera; nel 1689 Carlo Fontana, al quale si deve sostanzialmente l’aspetto odierno.

Entrano due scolaresche, l’atmosfera trascolora, si ritorna al presente. Il percorso è compiuto, si getta un ultimo sguardo all’insieme, si torna ancora un momento a perlustrare le zone più nascoste (sempre seguiti dalla sagace custode…), a rimirare i colori ancora vivi degli affreschi, ad immaginare lo svolgersi di una vita quotidiana al tempo dei romani, a ripensare alla polvere che ricopre la verità delle Cose.

Che prima o poi tornano sempre.

  • Il Museo e Tesoro della cattedrale è gestito dalla Fondazione Bernareggi ed è proprietà della Diocesi di Bergamo. Osserva i seguenti orari di apertura: 9.30-13 e 14-18.30 dal martedì alla domenica (chiuso il lunedì). Ingresso a pagamento. Informazioni e prenotazioni: www.fondazionebernareggi.it

 

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                                                                                                                       Dicembre 2012