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ECLISSI CELTICHE

e la moneta degli Unelli

                                                                       di Adriano Gaspani

                                                 I.N.A.F. - Istituto Nazionale di Astrofisica

                                               Osservatorio Astronomico di Brera – Milano

                                                         adriano.gaspani@brera.inaf.it

 

L’osservazione del cielo fu un’attività molto diffusa tra le popolazioni del mondo antico. La tipologia delle osservazioni, e gli oggetti celesti particolarmente osservati dagli antichi dipesero grandemente dalle caratteristiche culturali e religiose delle varie civiltà. I fenomeni celesti che furono tenuti strettamente sotto controllo furono principalmente quelli periodici, quali ad esempio, il ripetersi della sequenza delle fasi lunari, oppure il ritorno annuale del Sole alla levata solstiziale invernale o a quella estiva. Oltre a questi fenomeni, utili soprattutto ai fini del calendario, della pianificazione agricola e del culto, ne esistono altri i quali, essendo caratterizzati da una grande spettacolarità, furono osservati e considerati soprattutto da un punto di vista rituale. Tra questi vanno annoverate le eclissi di Sole, soprattutto quelle totali, le quali furono spesso interpretate anche in epoca relativamente recente quali presagi di sventura.

Le eclissi totali di Sole sono senza alcun dubbio uno dei fenomeni naturali più spettacolari e suggestivi visibili ad occhio nudo nel cielo. Ancora ai nostri giorni l’osservazione di un’eclisse totale di Sole è un’esperienza indimenticabile; in pochi minuti il paesaggio circostante piomba nel buio, le stelle appaiono nel cielo in pieno giorno, la temperatura cala in modo evidente ed avvertibile, e sui muri e sugli oggetti compaiono frange colorate che si muovono velocemente.  L’immagine del Sole quasi sparisce dal cielo oppure, nel caso delle eclissi anulari, essa è ridotta ad un sottile anello. Poi, con la stessa rapidità con cui le tenebre sono calate, esse spariscono e il Sole comincia ed emergere gradualmente da dietro il disco della Luna e la luce diurna ritorna ad avvolgere il paesaggio, come se nulla fosse avvenuto.

L’insieme dei fenomeni che accadono durante un’eclisse totale concorrono a produrre un’esperienza indimenticabile.

Non dobbiamo dunque meravigliarci se le eclissi di Sole, soprattutto quelle totali, cioè quelle in cui il disco lunare copre completamente il disco solare, abbiano catturato l’attenzione dei popoli di tutto il mondo fin dalla più remota antichità. Di molte civiltà antiche esistono documenti scritti che testimoniano come le eclissi solari venissero previste, osservate, registrate ed interpretate, per quanto riguarda i Celti invece, nonostante le loro notevoli capacità astronomiche e matematiche che stanno emergendo solamente in questi ultimi tempi, non disponiamo di alcuna registrazione scritta relativa ad eclissi effettivamente osservate.

 

               

                                                          Il meccanismo dell’eclisse di Sole

 

La mancanza di riscontri scritti non implica necessariamente che le eclissi non venissero osservate e che non venissero tentate predizioni del loro accadere. Disponiamo comunque del calendario di Coligny, il quale mostra chiaramente che le eclissi potevano essere previste dai druidi con un’accuratezza relativamente elevata, eseguendo opportuni calcoli, anzi la lunghezza del “saeculum” celtico potrebbe essere stata cablata proprio su uno dei periodi fondamentali di ripetizione delle eclissi.

Le eclissi di Sole si ripresentano secondo periodicità ben stabilite, alcune delle quali ben note agli antichi, ma al contrario delle eclissi di Luna -che quando avvengono sono visibili su tutto l’emisfero della Terra in cui il nostro satellite naturale è visibile - quelle di Sole si possono osservare solamente entro una stretta fascia. Prima di parlare esplicitamente dell’eclisse osservata dagli Unelli è però utile e necessario richiamare brevemente alcune questioni astronomiche generali relative a questo genere di fenomeni (1).

La ricerca di qualche reperto che possa testimoniare, con un ragionevole grado di probabilità, che i Celti osservarono e registrarono qualche eclisse di Sole, è un lavoro di estrema difficoltà, non esistendo alcuna documentazione scritta. Tra i reperti che possono essere di qualche utilità esistono però le monete, coniate in grande quantità e con grande frequenza dalle varie tribù galliche, su cui possono essere identificati alcuni simboli astronomici. Anche ai Greci e i Romani coniarono monete con raffigurazioni di oggetti astronomici, ma esse rappresentano solo casi limitati e poco numerosi, mentre il numero delle coniature di monete galliche con simbologia astronomica ritrovate durante i vari scavi è molto elevato. Questo fatto aumenta la probabilità di rilevare qualche pezzo che potrebbe essere connesso con la registrazione di un’eclisse solare. 

 La numismatica celtica è un campo in cui la datazione dei reperti è particolarmente problematica. Contrariamente a quanto avviene nel caso delle monete romane, in cui sia le iscrizioni che le effigi rappresentate sono di grande utilità dal punto di vista cronologico, nel caso delle monete celtiche risulta generalmente molto difficile ottenere una datazione abbastanza precisa di ciascun pezzo. Questa difficoltà è dovuta principalmente, ma non solo, alla completa mancanza di reperti scritti giunti fino ai nostri tempi, ma anche al fatto che le monete, anche quelle su cui sono incise delle iscrizioni, forniscono usualmente poche informazioni utili per risalire alla data di conio. Per quanto se ne sa, nel caso dei Celti transalpini, esistono solamente due importanti riferimenti storici su cui basarsi e cioè la sconfitta di Bituitus (121 a.C) che segnò il termine dell’egemonia della tribù degli Arverni sulle altre tribù galliche e la Guerra di Gallia condotta da Giulio Cesare dal 50 al 40 a.C. che culminò nella sconfitta di Alesia, la quale segnò la fine dell’indipendenza delle popolazioni celtiche della Gallia.  La prima data è ritenuta empiricamente come il limite temporale più remoto a cui far risalire l’uso di battere moneta, mentre nel caso della battaglia di Alesia i ritrovamenti archeologici sono numerosi e di grande interesse. 

In Gallia furono coniate monete rappresentanti il Sole che sorge (o tramonta) all’orizzonte e spesso a questa immagine ne venne associata un’altra, rappresentante un occhio posto sulla stessa faccia della moneta, ma difficilmente queste rappresentazione possono essere correlate con il fenomeno dell’eclisse di Sole.

 

                  La moneta d’oro coniata dalla tribù gallica degli Unelli durante il I sec. a.C.

 

Nonostante questa difficoltà è stato possibile reperire l’immagine di una moneta coniata durante il I secolo a.C. dalla tribù gallica degli Unelli stanziata nella penisola del Cotentin, attualmente disponibile in un unico esemplare. Si tratta di una piccola moneta d’oro, di soli 1,7 cm di diametro, sul cui dritto è rappresentata, come di consuetudine, una testa maschile, ma il verso rappresenta un lupo a fauci aperte nell’atto di mordere un disco falcato, posto in alto nel cielo.

 

                Gli Unelli erano una tribu gallica stanziata nell’attuale penisola del Cotentin

In questo caso l’interpretazione diviene molto suggestiva in quanto se si avanza l’ipotesi che la falce si riferisse non alla Luna, ma alla frazione di disco solare che rimane visibile durante un’eclisse parziale di Sole, oppure durante la fase intermedia di un eclisse totale, allora potremmo pensare che la moneta degli Unelli possa rappresentare e ricordare un’eclisse di Sole osservata nella Gallia settentrionale durante il I secolo a.C.

Accanto alla pura registrazione del fenomeno astronomico diviene molto interessante e suggestiva la simbologia del lupo che morde l’astro diurno sottraendone una parte.

 

       

                                        Rilievo della moneta d’oro degli Unelli

 

Non rimane ora che tentare di identificare l’eclisse a cui l’immagine rappresentata sulla moneta potrebbe riferirsi.

 

                                       Rilievo della moneta d’oro coniata dagli Unelli

 

Il calcolo astronomico ci permette di affermare che durante il I secolo a.C.  furono visibili 3 eclissi, due anulari e una totale.

La prima, anulare, ebbe la sua fase massima alle ore 10:09 (ora di Greenwich) del 29 Giugno 94 a.C., tre giorni dopo il solstizio d’estate, in un punto della superficie terrestre posto in mezzo all’attuale Ucraina a 47.1 gradi di latitudine nord e 31.4 gradi di longitudine est e la traccia dell’anularità non passò per il paese degli Unelli, dove l’eclisse si vide parziale. Quel giorno, il Sole sorse alle 4:53 ora locale, mentre la Luna, anche se invisibile perché immersa nei bagliori solari, era già sorta da 9 minuti.  L’astro diurno transitò al meridiano astronomico locale alle 13:04, mentre la Luna 12 minuti dopo, quindi il disco del Sole e quello della Luna si erano sovrapposti durante la mattinata. La fase massima dell’eclisse si verificò con il Sole posto ad un’altezza apparente di 47 gradi rispetto all’orizzonte astronomico locale e ad un azimut di 111 gradi, questo vuol dire che l’astro era visibile tra le costellazioni del Cancro e quella dei Gemelli, a mezz’altezza nel cielo in direzione est-sudest. La Luna transitò lungo la parte inferiore del disco solare in modo che la “falce” Sole fu vista con la gobba in alto.

 

Ricostruzione dell’aspetto dell’eclisse del 6 Marzo del 78 a.C. come fu vista dai territori degli Unelli.

 I calcoli ci rivelano che non venne buio in quanto la percentuale del disco solare eclissato non fu sufficiente a provocare l’oscurità, quindi l’immagine del Sole falcato poteva essere visibile solamente attraverso le nubi, se ci furono, altrimenti il fenomeno avrebbe potuto passare del tutto inosservato ai Druidi degli Unelli. L’eclisse terminò alle ore 11:18 ora locale.

La terza, totale, ebbe luogo alle 12:10 del 28 Maggio 64 a.C. e la fase massima si ebbe in un luogo posto a 44.7 gradi di latitudine nord e 14.1 gradi di longitudine ovest di Greenwich, corrispondente ad un punto posto nell’Oceano Atlantico, al largo della Penisola Iberica.  Anche in questo caso la traccia della totalità non passò per la penisola del Cotentin, ma l’eclisse fu visibile parziale. Quel giorno il Sole sorse alle 5:05 ora locale, mentre la Luna era già sorta da 6 minuti. La Luna e il Sole passarono al meridiano rispettivamente alle ore 12:58 e 12:59, quindi il transito al meridiano astronomico locale avvenne durante il corso dell’eclisse.

 

Diagramma dell’eclisse anulare del 6 Marzo del 78 a.C. La fase di totalità passò per la Gallia Cisalpina, mentre nella penisola del Cotentin, il Sole fu solo parzialmente eclissato.

 

Il fenomeno iniziò prima del mezzogiorno locale e la fase massima avvenne quasi in coincidenza della massima altezza sull’orizzonte astronomico locale raggiunta quasi simultaneamente dai due astri. Essi erano posizionati tra le costellazioni del Toro e dei Gemelli e l’altezza raggiunta rispetto all’orizzonte fu pari, quel giorno, a 61.5 gradi. L’eclisse terminò alle 14:30 circa, ora locale. I calcoli e le simulazioni al computer ci indicano che il cielo si oscurò parzialmente, ma senza piombare nell’oscurità più completa, quindi anche se un osservatore attento avrebbe potuto facilmente accorgersi del fenomeno in corso, la probabilità che esso sia sfuggito all’osservazione visuale è tutt’altro che trascurabile.

 

L’eclisse di Sole del 6 Marzo del 78 a.C. ricostruita con il calcolo astronomico per la latitudine in cui era stanziata la tribù gallica degli Unelli.

 

Rimane ora l’eclisse più significativa, cioè cronologicamente la seconda la quale ebbe il suo massimo in un punto posto grosso modo nella parte centro-orientale della Francia, a 44.9 gradi di latitudine nord e 6.7 gradi di longitudine est, quindi significativamente a sud rispetto ai territori abitati dagli Unelli. L’eclisse fu di tipo anulare e la fascia complessiva di anularità e di totalità fu eccezionalmente ampia arrivando a ben 533 Km di ampiezza.  Poiché un grado di latitudine corrisponde in media a circa 111 km sulla superficie terrestre è possibile arguire che il limite in cui l’anularità fu visibile giunse fino a poco più di 47 gradi di latitudine nord, cioè passando almeno due gradi più a sud dei territori occupati dagli Unelli, nei quali l’eclisse fu però visibile come quasi totale, in accordo con quanto rappresentato sulla moneta.

Il fenomeno avvenne alle 10 e 09 minuti, ora locale, del 6 Marzo del 78 a.C.  Il Sole, posto nella costellazione dei Pesci, sorse alle 7 e 48 minuti, ora locale, 1 minuto dopo la Luna, quindi l’eclisse iniziò praticamente prima dell’alba e durò gran parte della mattinata.  Questa circostanza fece di quest’eclisse un fenomeno straordinariamente visibile a tutti. Quel giorno il Sole sorse quindi praticamente già eclissato, quindi il grande disco dorato salì sopra l’orizzonte, emergendo tra le nebbie di una mattina di Marzo, in direzione sud-est, già con la forma di una falce con le punte rivolte verso il basso e a destra. L’eclisse terminò alle 11:30 ora locale.

Il grado di straordinarietà del fenomeno fu grande in quanto nessuno della popolazione degli Unelli poteva aspettarsi di vedere sorgere il Sole, mancante di una consistente frazione del suo disco, immerso nell’oscurità precedente l’alba che fu più lunga del solito. Questa spettacolare eclisse fu interpretata in modo molto singolare in quanto sulla moneta rileviamo la presenza del Sole falcato con la forma e l’orientazione esattamente corrispondente a quella che le simulazioni al computer ci forniscono nel caso dell’eclisse del Marzo 78 a.C. 

Rimane ora da porre l’accento su un altro fatto interessante e cioè che la celebrazione della festa di Imbolc, corrispondente alla levata eliaca della stella Capella, avvenne per gli Unelli teoricamente due giorni dopo l’eclisse e forse le due ricorrenze avrebbero potuto essere poste in relazione tra di loro dai druidi di quella popolazione. Quello che è importante è anche il fatto che gli Unelli, probabilmente i loro druidi, immaginarono un lupo simbolico capace di staccare con un morso una parte del Sole e a ricordo dello straordinario fenomeno fecero rappresentare la scena su una moneta, il cui conio deve quindi essere cronologicamente collocato in corrispondenza di una data un poco più recente del 78 a.C.  Anche in questo caso si rileva la consuetudine, da parte dei Celti transalpini, di rappresentare i fenomeni astronomici straordinari sul verso delle loro monete, consuetudine che è già stata ampiamente documentata nel caso dei passaggi delle comete molto appariscenti e visibili ad occhio nudo.

 

Bibliografia:

A. Gaspani, 1995, "Il Cielo sulle Monete Celtiche", L'Astronomia, No.159, Novembre 1995

A. Gaspani, S. Cernuti, 1997, "L'ASTRONOMIA DEI CELTI, Stelle e Misura del Tempo tra i Druidi", Ed. Keltia (Aosta).

Nota:

1)-L’orbita lunare è inclinata, rispetto al piano dell’orbita terrestre, di un angolo pari a circa 5 gradi il quale varia periodicamente, di circa 9’, in 173 giorni, la metà del cosiddetto “anno delle eclissi”.  L’ombra della Luna incontra la superficie terrestre abbastanza raramente, in media non più di una volta all’anno, di conseguenza meno della metà di tutte le eclissi solari possibili risultano essere totali.  Se un’eclisse di Sole avviene quando la Luna è posizionata in quella parte della sua orbita che è più distante dalla Terra, allora la sua dimensione angolare non è sufficiente a coprire completamente il disco solare, in questo caso non si verifica un’eclisse totale ma solamente un’eclisse anulare. Nel corso di questi eventi l’oscuramento che si produce è minimo, al punto che un’eclisse anulare potrebbe persino passare inosservata agli occhi di un osservatore casuale. Per una strana coincidenza, la lunghezza media del cono d’ombra proiettato dalla Luna nello spazio è approssimativamente uguale alla distanza media del nostro satellite dalla Terra, per questo motivo nel punto in cui il cono d’ombra raggiunge la Terra la sua ampiezza raramente supera i 300 km anche se talvolta, in casi eccezionali, può raggiungere quasi i 600 Km.  Con il progredire dell’eclisse, l’ombra della Luna percorre la superficie terrestre disegnando una traccia lunga ma sottile, la velocità con cui l’ombra si sposta è dell’ordine dei 3000 Km orari e per questo è raro che un’eclisse visibile in un dato punto del pianeta duri più di 6 minuti.  Se consideriamo l’intera superficie terrestre possiamo affermare che in ogni secolo avvengono approssimativamente 70 eclissi solari totali, se però consideriamo un singolo Paese con una superficie paragonabile a quella dell’Italia allora la frequenza si riduce mediamente a circa un’eclisse per secolo. Il calcolo astronomico ci permette di ricostruire con grande accuratezza le circostanze e le caratteristiche delle eclissi visibili in un dato luogo sia nel remoto passato che nel lontano futuro. Se, ad esempio, calcoliamo quante eclissi furono visibili a Roma dalla data della sua fondazione, tradizionalmente assunta essere il 21 Aprile 753 a.C., fino ai tempi nostri, si rileva che quelle totali sono state solamente 7 in tutto. Esse avvennero negli anni: 402 a.C., 188 a.C. e 18, 540, 968, 1386 e 1567 dell’era volgare. In aggiunta a queste si devono considerare due eclissi parziali avvenute rispettivamente nel 1431 e nel 1961 le quali furono piuttosto straordinarie in quanto nel cielo dell’Urbe il disco del Sole fu occultato dalla Luna per il 99%. Se si esegue il calcolo per le eclissi che furono osservabili nei territori europei che furono teatro dello sviluppo della cultura celtica, partendo dal VI secolo a.C. fino all’anno 0, allora scopriamo che il fenomeno fu visibile per 9 volte e più precisamente negli anni 534 a.C., 554, 348, 234, 158, 116, 94, 78 e nel 64 a.C. Tra queste vanno annoverate 5 eclissi anulari, 3 totali e una di tipo ibrido, quella del 158 a.C., che a causa della variazione della distanza tra la superficie della Terra e quella della Luna, causata dai reciproci moti nello spazio durante l’evento, fu totale in taluni luoghi e anulare in altri. Furono totali le eclissi degli anni 348, 116 e 64 a.C., mentre furono anulari quelle degli anni 534, 554, 234, 94, 78 a.C.  Dal punto di vista osservativo dobbiamo ricordare che generalmente un’eclisse di Sole non è troppo appariscente a meno che il disco del Sole non sia coperto da quello della Luna per almeno il 97% della sua superficie.  Questo fatto implica che al di fuori della fascia di totalità, dove l’eclisse è visibile in maniera parziale, è possibile che essa passi inosservata ad un osservatore visuale il quale non sia al corrente dell’accadere del fenomeno. Sotto il limite del 97%, la luce residua è tale da rendere il disco solare ancora troppo abbagliante per essere visto falcato da un osservatore visuale. Esistono però alcune eccezioni e cioè qualora una nuvola non troppo spessa, oppure uno strato di nebbia, coprano il Sole oscurandone consistentemente la brillanza oppure che l’astro sorga o tramonti eclissato.  In questi casi un osservatore visuale può accorgersi che l’aspetto dell’astro diurno non è quello usuale, ma ne manca una consistente frazione.

(Autore:Adriano Gaspani)

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