| Famiglia
        nobile,guelfa,che si stabilì' a Rimini agli inizi del XIII secolo e ne
        ressero la Signorìa dal  1295 al 1528 circa. L'origine della famiglia è
         molto antica 
        e misteriosa, qualcuno la fa risalire al periodo Romano.Resta comunque
        imprecisata. .Risalendo all'VIII secolo,
        si potrebbe identificare
        in un Giovanni Malatesta, ricco e influente signore di Ravenna, 
        il "capostipite" della famiglia. Ma le cronache
        storiche accettate ci datano  al
            1239 
          
        la notizia di un Malatesta
        della  Penna che aveva funzioni di podestà della città 
        di Rimini. Ma da dove
        proverrebbe il nome MALATESTA? Forse da un certo RODOLFO,
        vissuto
        nel secolo X°, che si distinse per la caparbietà e il coraggio
        con cui seppe affrontare e tenere testa alle opposte fazioni di
        Papi e Imperatori, che così lo avrebbero 'appellato'... La ricerca dell'origine
        del loro casato potrebbe comunque essere motivo di ulteriori stimoli di
        ricerca.
 Si attribuisce a
        Malatesta II Verrucchio (morto nel 1312) la  fondazione vera e propria
        della Signoria, quando fu cacciata da Rimini la fazione Ghibellina nell'anno 1285. Alcune
        fonti riportano la versione secondo cui,  attorno al 1200, i
        Malatesta si distinguono in due rami familiari, l'uno che viene
        detto 'da Foligno',e l'altro "da Verrucchio",questi
        ultimi  goverarono nelle Marche. Nel 1239 Malatesta
        da Verrucchio (o è  il Malatesta della Penna incontrato
        prima?), che Dante  nel capitolo XXVII dell' "Inferno"
        definisce Mastin Vecchio,  veniva nominato Podestà di
        Rimini.Suo figlio, che prenderà il nome di Malatesta da Verrucchio
        II, divenne capitano e signore della città.
 Alla morte di questi, gli
        succeddette per diritto di primogenitura, il figlio Malatestino
        dell'Occhio, che aveva altri fratelli (passati tristemente alla
        storia):-Gianciotto lo sciancato, che aveva sposato con
        matrimonio puramente diplomatico Francesca (della famiglia ravvennate
        dei "da Polenta")  e Paolo detto il Bello.  Albero genealogico dei Malatesta(tratta dal sito I
        Luoghi del Mistero)
 . Si ha conoscenza di
        Palazzi Malatestiani che oggi non ci sono più, già nell' anno 1216,
        ubicati nella zona dove 
        si può  ancora ammirare     la   Rocca Malatestiana o Castel Sismondo,(1437)  La Rocca Malatestiana(voluta da Sigismondo) che si
        affaccia sull'attuale Via del Corso a Rimini
 In quei Palazzi chissà cosa
        successe....Tra il  1282 e il 1285 (probabilmente nel 1283) si consumò l'amore e la tragedia di
        due   amanti famosi della famiglia: Paolo Malatesta e
        Francesca da Rimini, sposata con Gianciotto Malatesta,
        fratello
        di Paolo,come abbiamo appena ricordato.Scoperta la 'tresca', Gianciotto
        uccise sia la moglie che il fratello...Anche se la leggenda vuole che il
        tutto si sarebbe consumato nel rinomato castello di Gradara (a pochi
        chilometri da Rimini). Dante li ricorda nel
        
        Canto V dell'Inferno,nella  Divina Commedia.  Per aver concorso a far
        restare Rimini negli Annali Storici vale la pena di ricordare altri
        personaggi della Famiglia Malatesta.  Il nonno di Sigismondo,ad
        esempio,che si chiamava CARLO Malatesta, ebbe il merito di
        risistemare   il porto secondo l'andamento attuale e questa fu
        un'opera fondamentale poichè permise l'abbandono dell'antico porto
        romano,regolarizzando le acque del fiume Marecchia,potenziando così la
        via fluviale e incrementando le attività pescherecce e commerciali, che
        erano i due pilastri (insieme all'agricoltura) alla base del benessere
        cittadino. Suo figlio, Pandolfo III,
        padre
        di Sigismondo, nacque nel 1370 e fu signore di un piccolo stato che
        comprendeva BRESCIA e BERGAMO. Nel 1385,all'età di soli 15 anni,
        divenne signore della cittadina di Fano.Lo si ricorda come un abile
        condottiero e capitano di ventura al soldo dell'allora duca di Milano,
        Gian
        Galeazzo Visconti .A Fano si stabilì definitivamente quando perse le
        città di Bergamo e Brescia e portò con sè la propria corte,che non
        era costituita solo da cosniglieri,soldati,segretari ma
        da intellettuali,Sapienti e Artisti, che fecero di Fano uno dei centri più attivi
        culturalmente, autonomi ed importanti nell'ambito delle Signorie
        Malatestiane tra le Marche e   la Romagna. Fu forse in questo ambiente
        che crebbe anche Sigismondo, la figura più di spicco della
        Casata, avuto illegittimamente da Antonia da Barignano, fuori dal 
        suo matrimonio con Paola Bianca..  Sigismondo in una scultura nel Tempio Malatestiano di
        Rimini.
 Pandolfo III ebbe anche
        altri due figli: Galeotto Roberto e Domenico Novello. Morì a Fano il 5 ottobre
        1427,quando Sigismondo aveva soltanto dieci anni e fu celebrato con
        tutti gli onori nella chiesa di S.Francesco,dove venne
        sepolto,all'interno di un sepolcro sigillato.Sigismondo,una volta al
        potere,farà trasferire la salma del padre in una nuova
        tomba     in stile rinascimentale,su disegno
        di  Leon Battista Alberti e,nel corso del 1600,la tomba subì un
        successivo spostamento,presso il portico della chiesa di
        S.Francesco,simmetricamente a quella gotica della prima moglie di
        Pandolfo,   Paola Bianca. Nelle seguenti immagini, si
        vede la mummia di Pandolfo III ritrovata da lavori di scavo sotto il
        portico della suddetta chiesa a Fano. 
 
 (immagini tratte dal sito I
        Luoghi del Mistero ) Alla morte di Pandolfo,i tre
        ragazzi vennero accolti dallo zio Carlo Malatesta,Signore
        di Rimini,che ottenne la loro legittimazione dal Papa.Egli no aveva
        eredi e,alla sua morte,avvenuta nell'anno 1429,la Signorìa passò a Galeotto
        Roberto, che era il primogenito ma dopo un paio d'anni
        quest'ultimo rinunciò alla vita mondana e lasciò il posto a
        Sigismondo.   Ci si potrebbe interrogare
        sul perchè preferì ritirarsi da una vita di lusso   e
        prestigio.Per fare che cosa? Che fine fece? L'altro fratello, Domenico
        Novello, anch'egli profondamente interessato alla cultura e alla
        conoscenza, ondò la Biblioteca Malatestiana a Cesena(1452) che
        è considerata la più antica biblioteca comunale esistente ed è quasi
        un  'UNICUM' in Italia. Domenico sposò  Violante, figlia di
        Federico di Montefeltro, famiglia avversaria dei Malatesta,
        favorendo perciò una attenuazione della tensione tra le due
        Casate. Interessante il fatto che
        quando i due fratelli avevano bisogno di aiuto reciproco,se lo
        concedevano e curioso anche il fatto che nei loro monumenti abbiano
        adottato i medesimi simboli: la rosa,lo
        steccato (simile alla scacchiera), l'elefante...  La Rosa è continuamente ripetuta nel fregio che corre sulle fasce
        laterali all'esterno del Tempio Malatestiano,oltre che all'interno.
  Lo "steccato" su uno degli stemmi di Sigismondo nel T.M.
        :fasce oblique dai colori alternati bianco e rosso,ricordano la
        scacchiera.
 
          Ingresso della Biblioteca Malatestiana di
        Cesena:"L'elefante indiano non teme le zanzare")  Sia nella
        Biblioteca Malatestiana a Cesena che nel Tempio Malatestiano di Rimini
        ritroviamo lo stemma con le "Tre Teste".
 Sigismondo andò al potere a
        soli 14 anni e alla sua morte si aprirono lotte e intrighi, cosa che
        pare avesse caratterizzato questa famiglia. Un figlio naturale di
        Sigismondo, Roberto(1452-1482),riuscì ad impadronirsi di
        Rimini  ma la 'dinastia'stava progressivamente avviandosi verso una
        inesorabile eclisse. Lotte intestine ne
        determinarono l'indebolimento e la decadenza fino a che, nel XVI secolo,
        la disgregazione fu totale, acuìta dal fatto che nel 1503 il papa
        Cesare Borgia aveva imposto la dominazione sui territori della
        famiglia (che già Sigismondo   aveva dovuto in parte cedere a
        suo tempo )e
        con Pandolfo V (1509)  si chiude la Signoria dei Malatesta a
        Rimini. I Malatesta vengono
        descritti spesso come  violenti combattenti in competizione con le
        grandi Signorie che in quel tempo imperavano  nel territorio
        italiano.Ma accanto al potere militare ,presso la loro corte  si
        inventarono i" moderni" modelli di macchine ed argani,
        illustrati dagli antichi manoscritti e dai disegni originali , che
        ci  restituiscono l'aspetto scientifico e tecnico della cultura
        fiorita all'ombra della Signoria Malatestiana. E'  una cultura superiore,
        degna di una signoria "illuminata".  Spesso la storia ci
        trasmette solo in parte la realtà dei
        fatti e noi uomini di questo tempo non ci domandiamo  quale
        Pensiero era infuso nelle loro menti,abbiamo comunque alcuni documenti
        che ci attestano come i Malatesta       conservassero l'autonomia dei territori sotto la loro potestà. "GLI STATUTI"sono
        un esempio di scritti ufficiali   con cui veniamo a sapere che
        la località di San Mauro e Giovedia, ad esempio,  acquistano
        "l'indipendenza" da Savignano, concessi da Sigismondo
        Malatesta intorno al 1433. .Località
        che gravitavano attorno alla più importante Rimini, ovviamente, ma che ci
        permettono di capire quale fosse il clima dell'epoca. Un clima fatto
        certamente di intrighi di corte,di sfide per la conquista del potere, che 
        i Malatesta riuscirono quasi sempre ad ottenere  con opportuni
        matrimoni o con alleanze con altri rami parentali. Riuscirono per quasi
        tre secoli ad estendere il loro dominio sulle Marche e sulla Romagna,
        che
        da sempre  avevano interessato la Chiesa di Roma e che, quindi,
        sempre si trovò avversa alla famiglia dei Malatesta.   Links Utili:   Novello
        Malatesta   Bibliografia consigliata:   Neri Moreno, Come giunse beltà a tanto
        buio, in La Conca del Tempio - Ezra Pound e Sigismondo Malatesta,
        Scheiwiller, Chieri, 2001. Neri Moreno, Giorgio Gemisto Pletone - De
        differentiis, Raffaelli Editore, Rimini, 2000. Neri Moreno, Nessuna guida sarà scritta,
        in A lume acceso, Raffaelli Editore, Rimini, 2001. Pletone Giorgio Gemisto, (trad it. e cura di Moreno
        Neri), Delle differenze fra Platone e Aristotele, Raffaelli
        Editore, Rimini, 2000. Charles Yriarte, (trad. it. di Moreno Neri), Rimini
        : Un Condottiero del XV secolo : Studi sulle lettere e le arti alla
        corte dei Malatesta secondo le carte di stato degli archivi d’Italia -
        con 200 disegni dai monumenti del tempo, Raffaelli Editore, Rimini,
        2003       |  | Nacque probabilmente a
        Brescia,il 19
        giugno 1417.Figlio illegittimo di  Pandolfo III Malatesta e di  Antonia da
        Barignano,viene  descritto dalle cronache come un tiranno
        politico,egocentrico e donnaiolo .In realtà,la sua figura è molto
        interessante sotto il profilo umanistico e culturale,nel periodo in cui  fioriva - in Italia - la
        'riscoperta'della Tradizione
        Ermetica  Tradizione
        Ermetica anche per opera di alcuni traduttori di testi
        Antichi, tra cui Marsilio Ficino  e un altro grande quanto
        trascurato personaggio, Giorgio Gemisto
        Pletone, vero fondatore dell'Accademia Fiorentina (sul
        modello della Scuola di Platone) e che, non senza motivo, è
        sepolto nel sarcofago della IV^ arcata del Tempio Malatestiano di
        Rimini. Qualcuno  definisce  Sigismondo
        Malatesta l'" Uomo ideale del Rinascimento".  Sigismondo,al centro, nel famoso affresco  di P.della
        Francesca,oggi staccato e posto su un pannello nell'ultima cappella a
        destra del Tempio Malatestiano.
 Un 'giallo'rinascimentale dunque? Sono esistiti due Sigismondo? Due facce della stessa medaglia?
        Una  'ufficale' ed essoterica ed una privata ed esoterica? Sembra si sì. Proviamo a conoscerlo meglio. Sigismondo Storico: Andato prestissimo al potere,Sigismondo
        seppe affrontare il suo ruolo con  grande determinazione e, nel
        1433, a soli 16 anni fu nominato Cavaliere dall'imperatore del
        Lussemburgo, Sigismondo anche lui, in visita alla citttà di Rimini.
        L'anno seguente sposò la figlia di Nicolò d'Este, Ginevra,e
        per lui si aprì un futuro smagliante: abilissimo in campo militare,si
        distinse quale uno dei migliori capitani delle armi pontificie e il Papa
        ,infatti, lo nominò  Gonfaloniere della Santa Sede.  Avere l'appoggio
        del Papato,a quel tempo, era il presupposto fondamentale per portare
        avanti progetti e potere.   Nel 1437 dà mano alla costruzione della
        sua residenza-fortezza, conosciuta come  Castel Sismondo o
        Sigismondo, nota anche come Rocca  Malatestiana. Tre anni dopo resta vedovo della moglie e
        prende in sposa la figlia di Francesco Sforza, Polissena. Matrimonio
        che si concluderà nel 1448 per la morte di Polissena.  Rimasto vedovo per
        la seconda volta, Sigismondo potè rendere pubblica la sua relazione con
        ISOTTA degli Atti,iniziata nel 1446  e che sposerà
        nel 1456. Lei era figlia di Francesco, un ricco mercante e
        cambiatore di Rimini; molto più giovane di Sigismondo (nacque alla fine
        del 1432 o all'inizio del 1433) era orfana di madre fin dalla nascita
        (morì di parto).   Si ricama molto sulla storia d'amore di Isotta e
        Sigismondo; secondo alcuni lui l'avrebbe notata quando era tredicenne,
        riuscendo a conquistarla e nel 1447 ebbero un figlio cui
        venne dato il nome di Giovanni ma che morì nel periodo neonatale.In seguito,ebbero altri figli e la loro unione venne cantata
        dai poeti e dagli artisti di corte in tutti i modi. Si può presumere che
        Sigismondo amasse profondamente Isotta, la quale ottenne dal papa di
        costruirsi una Cappella funebre all'interno del Tempio 
        Malatestiano   La tomba di Isotta con sopra le insegne Malatestiane(con
        l'immcancabile l'elefantino bianco indiano,lo steccato  e la sigla
        SI).
 Sigismondo ebbe trionfi su varie città
        come Senigallia e Mondavio e nel 1447 passò al servizio di Firenze
        (abbandonando Alfonso d'Aragona appoggiato dal Papato) e questo gesto
        avrebbe condizionato la sua esistenza futura. Nel 1449 ebbe iniziò la realizzazione del
        Tempio Malatestiano a Rimini:   
 in realtà si trattava di lavori di
        rifacimento radicale dell'interno della ex-chiesa di S.Francesco,
        affidando  a Leon Battista Alberti il progetto di rifacimento
        dell'esterno. Nel 1459 divenne  papa Pio II,
        che da tempo provava ostilità verso Sigismondo, ritenendo avesse
        tradito la sua città, Siena e si creò molti nemici.   Nel congresso
        di Mantova gli impose pesanti umiliazioni(1459) .Nel 1462, in un
        concistoro, il pontefice definì il Tempio Malatestiano praticamente
        un'offesa a Cristo,con queste parole"Non sembra un Tempio di
        Cristo, bensì di fedeli adoratori del demonio".Contemporaneamente
        lo scomunicò, il che equivaleva a minare il suo potere e il
        prestigio della sua Signoria.  Non pago, il Papa mosse contro Sigismondo
        molte accuse infamanti che contribuirono a metterene in cattiva luce la
        sua  persona e a tramandarlo ai posteri sotto una veste iniqua e di
        parte (venne accusato di fratricidio,uxoricidio,fabbricazione e spaccio
        di moneta falsa, alcune violenze carnali,incesto e sodomia verso il
        proprio figlioletto Roberto) e si arrivò a bruciare sulla pubblica
        piazza, a Roma,in tre diversi luoghi, l'effigie di Sigismondo sottoforma
        di un manichino somigliantissimo. Sembra che, a causa di tutto ciò, dovesse
        interrompere i lavori del Tempio Malatestiano... In questo clima,non gli restò altro da
        fare che chiedere il perdono del papa,da cui andò nel 1463, poichè
        anche gli Stati Italiani si erano alleati contro di lui.Il papa gli
        tolse tutti i domini eccetto la città di Rimini Nel 1464 Sigismondo fu al soldo di
        Venezia e partecipò alla Crociate,in Morea (l'attuale Peloponneso)
        combattendo contro i Turchi finchè, nel 1466, Pio II morì.   Ritornò
        quindi in patria, però stanco e malato e morì a Rimini il 7
        ottobre 1468, volendo essere seppellito nel 'suo'Tempio.  Alla sua morte,si aprì una lotta per la
        successione.   Le cronache spiegano poco quale fu il ruolo di Isotta nel
        periodo in cui Sigismondo era in battaglia e sembra che, rimasta vedova,
        abbia retto il governo della città insieme al figliastro Sallustio.Ma
        un altro figlio di Sigismondo, Roberto, voleva il potere ad ogni
        costo e nel 1469 ordinò l'assassinio di Sallustio che,fuori di scena,
        gli permetteva di impadronirsi della Signoria. Isotta morì nel
        1474 e fu sepolta con l'onore dovuto ad una Signora nella sua Cappella
        nel T.M. Sigismondo Iniziato: L'avverso Papa Pio II Piccolomini 
        ebbe a dire  di lui"Conosce le storie ed è molto innanzi
        nella filosofia e sembra nato a tutto ciò che intraprende".
        Questo la dice lunga su chi fosse Sigismondo Malatesta. Cresciuto  in un ambiente, come abbiamo
        visto, predisposto alla cultura umanistica,all'arte e a quelle Scienze
        che erano parte di una  Tradizione, Sigismondo  si circondò sempre di
        letterati,Intellettuali ed Esoteristi. Può sembrare un 'luogo comune',dato il periodo storico in cui
        visse: non era infrequente che
        molte Corti Italiane si concentrassero di poeti, filosofi e scienziati e
        ricercassero quel 'seme divino'che gli alchimisti rinascimentali si
        proponevano di riportare alla luce in ogni individuo.Il Signore -in
        questa ottica- ambiva a diventare un 'dio'. Il suo percorso iniziatico si ispirò alla
        tradizione del Corpus Hermeticum e al neoplatonismo,corrente
        rinascimentale che si basava sugli studi di Platone,Plotino,Proclo,Porfirio,Giamblico
        e che Giorgio Gemisto Pletone stava in quegli anni 
        riportando alla corte di Cosimo  I° dè Medici a Firenze... .La corte di Rimini fu una luce nel
        Rinascimento,guidata da Sigismondo ( e sicuramente anche Isotta
        condivideva il Pensiero Filosofico del marito),che veniva chiamato
        "re"dai suoi 'confratelli'. Si circondò di amici come Leon
        Battista Alberti (fondatore dell'Accademia Romana) e al quale affidò
        il progetto esterno del T.M.; Matteo dè Pasti, Roberto Valturio (uno
        dei suoi consiglieri di corte e grande erudito ermetico), Basinio da
        Parma, Agostino di Duccio, Matteo Nuti, Piero della  Francesca,
        Giusto dè Conti, Bonifacio Bembo (autore di uno dei più bei mazzi
        di carte del mondo, il TAROCCO VISCONTI,  le cui 78 lamine
        circolavano eloquenti e silenziose nelle adunanze della confraternita
        Malatestiana),Tobia del Borgo, Procellio,
        Trebbiano, Francesco Filelfo,e tanti altri... Di alcuni volle onorare l'amicizia e il
        ricordo  creando accanto alla sua stessa tomba il luogo del loro riposo.Nella
        fiancata destra(per chi guarda)del T.M.si possono trovare,infatti ,i
        sarcofagi di sette poeti, filosofi ed eruditi della sua corte. Nella quarta arcata, su cui è scritto
        "Philosophor[um] sua tem[estate] principis" ovvero
        "Principe dei filosofi del suo tempo",si trova quello
        di GIORGIO GEMISTO PLETONE,il vero fondatore dell' Accademia
        Fiorentina. Le cronache non ci dicono se Sigismondo
        lo conobbe in vita ma allora  perchè volerlo seppellire nel 'suo'
        Tempio
        a Rimini? Un semplice atto di nobiltà d'animo verso un Filosofo che
        stimava? Tutto ciò sembra non avere molto
        senso,anche perchè recuperare le ceneri di Pletone non fu cosa così
        facile .Angelo Turchini,autore di una particolareggiata ricerca
        sul T.M.,ci informa, infatti, che Sigismondo Malatesta, fermati i Turchi
        sull'istmo di Corinto, prelevò le ceneri dI Giorgio Gemisto Pletone a 
        Mistrà (città a cinque chilometri dll'antica Sparta e tra l'altro
        sede di numerosi conventi  in stile bizantino con magnifici
        affreschi) patria di origine del filosofo, le cui opere
        erano considerate blasfeme ed eretiche dalla cristianità e
        il Patriarca di Costantinopoli (Giorgio Scholarius) aveva
        messo al rogo molti suoi scritti tacciandoli di paganesimo. Quindi,
        prelevare le ceneri di un così 'scomodo'personaggio avrebbe significato
        attirarsi ulteriormente le ire del Papato (gìà suo acerrimo
        avversario e che, del resto, lo aveva già scomunicato)  una volta giunto in Italia.  Infatti Sigismondo,rientrato nel
        1466 con l'urna contenente le ossa di Pletone, venne 'avvertito' 
        da Giorgio di Trebisonda (un greco nemico del filosofo) di gettarle 
        subito in mare, pena la morte,cosa che il Signore di Rimini si
        guardò bene dal fare. Dopo due anni Sigismondo morì; 
        anche Isotta e Sallustio (i nuovi signori di Rimini) furono avvisati di
        distruggere le "pericolose" ceneri. Ma esse non furono mai
        rimosse (almeno non che se ne abbia notizia!). Alcuni autori,basandosi sulla simbologia
        del T.M.,osservano che esso ha tratto sicuramente 'insegnamento'da
        Pletone e potrebbe anche essere che Sigismondo fosse entrato in contatto
        con il Filosofo greco già nel 1433,durante il Concilio di Ferrara e
        magari anche da tempi antecedenti. Alcuni fatti potrebbero aiutare a
        capirlo:Sigismondo si reca in battaglia in Morea (la regione dove si
        trova Mistrà) nel 1464,ma guarda caso
        è proprio qui che si trovano le ceneri di Pletone( che era morto nel
        1452).  Perchè finisce proprio a Morea?  Che arcano legame correva tra Sigismondo
        e la Grecia? Perchè volle apporre una dedica in GRECO sul suo Tempio?  La dedica incisa è alla Fortuna,a Dio Immortale e alla città di
        Rimini.  Forse riservare un 'posto'per Pletone era un obbiettivo che
        Sigismondo si era posto
        da tempo (ma dal 1452 al 1464 ne era passato parecchio) o era stato in contatto con lui attraverso alcune
        persone? Come
        il  despota di Morea(che risiedeva a Mistrà), che era parente di
        Sigismondo (Teodoro Paleologo aveva sposato Cleofe Malatesta dei
        Sonetti
        e il fratello di questi, Pandolfo,era  l'arcivescovo latino di
        Patrasso) e quindi avrebbe potuto mantenere un filo di contatto poi,
        presentatasi l'occasione di partire per la Crociata, ecco  che
        poteva  recuperare e riportare con sè quelle che riteneva
        reliquie preziose.   Forse Pletone fu veramente il suo Maestro Spirituale
        e Iniziatore a quella religione Universale, a torto confusa dalla
        Chiesa Cattolica con il paganesimo, che riconosce l'esistenza di un Dio
        Unico Creatore e che in ogni uomo c'è un'anima che sopravvive dopo la
        morte, secondo la scuola Platoniana.Non di meno, Sigismondo dimostra,
        nel suo T.M. di onorare anche gli antichi astrali ( Apollo o Elio=il
        Sole), la Luna o Diana,Venere,Mercurio, Giove e Saturno, mediatori tra
        l'uomo e Dio. La medesima simbologia cara agli esoteristi e agli
        alchimisti, e che fu portata avanti in quel tempo da persone come Cosimo
        I° dè Medici,Marsilio Ficino,Giordano Bruno,fino ad arrivare ai
        Rosacroce,ai Massoni e a coloro che, immaginiamo, fanno ancora parte di
        quella cerchia di 'eletti' o 'fratellanza segreta' che qualche anno fa
        pose "uno stefano di alloro,palme,mirto e rose' sul sarcofago
        del filosofo. Ricordiamo che siamo in un epoca,quella in
        cui visse Sigismondo,a cavallo tra la fine di un'epoca (il Medioevo con
        i Grandi Costruttori di Cattedrali e la loro profonda simbologia 
        esso/esoterica e il Rinascimento,con gli umanisti e i  platonici e la loro
        pratica dell'arte ermetica. E'nelle Accademie, le quali  si moltiplicano in
        quel periodo nelle migliori Corti Italiane,  che si rivelano i principi
        delle antichissime  Scienze Sacre(Astrologia,Cabala,Tarocchi, Magia,Alchimia...) atte a ricercare
        nella Natura( e nell'Uomo)  le Leggi Nascoste che regolano
        l'Universo. Rimini, va ricordato, era stata
        anche un'importante stazione dei  Cavalieri dell'Ordine Templare e
        qui, a
        differenza che in Francia, la loro 'fine' fu incruenta. Tra l'altro era
        attiva e fiorente una comunità o corporazione di 'lanaioli
        "patarini, ossia CATARI. Non possiamo, è vero, entrare nell'ideale
        degli uomini di quel tempo nè,forse,importa oggi sapere le cose che ci
        stiamo domandando ma di loro continua a vivere qualcosa ed è il
        SIMBOLO! Esso è l'immagine del 'sacro' che hanno voluto trasmetterci,
        che fa da supporto alla pratica mentale, indispensabile per farci
        passare da un mondo (quello materiale)ad un altro (lo spirituale),da uno
        stato di coscienza ad un altro, per permetterci di "vedere"
        oltre la nebbia che offusca le nostre menti di uomini 'moderni'.  Gli ermetisti della corte Malatestiana hanno lasciato nel Tempio di
        Rimini la loro impronta,  tanto che Roberto Valturio -il consigliere
        di corte-dirà nel suo "De Re Militarii" (XII,13) :" ..simbolI
        tratti dai più occulti penetrali della filosofia e altrettanto atti ad
        attrarre fortemente i dotti quanto a permanere nascosti al volgo". Un'impronta che sta a noi decifrare. Il Tempio, non terminato, potrebbe essere
        ancora lì che aspetta.               |  | Parlare
        degli stemmi della famiglia Malatestiana non è affatto cosa
        semplice. Anzitutto perchè molti si sono cimentati  a farlo (e siamo
        ancora nel campo delle ipotesi);  in seconda istanza essi adottarono vari
        simboli e sigle che possono disorientare il visitatore dei monumenti da
        loro fatti costruire. Chi ha potuto visitare il Tempio
        Malatestiano di Rimini, anche se disattento,sarà stato quasi
        ossessivamente seguito da una sigla formata da una S e da una I che
        la interseca.:  (si noti una croce
        'patente'sul lato destro della foto,ve ne sono alcune nella Chiesa).
 Tra l'altro, proprio in questa stessa
        immagine che forse non rende bene l'idea,nella parte superiore della
        lettera I, è raffigurata  una piccola SCALA.(la scala
        della Conoscenza?). Fiumi di parole sono stati spesi per
        proporre ora questa, ora quest'altra tesi significativa nei confronti
        della sigla di Sigismondo Malatesta. Viene
        ufficialmente riconosciuta come l'iniziale del nome SIGISMONDO, in
        quanto sembra che anche altri della famiglia Malatesta abbiano adottato
        le prime due lettere del loro nome: Novello(NO), Carlo (KA) e anche
        Federico di Montefeltro pare usasse firmarsi con FE. Questa è anche la versione data dal
        Capitolo che gestisce attualmente la Chiesa Cattedrale (cioè il Tempio Malatestiano). Un vero eccesso di MEGALOMANIA, se si pensa
        che sono presenti ben 500 sigle SI tra l'interno e
        l'esterno dell'edifico. Resta da capire quale sia in effetti la
        sigla "originaria" e quale successivamente 'rimodellata'
        Ma lo vedremo meglio nella sezione specificamente dedicata al Tempio..  Arcata d'ingresso del T.M.:si osservi il fregio nel
        semicerchio in cui viene ripetuto il medesimo monosillabo).
  Singolarmente o facente parte di uno stemma, come si vede nella Tomba di
        Isotta(a lato), esso non è mai uguale a sè stesso. Ho potuto osservare
        che alcune S si aprono e terminano a fiore, altre sembrano bocche
        di serpenti, altre volte la I è lavorata e termina con
        un'apertura superiore e inferiore come la corolla di un fiore;altre
        ancora è sinuosa e ripiegata verso il basso nella parte anteriore,altre
        volte sembra opera di decorazione sofisticatissima,quasi ad esulare,negli
        intenti dell'esecutore,di farla assomigliare ad una lettera; in
        alcuni casi la sigla è al rovescio e quando ho chiesto il motivo al
        gentilissimo prete del luogo, questi mi ha detto che "è stato uno
        sbaglio degli esecutori". Cosa
        che, con tutto il rispetto, non ha alcun senso, dal momento che nelle
        costruzioni cultuali specialmente, nulla era lasciato 'al caso'! Avrei
        potuto magari accettare che l' "errore" fosse stato compiuto
        una sola volta (su 500 sigle del genere, anche il committente avrebbe
        potuto chiudere un occhio?) ma mi sono accorta che  più volte si
        ritrova la "SI" al rovescio,come in un'immagine allo
        specchio. Ecco lo 'sbaglio' (che si ripete più e più volte nel Tempio!): Da qualunque parte lo si giri, tale stemma resta sempre rovesciato! Secondo alcune fonti, Sigismondo avrebbe 
        iniziato ad adottare tale
        sigla (SI) quando conobbe ISOTTA e tacitamente questo connubbio (dei
        loro nomi Sigismondo -Isotta) sarebbe per sempre rimasto
        impresso in quella che tutti ritenevano la sua sigla personale. Se riteniamo che il Malatesta fosse legato in qualche maniera
        all'Esoterismo, non stupirebbe che in lei avesse visto la dea, la Mater,
        la Iside Egizia, la Sophia, Shakti Induista, la Vergine Maria, il
        principio femminile divino. E, infatti, nell'epigrafe a lei dedicata
        sulla tomba, viene appellata come DIVA che equivale a DEA Isotta. La
        "SI" potrebbe anche essere letta "IS"(che
        enigmaticamente è anche l'iniziale di Iside...). Singolarmente, nel
        Tempio Malatestiano sono assenti iconografie Mariane in senso Cristiano.
        Tutto ciò fece dire dal papa Pio II Piccolomini: "Non
        sembra un tempio di Cristo, ma di fedeli adoratori del demonio"! Nell'intento di Sigismondo e dei suoi
        eruditi consiglieri avrebbe potuto celarsi l'unione divina dei due
        principi,maschile e femminile,per realizzare la perfetta androginia,
        della Grande Opera.  A questo riguardo segnalo un
        ottimo link che analizza la sigla malatestiana proprio sotto questo
        punto di vista. Questa sigla mi ha subito ricordato quella
        del celeberrimo Cagliostro,
        che aveva adottato una S (un serpente) trafitto da una freccia
         .Una cosa curiosa è che questo 'sigillo' è tratto dalle
        chiavi dei Tarocchi,come si vede in questa immagine sotto  in cui il primo a sinistra è relativo al
        Conte di Cagliostro ma è...rovesciato! (immagine tratta dalla pagina  http://www.acam.it/cagliostro.htm
        )
 La sigla di Sigismondo ricorda anche il
        simbolismo del dollaro statunitenseuna S intersecata da due
        barre verticali ma nei caratteri tipografici essa ha comunemente una
        sola linea   $  quindi ancora più somigliante a quella del Malatesta!
        Ricordo che la banconota degli Stati Uniti  fu adottata nel 1792
        dal presidente massone George Washington e che reca altri simboli di
        stampo esoterico. Un filo?Un legame?Un 'linguaggio'comune
        per soli Iniziati? E'possibile che "SI" possa essere una sigla
        criptata che solo chi 'sa' comprende?  Volendo andare un poco più a fondo, la
        lettera S è arcaicamente stata utilizzata nelle forme di decorazioni
        'primitive',in verticale o in orizzontale e la ritroviamo nell'arte
        indiana,greca,romana... Ricorda la Spirale,con un movimento di unificazione
        fra il cielo e la terra, di un'apertura verso l'alto e di curvatura
        verso il basso.La I, altrettanto interessante, in cinese
        significa 'unità' e affascinante è che il sommo  Dante  Alighieri
        
        (nel capitolo XXXVI,133-134 del "Paradiso")
        parlando per bocca di ADAMO, dica che il primo nome di Dio fu
        "I". Come a sottolineare la primordialità del simbolismo
        e la sua circolarità. Un'altra cosa che mi ha incuriosito è il
        simbolo dell'elefantino bianco indiano,presente -come abbiamo
        già visto parlando della famiglia Malatesta- sui loro monumenti e in
        quelli di Sigismondo in particolare. Sulla porta della Rocca o Castel
        Sismondo, è impressionante il grande stemma costituito da uno scudo con
        scacchiera (steccato) sormontato da un cimiero (che si vede anche sulla
        tomba di Isotta nel T.M.) a testa d'elefante con una 'cresta' (così
        viene definita ufficialmente, ma non lo è), a
        fianco del quale vi è una rosa a quattro petali. Ai lati c'è scritto
        "Sigismondo Pandolfo". Volendo
        conoscere il nesso tra questo animale e Sigismondo, ho chiesto al cortese
        sacerdote come mai proprio l'elefante e questi mi ha risposto che
        Sigismondo voleva emulare il grande  Annibale che varcò le Alpi in
        testa 27 elefanti e allo stesso tempo Scipione, che lo sconfisse, due
        esempi, per lui, simbolo di Forza. Resta da capire come mai quelli raffigurati
        nello stemma non siano elefanti africani ma indiani. E cosa
        significa l'enigmatica scritta presente sul portone della Biblioteca
        Malatestiana di Cesena:"L'elefante indiano non teme le
        zanzare"?. Il discorso si allarga poichè la zanzara
        simboleggia l'aggressività, cercando di violare la vita intima della
        vittima e nutrendosi del suo sangue. Mitologicamente viene anche
        associata alla Sfinge di Tebe che poneva enigmi irrisolvibili ai
        passanti e che li divorava. Forse era la zanzara malarica, un mostro che
        stagnava tra le paludi, allusione all'inconscio umano, dove
        'ristagnano' i pensieri e le idee che non riescono a trovare la via
        dell'Illuminazione, l'espressione di sè stessi.  La scritta potrebbe
        portare a capire che l'elefante indiano (identificato con i Malatesta)
        aveva trovato questa strada?  L'elefante, in Occidente, era simbolo di
        pesantezza e goffaggine, ma non era così (e non lo è) per
        l'Oriente, dove esso era la cavalcatura del re e soprattutto del Re
        celeste, Indra, quindi simbolo del potere regale. Elefante è
        anche il  nome di Shiva nelle sue funzioni di sovranità. In alcune
        regioni asiatiche, l'elefante bianco è collegato alla divinità della
        pioggia e della tempesta, legato ai  buoni raccolti. E'raffigurato
        con una pietra preziosa splendente come il fulmine sopra il
        capo (Illuminazione?). Nella iconografia della Tomba di Isotta, sopra le
        teste dei due elefantini bianchi speculari, dipartono due grandi ali
        (di pipistrello? Alcuni le identificano con creste, però se lo sono a
        me sembrano alquanto strane, che sono simbolo dello Spirito, di una Mente Nobilitata, di una
        Coscienza Superiore. L'elefante simboleggia anche la stabilità,
        l'immutabilità. In certi mandala tantrici l'elefante è posto alle
        porte cardinali ma anche nei punti laterali (anche nel Tempio di 
        Angkor) e può significare il dominio del centro reale sulle direzioni
        dello spazio terreno, in poche parola la sua sovranità sul mondo
        terreno: credo poter intravedere in questo il parallelo con il concetto
        di 'camminare sulle acque',ovvero dominare la materialità (il mondo
        terreno)con la Mente Superiore, Spiritualizzata. L'animale è quindi espressione della
        conoscenza, in cui si coagulano macro e   microcosmo:la testa
        di Ganesha ( figura venerata in India che ha la testa di
        elefante con una o due zanne spezzate, una grande proboscide, un corpo
        enorme deforme e sta seduto su un minuscolo sorcio o su un fiore di loto
        e in testa reca spesso una sorta di tiara) è il  macrocosmo, la
        non-manifestazione e il corpo il microcosmo. Nel Buddismo, l'elefante è
        spesso raffigurato da solo (simboleggia il concepimento del Buddha, che
        la regina Maya avrebbe avuto accoppiandosi appunto con un elefantino,che
        funge pertanto da Spirito Santo). Se è in cima ad un pilastro evoca il
        Risveglio che conduce alla Conoscenza. Quando è sotto qualche altra struttura, al
        pari di altri animali come  il toro, la tartaruga, le cariatidi (anche
        nei nostri monumenti Medievali soprattutto) in India e nel Tibet
        simboleggia il supporto del mondo;è il  cosmoforo (portatore del
        cosmo, dell'universo)! La sua struttura, del resto, non ricorda il
        cosmo? Con quattro 'pilastri'che reggono una sfera? In Africa l'elefante è visto come simbolo
        di longevità, prosperità, forza. Non trascurabile è il significato che può
        ancora assumere: il vendicatore dell'adulterio (e come non
        ricordare che nella famiglia Malatesta vi fu un episodio simile?!). E veniamo ad un altro simbolo presente nel
        T.M. e anche in altre sedi dei Malatesta:le tre teste. 
 Capitello raffigurante Tre teste nel chiostro di
        S.Francesco dietro
        la Biblioteca Malatestiana a Cesena,voluta da Novello Malatesta. I
        Malatesta 'copiarono' il simbolo,  ben più arcaico della loro
        dinastia? Nel T.M. vi sono dei 'putti'che reggono questo stemma. La testa  generalmente simboleggia il principio attivo, l'autorità del
        governare, di istruire, di ordinare. Rispetto  al corpo, che rappresenterebbe la materia, la testa è la
        parte spirituale nel suo manifestarsi. Molte divinità,antropomorfe o
        animali, sono pluricefale e  assume importanza il numero di teste
        presenti. Qui abbiamo Tre Teste, che potrebbero significare le tre
        componenti dell'Uomo:fisica, spirituale, animica o astrale... Il  tre è un numero fondamentale, esprimente un ordine spirituale e
        intellettuale, in Dio, nel cosmo e nell'uomo; formato dalla congiunzione
        di 1 + 2 -prodotto dall'unione del Cielo con la Terra. Il tre, primo numero dispari, viene associato al Cielo e il 2 alla
        Terra poichè 1 è anteriore alla loro polarizzazione. Tre,quindi, secondo
        i Cinesi è un numero perfetto, espressione della totalità, del
        compimento:nulla può esservi aggiunto. Il 3 è associato al maschile
        mentre il 4 al femminile e, a seconda dei contesti,assume svariate
        valenze simboliche. Equivale anche alla rivalità (il due) dominata;esprime il mistero di
        un superamento,di una sintesi,di una riconciliazione,di una unione. Il 3 è stato sempre un numero MAGICO e SACRO (la
        Trinità che è una Unità). Nel contesto malatestiano potrebbe anche indicare i tre fratelli? Del significato della scacchiera o steccato abbiamo parlato in
        altra sede. C'è sempre la dualità dei principi  che è
        presente in questo Tempio. E la rosa? Scolpita in forme ripetute e diverse su tutti i
        fregi che corrono all'esterno del T.M.e anche all'interno.  Collegata con prolungamenti allo stemma SI, non appare con le spine nè
        con la forma tipica della rosa, in compenso ha enormi foglie,come
        braccia avvolgenti e gambi sinuosi,che la rosa non ha. Ma la rosa è
        anche una pianta rampicante... La rosa è, in Occidente, il fiore
        simbolico più diffuso per bellezza, forma e profumo. E'affine al fiore di
        LOTO Orientale ed Egizio e il suo simbolismo è assimilabile a quello
        della RUOTA e dei ROSONI delle  Cattedrali
        Gotiche.
 Rosa o no, è un FIORE ed esso è un
        simbolo di principio passivo, il cui calice è come la coppa, il
        ricettacolo dell'Attività celeste. La crescita del fiore dalla terra
        e dall'acqua (il loto spiccatamente) rappresenta lo sviluppo della
        manifestazione a partire dalla stessa sostanza passiva. Vedere tanti fiori ripetuti nel fregio che
        corre all'esterno delle facciate laterali del Tempio Malatestiano può
        quindi ricordare come Sigismondo legasse alla sua simbologia il proprio
        stato di 'uomo perfetto', che aveva raggiunto (o ambiva)ad una
        condizione edenica:la "fioritura"è il risultato di
        un 'alchimia interiore', dell'unione dell'essenza (in
        cinese ching) e del soffio (ch'i), dell'acqua con il fuoco. E di cos
        'ha bisogno un fiore per crescere e svilupparsi? Di luce
        (calore, fuoco, Sole) e di acqua (pioggia, rugiada...). Il fiore
        visto, pertanto, come elisir della vita: il ritorno alla condizione
        primordiale, all'infanzia, al centro, all'unità. Emblema del ciclo vitale.
        Trovare le leggi nascoste della Natura era compito dei Filosofi
        Alchimisti... Tornando alla rosa, essa è uno dei fiori
        preferiti dagli alchimisti in cui è frequente trovare l'espressione
        "Roseto dei filosofi". Il colore si collega alle fasi
        dell'Opera:una rosa bianca,come il giglio, venne dagli Ermetisti
        paragonata alla pietra al bianco della piccola Opera,mentre se è di
        colore rosso è la metafora della pietra filosofale o pietra al rosso
        della grande Opera. Una rosa azzurra simboleggia l'impossibile. Il numero dei petali potrebbe
        suggerire i Metalli o le Operazioni alchemiche. Non credo che Sigismondo Malatesta scelse i
        'suoi' simboli  a caso ma anzi, essi sono con molta probabilità il
        frutto sottile, criptato, di un'Intelligenza  viva e finemente
        diretta verso una Luce  che aveva conosciuto attraverso gli Eruditi
        con cui era venuto in contatto e che gli permise di  superare
        la  ristrettezza mentale e religiosa che la Chiesa imponeva allora,
        coraggiosamente sfidandola, restando 'Fedele'al suo ideale di Amore. Egli pagò con la scomunica il suo 'essere' Uomo Universale,
        forse davvero il precursore dell' Uomo Ideale del Rinascimento Italiano.   |