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     La profezia di Teoclimeno e l’eclisse  descritta nell’Odissea

                                                                                           di

                                                                              Adriano Gaspani

                                                            I.N.A.F - Istituto Nazionale di Astrofisica

                                                         Osservatorio Astronomico di Brera - Milano

                                                                     adriano.gaspani@brera.inaf.it

 

    La ricerca delle tracce degli antichi eventi astronomici contenute in forma criptica nei testi letterari antichi ha sempre esercitato un certo fascino su storici, filologi,  astronomi e più in generale sugli studiosi di testi classici. Tra i vari testi in cui è stata riconosciuta traccia dell’osservazione di alcuni  fenomeni astronomici si annovera l’Odissea, uno dei poemi tradizionalmente  attribuiti ad Omero.

Recentemente Costantino Baikouzis e Marcello Magnasco, due biofisici americani della Rockfeller University hanno esaminato il testo dell’Odissea alla ricerca delle indicazioni relative ad alcuni fenomeni astronomici capitati durante il decennio in cui avvenne il mitico viaggio di ritorno di Ulisse ad Ithaca dopo la caduta di Troia. I due studiosi, in un articolo pubblicato sul numero di Luglio del 2008 dei Proceedings of the National Academy of Science USA, dal titolo “Is an eclipse described in the Odyssey?” (PNAS vol.105, No.26, 8823-8828) sostengono che la profezia di Teoclimeno, un indovino presente alla corte di Penelope, in relazione alla morte di un gruppo di Proci, la quale tradotta dal testo greco suona pressappoco così: “Il Sole è stato tolto dal cielo e un’oscurità sinistra invade la terra”, possa essere interpretata come la descrizione di un’eclisse totale di Sole.

L’Odissea è un testo letterario collocato cronologicamente dagli studiosi intorno al 800 a.C., mentre tradizionalmente la guerra di Troia parzialmente descritta nell’Iliade è fatta risalire al 1200 a.C., ma la guerra di Troia, non è altro che un mito o una saga e un racconto la cui origine e il cui sviluppo risposero ai più disparati interessi del tempo in cui furono redatte le opere che ne narravano le vicende le quali trattava principalmente delle imprese di guerra di eroi e divinità e i cui eventi erano collocati in un lontanissimo passato, il quale era sentito come grandioso. Lo stesso avviene per l’Odissea la quale in nessun caso può essere ritenuta un documento oggettivo che in qualche modo descriva la realtà storica: neanche è possibile dimostrare che Ulisse, Penelope ed i Proci e gli altri personaggi delle saghe omeriche siano effettivamente esistiti, anzi personalmente lo ritengo poco probabile. L'elaborazione del mito omerico, destinato a diventare una pietra miliare del nostro patrimonio culturale, è informata fin dai suoi inizi dallo spirito greco di un'epoca molto successiva rispetto all'ambientazione dei fatti che sono narrati in esso, dunque è molto difficile riconoscere in esso dei fenomeni astronomici oggettivamente databili con precisione ed utilizzarli per collocare  cronologicamente i fatti narrati nell’Odissea. Baikouzis e Magnasco non si limitano ad attribuire le parole di Teoclimeno all’eclisse si Sole avvenuta il 16

Aprile 1178 a.C., ma attraverso una lunga serie di simulazioni al computer, hanno proposto svariati fenomeni astronomici a cui potrebbero riferirsi altrettanti passi del testo omerico. In realtà l’idea che la profezia di Teoclimeno si riferisse ad un’eclisse solare non è ne originale ne moderna, ma già Plutarco ed Eraclito avevano avanzato nell’antichità una simile ipotesi. Orbene esiste prima di tutto un problema di tipo astronomico e cioè se Teoclimeno stava ad Itaca non avrebbe potuto osservare tale eclisse in quanto la fascia di totalità coprì parte dell’Egitto e dell’Asia Minore, ma ad Itaca il Sole fu eclissato meno del 75%, quindi l’eclisse parziale passò praticamente inosservata ad occhio nudo.

 

Aree geografiche interessate dall’eclisse del 16 Aprile 1178 a.C. a cui si potrebbe riferire la profezia di Teoclimeno: nelle isole Ioniche la frazione del  disco solare eclissato fu dell’ordine del 75% quindi l’eclisse parziale passò con grande probabilità completamente inosservata ad occhio nudo.

 

Nel caso invece che il mito omerico abbia adattato per ragioni narrative alla profezia di Teoclimene un’eclisse effettivamente osservata da qualche parte da quello che potremmo chiamare “il Poeta dell’Odissea” che non sappiamo chi effettivamente fosse, allora l’identificazione di una determinata eclisse mediante il calcolo astronomico è priva di senso.

 

Ad Itacha la frazione del  disco solare eclissato fu meno del 75% quindi l’eclisse fu pressoché  invisibile ad occhio nudo.

 

L'Odissea contiene numerosi accenni a fatti occorsi dopo gli eventi narrati nell'Iliade, tra i quali la presa di Troia da parte dei Greci. Il poema venne forse composto da un figlio o da un discepolo di Omero, rimasto anonimo che noto come "il Poeta dell'Odissea", appunto. Nel corso del VII e del VI secolo a.C. diversi poemi epici, più brevi e meno complessi dell'Iliade e dell'Odissea, furono redatti da autori non identificabili con sicurezza: si tratta delle Ciprie, che narrano degli eventi che precedettero l'"ira di Achille", dell'Etiopide, la quale descrive avvenimenti legati all'ira di Aiace Telamonio, fino al suo suicidio, della Distruzione di Ilio, che comprende il racconto della presa di Troia, dei Ritorni o Nostoi, che raccontano appunto dei viaggi di ritorno degli eroi greci, e della Piccola Iliade, che deve essere stata un compendio in forma epica di tutta la saga troiana; purtroppo queste opere sono note solo in frammenti o sotto forma di rapidi riassunti eseguiti dagli autori classici posteriori. Sinceramente le argomentazioni contenute nell’articolo di Costantino Baikouzis e Marcello Magnasco, mi sembrano frutto di un puro esercizio intellettuale e di calcolo astronomico il quale non ci fornisce però nessuna informazione utile in relazione alla possibile realtà storica delle vicende omeriche. Ne dal punto di vista filologico, ne da quello dell'indagine storica e archeologica, è possibile parlare di un "nucleo storico" delle saghe omeriche.

Il fondamento delle saghe stesse va ricercato in eventi, più o meno corrispondenti a quelli narrati da Omero, avvenuti nella tarda età del Bronzo, ma probabilmente in vari episodi successivi, sviluppatisi secondo modalità assai diverse da quanto descritto dalle vicende omeriche e probabilmente di portata molto più limitata, svoltosi in circostanze molto simili in altre località dell'Asia Minore nord-occidentale nei primi tempi della storia greca.

La moderna indagine relativa alle vicende descritte dai poemi omerici, si è in genere preoccupata di dimostrare o di negare la possibile storicità della narrazione omerica, in tal modo, però, hanno avuto origine nuovi miti, nuove ricostruzioni più o meno ideali, alimentate dai sentimenti e dagli interessi personali degli studiosi moderni e molto spesso risultano essere ben lontane dalla realtà storica degli eventi. Secondo il mito, la guerra di Troia ed il successivo ritorno di Ulisse in patria furono fatti storici, realmente accaduti verso la fine della tarda età del Bronzo, quindi nel XIII o nel XII secolo a.C., che si svolsero, almeno a grandi linee, così come è narrato nell’Iliade e nell’Odissea, e nell'interpretazione più comune, significherebbero che Troia venne conquistata da Greci di provenienza micenea, uno dei quali era il principe Ulisse.

Un altro mito, molto diffuso anche ai giorni nostri, prevede che l'attività di scavo degli archeologi ed i calcoli degli archeoastronomi non siano legati alla metodologia critica propria delle scienze umane e costituiscano di per se un modo sicuro per confermare o per smentire la storicità delle saghe, a seconda che i reperti che vengono dissotterrati e gli eventi astronomici antichi che vengono ricostruiti e simulati al computer sembrino confermare o meno quanto raccontato, nei testi antichi. La perentorietà dei risultati dell'archeologia, il valore probante, immediato e inequivocabile dei reperti riportati alla luce durante gli scavi viene spesso contrapposto all'analisi critica delle fonti da parte dello storico, tentando in questo modo di supportare la storicità dei miti.

Lo stesso fatto è accaduto in relazione agli scavi della mitica città di Priamo e tali opinioni vennero generalmente ed erroneamente sostenute anche dagli archeologi che eseguirono gli scavi a Troia, primo fra tutti, Heinrich Schliemann, nella seconda metà del '800. Le presunte "prove" archeologiche hanno fatto guadagnare all'idea della storicità della guerra di Troia con tutti i suo i fatti conseguenti, un crescente credito non solo tra il pubblico dei semplici appassionati, ma anche nel mondo scientifico. E' questo un fenomeno analogo a quanto sta avvenendo da alcuni anni nel caso delle piramidi egizie, dove una certa "archeoastronomia" di dubbio valore scientifico, tenta di collocarle cronologicamente ad epoche impossibilmente molto più remote di quanto l'archeologia abbia permesso di stabilire e a prevedere una loro funzione astronomica come facente parte di un imponente disegno cosmico che collegherebbe la maggioranza dei grandi monumenti antichi distribuiti sul pianeta. Questo modo di procedere, nel caso di Troia, poteva contare, a suo tempo, sul consenso di un'ampia parte dell'opinione pubblica, e lo spiegamento dei mezzi di comunicazione riguardo le attività di scavo intraprese sulla collina di Hisarlik in Turchia, contribuì in maniera rilevante a diffondere l'idea della storicità dell'Iliade e dell’Odissea ed ancora oggi taluni ricercatori che hanno intrapreso scavi sul sito nelle vicinanze della collina di Hisarlik nutrono la segreta speranza di scoprire qualche reperto che fornisca la prova inequivocabile della storicità del mito omerico.

(Autore:Adriano Gaspani)

 

Sezioni correlate in questo sito:

Archeoastronomia
Omero nel Baltico (Felice Vinci)

 

 

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