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I maya: storia, calendario e religione

(di Leonella Cardarelli)

La cultura maya era considerata la più importante cultura amerindiana. I suoi aspetti distintivi erano le conoscenze astronomiche, matematiche (soprattutto per l’uso dello zero) e l’urbanistica, coniugate all’uso di un precisissimo calendario e a un sistema di scrittura dapprima ideografico (glifi) tradotto solo parzialmente e poi a un sistema punto e linea.

Geograficamente i maya occupavano le zone del Messico orientale, la penisola dello Yucatan, il Belize, alcune zone del Guatemala, dell’Honduras e del Salvador. Quest’area è molto particolare dal punto di vista climatico e topografico in quanto va da fitte foreste pluviali ad aree di pianura, eppure questa società riuscì a creare un grande impero con enormi città-stato. L’area dei maya comprende numerosi siti nei quali possiamo ammirare a tutt’oggi i resti ineffabili di questa popolazione che come le altre società precolombiane aveva un’arte nel costruire che lascia perplessi per la straordinaria precisione.

Gli storici tendono a dividere la storia dei maya in tre periodi:

-         periodo preclassico: dal 2000 a .C. al 250 d.C.;

-         periodo classico: dal 250 d.C. al 900 d.C.;

-         periodo postclassico: dal 900 d.C. al 1519, data che segna

 l’ arrivo degli europei e il successivo sterminio della civiltà maya.

Tra le città maya più importanti ricordiamo nella penisola dello Yucatan Chichén Itzlan, che era molto probabilmente un tempio (con una fonte) dedicato a Kukulcan (o Kukumatz), ovvero il serpente piumato, colui che gli  aztechi chiamavano Quetzalcoatl. Il serpente piumato non è proprio un dio, come si sostiene: egli era, secondo le popolazioni precolombiane, il portatore della civiltà, un uomo saggio con una lunga barba bianca che da Aztlan (che letteralmente significa la terra degli aironi), isola da cui secondo una leggenda provenivano gli Aztechi, portò la cultura e la civiltà in America Centrale.

In Messico ricordiamo Palenque, nota per la sua arte e le sue sculture che hanno affinità con quelle egizie. Si sostiene infatti che possa esserci stata una relazione tra la civiltà americana e quella egizia o addirittura, come sostiene P. Tompkins, che le piramidi di queste due culture  siano state costruite dalla medesima civiltà.

Uno degli elementi culturali maggiormente rappresentativi della civiltà maya è il calendario, anche se esistono teorie divergenti a riguardo: alcune fonti  parlano infatti di due calendari cioè lo tzolkin, vale a dire il calendario sacro, e lo haab, cioè il calendario civile;  altre fonti, di contro, menzionano anche un terzo calendario, il tun, volto ai  calcoli lunghi. Il tun sembra che venga inserito nel calendario civile, cioè sembra che sia un sinonimo per definire il calendario civile: l’uso di calcoli lunghi, infatti, si può fare solo con un calendario lungo che è appunto quello civile.

Lo tzolkin sembra invece un calendario di carattere divinatorio e rituale, diviso in 13 mesi di 20 giorni l’uno, per un totale di 260 giorni. In questo calendario c’è il concetto di giorno (kin) ed esistono due tipi di grandezze superiori al giorno ma non paragonabili né alla nostra settimana né al nostro mese. Esiste comunque un nome per definire il mese nel calendario tzolkin: uinik.

I maya vedevano i giorni e le cifre sotto un aspetto divino: vi erano giorni considerati fausti ed altri considerati infausti, di riflesso alcune decisioni importanti venivano prese esclusivamente in determinati giorni. Il secondo calendario, lo haab, era invece di 360 giorni più 5.

Lo haab corrispondeva all’anno solare. I maya erano a conoscenza del fatto che l’anno solare fosse di 365, 242 giorni e decisero di correggere questo errore, così crearono questo calendario dividendolo in 18 periodi (pop) ognuno di 20 giorni che andavano da 0 a 19.  L’ultimo giorno di un mese (contrassegnato dal numero 0) era il primo giorno del mese successivo. Alla fine dei 18 periodi ne veniva aggiunto  un altro, composto solo di 5 giorni. Questo periodo era denominato uayeb ed era considerato nefasto.

Come abbiamo potuto constatare anteriormente, i Maya conoscevano lo zero e calcolavano con un sistema vigesimale, cioè in base 20.

Dopo un periodo in cui usarono i geroglifici, i maya adottarono un sistema di numerazione punto e linea in cui i punti segnavano i numeri dall’1 al 4, mentre la linea corrispondeva al 5. Lo zero veniva rappresentato con un simbolo a  forma di occhio. Il loro sistema era additivo ma anche posizionale, dunque i maya erano abili nello scrivere numeri di ogni valore.

Tra i glifi ritrovati e tradotti ve ne è uno che esprime la fuoriuscita del sangue: i maya erano soliti fare dei sacrifici cruenti che riguardavano precipuamente re e sacerdoti che dovevano evolversi ed avere in visione il serpente sacro ed erano soliti praticare anche degli autosacrifici. L’autosacrificio era diverso per gli uomini e le donne: gli uomini dovevano perforarsi il pene con spine o oggetti aguzzi di ossidiana e dovevano inserire nei fori praticati degli steli di paglia; le donne, per converso, dovevano perforarsi la lingua e le labbra. Il rito cagionava uno stato di trance, dovuto anche all’utilizzo di determinate sostanze; la trance a sua volta declinava nella visione del serpente sacro.

I maya ritenevano che il sangue e l’acqua fossero le basi della vita e che in particolare il sangue  fosse un mezzo per creare un collegamento tra mondo superiore e mondo inferiore, che fosse cioè una chiave per arrivare al divino. Alcuni elementi iconografici utilizzati per indicare il sangue coniugano la presenza di questo elemento con la rappresentazione di perle.

Per quanto concerne  l’aspetto religioso e spirituale, i maya  adoravano nello Yucatan un cosiddetto Essere Supremo, creatore del cielo e della terra (paragonabile forse al nostro Dio) chiamato Haunab Ku, ed altre divinità, tra cui:

-         Itzamnà: dio del Sole e del cielo, della cultura, della scienza medica , dell’agricoltura , della scrittura e del calendario;

-         Bacab, figlio di Itzamnà;

-         Ixchel, compagna di Itzamnà, dea della terra e della luna;

-         Kukulcan o Kukumatz, vale a dire il Serpente piumato, protettore dei sacerdoti.

Nel 1517 Hernandez de Cordoba sbarcò nello Yucatan e questo suo sbarco fu esiziale per le popolazioni autoctone: dopo la conquista spagnola la cultura maya iniziò a manifestare i suoi primi segni di decadenza.

All’interno dello Yucatan ci furono i primi scontri con le popolazioni indigene che hanno inflitto perdite agli europei, tra cui la morte dello stesso Hernandez de Cordoba.

Altri europei continuarono le loro azioni feroci in quelle aree. Nel 1562 il Vescovo Diego de Landa continuò in nome di Dio l’evangelizzazione e l’uccisione tramite omicidi, torture e distruzione di tutto ciò che si poteva tramandare. Fu così che morirono queste civiltà.

Gli unici libri maya che sono giunti fino a noi sono stati: il Codice Dresda, il Codice di Madrid, il Codice Grolier e il codice di Parigi (i Codici portano i nomi delle città in cui sono conservati) e Relacionas de las cosas de Yucatan che è un saggio in cui Diego de Landa espone la cultura e il pensiero dei maya nel periodo della conquista fornendo spunti per  l’interpretazione dei glifi e del calendario

Oggi gli unici discendenti originali dei maya sono ritenuti essere i lacandoni. Per due  secoli e mezzo i quattrocento lacandoni hanno vissuto nella giungla del Chiapas ma oggi con i  moderni mezzi di comunicazione si stanno inserendo nella cultura occidentale. I lacandoni che attualmente vivono nella foresta del Chiapas a sud del Messico venerano rovine di monumenti costruiti dai maya dell’epoca classica. Secondo le credenze di questa popolazione, quelle rovine erano costruzioni realizzate da esseri soprannaturali che loro chiamano k’hu, cioè dei, sono cioè le case degli dei ma il nostro occhio, secondo le loro credenze, non è in grado di vederle in tutta la loro bellezza e quindi vede solo pietre.

Oltre a venerare rovine di antichi edifici, i lacandoni venerano anche grandi rocce in riva ai laghi e per comunicare con gli dei si servono di incensieri di terracotta. Queste usanze religiose sono le medesime utilizzate dagli antichi maya.

Durante alcuni riti religiosi i lacandoni dipingono il viso, la tunica e l’incensiere con l’oriana, vale a dire una sostanza rosso sangue estratta dall’orellana, per richiamare i sacrifici umani praticati dagli antichi maya nell’epoca postclassica. Gli stessi lacandoni asseriscono  che “il sangue degli uomini è l’oriana degli dei”: gli dei, secondo queste credenze, si diletterebbero all’odore del sangue umano.

I lacandoni portano con sé una forte credenza ereditata dagli antichi maya, cioè quella della fine del mondo o più precisamente  della fine di questo mondo.

 

Fonti:

  • Noone, R. W. (1982)  5/5/2000 Ice: the Ultimate Disaster, New York , Harmony Books, trad. it La profezia delle civiltà perdute (1999), Sperling & Kupfer,  Milano.

  • Cortez, C. (1997) Enigma Maya, Fabbri editori, Milano.

                                                                                                                                                    (L.  Cardarelli, 2007).

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