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Analisi archeoastronomica del sito archeologico di Poggio Rota (Pitigliano, GR)

                                                                    di Adriano Gaspani

Nota del webmaster: si ricorda che per una migliore comprensione del linguaggio tecnico è opportuno aver già letto gli Elementi di Archeoastronomia (del prof. A. Gaspani) e altre parti della sezione correlata all'Archeoastronomia. Grazie e buona lettura!

                       

                                                 Il sito di  Poggio Rota, presso Pitigliano (GR)

Lo scopo di questo lavoro è quello di mettere in evidenza quanto risultato dall’analisi del sito di Poggio Rota, presso Pitigliano in provincia di Grosseto, eseguita  in un’ottica di tipo archeoastronomico.

Si sospetta che il sito possa essere stato un antico luogo sacro e di osservazione astronomica. La presente indagine ha lo scopo di fare luce su questa possibilità. Dopo la fase di rilievo in loco e’ seguita la fase di analisi dei dati e poi quella di interpretazione dei risultati. L’obbiettivo e’ stato quello di verificare se esistessero o meno alcune linee astronomicamente significative che potessero dimostrare la significativita’ archeoastronomica di Poggio Rota e, in caso di risposta positiva, tentare di stabilire anche l’epoca in cui le osservazioni avrebbero potuto avere luogo. Il passo successivo è stato quello di cercare di attribuire l’utilizzo del sito ad una cultura localmente presente sul territorio in epoca antica e quindi di inquadrare il sito entro il panorama archeologico locale.

La metodologia utilizzata per il trattamento dei dati in e’ quella descritta nel volume: “INTRODUZIONE ALL’ARCHEOASTRONOMIA: NUOVE TECNICHE DI ANALISI DEI  DATI”, pubblicato nel 2006 da A. Gaspani e S. Cernuti  negli Atti della Fondazione Giorgio Ronchi, vol. LXXXIX, 190 pp. Edizioni Tassinari, Firenze,  2006.

                                                                              Introduzione

La comprensione dei molteplici aspetti della vita dell’uomo antico non può  prescindere dall’affrontare il problema da un punto di vista interdisciplinare; è quindi molto importante che l’Archeologia sia affiancata da altre discipline scientifiche maggiormente specializzate in alcuni settori di ricerca specifici, tendenzialmente lontani dalla metodologia di lavoro tipica dall’archeologo tradizionale, ma capaci di integrare in maniera determinante i risultati ottenuti dall’Archeologia, arrivando ad ottenere una valutazione maggiormente completa dei molteplici aspetti della vita degli individui che fecero parte delle antiche comunità che hanno popolato il pianeta dal Paleolitico in poi. In particolare, è noto che il cielo con i suoi fenomeni  rivestì una fondamentale importanza nella vita quotidiana e nella sfera del sacro che accompagnava l’uomo antico e la comprensione di questo aspetto importante delle antiche culture può integrare in maniera determinate le conoscenze che derivano dall’analisi dei reperti archeologici che gli scavi ci restituiscono.

L’Archeoastronomia (taluni preferiscono il termine Astroarcheologia o Paleoastronomia) la scienza che studia i reperti archeologici che testimoniano in qualche modo l’esistenza di un’attività di osservazione e studio dei corpi celesti portati avanti da individui appartenuti alle culture antiche. Per Archeoastronomia possiamo quindi intendere la disciplina che si occupa dello studio e della comprensione delle conoscenze astronomiche diffuse presso i popoli antichi in tutte le loro forme e i loro aspetti e del loro rapporto con la vita sociale, religiosa e rituale all’interno delle antiche comunità.

Lo studio dell’Archeoastronomia deve obbligatoriamente basarsi su fonti che devono essere il più possibile oggettive; infatti non si deve correre il rischio di vedere tracce di Astronomia in qualsiasi reperto archeologico.

Esistono sostanzialmente tre tipi di fonti a cui si può fare riferimento: esse sono i reperti oggettivi, i reperti scritti intesi in senso generale e i reperti etnografici. I reperti oggettivi sono quelli fisicamente accessibili ed in quanto tali possono essere ispezionati, rilevati studiati e misurati: il sito di Poggio Rota appartiene a questa categoria. Esistono poi i reperti scritti che comprendono tutto ciò che è stato direttamente registrato mediante la scrittura o quantomeno attraverso le arti figurative. Tra di essi, considerati in senso generale, troviamo i testi antichi redatti mediante la scrittura vera e propria, i petroglifi e le incisioni rupestri i quali rappresentano pur sempre una importante forma espressiva e i calendari redatti in forma oggettiva.

Rimangono poi da considerare i reperti etnografici i quali comprendono tutto il bagaglio di conoscenze e tradizioni popolari tramandate spesso solo oralmente di generazione in generazione e giunti in questo modo fino ai giorni nostri. In questo caso l’informazione contenuta è andata gradualmente modificandosi ogni qualvolta sia avvenuto il processo di trasmissione orale da una generazione alla successiva. Questo fatto ha purtroppo contribuito talvolta a corrompere parzialmente o totalmente il contenuto originale di informazione. I reperti etnografici quindi comprendono tra l’altro le usanze e le tradizioni, tramandate spesso oralmente, traccia delle quali è spesso possibile trovarla interrogando le persone anziane che vivono nelle campagne, i metodi pratici di misura del tempo e le antiche festività agricole e pastorali. L’analisi dei reperti oggettivi deve quindi essere accompagnata, quando ciò sia possibile, da una contemporanea e adeguata conoscenza dei corrispondenti aspetti etnografici propri della cultura presso cui sono stati prodotti. Il punto di partenza base di qualsiasi speculazione in campo archeoastronomico è la conoscenza del cielo visibile all’epoca in cui il reperto fu prodotto e nel luogo in cui il reperto è (o era) fisicamente ubicato.

L’aspetto del cielo nelle epoche antiche può essere ricostruito in maniera rigorosa mediante il calcolo astronomico e i moderni computers.

Un altro potente mezzo di indagine è rappresentato dall’applicazione delle tecniche statistiche e quelle proprie della Teoria della Probabilità all’analisi dei siti archeologici di rilevanza astronomica. In questo modo è possibile valutare il livello di affidabilità dei risultati ottenuti e discriminare tra varie possibilità di interpretazione, identificando quelle che sono più probabili e quelle che lo sono di meno.

  • La campagna di rilievo topografico-astronomico di Poggio Rota

 Il sito di Poggio Rota è stato oggetto di una sessione di misura condotta da Adriano Gaspani con l’assistenza di Giovanni Feo e Antonello Carrucoli il 9 Giugno 2007 condotta utilizzando metodi satellitari GPS uniti al rilievo topografico convenzionale.     

  • Il sistema GPS

  Il sistema di navigazione GPS (Global Positioning System), noto anche con il nome di NAVSTAR, fu concepito dal Ministero della Difesa degli USA come mezzo efficace per determinare con grande precisione le coordinate geografiche di un punto, in cui è posto un dispositivo ricevitore dei segnali. Il sistema funziona su tutto il pianeta e oltre ad un'accurata definizione della posizione geografica, permette di ottenere un campione di tempo molto preciso. Le applicazioni del sistema GPS furono inizialmente limitate al campo militare, successivamente il segnale emesso dai satelliti NAVSTAR fu reso accessibile, seppure con qualche limitazione nella precisione ottenibile nelle misure, anche per gli usi civili e di ricerca scientifica. Il fatto che il segnale sia disponibile 24 ore su 24 in ogni angolo del pianeta e la progressiva riduzione dei costi e delle dimensioni fisiche dei ricevitori hanno reso il sistema GPS molto usato soprattutto nella navigazione. Dal punto di vista scientifico e tecnico, il sistema GPS viene utilizzato sia nel campo della Geodesia a grande scala sia per il rilievo topografico. Proprio dalle applicazioni topografiche è venuta l'idea di sperimentare i sistemi GPS anche nel campo della rilevazione planimetrica e topografica ai fini dello studio dei siti rilevanti dal punto di vista archeoastronomico.

  • La georeferenziazione del sito di Poggio Rota

La georeferenziazione del sito è stata eseguita mediante rilievi satellitari accoppiati al rilievo topografico tradizionale eseguito utilizzando un teodolite di precisione (al secondo d’arco) Zeiss Theo10. Le linee di mira sono state marcate utilizzando, le usuali paline, disposte in modo da assicurare la verticalità delle linee da collimare con il teodolite.

  • I rilievi GPS

I rilievi sono stati eseguiti in modalità statica  cioè lasciando fisso in un singolo punto l’apparato ricevente ed acquisendo dati al ritmo di 1 calcolo di posizione (in gergo tecnico: fix) al secondo e raffinando i risultati eseguendo la media di tutte le determinazioni di posizione ottenute lungo il tempo durante il quale il ricevitore ha acquisito i dati dai satelliti e ha calcolato la sua posizione, cioè le sue coordinate geografiche locali e la sua quota. Una prima fase di elaborazione tesa ad aumentare il livello di precisione viene eseguita direttamente dal ricevitore in tempo reale con la ricezione dei segnali ed il calcolo della posizione del singolo punto; successivamente una fase di post-elaborazione permette di raffinare i dati raccolti arrivando ad una maggiore precisione.

  • Apparecchiatura utilizzata

Il ricevitore utilizzato è stato un GPS III costruito dalla ditta americana GARMIN Inc. equipaggiato con un’antenna esterna ad alto guadagno del tipo GA29, costruita dalla stessa ditta, e posta su un treppiede in modo che il suo centro di fase fosse sulla verticale del punto da determinare e lontano da ostacoli che avrebbero potuto ostruire, più o meno parzialmente, il segnale proveniente dai satelliti. Il ricevitore, potendo operare su 12 canali indipendenti, è in grado di tracciare simultaneamente ed in maniera indipendente fino a 12 satelliti e di eseguire il calcolo della posizione usando simultaneamente tutti i satelliti utili, cioè quelli il cui segnale mostra un rapporto segnale/rumore (SNR) più favorevole.

Antenna GARMIN GA29 atta ricevere i segnali GPS. La sua particolare geometria ha la funzione di limitare al massimo il fenomeno del “Multipath”.

  •   Codice

La misura della distanza tra il ricevitore e ciascuno dei satelliti tracciati, necessaria per il calcolo della posizione geografica istantanea del ricevitore, viene ricavata dal tempo di propagazione del segnale dal satellite al ricevitore, oppure dalla sua fase, ed è misurato a partire dai codici che modulano il segnale portante. I codici sono strutturati in onde quadre formate da transizioni di valori binari +1 e -1, generati secondo un algoritmo ripetitivo nel tempo. Il codice usato per le misure a Poggio Rota è stato quello C/A destinato ad usi di tipo civile, trasmesso sulla portante L1 ad una frequenza di 1575.42 Mhz  (19 cm di lunghezza d’onda).

Ricevitore GARMIN GPS III

Il codice C/A è ricevuto su una frequenza di 1.023 Mhz, che corrisponde ad una lunghezza d’onda pari a 293 metri, e ripete praticamente la sua sequenza ogni secondo. Sul segnale è modulato il messaggio navigazionale il quale è trasmesso ad una frequenza di 50 Hz e contiene le necessarie informazioni sulla posizione nello spazio e il campione di tempo pertinente a ciascun satellite.

  • Livello di accuratezza

Nel caso di un ricevitore in singola frequenza (L1) che utilizza misure di codice C/A, quindi che valuta la posizione mediante la determinazione delle distanze di 4 o più satelliti, A. Gaspani [1] è stato in grado di determinare sperimentalmente che l'errore stimato di posizionamento orizzontale con una singola misura può essere efficacemente descritto dalla seguente formula:

                                          e »  0.01 lc HDOP + errori casuali                 

in cui: lc è la lunghezza d'onda del segnale utilizzato e  HDOP è la Diluizione di Precisione Orizzontale che dipende dalla geometria della configurazione dei satelliti visibili durante la fase di misura. Nel caso di un ricevitore GARMIN III, equipaggiato con un’antenna esterna di tipo GA29 montata su treppiede, operante con il codice C/A abbiamo mediamente che l'errore di posizionamento orizzontale di una singola misura, in metri, vale circa 2.93 volte il valore di HDOP. Ricordiamo che HDOP va da  meno di 1.0 fino ad oltre 7.0 dove non è più possibile operare con sicurezza.  I moderni ricevitori permettono di mediare le determinazioni di posizione al ritmo di 1 posizione al secondo aumentando sensibilmente la stima della  posizione spaziale media qualora si proceda ad acquisire dati continuamente per 30 - 60 minuti, che corrispondono a 1800 - 3600 point positionings. Nel posizionamento di precisione sono però da considerare anche altre fonti d'errore tra il quali l'errore di multipercorso (multipath) che si verifica qualora parte del segnale emesso dai satelliti arrivi all'antenna  del ricevitore in maniera indiretta, dopo essere stato riflesso da qualche ostacolo orizzontale o verticale.

La misura tra il centro di fase dell'antenna del ricevitore e quello del satellite non avviene dunque secondo un percorso rettilineo, ma una parte del segnale arriva di rimbalzo simulando uno pseudorange maggiore del vero. Gli effetti però, sono (salvo qualche caso) di entità limitata in quanto generalmente solo una piccola parte del segnale arriva al ricevitore dopo essere stato riflesso ed attualmente vengono utilizzate antenne con una particolare geometria tale da limitare gli effetti del segnale che arriva di rimbalzo.  Nel caso del sito di Poggio Rota il problema del multipath non è trascurabile in quanto il segnale proveniente dai satelliti puo’ rimbalzare contro le pareti dei monoliti prima di raggiungere  l’antenna del ricevitore. Il posizionamento assoluto è quindi affetto da errori di varia natura, ma nel caso dei rilievi eseguiti a Poggio Rota, le coordinate geografiche servono sia per poter simulare l'aspetto del cielo durante il periodo storico in cui il sito fu presumibilmente frequentato, sia per determinare le coordinate degli estremi della base GPS necessaria alla valutazione dell'azimut astronomico di una linea di riferimento utile per calibrare gli angoli orizzontali rilevati mediante il teodolite o qualche altro strumento misuratore di angoli. La misura degli azimut delle direzioni identificate dalle strutture presenti nei siti e che potrebbero essere astronomicamente significative, raramente è richiesta con un'accuratezza maggiore di 0°,1, per cui i rilievi GPS eseguiti con ricevitori che utilizzano il codice C/A realizzano un'accuratezza di posizionamento di molto superiore rispetto alle esigenze tipiche dei normali scopi di analisi dei siti archeoastronomicamente significativi.

Lo studio sperimentale della distribuzione degli errori di posizionamento ottenuto utilizzando le misure di pseudorange con il codice C/A ha mostrato, che essa è descritta bene da una distribuzione di Rayleigh. Sperimentalmente è stato possibile mettere in evidenza che la corrispondente  distribuzione Gaussiana è caratterizzata da una media pari al valore medio campionario delle coordinate planimetriche ottenute mediando N posizionamenti assoluti e una deviazione standard circa pari a:

                                                   s » 0.01 lc HDOP

cioè ad 1/100 della lunghezza d'onda del segnale modulato moltiplicato per il valore medio della HDOP lungo tutta la sessione di misura; nel nostro caso (codice C/A): s » 29.3 HDOP metri. Dopo che la posizione media è stata ottenuta essa rappresenterà la miglior stima della vera posizione spaziale del punto in cui è stata posta l'antenna del ricevitore e l'incertezza su questa stima sarà pari a

                                                  e = s  / Ö (N)

 quindi:

                                      e = 0.01 ´ lc ´ HDOP / Ö (N)

che rappresenta una stima dell'errore di approssimazione della posizione media ottenuta dalle misure rispetto alla vera posizione del punto in cui è stata posta l'antenna del ricevitore.

  La probabilità Ps  che l’errore di posizionamento ottenuto sia affidabile puo’  essere valutata con:

                                                                             Ps = 1 - 1/Ö ( 2´ N - 1)

Studiando questa funzione appare immediatamente evidente che ai fini di una buona valutazione della posizione da rilevare deve essere fortemente raccomandato, di eseguire un minimo di 200 misure (poco più di 6 minuti di tempo di acquisizione con un ricevitore da 1 fix/secondo) per ciascun estremo della base GPS da utilizzare come riferimento per gli azimut misurati nel sito da rilevare; in questo caso si potrebbe realizzare un errore di posizionamento dell'ordine del mezzo metro con un livello di affidabilità pari al 96%.

  •  La pianificazione dei rilievi GPS a Poggio Rota

La fase di rilevamento è stata preceduta da una fase di pianificazione del lavoro da eseguire nel luogo.

Le esigenze, dal punto di vista archeoastronomico, erano principalmente due. La prima era quella di georeferenziare il sito e più precisamente ottenere accuratamente la posizione geografica e altimetrica del sito da rilevare.

Fotografia aerea dell’area di Poggio Rota

La seconda esigenza e’ stata quella di determinare una o più direzioni di riferimento, il cui azimut astronomico fosse noto in maniera accurata, a cui riferire tutti gli angoli orizzontali misurati nel sito, in modo da convertirli nei corrispondenti azimut astronomici misurati rispetto alla direzione nord del meridiano astronomico locale.

Per fare questo è necessario che gli estremi della base, o delle basi, GPS siano collimabili con il teodolite, o addirittura che uno degli estremi della base o di due vettori di una rete GPS, quindi un vertice, coincida con il punto di stazione dove è posto il teodolite rilevatore.

Questa seconda via è stata quella adottata e il punto di stazione è stato scelto in corrispondenza del centroide dell’area interna al circolo dei monoliti e coincidente con il punto PT280/281 di cui è stata rilevata la posizione planimetrica e altimetrica mediante il ricevitore di segnali GPS.

                          Segmento della tavoletta IGMI (scala 1:25000) dell’area di Poggio Rota

Il secondo punto (PT282) è stato definito sul bordo della strada sterrata di accesso al sito, ad ovest rispetto al Poggio e questi due punti hanno definito la base GPS utilizzata per calibrare le misure di orientazione ottenute mediante il teodolite e gli altri goniometri impiegati per il rilievo. I tempi di acquisizione sono stati decisi con l’obbiettivo di realizzare  un’accuratezza inferiore ai 10 cm sulla definizione di ciascun punto.

                                                                 Il sito di Poggio Rota

  •   La base GPS e la misura delle orientazioni rispetto al meridiano astronomico locale

Durante la sessione di rilievo archeoastronomico del sito di Poggio Rota è stata necessaria la misura di un certo numero di angoli di azimut, cioè l'angolo formato da una determinata direzione, da rilevare, con la direzione nord del meridiano astronomico locale a cui viene convenzionalmente assegnato il valore 0° dell’azimut. Stabilito il conveniente punto di stazione ubicato sul prolungamento dell'allineamento da rilevare vi si fa stazione con l'antenna del ricevitore GPS ottenendone le coordinate geografiche locali riferite all'ellissoide geocentrico WGS84; quel punto rappresenterà uno degli estremi della base di riferimento. Il secondo estremo della base sarà ubicato ad alcuni chilometri di distanza, ma non oltre 15 al fine di rimanere all’interno del Campo Topografico, nel quale sarà stata posta un'altra antenna connessa ad un ricevitore GPS dello stesso tipo che opererà simultaneamente al primo, determinando le coordinate geografiche di quel punto.

Utilizzando due ricevitori gemelli, si eliminano quasi tutti gli errori sistematici, perché si impiegano, nelle due soluzioni, gli stessi satelliti, e di fatto una base stabilita usando due ricevitori operanti simultaneanente agli estremi di essa corrisponde ad un uso differenziale del GPS. Alternativamente è possibile occupare i due punti di stazione in tempi differenti, ma poco distanti tra di loro, con lo stesso ricevitore. Gi estremi della base avranno coordinate geografiche (l1,j1) e (l2,j2) rispettivamente, dove  l  è la longitudine e j  è la latitudine.

L'azimut geodetico del secondo estremo osservato dal primo può quindi essere valutato in maniera semplice dalle coordinate geografiche rilevate nei due estremi della base mediante la formula seguente:

                                                                       Az = atan{(l2 - l1) cos(j1) / (j2 - j1)}

mentre l'errore con cui quell'azimut sarà stato valutato dipenderà dagli errori e1 ed e2 con cui sarà stata valutata la posizione dei due punti estremi posti a distanza "d" l'uno dall'altro e sarà stimabile (in gradi) con:

                                                                           e(Az) » 28°,7 ´ (e1 + e2) / d

La distanza planimetrica d sarà facilmente valutabile dalle coordinate geografiche misurate:

 

                                                                        2             2                 2       

                                                           d = s Ö [ (l2- l1) cos(j1) + (j2-j1) ]

in cui s è la misura lineare corrispondente ad 1° di latitudine misurato alla latitudine l1.

L’errore e(d) sulla distanza planimetrica sarà sperimentalmente valutabile mediante la  formula:

                                                                                 2        2

                                                                  e(d) = Ö  (e1 + e2  )

utilizzando gli errori individuali di posizionamento rispettivamente nei due estremi della base.

Dopo aver determinato l'azimut di orientazione Ab della base GPS è necessario collimare il secondo estremo facendo stazione esattamente nel primo, con un teodolite e misurare l'angolo orizzontale Hb riferito allo  zero del cerchio orizzontale dello strumento; questo permette di stabilire la corrispondenza tra gli angoli letti al cerchio orizzontale dello strumento e gli azimut astronomici.

Generalmente un buon teodolite, manovrato da un operatore capace, raggiunge senza difficoltà l'accuratezza di 0.01 gradi nella misura degli angoli orizzontali.

A questo punto si procede a rilevare l'angolo orizzontale dell'allineamento da misurare indicato con Ha. Ora l'azimut astronomico A* dell'allineamento sarà facilmente valutabile con:

                                              A* = Ab + Ha - Hb

mentre le leggi standard di propagazione degli errori permetteranno di valutare il grado di incertezza sull'azimut astronomico calcolato, come segue:

                                                               2                 2                 2 

                                               s(A*) =Ö ( s(Ab)  + s(Ha)  + s(Hb)  )

  risolvendo completamente ed efficacemente il problema. Nel caso di più allineamenti da misurare è possibile operare trasportando una direzione di riferimento nei nuovi punti di stazione mediante le usuali procedure topografiche.

  • Posizionamento del punto PT280/281

Il punto PT280, ed uno coincidente PT281, sono stati materializzati in corrispondenza del centroide dell’area delimitata dal circolo dei monoliti. I satelliti visibili nel cielo e utilizzati per la determinazione delle coordinate geografiche del punto PT280 sono stati 7 e precisamente:

 

                                            PRN01, PRN04, PRN11, PRN13, PRN17, PRN20, PRN23

Il diagramma di ostruzione non mostra l’esistenza di ostruzione apprezzabile su l’orizzonte astronomico altre il livello della Elevation Mask stabilita pari a 15° sopra detto orizzonte; essa rappresenta l’altezza angolare minima sull’orizzonte astronomico locale per considerare utile il segnale proveniente da un determinato satellite.

Durante la fase di rilevamento del punto PT280, durata circa 32 minuti, per un totale di 1900 rilevazioni di posizione, è stata registrata una HDOP media pari a 1,45 e l’errore medio sulla misura delle pseudodistanze tra ricevitore e i satelliti (pseudoranges) è stato pari a 2.62[2] metri, mentre l’errore  di multipercorso (multipath) è stato ridotto a zero.

Le coordinate geografiche misurate per il punto PT280 sono risultate essere:

 

           Longitudine:   l = 11° 35’,979 ±  0°,000001

           Latitudine   :   j = 42° 36’,160 ±  0°,0000007 

           Quota:  h = 209,00 ± 1.5 metri sopra l’arco locale dell’ellissoide WGS84

 

L’accuratezza lineare raggiunta nel posizionamento è stata pari a: 6 cm in direzione NS ed EW e 1.5 metri nella quota.

A questo punto, al fine di migliorare la precisione è stato fatta ripartire una nuova sessione di acquisizione senza muovere l’antenna del ricevitore materializzando il punto PT281.

In questo caso satelliti visibili nel cielo e utilizzati per la determinazione delle coordinate geografiche del punto PT281 sono stati 7 e precisamente:

            PRN04, PRN11, PRN13, PRN17, PRN20, PRN23, PRN25

Il satellite PRN01 intanto era tramontato, ma era sorto il PRN25 all’orizzonte definito dal cerchio di altezza pari a +15° stabilito dalla Elevation Mask.

Durante la fase di rilevamento del punto PT281, durata 10 minuti, per un totale di 600 rilevazioni di posizione, è stata registrata una HDOP media pari a 1,5 e l’errore medio sulla misura delle pseudodistanze tra ricevitore e i satelliti (pseudoranges) è stato pari a 2.6 metri, mentre l’errore  di multipercorso (multipath) è stato, anche in questo caso, ridotto a zero.

Le coordinate geografiche misurate per il punto PT281 sono risultate essere:

 

           Longitudine:   l = 11° 35’,980 ±  0°,000001

           Latitudine   :   j = 42° 36’,160 ±  0°,0000007 

           Quota:  h = 209,00 ± 1.5 metri sopra l’arco locale dell’ellissoide WGS84

 

Anche in questo caso l’accuratezza lineare raggiunta nel posizionamento è stata pari a: 6 cm in direzione NS ed EW e 1.5 metri nella quota.

  • Posizionamento del punto PT282

Il punto PT282, l’altro estremo della base GPS  è stato materializzato in lungo il bordo della strada sterrata di accesso a circa 180 metri ad ovest del punto PT280/81 a Poggio Rota.  I satelliti visibile nel cielo e utilizzati per la determinazione delle coordinate geografiche del punto PT282 sono stati 9 e precisamente:

 

    PRN02, PRN04, PRN06, PRN10, PRN13, PRN25, PRN27, PRN28, PRN29,  

Il diagramma di ostruzione mostra l’esistenza di ostruzione apprezzabile  verso est dovuta al rialzo del terreno su cui sorge il sito di Poggio Rota.

Durante la fase di rilevamento del punto PT282, durata oltre 11 minuti, per un totale di 680 rilevazioni di posizione, è stata registrata una HDOP media pari a 1.0 e l’errore medio sulla misura delle pseudodistanze tra ricevitore e i satelliti (pseudoranges) è stato pari a 3,7 metri, mentre l’errore  di multipercorso (multipath) è stato pari a 77 cm dovuto per lo più alla riflessione dei segnali operata della collina di Poggio Rota e dal muro di una casa di campagna posta nei dintorni del punto di stazione in cui era stata posizionata l’antenna ricevente.

Le coordinate geografiche misurate per il punto PT282 sono risultate essere:

           Longitudine:   l = 11° 35’,835 ±  0°,000001

           Latitudine   :   j = 42° 36’,174 ±  0°,000001 

           Quota:  h = 177,5 ± 2.7 metri sopra l’arco locale dell’ellissoide WGS84

L’accuratezza lineare raggiunta nel posizionamento è stata pari a: 14 cm in direzione NS ed EW e 2,57 metri nella quota.

  • La base GPS

La base GPS necessaria alla determinazione della direzione di riferimento a cui riferire tutte le orientazioni rilevate nel complesso di Poggio Rota è stata costruita utilizzando i punti di stazione PT280/81 e PT282 descritti in precedenza.

Le componenti del vettore lineare che congiunge i due punti di stazione PT280/81 e PT282, rispetto ad un sistema di coordinate ortogonali centrate nel punto PT280/81 ed orientate secondo le direzioni cardinali astronomiche, sono risultate le seguenti:

 

                     Componente Dx:       -197,67 ±  0,08 metri    

                     Componente Dy:          26,56 ±  0,01 metri

                     Componente Dz:         -31,50 ±  0,01 metri

  Lunghezza del vettore       u:        201,92 ± 0,08 metri

Da cui è possibile dedurre l’azimut astronomico di orientazione della base che è risultato essere pari a:

           Az = 277°,65 ± 0°,03

 

rispetto alla direzione nord del meridiano astronomico locale.

La lunghezza planimetrica della base è risultata essere:

                                       d = 199,45 ± 0.08 metri

  proiettata sul piano osculante l’ellissoide geocentrico WGS84 utilizzato quale riferimento standard.

Base GPS stesa a Poggio Rota

  •  I rilievi al Teodolite

Il rilievo del sito di Poggio Rota è stato eseguito utilizzando un Teodolite Zeiss Theo10 a graduazione centesimale. I punti di stazione utilizzati sono stati due: il secondo (denominato: T2) è stato coincidente con il punto GPS PT280/81 corrispondente al centroide dell’area delimitata dal circolo di pietre, mentre il primo (denominato: T1) è stato fissato 3,20 metri più ad Est secondo un azimut astronomico pari a 114°,8. Questo a causa del ridotto spazio fisico in cui operare.

L’obbiettivo dei rilievi è stato la mappatura completa delle direzioni definite dalle sommità dei monoliti ed elemento di maggior interesse dal punto di vista archeoastronomico, l’ampiezza angolare e l’orientazione delle intercapedini tra un monolito e il suo consecutivo. In particolare il rilievo, in quest’ultimo caso, ha riguardato i punti di intersezione tra il profilo di ciascun monolito e l’orizzonte naturale locale proiettato sul piano verticale che lo contiene, facendo stazione nel punto T2, dopo aver eseguito il trasporto della direzione dello zero del cerchio orizzontale (OT ) dal punto di  stazione T1 a quello T2. La ragione di questa particolare metodologia di lavoro risiede nel fatto che l’osservazione dei fenomeni astronomici, siano essi di levata o di tramonto degli astri, avveniva in genere, nei siti caratterizzati da un circolo di pietre di ridotte dimensioni, non tanto utilizzando la sommità dei monoliti come punti di “mira”, ma le intercapedini tra un monolito e l’altro, ponendo l’osservatore in una posizione centrale rispetto nell’area subcircolare delimitata dall’anello litico.

Rilievi a Poggio Rota, il 9 Giugno 2007. L’antenna e’ posizionata sulla verticale del punto PT280/81, mentre il teodolite e’ in stazione nel punto T1.

Oltre a questi punti è stata rilevata l’orientazione di una fenditura presente in un monolito posto a sud-ovest del circolo litico che risultava allineata in direzione radiale rispetto al centroide del cerchio di pietre.

La fenditura presente nel monolito M6 mostra un’origine antropica e dietro di essa fu scavato un vano per facilitare il posizionamento dell’osservatore durante il traguardo dei fenomeni astronomici attraverso di essa.

Insieme agli angoli orizzontali sono stati rilevati anche gli angoli zenitali dei punti di intersezione. Gli angoli zenitali (Zo) sono misurati discendendo dallo Zenit astronomico posto sulla verticale gravimetrica del punto di stazione fino alla direzione da rilevare, lungo il cerchio verticale. L’altezza apparente dell’orizzonte naturale locale rispetto a quello astronomico (ho)  è legata all’angolo zenitale, espresso in gradi, dalla seguente relazione:

                     ho = 90° - Zo

L’angolo zenitale Zo misurato dal Teodolite posizionato nel punto di stazione O e’ l’angolo Z, misurato lungo il cerchio verticale passante per il punto T, tra la direzione dello zenit locale e quella OT che rappresenta la direzione i collimazione.

Il teodolite permette di misurare angoli orizzontali e zenitali espressi secondo il sistema centesimale (gon); il passaggio tra la scala centesimale a quella usuale sessagesimale espressa in gradi è semplice e avviene secondo la seguente formula di trasformazione:

 

                           a (gradi) = 0,9 a (gon)

 

che viene applicata a posteriori in fase di elaborazione dei dati.

Lo zero del cerchio orizzontale del teodolite  (OT ) è stato orientato verso un particolare visibile dell’orizzonte naturale locale e facilmente individuabile a posteriori sulla cartografia IGMI e sui fotopiani. Nel caso specifico si è trattato del comignolo di una casa posta in lontananza e il suo angolo orizzontale è stato fissato pari a 0,0 gon = 0°,0 .

L’azimut astronomico corrispondente a quella direzione è pari a A*=313°,500 determinato durante l’analisi dei dati raccolti.

Una volta note le coordinate orizzontali locali dei vari punti rilevati (Ho, Zo), espresse in gon, le equazioni di trasformazione dal sistema locale a quello altazimutale astronomico (A*, ho), in gradi, sono state le seguenti:

 

                                A*(gradi) = 0,9 Ho(gon) + Bo

                                 ho(gradi) = 90° - 0,9 Zo(gon) + Ev

in cui Bo è la costante di calibrazione che dipende dall’orientazione dello zero del cerchio orizzontale del teodolite, ed Ev è l’errore di verticalità  dello strumento il quale va ad inficiare il calcolo delle altezze apparenti dei punti misurati rispetto alla linea dell’orizzonte astronomico locale. Ev è automaticamente riducibile a zero mediante un’accurata messa in stazione dello strumento, sfruttando particolari procedure, il piombino ottico e le livelle di cui il teodolite è equipaggiato. Diverso è il discorso relativo a Bo il quale deve essere accuratamente determinato in modo permettere la conversione degli angoli orizzontali nei corrispondenti azimut astronomici.

Il problema della determinazione accurata di Bo nel caso del rilievo eseguito a Poggio Rota sarà trattato più oltre in questa sede.

 

                               

  • I rilievi magnetici

Per controllo sono stati eseguiti anche tutti i corrispondenti rilievi degli azimut magnetici utilizzando una bussola topografica prismatica a collimazione concentrica, del tipo detto di Kater, prodotta dalla ditta tedesca Wilkie, montata su treppiede, ottenendo l’azimut magnetico dei punti da collimare e nuovamente mediante un binocolo da rilevamento NIKON 7x50 CF WP COMPSS, anch’esso montato su treppiede il quale permette di inquadrare il punto da collimare leggendo direttamente nel campo immagine l’azimut magnetico Am di orientazione espresso in gradi. La taratura del bilanciamento dei rilevatori magnetici è stata nel caso di entrambi gli strumenti quella pertinente alla Zona 1 del globo terrestre a cui Poggio Rota appartiene. In questo caso i rilievi di altezza rispetto all’orizzonte astronomico locale sono stati eseguiti utilizzando un clinometro a disco prodotto dalla ditta finlandese SUUNTO.

                                        

Binocolo da rilevamento NIKON 7x50 CF WP COMPSS, usato a Poggio Rota per i rilievo magnetico delle direzioni che avrebbero potuto essere astronomicamente significative

Nel caso dei rilievi a Poggio Rota, il punto di stazione è stato il PT280/81 con entrambi gli strumenti.  L’obbiettivo dei rilievi è stato nuovamente la mappatura completa delle direzioni definite dalle sommità dei monoliti, l’ampiezza angolare e l’orientazione delle intercapedini tra un monolito e il suo consecutivo al livello del profilo dell’orizzonte naturale locale, come è avvenuto nel caso dei rilievi al teodolite e ultima, ma non ultima la misura delle perturbazioni magnetiche locali. In questo caso lo zero bussola è automatico in quanto l’armilla delle bussole si orienta spontaneamente verso la direzione del polo nord magnetico allineandosi quindi parallelamente alla direzione del meridiano magnetico locale il quale differisce da quello astronomico per via della declinazione magnetica locale più la somma di tutte le perturbazioni magnetiche localmente presenti nel punto di stazione.

 Poli magnetici e geografici della Terra. L’ago della bussola si orienta lungo la direzione del meridiano magnetico terrestre che differisce da quello geografico in relazione all’epoca e alla latitudine del luogo in cui viene eseguita la misura.

La somma di tutte le perturbazioni magnetiche locali è stata quantizzata in un parametro di calibrazione Co il quale richiede di essere sperimentalmente determinato, analogamente al Bo nel caso dei rilievi al teodolite, in modo da poter trasformare gli azimut magnetici Am nei corrispondenti astronomici A*.

Le equazioni di trasformazione dal sistema magnetico locale (Am, ho) a quello altazimutale astronomico (A*, ho), in gradi, sono state quindi le seguenti:

                    A* = Am  + Co

              ho = ho

Il polo nord magnetico (Pn magnetico) ed il polo nord geografico (Pn) non coincidono sul globo terrestre, questo implica che gli azimut magnetici misurati nel punto di stazione A debbano essere convertiti nei corrispondenti astronomici riferiti al polo nord geografico (Pn).

Nel caso dell’altezza ho misurata con il clinometro a disco, nessuna correzione è necessaria in quanto il disco dello strumento si orienta automaticamente, a causa della forza di gravità, lungo la verticale gravimetrica locale. A rigor di logica va tenuto presente che la verticale gravimetrica locale differisce un poco da quella astronomica definita come la direzione ortogonale al piano tangente localmente all’ellissoide WGS84 osculante il profilo del geoide locale nel punto di stazione, in quanto la figura della Terra devia dalla sfera perfetta. La differenza, che dipende dalla latitudine del punto di stazione, è molto piccola e completamente trascurabile dal punto di vista del rilievo archeoastronomico.

  • Il rilievo dell’orizzonte naturale locale

L’analisi archeoastronomica di un sito archeologico non può prescindere dal rilievo accurato del profilo dell’orizzonte naturale locale nella zona dove erano visibili le levate e i tramonti dei corpi celesti che rappresentano i bersagli delle direzioni astronomicamente significative rilevabili nel sito.

A Poggio Rota l’altezza apparente dell’orizzonte naturale locale rispetto a quella astronomico locale oscilla tra i 2° e i 6°. Il profilo dell’orizzonte naturale locale è stato rilevato mediante il teodolite, a ma anche mediante il clinometro a disco e del suo andamento è stato accuratamente tenuto conto sia in fase di calcolo degli allineamenti e dei fenomeni celesti ad essi correlati, sia durante la simulazione del cielo anticamente visibile a Poggio Rota.

  • La calibrazione degli azimut

La fase di calibrazione degli azimut prevede la determinazione sperimentale delle costanti Bo per il teodolite e Co per i rilievi magnetici. Nel caso di questi ultimi essendo Co comprensivo anche dei parametri caratteristici dello strumento (attrito dei perni delle armille, disallineamento delle barre magnetiche, disallineamento dei reticoli, etc…), esso  va sperimentalmente determinato separatamente sia per la bussola topografica Wilkie sia per il Binocolo da rilevamento Nikon.

Iniziamo con la determinazione di Bo nel caso del rilievo al teodolite. Già abbiamo una valutazione di Bo ricavata dal valore di azimut astronomico pari a 313°,5 per lo zero del cerchio orizzontale (OT ) ottenuta riconoscendo sulle fotografie aeree georeferenziate la casa il cui comignolo era stato utilizzato come punto di riferimento. In questo caso, tenendo conto degli errori di misura, sarà:

 

                   Bo = 313°,50000 ± 0°,00003

Nel caso delle costanti Co relative ai due strumenti di rilevazione magnetica, la calibrazione è avvenuta collimando la cima del Monte Labbro (1193 mt), facendo stazione nel punto PT280/81 e misurandone l’azimut magnetico Am.

Modello digitale 3D del terreno nell’area di Poggio Rota, con sullo sfondo il Monte Labbro utilizzato come riferimento lontano per la calibrazione degli azimut magnetici rilevati nel sito.

Collimazione della cima del Monte Labbro dal punto PT280/81 a Poggio Rota mediante il binocolo da rilevamento NIKON 7x50 CFWP, l’azimut magnetico misurato e’ stato: Am = 343°,0.

 

  Poichè le coordinate geografiche della sommità del monte Labbro sono reperibili, dopo l’opportuno cambiamento di Datum, in modo da riferirle all’ellissoide standard geocentrico WGS84 che è quello utilizzato dal sistema GPS è stato possibile determinare l’azimut geodetico (astronomico) di orientazione della base geodetica stesa tra il punto PT280/81 a Poggio Rota e la cima del monte. Poi per confronto con le misure ottenute sia con la bussola topografica che con il NIKON è stato possibile determinare le due costanti Co di calibrazione per le misure eseguite rispettivamente con i due strumenti:

Co (Wilkie) = 0°,39 ± 0°.05;           Co (Nikon) = 0°,40 ± 0°.05

permettendo quindi la calibrazione degli azimut magnetici misurati e la loro trasformazione nei corrispondenti astronomici.

Un’ulteriore calibrazione è stata eseguita utilizzando la bussola topografica  Wilkie determinando l’azimut magnetico del Sole e contemporaneamente il tempo di rilevazione fornito dal ricevitore GPS. Il calcolo astronomico permette di stabilire, nota la latitudine e la longitudine del punto di stazione, ed il giorno e l’ora esatta dell’osservazione (fornite dal ricevitore GPS), il corrispondente azimut astronomico del centro del disco solare. Il confronto tra i due azimut fornisce un’altra valutazione della costante di calibrazione per la Wilkie: il risultato è stato Cs (Wilkie) = 0°,40 ± 0°.05. Ma non è ancora finita, infatti, utilizzando la base GPS stesa tra il PT280/281 e il PT282 già descritta in precedenza e la relativa collimazione con il binocolo Nikon otteniamo un valore:  Co (Nikon) = 0°,41 ± 0°.05, quasi coincidente, entro le barre  d’errore con le altre valutazioni della costante di calibrazione per gli strumenti magnetici.

  • Livello di accuratezza delle misure

La granularità delle letture al teodolite Zeiss THEO10 è pari ad 0,00001 gon cioè 0°,000009 su ciascuna lettura, ma possiamo, tenendo conto degli errori di misura, affermare che la precisione su ciascuna determinazione di angolo orizzontale convertito in gradi sia dell’ordine di 1” pari a 0°,00027, questo sarà considerato come l’errore su ogni singola misura di azimut eseguita al teodolite (dopo conversione in gradi). Dopo la trasformazione in azimut mediante la calibrazione applicando la costante Bo, l’errore aumenterà di:    Ö2 = 1.41… arrivando quindi a 0°,0004 (arrotondato per eccesso).

Le misure ottenute mediante le bussole montate su treppiede sono invece, per loro natura, meno accurate rispetto al teodolite e gli azimut magnetici sono determinabile con un errore pari a ±0°,05 nel migliore dei casi sulla singola misura; il NIKON essendo dotato di cannocchiale permette una collimazione di maggior precisione rispetto alla bussola topografica Wilkie che invece non ne è munita.

  • Combinazione dei set di dati

A questo punto si dispone di tre insiemi di azimut calibrati ciascuno relativo ai vari punti rilevati con ciascun strumento utilizzato, rimane ora il problema della combinazione di essi in modo tale da tener conto della differente accuratezza strumentale. Il problema è stato risolto eseguendo la media pesata dei tre azimut pertinenti a ciascun punto misurato, utilizzando come pesi WT, WW, e WN,  il reciproco del quadrato dell’errore su ciascuna rilevazione, nell’ipotesi di distribuzione Gaussiana degli errori di misura, quindi per ciascun punto avremo:

   A*(medio) = [A(Teodolite) WT + A(Wilkie) WW + A(Nikon) WN] / [WT +WW + WN]

Il risultato è il vettore degli azimut da utilizzare per l’analisi archeoastronomica correlandoli con gli azimut degli astri che sorgevano o tramontavano in quelle direzioni durante un’epoca a cui è possibile collocare cronologicamente il sito di Poggio Rota.

  • L’analisi archeoastronomica di  Poggio Rota

Mancando la collocazione cronologica del sito l’analisi archeoastronomica ha richiesto di eseguire la simulazione dell’aspetto del cielo visibile da Poggio Rota ad intervalli di 100 anni partendo dal 3500 a.C. e scendendo fino al 1300 a.C. In ciascun caso è stata eseguita la correlazione tra gli azimut misurati nel luogo e quelli di levata e di tramonto degli astri che si correlavano strettamente con essi. Il criterio di selezione è stato che un azimut astronomico misurato per un singolo allineamento potesse concordare con l’azimut astronomico di levata o di tramonto di un astro con uno scarto corrispondente ad un valore della probabilità di concordanza casuale inferiore al 5%, cioè una probabilità di allineamento astronomicamente significativo pari almeno al 95%. La complessa formulazione della relazione matematica che fornisce la valutazione della probabilità ha tenuto conto anche della particolare geometria del sito. Tale criterio ha permesso di selezionare solamente 2 possibili allineamenti astronomicamente significativi, il primo dei quali è rappresentato da una stretta intercapedine esistente tra i monoliti M4 ed M5, la quale corrisponde ad un ampiezza angolare pari a 1°,2 e che risulta molto ben allineata verso la direzione nord del meridiano astronomico locale. In particolare il bordo destro del monolito M4 è molto ben allineato lungo il piano meridiano locale, mentre il bordo sinistro del monolito M5 ne dista appunto 1°,2.

Il secondo allineamento astronomicamente significativo è rappresentato dalla fenditura presente nel monolito M6, il quale è posto a sud ovest del circolo di pietre ed è separato da esso da un angusto corridoio che ne permette l’accesso  abbastanza comodamente. La fenditura lunga una settantina di centimetri, ampia mediamente 7 centimetri e profonda mediamente 15 centimetri, mostra evidenti segni di erosione dovuta agli agenti atmosferici. La sua orientazione secondo un azimut astronomico pari a 235°,4 ± 0°,1 intercetta l’orizzonte naturale locale, elevato di 5° rispetto a quello astronomico, nel punto di tramonto del Sole al solstizio d’inverno e del punto di tramonto della stella di prima grandezza Sirio, nella costellazione del Cane Maggiore, la più luminosa visibile ad occhio nudo nel cielo. L’ampiezza angolare della fenditura è però pari a circa 11° quindi l’intervallo di interesse per il tramonto degli astri è quello che va da circa 230° fino a circa 241° di azimut astronomico.

Lo spostamento del punto di tramonto del Sole al solstizio d’inverno è molto lento in quanto è dovuto alla lentissima variazione dell’inclinazione dell’asse della Terra, quindi il fenomeno, attraverso i secoli ed i millenni, è difficile da rivelare. Tale lentezza rende difficile utilizzare la variazione del punto di tramonto del Sole solstiziale invernale quale possibile elemento di datazione della frequentazione del sito di Poggio Rota, nel senso del suo uso come possibile osservatorio solare.

Diverso invece è il discorso relativo alla visibilità del tramonto di Sirio attraverso la fenditura, sia esso quello ordinario visibile ogni notte, sia quello eliaco osservabile solo una volta ogni anno, in una ben determinata data che dipende dall’epoca e dalla latitudine del luogo di osservazione. A Poggio Rota lo spostamento del punto di tramonto ordinario della stella Sirio, ad un’altezza apparente di 5°, avveniva gradualmente a causa del fenomeno della precessione passando da 230° 41’ nel 3400 a.C. fino a 239° 39’ nel 1500 a.C., ma il centro della fenditura, allineato con la cima di una collina presente sul paesaggio naturale di sfondo, viene raggiunto teoricamente nel 2545 a.C. e questa data potrebbe rappresentare un possibile elemento di collocazione cronologica della frequentazione del sito utilizzato come luogo sacro in cui venivano compiute le osservazioni astronomiche.

 

                            

  Plan imetria di massima di Poggio Rota con indicati gli allineamenti astronomicamente significativi rilevati.

Un altro possibile elemento di datazione è rappresentato dal tramonto eliaco di Sirio il quale al contrario del tramonto ordinario che è visibile ogni notte in cui la stella è visibile in cielo, avviene invece solo una volta l’anno e stabilisce l’ultimo giorno di visibilità della stella prima della sua congiunzione con il Sole.

 

 

  • Il tramonto eliaco di Sirio a Poggio Rota

La maggioranza delle stelle e degli altri corpi celesti diventano invisibili all'osservazione ad occhio nudo nel periodo della loro congiunzione eliaca, cioè quando il Sole è situato prospetticamente vicino a loro. Il periodo di invisibilità di un astro, sia esso una stella oppure un pianeta, è l'intervallo di tempo che intercorre tra il tramonto eliaco dell'astro alla sua successiva levata eliaca.

Nel giorno della levata eliaca, l'astro è visibile al mattino, poco prima del sorgere del Sole, mentre alla data del tramonto eliaco l'astro è visibile alla sera appena dopo il tramonto del Sole; quindi il periodo dell'anno in cui la stella o il pianeta è visibile è quello che va dalla data di levata eliaca a quella di tramonto eliaco successivo.

I fenomeni eliaci venivano accuratamente osservati e registrati dagli antichi e rivestirono un ruolo di particolare rilievo, soprattutto dal punto di vista agricolo e rituale presso quasi tutte le culture che si sono avvicendate sul pianeta. I cosiddetti fenomeni eliaci sono sostanzialmente quattro e cioè la levata e il tramonto eliaco, la levata e il tramonto acronico. La levata eliaca di una stella si riferisce al primo giorno di visibilità, ad occhio nudo, dell'astro, ad oriente, prima del sorgere del Sole. In questo caso la stella, appena sorta, si trova pochi gradi sopra la linea dell'orizzonte astronomico locale, mentre il Sole è ancora alcuni gradi sotto di esso; il cielo è in questo caso già relativamente rischiarato dalla luce del Sole che sta per sorgere.

Il tramonto eliaco di una stella si riferisce invece all'ultimo giorno di visibilità visuale dell'oggetto, appena dopo il tramonto del Sole. In questo caso la stella si appresta a tramontare in corrispondenza dell'orizzonte occidentale subito dopo il Sole e rimane visibile per pochissimo tempo.

La levata acronica di una stella si riferisce al primo sorgere dell'oggetto, all'orizzonte orientale appena dopo il tramonto del Sole ad occidente. In questo caso la stella diviene visibile a causa della diminuzione della luminosità del cielo all'imbrunire, man mano che il Sole scende sotto l'orizzonte locale.

Il tramonto acronico di una stella si riferisce all'ultimo giorno di visibilità, ad occhio nudo, dell'oggetto poco prima del suo tramonto all'orizzonte occidentale appena prima del sorgere del Sole, all'alba, in corrispondenza del segmento opposto dell'orizzonte astronomico locale. Gli eventi eliaci erano correntemente osservati presso le popolazioni antiche, mentre gli eventi acronici erano meno seguiti in quanto il margine d'errore che poteva essere raggiunto, mediante l'osservazione visuale, era consistentemente più elevato rispetto a quello dei fenomeni eliaci.

A Poggio Rota il tramonto eliaco di Sirio, cioè l’ultimo giorno di visibilità della stella durante l’anno, avveniva, e poteva essere osservato attraverso la fenditura, di prima sera intorno alla terza decade di Aprile (calendario giuliano) nel 2300 a.C. con il Sole che era tramontato nell’intercapedine tra il monolito M2 e quello M3 e che aveva ormai raggiunto un azimut pari a 283° 18’ e una depressione sotto l’orizzonte astronomico locale pari a -6° 04’.

I fenomeni eliaci sono parte integrante della ritmicità del cielo, di conseguenza molte antiche culture, presso le quali l'osservazione astronomica fu molto praticata, li inclusero nella lista dei fenomeni celesti ritenuti importanti e come tali, degni di attenta e continua osservazione, soprattutto a causa della loro elevata risoluzione temporale. Nella maggioranza dei casi i fenomeni eliaci ebbero a che fare con lo sviluppo dei primi sistema di misura del tempo e con la cadenza delle festività rituali lungo l'anno. L'osservazione della sequenza delle levate e dei tramonti eliaci delle stelle che erano visibili in un determinato luogo, permetteva la delimitazione agevole ed univoca di una serie di date ben precise durante l'anno. Praticamente tutti gli antichi popoli, di cui disponiamo di documentazione scritta relativamente ai loro usi, costumi e tradizioni, utilizzarono questo metodo per definire con ragionevole accuratezza le date fondamentali utili della pianificazione agricola e della navigazione, basti ricordare il greco Esiodo e la sua opera "Le Opere e i Giorni" risalente al VIII secolo a.C. oppure la levata eliaca di Sirio che per gli Egizi nel III millennio a.C. (grosso modo il periodo in cui Poggio Rota potrebbe essere stato utilizzato per l’osservazione del tramonto eliaco della stella) fu di estrema importanza in quanto preannunciava l’imminente piena del Nilo con i conseguenti benefici effetti sull’agricoltura praticata da quella civiltà. Spesso concomitantemente all'epoca della levata o del tramonto eliaco di una determinata stella veniva celebrata una festa la quale era generalmente connessa, dal punto di vista rituale, sia all'evento astronomico che ne determinava la ricorrenza, sia all'evento sociale che doveva essere celebrato.

  • L’allineamento polare

In precedenza e’ stata anticipata l’esistenza a Poggio Rota di un allineamento cosiddetto “polare” materializzato da una stretta intercapedine esistente tra i monoliti M4 ed M5, la quale corrisponde ad un ampiezza angolare pari a 1°,2, e che risulta molto ben allineata verso la direzione nord del meridiano astronomico locale.

Intercapedine tra i monoliti M4 ed M5, orientata lungo la direzione nord del meridiano astronomico locale.

In particolare il bordo destro del monolito M4 è molto ben allineato lungo il piano meridiano locale, quindi l’azimut astronomico della linea tangente alla sua parete orientale è praticamente pari a 0°, mentre la linea tangente  al bordo occidentale del monolito M5 dista appunto 1°,2 dalla direzione nord del meridiano astronomico locale. Durante il III millennio a.C. il Polo Nord Celeste era posto in un luogo della Sfera Celeste molto diverso da quello attuale, situato in prossimità della Stella Polare (a Ursae Minoris), ma era prossimo alla stella Thuban (a Draconis), che era la stella polare degli Egizi, ma che fu anche la stella polare anche per la Cultura del Rinaldone .

 

Nel 2300 a.C.  il  Polo Nord Celeste era posto presso la stella Thuban nella costellazione del Drago.

A questo punto sorgono spontanee due domande: la prima riguarda l’importanza della direzione polare per la cultura del Rinaldone e la seconda, non meno importante della prima, riguarda il modo con cui fu possibile, con la tecnologia in possesso delle popolazioni italiche del III millennio a.C., determinare con l’accuratezza messa in evidenza dai rilievi archeoastronomici: tentiamo di rispondere prima alla seconda domanda.

Il fenomeno della Precessione, modificando lentamente, ma gradualmente, l’orientazione dell’asse terrestre, fa si che il polo nord celeste descriva una traiettoria quasi circolare intorno ad un punto della Sfera Celeste che e’ il Polo Eclittico, cioe’ l’intersezione tra la linea perpendicolare al piano dell’orbita terrestre (Eclittica) e la Sfera Celeste. Il ciclo che si compie in circa 26000 anni implica che nel III millennio a.C. il polo fosse vicino alla stella Thuban nella costellazione del Drago.

Possiamo ipotizzare che questa stella possa essere stata il punto di riferimento celeste utilizzato per stabilire l’orientazione polare a Poggio Rota? Probabilmente si, applichiamo il seguente ragionamento: la stella durante un giorno siderale (23h 56m 4s, corrispondente ad una rotazione della Terra intorno al proprio asse) descrive un cerchio intorno al polo nord celeste con un raggio r di ampiezza pari a:

r = 90° - d*

dove d* sua declinazione.  L’ampiezza della intercapedine tra i monoliti M4 ed M5 e’ pari a 1°,2, vale a dire 1° 12’, però il bordo del monolito M4 (che fu lavorato) e’ praticamente coincidente con la direzione meridiana (Azimut astronomico pari a 0°). In questo caso durante la notte, per un osservatore sdraiato sul terreno, la stella appariva dietro tale bordo descrivendo un semicerchio di raggio r =1°,2. fino ad essere vista tangente al bordo del monolito M5, che però non e’ stato lisciato. Se calcoliamo le la variazione di declinazione della stella Thuban ad intervalli di 100 anni tra il 2100 a.C. ed il 2800 a.C. e quindi il raggio del circolo diurno percorso da essa otteniamo la seguente tabella:

                        Epoca       Declinazione    Raggio r

 

                               2100 a.C.   86° 04’ 02”,7      3° 55’ 57”,3

                               2200 a.C.   86° 37’ 43”,8      3° 22’ 16”, 2

                               2300 a.C.   87° 11’ 39”,9      2° 48’ 20”,1

                               2400 a.C.   87° 45’ 15”,1      2° 14’ 44”,9

                               2500 a.C.   88° 19’ 09”,6      1° 40’ 50”,4

                               2600 a.C.   88° 53’ 00”,2      1° 06’ 59”,8

                               2700 a.C.   89° 26’ 29”,2      0° 33’ 30”,8

                               2800 a.C.   89° 54’ 34”,5      0° 05’ 25”,5

 

da cui appare evidente che in un’epoca compresa tra il 2600 a.C. ed il 2500 a.C.  la traiettoria apparente di Thuban poteva adattarsi moto bene alla configurazione dell’orientazione polare di Poggio Rota e serviva da riferimento astronomico per stabilire e codificare la direzione polare .

Variazione della Declinazione della stella Thuban (a Draconis) tra il 4001 a.C. e il 2001 d.C. (traiettoria in rosso). Il punto giallo indica la posizione ottimale per la configurazione dell’allineamento polare rilevato a Poggio Rota.

                                                      Poggio Rota fu un antico osservatorio solare?

La risposta a questa fondamentale domanda richiede alcuni ragionamenti e l’applicazione di particolari tecniche derivanti dalla Teoria della Probabilità.

L’analisi di decine di siti analoghi a quello di Poggio Rota e risalenti al neolitico ed all’eneolitico pubblicata nel 1996 da Stanislaw Iwaniszewsky (Museo Nazionale di Varsavia, Polonia) e l’interpretazione probabilistica pubblicata da Wolfhard  Schlosser (Università di Bochum, Germania) ha mostrato che tali siti a seconda del tipo di allineamenti astronomicamente significativi che vi si trovano possono essere classificati come osservatori solari o meno con una probabilità P così definita secondo il seguente criterio che prende appunto il nome di “Criterio di Iwaniszewsky”:

  P = 100 % se si rilevano orientazioni solstiziali oppure allineate verso i punti cardinali.

P = 75 % se nel sito si rilevano allineamenti verso i punti di levata del Sole quando la sua declinazione è pari a d = 0,7´ e, dove e è l’Obliquità dell’Eclittica (inclinazione dell’asse della Terra rispetto alla normale al piano dell’orbita). Le date (giuliane) in cui si verificavano queste particolari configurazioni solari erano: 1 Febbraio, 1 Maggio, 1 Agosto, 1 Novembre.

P = 50 % se si rilevano orientazioni differenti da quelle citate sopra, ma sempre entro l’arco ortivo od occaso del Sole.

P = 0 % se le orientazioni rilevate sono diverse da quelle contemplate dai casi precedenti.

La tolleranza ammessa sulle orientazioni è pari a  ± 2°,5 quindi l’ampiezza del classificatore probabilistico e’ pari a 5°.

Poiché l’ottimizzazione della collocazione cronologica prevede che Poggio Rota possa essere stato astronomicamente significativo durante il neolitico centro-italico, possiamo applicare il “Criterio di Iwaniszewsky”. Nel sito rileviamo che esiste un’orientazione solare diretta verso il tramonto del Sole al solstizio d’inverno  (P=100%) rappresentata dalla fenditura scavata sulla sommità del monolito M6 ed anche una direzione allineata lungo la direzione nord del meridiano astronomico rappresentata dall’intercapedine tra i monoliti M5 ed M6. Anche in quest’ultimo caso Poggio Rota ricade nella categoria che prevede una probabilità del 100% di essere stato un osservatorio solare durante il periodo neolitico o eneolitico. Il livello di errore misurato a Poggio Rota è decisamente più ridotto  (±0°,1) rispetto a quanto richiesto dal  Criterio di Iwaniszewsky. In più rileviamo la contemporanea presenza di un allineamento stellare connesso con il tramonto della stella Sirio. La conclusione è a questo punto molto semplice ed immediata: non solo Poggio Rota fu un osservatorio solare neolitico, ma la presenza di una linea stellare lo classifica come un luogo di osservazione astronomica in generale attivo durante il III millennio a.C.

  • Il solstizio d’inverno a Poggio Rota

Nell’antichità il Solstizio d’Inverno era caratterizzato dalle feste dedicate alla  divinità solare.

La celebrazione del solstizio d'inverno era diffusa in tutta Europa dal neolitico in poi ed era connessa alla celebrazione della rinascita del Sole e della madre Terra che si preparava, riscaldata dai primi raggi dell’astro, alla futura semina, la quale presso le antiche culture avveniva nel periodo primaverile, in modo da poter ottenere il raccolto prima dell’inizio della stagione invernale successiva.
Tra i vari temi legati alle feste solstiziali invernali presso le culture antiche uno dei più diffusi era il conflitto tra la luce e l’oscurità e la rinascita del Sole rappresentava simbolicamente la vittoria di quest’ultima sul buio e sull’oscurità. Al solstizio d’inverno infatti il Sole inverte il moto apparente dei suoi punti di levata e di tramonto sia all’orizzonte astronomico che a quello  naturale locale, descrivendo giorno dopo giorno archi apparenti sempre più ampi sulla sfera celeste i quali culmineranno con la massima altezza raggiunta al successivo solstizio d’estate.

La celebrazione delle feste e dei riti propiziatori solstiziali invernali tesi a favorire la rinascita del Sole prevedeva che gli esponenti della classe sacerdotale presso le varie culture fossero in grado mediante le opportune osservazioni astronomiche di predire con conveniente anticipo la data del fenomeno e nel giorno giusto, darne ufficiale conferma: ecco quindi la necessità di stabilire nei luoghi sacri  taluni allineamenti  utili ad identificare con precisione e ragionevole sicurezza temporale la data del solstizio. A Poggio Rota questo fu possibile in un’epoca collocata cronologicamente intorno al 2300 a.C. grazie alle osservazioni del tramonto del Sole attraverso la fenditura appositamente praticata nel monolito M6.

Il termine “solstizio” viene dal latino solstitium, che significa letteralmente “sole fermo” (da sol, “Sole”, e sistere, “stare fermo”).  Se ci troviamo nell’emisfero nord della terra, nei giorni prossimi al solstizio (che attualmente vanno dal 22 al 24 Dicembre del calendario gregoriano, ma nel neolitico non esistevano calendari come noi li concepiamo attualmente; comunque volendo stabilire una data convenzionale per la visibilità del fenomeno, il solstizio d’inverno avveniva il 7 Gennaio del calendario giuliano esteso all’indietro nel tempo) possiamo infatti osservare come i punti di levata e di tramonto del Sole sembrino gradualmente rallentare lungo l’orizzonte fino a fermarsi per qualche giorno in una posizione fissa, verso sud-est nel caso della levata e sud-ovest nel caso del tramonto dell’astro,  che rappresentano l’estrema posizione meridionale raggiunta.

In termini astronomici, in quel periodo il Sole inverte il proprio moto nel senso della “declinazione”, cioè raggiunge il punto di massima distanza al di sotto del piano dell’equatore celeste.  Il buio della notte raggiunge la massima estensione e la luce del giorno, la minima. Si verificano quindi la notte più lunga e il giorno più corto dell’anno. Subito dopo il solstizio, la durata della luce del giorno torna gradatamente ad aumentare e il buio della notte a ridursi fino al solstizio d’estate, quando avremo il giorno più lungo dell’anno e la notte più corta.

Al  solstizio d’inverno il Sole raggiunge la sua minima declinazione, pari a  -23°.5. Questa e’ la ragione per cui le giornate sono molto corte e le notti sono molto lunghe.

È un momento di passaggio ciclico considerato nell'antichità magico  e drammatico:  i  giorni diventavano sempre più corti e bui, fino ad arrivare alla notte più lunga dell'anno. L'oscurità prendeva il sopravvento sulla luce, la notte era più lunga del giorno.  Tutta la natura era come sospesa in questa morte simbolica che attendeva una resurrezione. Morte della luce, morte del sole come divinità fecondante e portatrice di calore, di vita, di benessere. Il Sole cedeva il posto alla tenebra, per poi rinascere come rigenerato. Le  giornate dopo il solstizio diventavano sempre un po’ più lunghe, e di nuovo il potere del Dio Sole cresceva e si manifestava nella sua luce.  È una simbologia carica di valenze magiche e propiziatorie centrate sul mito della morte e della successiva rinascita.  In tutte le culture e fin dall'antichità più remota, questo periodo dell'anno veniva  celebrato e ritualizzato ed erano grandi fuochi ad illuminare la notte, candele,  falò attorno a cui festeggiare per incoraggiare l'avvento della luce, la nuova nascita del  giorno ed il sole novello nella sua ascesa.
Il solstizio d’inverno avviene astronomicamente in un giorno ben determinato e preciso ed ad una ora precisa, ma l’inversione apparente del moto solare diventa visibile ad un osservatore ad occhio nudo solamente il terzo o il quarto giorno successivo. La fenditura praticata nel monolito M6 di Poggio Rota permetteva quindi osservare il disco solare sparire dietro il profilo dell’orizzonte naturale locale entro di essa, per tre o quattro giorni.

Il meccanismo era il seguente: nel III millennio a.C. l’astro poteva essere visto tramontare in corrispondenza del bordo destro (settentrionale) della fenditura il 30 Novembre  (calendario giuliano)  e giorno dopo giorno il suo punto di tramonto si spostava gradualmente verso sud, passando per l’asse della fenditura il 10 Dicembre, proseguendo poi gradualmente ancora verso sud fino a raggiungere la sua massima digressione meridionale in 7 Gennaio in corrispondenza del solstizio d’inverno. Dopo essere stato fermo per 3 o 4 giorni, il punto di tramonto solare invertiva il suo moto apparente dirigendosi quindi a nord e transitando nuovamente per l’asse della fenditura il successivo 5 Febbraio per poi continuare fino al 15 Febbraio, data in cui avveniva l’ultima possibilità teorica di osservare il tramonto del disco solare proprio in corrispondenza del bordo settentrionale della spaccatura nella roccia. Questo ci indica che da Poggio Rota l’osservatore poteva seguire il moto apparente del punto di tramonto del Sole da più di un mese prima del solstizio, in modo da poter preparare per tempo le celebrazioni ed i riti solstiziali e poi seguire il moto in direzione settentrionale del punto di tramonto dopo l’inversione, rassicurando se stesso e la popolazione, che i riti celebrati avevano avuto successo: il Sole era tornato a dirigersi verso la sue posizioni tipiche della bella stagione e il transito al bordo destro della fenditura poteva essere messo in relazione con la data della semina.

Il Sole, quindi, nel solstizio d’inverno giunge nella sua fase più debole quanto a luce e calore, pare precipitare nell’oscurità, ma poi ritorna vitale e “invincibile” sulle stesse tenebre.  Tutto partiva da una osservazione attenta del comportamento degli astri, e gli antichi, conoscevano molto bene i semplici strumenti che permettevano loro di osservare e descrivere movimenti e comportamenti del Sole, della Luna e delle stelle e la Cultura che utilizzò il sito di Poggio Rota come luogo di osservazione astronomica non faceva eccezione. È fondamentale a questo punto comprendere come tale rinascita solare rappresenti  il simbolo di una rigenerazione cosmica, in cui il Sole e la Luce sono associati all'idea d'immortalità dell'uomo. Un fatto che può essere di interesse e’ che quando il Sole tramontava in corrispondenza dell’estremo destro della fenditura scavata sul monolito M6 (15 Febbraio), la stella Sirio tramontava di prima sera dopo il Sole entro il settore di orizzonte delimitato dalla fenditura. Dopo circa 2 lunazioni (due mesi lunari da 29,5306 giorni solari medi) più un cambiamento di fase lunare (circa 7 o 8 giorni), avveniva il tramonto eliaco di Sirio, il quale poteva quindi essere agevolmente predetto in anticipo osservando l’andamento del ciclo lunare.

  • La grande congiunzione planetaria del 2210 a.C. a Poggio Rota

Esplorando con il calcolo astronomico gli eventi astronomici che potevano essere osservati a Poggio Rota durante il III millennio a.C. e’ risultato che in quel periodo di tempo avvennero 5 grandi congiunzioni planetarie durante le quali i pianeti Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno si raggrupparono e furono visti molto vicino nel cielo, prima dell’alba o subito dopo il tramonto.

L’unica grande congiunzione planetaria di questo tipo che potrebbe essere stata importante per Poggio Rota avvenne il 2 Maggio 2210 a.C.  In quell’occasione i cinque pianeti raggruppati nella costellazione dei Gemelli tramontarono circa 1 ora dopo il tramonto del Sole e furono visibili, luminosissimi, per svariati giorni di prima sera nella luce dell’imbruire rappresentando un fenomeno molto suggestivo agli occhi degli esponenti di un’antica popolazione. Il settore di cielo in cui il fenomeno fu visibile corrisponde ad una “finestra” di osservazione delimitata dall’intercapedine tra i monoliti M2 ed M3.

Simulazione della tramonto dei pianeti, circa un’ora dopo il tramonto del Sole a Poggio Rota, durante la grande congiunzione planetaria del 2 Maggio 2210 a.C.

  • Il problema delle collocazione cronologica del sito

Il problema della collocazione cronologica del sito non è indifferente e l’Archeologia non ci aiuta molto in questo caso. La collocazione cronologica è fondamentale per eseguire la ricostruzione al computer dell’aspetto del cielo visibile in un dato luogo ed in una data epoca: tali informazioni  devono essere disponibili. Nel caso del sito di Poggio Rota, manca la fondamentale conoscenza della collocazione cronologica.

 

Per tentare di ovviare in maniera ragionevole a questa carenza è stato deciso di ottimizzare al computer la datazione più probabile sulla base delle possibili linee astronomicamente significative codificate nel sito, ripetendo il calcolo dei fenomeni astronomici visibili parecchie volte dal 3500 a.C. fino al 1200 a.C. ad intervalli di 100 anni ciascuno, utilizzando come criterio il miglior accordo tra le direzioni codificate nel sito e la posizione della levata o del tramonto, lungo l’orizzonte naturale locale, degli astri che potrebbero essere stati connessi con queste direzioni.

La variazione della posizione degli astri sulla sfera celeste e quindi i loro punti di levata e di tramonto è influenzata da vari fattori tra cui la precessione lunisolare  nel caso delle stelle e il cambiamento di inclinazione dell’asse della Terra (Obliquità dell’Eclittica) nel caso del Sole e della Luna,  come descritto nella parte introduttiva del presente lavoro: si tratta comunque di un difficile problema di ottimizzazione non lineare vincolata.

Tecnicamente è stata costruita una “funzione obbiettivo” come viene denominata nel gergo degli ottimizzatori non lineari la quale rappresentava la cosiddetta varianza media globale cioè il valore medio dei quadrati degli errori tra tutte le linee astronomiche teoriche correlabili a quelle astronomicamente significative rilevate a Poggio Rota, introducendo dei pesi che potessero rendere conto della differente velocita’ di variazione dei fenomeni celesti durante il tempo, al fine di stabilizzare l’algoritmo di ottimizzazione. Il risultato e’ stato che Poggio Rota corrisponde ad un epoca ottimale di utilizzo intorno al 2300 a.C. con probabilità pari al 95% e con un’incertezza di 100 anni in piu’ o in meno, assumendo un livello di affidabilita’ corrispondente ad un livello di probabilita’ standard di questa ultima pari al 63%.

 

Diagramma di incertezza sulla collocazione cronologica dell’utilizzo di Poggio Rota quale sito di osservazione astronomica. La datazione ottimale e’ il 2300 a.C. con il 95% di probabilità.

Desiderando un livello di affidabilità più elevato, allora l’incertezza cresce in proporzione. Il calcolo delle probabilità, strettamente connesso al processo di ottimizzazione non lineare teso a stabilire la collocazione cronologica ottimale per l’uso di Poggio Rota quale sito di osservazione astronomica, ha permesso di mettere in relazione l’incertezza sulla datazione e la probabilità che l’errore vero commesso su tale valutazione possa essere inferiore o uguale al valore fissato per tale incertezza. Il modello matematico messo a punto ci dice che stabilita una collocazione cronologica al 2300 a.C. per l’utilizzo di Poggio Rota per l’esecuzione delle osservazioni astronomiche con un livello di probabilità pari al 95%, la probabilità che l’incertezza sia di 50 anni in più o in meno, quindi che il sito sia stato astronomicamente attivo dal 2250 a.C. al  2350 a.C. è solo il 22,1%, ma con il 63,2% di probabilità e’ possibile affermare che il sito potrebbe essere stato (astronomicamente) utilizzato tra il 2400 a.C. ed il 2200 a.C. Se si accetta una probabilità pari al 89.4% allora sarà possibile affermare che il sito sia stato attivo tra il 2450 a.C. ed il 2150 a.C.; se si desidera un livello di affidabilità del 98,2 % allora l’intervallo si allarga dal 2500 a.C. al 2100 a.C., mentre se di desidera una ragionevole certezza (probabilità vicina al 100%, secondo il modello matematico) allora si andrà dal 2600 a.C. fino al 2000 a.C.  Quello che sembra essere abbastanza chiaro da tutto questo e’ che il sito di Poggio Rota si accorda molto bene con un utilizzo astronomico avvenuto durante la seconda metà del III millennio a.C., ed il sito potrebbe quindi essere ascrivibile alla fase finale della Cultura del Rinaldone che fiorì in quell’area, in quell’epoca.

                                                                             Conclusione

Il risultato dello studio di Poggio Rota e' stato largamente positivo e ora possiamo ragionevolmente ipotizzare che quel sito sia stato un luogo di osservazione astronomica in un'epoca grosso modo intorno al 2300 a.C. con 100 anni in più ed in meno di incertezza, dovuta per lo più alla delicatezza di questo tipo di studi e anche ad un certo inevitabile degrado del luogo a causa degli oltre 40 secoli trascorsi da allora. Quello che e' importante e' che ora siamo in grado di affermare con un ragionevole grado di probabilità che gli esponenti della fase finale della Cultura del Rinaldone possedevano un'ottima conoscenza del cielo e dei suoi fenomeni.

Lo studio archeoastronomico di Poggio Rota ha messo in evidenza che gli esponenti della Cultura del Rinaldone presenti in zona ebbero l'esigenza di determinare, ogni anno, con precisione la data del solstizio d'inverno, e di stabilire con precisione almeno due direzioni stellari significative: la prima e' quella diretta verso il polo nord celeste e la seconda era connessa con il tramonto della stella Sirio, la più luminosa visibile nel cielo notturno, che nel III millennio a.C., per effetto del fenomeno della Precessione degli Equinozi, andava a tramontare molto vicino al punto di tramonto del Sole solstiziale invernale. Venne quindi realizzata una postazione di osservazione fissa sfruttando la morfologia naturale del luogo, e nel sito venne quindi realizzato un semplice, ma efficace sistema di "mira" capace di permettere da determinazione della data del solstizio d'inverno con un errore di uno o due giorni al massimo. La presenza anche del tramonto di Sirio, sia ordinario che eliaco, apre tutta una serie di interessanti possibilità, sul modo con cui si misurava il tempo presso la Cultura del Rinaldone. Tutto ciò fa di Poggio Rota un sito di grande importanza per il territorio che lo ospita in quanto rappresenta il primo caso noto di luogo di osservazione astronomica prodotto dal questa Cultura, analogamente a quanto avvenne presso tutte le culture neolitiche stanziate sul territorio europeo, e quindi si auspica una sua tutela.

Recentemente e’ stata scoperta anche una vasca scavata sul monolito orientale, questo è un fatto molto importante che testimonia ulteriormente l'importanza archeologica di Poggio Rota e che si inquadra molto bene con i risultati dello studio archeoastronomico. Normalmente nei siti neolitici astronomicamente significativi sono presenti vasche scavate nella roccia la cui funzione non ci e' ancora ben nota, ma ormai sappiamo che presso quelle culture esisteva un stretta connessione simbolica tra l'acqua ed il cielo.

Normalmente i cosiddetti "osservatori astronomici d'altura" non sorgevano isolati sul territorio, ma ne esisteva piu' d'uno entro l'area occupata da una cultura neolitica. La Cultura del Rinaldone non dovrebbe fare eccezione e Poggio Rota e' di fatto il primo (e per ora unico) sito di questo tipo che e' stato scoperto. Bisogna ora estendere l'indagine anche ad altri siti che mostrano caratteristiche simili, quali Poggio Buco e Poggio Tellere, che da un'analisi preliminare si sono rivelati dei candidati promettenti. Bisogna ora varare un progetto dedicato al loro studio in modo da verificare che anche in quei luoghi poteva essere stata svolta un'attivita' di osservazione astronomica. Se anche in questi casi si presentassero gli stessi risultati ottenuti nel caso di Poggio Rota, potremo avere elementi sufficenti per formulare alcune ipotesi intorno alle conoscenze astronomiche diffuse presso la Cultura del Rinaldone, al loro utilizzo e a tutta la sfera religiosa e simbolica di questa gente, la quale ci è ancora decisamente oscura.

 

Bibliografia

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  • A. Gaspani, 1997, "Sulla Reale Significativita' degli Allineamenti Ritenuti Astronomicamente Significativi", Nihil Sub Astris Novum, No. 12, Settembre 1997.

  • A. Gaspani, 1997, "Altezza e Azimut di Prima Visibilita' delle Stelle",Nihil Sub Astris Novum, No. 13, Novembre 1997.

  • A. Gaspani, 1998, "Il Potere Risolutivo ad Occhio Nudo", Nihil Sub Astris Novum, No. 15, Febbraio 1998.

  • A. Gaspani, 1998, "L'Obliquita' dell'Eclittica nell'Antichita'", Nihil Sub Astris Novum, No. 16, Marzo 1998.

  • A. Gaspani, 2000, "Il GPS in Archeoastronomia", AD QUINTUM, No.5, settembre 2000

  • A. Gaspani, 2000, "Archeoastronomia, Astroarcheologia, Paleoastronomia", AD QUINTUM, No.6, Novembre 2000.

  • Gaspani A., 2001, "Applicazione di Tecniche Satellitari GPS al RilievoPlanimetrico di Siti Archeoastronomici", Poster Paper, I Convegno della Societa' Italiana di Archeoastronomia (SIA), Padova 28-29 Settembre, 2001.

  • Gaspani A., 2003, "Applicazione di Tecniche Satellitari GPS al Rilievo planimetrico di Siti Archeoastronomici", Atti del primo Convegno Nazionale di Archeoastronomia, Astronomia Antica e Culturale e Astronomia Storica, pag.33-35, Padova 2003.

  • A. Gaspani, 2006, "Il GPS in archeoastronomia. Tecniche di rilevamento dei siti archeologici di rilevanza astronomica mediante tecniche satellitari GPS”,    Rivista Italiana di Archeoastronomia, vol. IV, 2006, pag. 135 - 196.


[1] ) A. Gaspani, 2006, "Il GPS in archeoastronomia. Tecniche di rilevamento dei   siti archeologici di rilevanza astronomica mediante tecniche satellitari GPS”, Rivista Italiana di Archeoastronomia, vol. IV, 2006, pag. 135 - 196.

[2]  Su una distanza media di oltre 22.000 Km.

(Autore: Adriano Gaspani)

 

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                                                                                                    Novembre  2012